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giovedì 11 dicembre 2014

NINNJ DI STEFANO BUSA': "INTERVISTA"

Una cultura disastrata: parola di Ninnj Di Stefano Busà




Ninnj Di Stefano Busa' collaboratrice di Lèucade

Una sola cosa si può dire per riassumere il mostruoso curriculum artistico di Ninnj Di Stefano Busà: quarant’anni di poesia alle spalle come editrice, pluripremiata poetessa e giurata in una moltitudine di premi alle spalle. Poi arrivo io, ilpiccoloVilla, a chiederle se posso scrivere le sue opinioni sul panorama letterario italiano ed eccola: un fiume in piena di parole che scaturiscono dal profondo, dai decenni di esperienza e da un’amarezza senza fine per quello che ai suoi occhi è un disfacimento morale prima ancora che artistico italiano.
È a questo punto d’obbligo chiederle cosa pensa a proposito dell’odierna scena nostrana della poesia e della letteratura in genere e, già che ci sono, proverò a chiederle qualche ‘dritta’.
1) Ninnj, come vede il panorama dei nuovi poeti di oggi? 
L’odierna scena italiana della poesia mi lascia basita e mi fa paura, tra non molto la poesia come “oggetto” letterario uscirà di scena completamente, ciò si verificherà non tanto per assenza di poeti, né perché la poesia decade come oligarchia di culto intellettuale. Semplicemente per un contraddittorio e una scena di decadimento di valori e di correttezza intellettuali ai quali nessuno può più opporre rimedio. Ritengo che se non fosse grave potrebbe apparire buffo in egual misura. Succede anche questo in Italia, sapete? L’Italia delle contraddizioni, degli anacronismi, delle antinomie, dei contrasti a cielo aperto? Ecco di quella vi parlo, di quell’italietta da quattro soldi…scarsamente equiparata al progresso indietro di almeno 30 anni rispetto ai partners europei più consodidati e mastodontici veri mastini del mercato internazionale:  I poeti chi sono, questa brutta razza dannata? Premono e battono per essere introdotti, ahimé…povera gente! Illusi, veri stakanovisti del “rifiuto” insistente e persistente. Ma dove vogliono andare? Cosa pretendono? Sono malvisti, ridotti al ruolo di sudditanza a causa dell’incuria dell’indifferenza e del malcostume degli editori governativi di non tenerli in considerazione, essi sono obbligati a ripiegare sulle case editrici meno blasonate, cadendo in mano ad un sottobosco che ne intercetta solo l’introito. Eppure la vena letteraria italiana sarebbe una risorsa per il paese in crisi…sempre meglio che un ventre piatto dalla fame che ci sorprenderà alle spalle, d’improvviso, come una catastrofe, che nessuno ha giudicato tale fino al momento di esserne subissati.
È noto che fra te ed il mondo editoriale italiano non corre buon sangue. Cosa non funziona  e perché?
Gli editori italiani di rango (noblesse oblige) volgono altezzosi e indifferenti le loro attenzioni alla narrativa straniera, sempre proni a dare ad altre nazionalità onori e gloria perpetrando un insulto agli autori nostrani.
I direttorini editoriali grandi marche, per lo più giovani baldanzosi e bizzarri, fortemente vanitosi che da loro stessi, in piena autonomia gestiscono la sponda editoriale, autodefininendosi da soli padreterni, o “deus ex machina” intricati nella politica nostrana, ammanigliati coi più alti vertici dell’establishement, fanno gli snob, con gli scrittori (e i poeti) disdegnando le loro opere, senza neppure dar loro un’occhiata di demerito. Siatene certi che dal filtro intransigente transita però l’amico dell’amico, il vicino di casa, l’anonimo sconosciuto al quale è giusto dare credito intellettuale, mentre non vale niente quello che dice o scrive la “massa” fluida, il corpo senza testa di tanti anonimi illusi…
