Maria Grazia Ferraris collaboratrice di Lèucade |
Paolina
Leopardi
a cura di Maria Grazia Ferraris
Si
torna a parlare di Giacomo Leopardi e non solo sul blog: alla 71esima Mostra
del Cinema di Venezia è approdato infatti il Leone d’Oro 2014 Il Giovane Favoloso, film di più di due
ore, su Giacomo Leopardi – di Mario Martone: più che positivo l’approccio della
critica.. Bene.
Ma
perché non proviamo ad occuparci un po’ anche di Paolina, la sorella, sempre e
solo citata en passant? Paolina è un personaggio così forte che si stacca
autonomamente dalla figura del fratello
Giacomo, pur mantenendo con lui un magico legame di intenti. E' "un'anima
bella" che non ha conosciuto l'amore, ma che di questo sentimento ha fatto
il centro della sua vita.
Riservata, gentile, a volte severa, a volte
spiritosa, sempre lucida, non nasconde una certa tenacia contro
un'esistenza che le è ostile. Lei, che non è mai uscita da Recanati e che la
odia forse più di Giacomo, costruisce un'alchimia esistenziale che recupera la
miseria del quotidiano con lo slancio romantico della letteratura.
La
casa, la magione: grande, fredda, inospitale. I genitori difficili, soprattutto
la madre: assente affettivamente, arida, opprimente, sempre ossessiva, coi suoi
divieti, le sue pratiche ultrarigoriste religiose e bigotte, cui obbligava
tutta la famiglia, le sue proibizioni, ad uscire, a intrattenere rapporti
epistolari, i suoi risentiti silenzi, i suoi musi.
Loro
tre- Giacomo Paolina e Carlo-, nati a distanza ravvicinata, crescevano insieme,
giocavano, studiavano insieme nella grandissima biblioteca paterna. E questo
era l’aspetto felice della loro infanzia: un’alleanza di gusti e di intenti, una
amicizia che superava la naturale fratellanza, una parità intellettuale che non
discriminava Paolina come femmina.
Perfino il latino era diventato oggetto di apprendimento piacevole, da quando
avevano imparato a gareggiare tra loro. Giacomo le aveva perfino dedicato una
canzoncina divertente di lode: “l’erudita
signorina/ dei dottori alta regina”. Un’infanzia felice? No. Solo non
comune alle altre femmine.
Paolina
è intelligente, acuta e ironica. Sa di non essere bella, e questo è un elemento
non da poco da mettere in un contratto matrimoniale - “sua madre non fece tempo a sacrificare alle grazie
prima di partorirla…”- scrive
all’amica- sa di non essere ricca, e la mancanza di dote è un
altro elemento decisivo nella scelta del buon partito da sposare, sa di essere
intelligente e colta, ma questo non è detto che le possa giovare. Ma non vuole
rinunciare all’amore. È una giovane adolescente piena di sogni e di illusioni. Entra
fiduciosa nella vita, sperando di
trovare un mondo delizioso, sicura di trovare un cuore, almeno un cuore che l’
ami, e che ritiene di meritare, ma trova presto che questo mondo delizioso si
converte in luogo pieno di spini, in cui non basta nemmeno stare immobile per
non soffrire…
Giacomo,
che da uomo spera di avere un futuro ben diverso, come un buon fratello le ha augurato di
sposarsi e di avere figli, ma le ha
anche pronosticato.. “ O miseri o codardi Figliuoli avrai./ Miseri
eleggi. Immenso/Tra fortuna e valor dissidio pose…..” Non è stato un buon
augurio. Paolina tocca con mano quello
che è il destino eterno delle donne, anche di quelle che sembrano privilegiate
come lei: adattarsi, non chiedere, non esigere, non seccare, tacere. La
ribellione è pazzia, non si adatta al loro ruolo sociale, all’educazione
ricevuta. I sentimenti devono essere
piegati alla ragionevolezza, alla consuetudine, alla volontà dei genitori. Giacomo
affettuosamente dice che lei è forte.
Lei sa che cosa intende dire. Giacomo, che pensa in latino, traduce al
femminile il suo amato aggettivo strenuus: che significa valoroso, coraggioso,
forte, appunto, capace di resistere in quella prigione, nella clausura cui è
destinata. Forte? O disperata?
Il suo
temperamento vivo, appassionato, il suo desiderio intenso, giovane, di vivere
può essere solo confidato a un’amica, di nascosto da tutti: “ Io voglio ridere e piangere insieme: amare
e disperarmi, ma amare sempre, ed essere amata ugualmente, salire al terzo
cielo, poi precipitare- ed io sono veramente precipitata…ma al terzo cielo non
sono salita mai ” .
E il suo buon senso? E la sua ironia? Sembra
anticipi i primi lontani fermenti femministi: gli uomini! Si rende conto che
l’intelligenza non le è di aiuto: “Se io
potessi cambiare questa mia testa e questo mio cuore con la più sciocca testa
ed il più freddo cuore che fosse al mondo, lo farei volentieri, e certo sarei
allora più felice e più lieta.”
