sabato 1 marzo 2014

PASQUALE BALESTRIERE SU "LA POESIA", DA L'INTERVISTA A GIORGIO LINGUAGLOSSA del 25/02 SUL BLOG

Gentile Giorgio Linguaglossa,

essendo il primo intestatario di questa sua risposta, mi sarei aspettato di trovarci dentro qualcosa che chiarisse le mie perplessità ( che magari a lei appaiono come renitenze) o che contestasse qualche mio rilievo. Sfortunatamente, nulla di tutto questo.
La tridimensionalità (forma-spazio-tempo) è una necessità della poesia. Premesso che non ho letto il suo testo “Dalla lirica al discorso poetico. Storia della poesia italiana 1945-2010”, mi appare però, nel corpo della sua risposta, abbastanza apodittica, vaga e discutibile nelle conclusioni l’espressione “Il problema di pensare questi tre concetti in correlazione reciproca ha determinato in Italia una poesia scontatamente lineare, cioè che procede in una sola dimensione: quella della linea, della superficie...”. Significa forse che in Italia nel secondo Novecento si è affermata una concezione (o una visione, con conseguente realizzazione) di una poesia “superficiaria e unidimensionale” per l’assenza o per una scorretta considerazione di uno o più elementi della triade forma-spazio-tempo? E, se sì, come? e in quali autori (oltre il citato Magrelli)?
Inoltre noto che lei, qui e altrove, spesso parla di problemi filosofici della poesia, di “digiuno di filosofia di cui si nutrono molti auto poeti”. Ora, se lei usa il termine “filosofia” volendo significare una (necessaria) profondità di pensiero e di cultura del poeta, con una sua precisa Weltanschauung , va bene. Non sono assolutamente d’accordo nel caso lei voglia sostenere che una teoria filosofica ( o d’altro genere) debba calare dall’alto a guidare e normare la scrittura della poesia, che in tal caso diventerebbe quanto meno “di scuola”, se non incatenata da regole e divieti.
Insomma penso che non debba essere la filosofia a dettare le regole della poesia.
La poesia la fanno i poeti, non le teorie, più o meno filosofiche. Perciò, anche le “poetiche” sono un fatto successivo all’atto creativo. In altri termini, la poesia è anteriore ad ogni sua formulazione teorica.
A mio modo di vedere, la “filosofia” del poeta è costituita dall’osservazione,dalla conoscenza e dalla consapevolezza della vita e della storia, maturate nel corso del suo perenne e complessivo percorso educativo e formativo, cioè dalla nascita in poi; è, insomma, il suo modo di leggere e di vivere la realtà, di interagire con essa. E credo fermamente che per il poeta debba esistere un solo legame forte, indissolubile: quello tra poesia e vita. In più non reputo affatto che chi scrive versi si debba porre fini o scopi puntuali, perché è l’urgenza della vita a dettare significanti e significati poetici, a determinarne accensioni e ricadute.
Tanti anni fa, in occasione di una cerimonia di premiazione di un concorso letterario nel Casentino, Vittorio Sereni , prendendo la parola esclamò ( forse sentendosi fuori o al di sopra della mischia): “Oggi non mancano i poeti, manca la poesia”. Certo aveva ragione, perché la poesia, quella vera, ha bisogno, per erompere, non della piatta ovvietà quotidiana di questo tempo informe, ma di violente scosse o, almeno, di intense emozioni; e di buoni percettori e interpreti.
Mi perdoni il linguaggio franco e diretto, del quale non saprei fare a meno.


                                             Pasquale Balestriere


Nessun commento:

Posta un commento