Qui
c’è la vita, il sogno, lo slancio oltre gli orizzonti, al di là della siepe che
definisce gli spazi del nostro esistere. E c’è la consapevolezza del tempo. Della
brevità e caducità del presente che fugge e sfugge; della memoria con la levità
del suo peso:
non si è fermato
il tempo, ed il passaggio è breve,
più di quell’altra notte al novilunio.
Un
peso che costituisce il patrimonio del nostro essere. A quello ci aggrappiamo
per costruire la vera vita. Non quella che viviamo attimo per attimo, ma quella
che ricordiamo, quella che è uscita indenne dalla aggressioni dell’oblio. Quante
parole non dette sono ingrossate nei meandri della nostra anima e quanti volti
ritornano a brillare con la loro luce. E’ con questi che noi viviamo ed è con
questi che ci rammarichiamo per cose non fatte o non ultimate a suo tempo:
Parole, parole non dette
ed ansia di un volo
nel raggio tempestoso delle stelle,
oltre nuvole bianche della sera.
Volare
oltre le nuvole bianche della sera significa azzardare sguardi oltre le
possibilità umane per ri-agguantare il senso della vita, per raggiungere quelle
sfere dell’uranio che sono al di sopra e al di fuori delle sottrazioni dell’esistere
e che traducono l’ansia di un volo nel raggio tempestoso delle stelle. E tutto
scorre come un fiume ai battiti assordanti dell’ora, come un fiume che
trasporta le memorie in seno al cuore del poeta. L’attimo non si ferma e guarda
dritto al baratro della morte, alla discesa “nell’abisso
del tempo sconosciuto”. Una poesia densa, di una plurivocità esistenziale che
tocca ogni corda delle questioni temporali. Non c’è malinconia, e nemmeno
risentimento o delusione, ma tanto pathos che accompagna una meditazione sul fascino
del ricordo; sul rapporto fra eros e thanatos nel dipanarsi dei nessi
vicissitudinali. D’altronde “la vita, -come afferma un poeta-, è un mélange di
realtà e irrealtà; di attese sempre nuove che ne segmentano il corso; di pianti
e di sorrisi in cerca di ombre che assiepano l’azzurro del giorno e il chiarore
della notte”; di “un’ombra conosciuta/ -di levità di buio-/ nel silenzio dei
rami del ciliegio”, come, con estrema delicatezza, scrive Cerio. Nello scorrere
dello spartito, i senari, i settenari, o i novenari si fanno corpi metrici di
supporto all’esplodere della sinfonia degli endecasillabi che ben delinea, in un’equivalenza
fra intenti emotivi e densità verbale, il rapporto della nostra vicenda umana
col tempo. La potenzialità creativa, non di rado in Cario, è fortemente
alimentata da un panismo teso a dare vita e colore agli abbrivi interiori.
Nazario Pardini
IL TEMPO
Viveva un’altra luna
acre la solitudine del borgo.
Tu la segnavi a dito.
Il tuo sorriso lasciava già la luce
in cerca di un’ombra conosciuta
-di levità di buio-
nel silenzio dei rami del ciliegio.
Alla memoria -mi sembrava ieri
e sono anni- : non si è fermato
il tempo, ed il passaggio è breve,
più di quell’altra notte al novilunio.
E non c’era del lupo l’ululato
né belare di agnelli
né canto dei galli nell’alba nuova.
Parole, parole non dette
ed ansia di un volo
nel raggio tempestoso delle stelle,
oltre nuvole bianche della sera.
Era la nenia scialba
il racconto del giorno dell’attesa
e l’ansia di morire
sull’abisso del tempo sconosciuto.
Il fiume, lontano, a valle,
-clessidra arroventata-
feroce segna battiti assordanti.
Coi suoi detriti, sfocia nel mio cuore.
Umberto Cerio
Dal 2 al 10 c.m. nessuno dei numerosissimi lettori e autori di questo blog ha sentito la necessità di esternare un pensiero (non necessariamente positivo) su questa favolosa poesia del Prof. U. Cerio e che il Prof. Pardini, da par suo, ha magnificamente scarnificato decriptandola nei suoi assunti esistenziali. Mi duole tale amara costatazione. Per quanto mi riguarda dico solo che è "bella" nel senso pieno del termine in quanto la trovo compatta, musicalmente eccellente e con un linguaggio tutt'altro che estroso ma immediatamente recepibile. L'ho letto ripetute volte per lasciarmi trasportare dalla musicalità verbale della stessa che poi altro non è che il perno centrale perchè un testo in versi possa definirsi poesia. Complimenti sentiti Prof. Cerio; spero un giorno raggiungere, nelle mie, tale liricità che ho riscontrato in non molti altri poeti amici e non... positivamente invidiandoli e per l'appunto invidiandoLa. Pasqualino Cinnirella
RispondiEliminaGrazie, Cinnirella, non tanto per i complimenti che mi fai, che appaiono e sono certamente sinceri, quanto piuttosto perché si sente che la poesia ti piace veramente. E quando una poesia piace ad un altro poeta, non può che far piacere. Ti auguro di fare tanta buona poesia. Un amichevole saluto
RispondiEliminaUmberto Cerio