Curiosa, interessata, vivace vorrebbe vivere e
viaggiare, mettersi, pur sola, in un legno di posta, e girare tutto il
mondo… vedendo le bellezze e le bruttezze della natura, come le ghiacciaie
della Svizzera, il cielo di Napoli, un’aurora boreale e Pietroburgo….L’idea di
un viaggio simile la farebbe delirare di
gioia. Deve invece accontentarsi di vedere il paese dalle finestre della sua
casa per le solite assurde proibizioni
materne. Non esce mai, tanto che le sembra di perdere l’uso delle gambe. Giacomo è partito. È in Toscana, è stato a
Firenze, ora è a Pisa. Lei si annoia, cerca conforto nei libri, che
legge con sistematica e quotidiana
frequenza, prendendone diligentemente nota e ne
è letteralmente affamata, prova a tradurre qualche autore francese
contemporaneo che fortunosamente arriva a rimpinguare la biblioteca paterna, piena
di tomi in folio di devozione, di ascesi e di teologia, che destano in lei sentimenti di grande rabbia
e impotenza contenuta. È lucida e attenta, ma sa anche
prendere le distanze e ironizzare sui dibattiti culturali e le polemiche
letterarie in corso in cui anche Giacomo si è immerso. Mette a frutto la sua ottima
conoscenza del francese e traduce il Viaggio notturno intorno alla mia
camera di Xavier De Maistre, che viene perfino pubblicato. Che titolo
ironico e leggero ha scelto Paolina per la sua prima impresa di traduttrice: un
titolo che ben si addice alla sua vita e ai suoi desideri frustrati! Legge con
ingordigia i suoi amati autori francesi, Stendhal, Eugène Sue, e soprattutto
M.me de Staël, l’autrice di Corinna: un romanzo in gran parte autobiografico. Corinna è il suo romanzo preferito. La
protagonista, nella quale vorrebbe identificarsi, una poetessa romana, “un’improvvisatrice
romana” come si diceva allora, incoronata in Campidoglio, che conduce a Roma un'esistenza brillante e
indipendente. Ha straordinarie doti di intelligenza e di sensibilità, di
ingegno creativo. Possiede ragione e passione, rigore ed estro, che sono il preludio
dell’età romantica. Sa difendere il suo ruolo e la sua posizione con efficacia.
Sa anche ragionare politicamente e pronuncia una veemente autodifesa e perorazione a favore
di questa sua Italia, <nazione sfortunata> e delle donne, che in quella
società di crisi hanno acquisito libertà, prestigio, e indulgenza perché “quando le donne hanno
torto.. è per debolezza, non per durezza come succede agli uomini”.
Passano gli anni, monotoni fino allo sfinimento,
sempre identici a se stessi, con l’accompagnamento degli inevitabili lutti: il
padre, la madre, Giacomo, due fratelli, alcuni nipoti….
Finalmente è libera e sola. Non rende conto che a se stessa. Ma è ormai
tardi.
Morirà di polmonite nella Pisa dal clima così
dolce….di cui le aveva parlato con entusiasmo Giacomo in una lontana affettuosa
lettera, indimenticabile.
Maria Grazia Ferraris
Interessante davvero, questa proposta di Maria Grazia Ferraris, per comprendere meglio e più a fondo, attraverso la figura di Paolina, anche quella di Giacomo; la sua mai sufficientemente evidenziata ribellione (rivoluzionaria per l'epoca) ai luoghi comuni, a quello stesso pessimismo cui, ingiustamente, venne associato il suo pensiero.
RispondiEliminaAmore, null'altro che amore, invece - come quello cercato da Paolina - agognava la sua poesia.
Sandro Angelucci
Convengo con l'amico Sandro... Particolarmente interessante questo post dedicato a una donna che, come capita spesso è stata penalizzata, in quanto i giganti proiettano ombre lunghe. Paolina, inoltre, era una donna e, si sa, non sempre la storiografia è stata generosa con il gentil sesso. La signora Ferraris pone la figura della donna sotto un cono di luce e allarga gli orizzonti sulla famiglia Leopardi in toto.
RispondiEliminaGrande contributo! Maria Rizzi
Intervengo con ritardo, ma non intendo rinunciare ad un commento che mi viene spontaneo: in primo luogo perché lo scritto di Maria Grazia Ferraris è degno di grande considerazione per i contenuti culturali prodotti e per la qualità dell'informazione; in secondo luogo perché il personaggio di Paolina mi richiama alla mente la Mariù del Pascoli, naturalmente con tutte le differenze del caso, ma anche con la carica affettiva che entrambe riversavano sui rispettivi fratelli. Dai quali certo erano abbondantemente ricambiate. Per restare al Leopardi, egli sempre si mostrò felice quando più di una volta si prospettò una possibilità matrimoniale per la sorella, assumendo informazioni sui candidati di turno (Andrea Peroli, Raniero Roccetta, Osvaldo Carradori, Luigi Marini), brigando perché la cosa andasse in porto e anzi coinvolgendo, su richiesta di sua madre Adelaide Antici, addirittura Pietro Giordani nella ricerca di un marito per Paolina (lettera del 4 agosto 1823). Purtroppo, come è noto, Paolina, che bramava "un" matrimonio per elargire amore, sì, ma anche per fuggire dall'odiata Recanati, restò zitella e prigioniera del "natio borgo selvaggio", uscendone solo dopo la morte dei genitori.
RispondiEliminaComplimenti a Maria Grazia Ferraris per il bel lavoro.
Pasquale Balestriere