Così definiscono l’onda anomala degli scribacchini: una marea di gente megalomane che senza avere le carte in regola si mette in testa di sfondare…si spranghino le porte, si butti nella spazzatura ogni opera inedita, ogni romanzo o raccolta di poesie provenienti da pianeti sconosciuti, tanto è “fuffa” senza sospettare che tra cotanto pattume, ci possa essere il Pirandello della situazione, il Vate della poesia, il solipsista silenzioso che fa la differenza.
Ma tant’è così è se vi pare: la compattezza è d’obbligo, l’ostilità a leggere “robaccia” del popolo, senza l’avallo o il nullaosta di camerille, di congreghe, o altri rimestamenti/accomodamenti è necessaria perché questi “individui” imparino la lezione: non si entra senza la chiave, è severamente vietato.
2) Qual è l’errore tecnico più frequente che riscontri nelle nuove leve e cosa suggerisci per porvi rimedio?
Io non sono “nessuno” e non posso suggerire nulla, anche perché ho ricevuto anch’io porte in faccia…ma non mi preoccupo di questo, vi passerò da morta, perché sono in grado di valutare (e molto severamente) meriti e demeriti di chi opera in campo, sono feroce con me stessa tanto quanto lo sono quei bellimbusti che non si peritano di rispondere neppure con un rigo di diniego ai fantomatici appelli.
3) E degli autori che si autopubbliccano cosa pensi? Sbagliano o sono una risorsa in più per la letteratura italiana?
Degli autori che si autotassano per le loro pubblicazioni penso che sono una piccola risorsa in un momento di crisi obiettiva, di oscuramento delle capacità imprenditoriali del paese, una piccolissima addizionale riserva economica che fa vivacchiare i poveri cristi, ma non cambia il principio e la portata del fenomeno. Siamo un popolo che non potrà progredire, non potrà andare troppo lontano, perché troppe sono le incongruenze, le detrazioni morali, le defaillances del sistema. Ci fa difetto l’intelligenza, l’amor proprio, il senso del dovere, l’orgoglio, siamo pecore in un recinto di caproni, per via deduttiva dovremmo essere già naufragati, ci salva il famoso humour, l’allegria degenere, la irrefrenabile ironia di saper sopportare impunemente la defenestrazione di ogni categoria pensante (vedasi scuola, ricerca etc). Ma ancora per quanto tempo?
4) Qual è per Ninnj lo scopo della poesia?
Per me è la vita, non credo lo sia per tutti, la vetrina della vanità dà per scontato il suo “fine” che è invece un mezzo per elevarsi sempre più alla condizione di homo sapiens. Io conduco imperterrita la mia battaglia per la poesia da quarant’anni, senza mai una defezione, un ravvedimento, senza guarigione, dalla poesia quando è vera non si guarisce mai, è un morbo che t’infetta, un virus che ti contamina l’anima, la si ama più della propria vita, perché essa è espressione primaria della propria coscienza morale. Ne ho combattuto i detrattori mostrando unghie e denti a coloro che non credono nelle capacità catartiche di questa risorsa umana. La poesia mi dà gioia, serenità nei momenti difficili, mi conduce per mano da quando avevo tredici anni. Non l’ho mai abbandonata, la mia fedeltà assoluta alla causa vorrà pure dire qualcosa, la considero la mia seconda pelle.
5) Una domanda che non ti hanno mai fatto ma cui avresti sempre voluto rispondere.
Una domanda che non mi hanno mai fatta? Perché scrivo? Risponderò con tutta sincerità,  non lo so:  madre natura mi ha dotato di un cervello vigile e lucido, cerco disperatamente di metterlo a disposizione degli altri, non so sinceramente se vi riesco, l’intenzione è quella di aprire punti di riferimento, fare da battistrada a risolvere incongruenze e defezioni. Non dimenticate che il mio segno zodiacale è acquario: portatrice di bene per antonomasia, infatti è contrassegnato da una fanciulla che regge una giara d’acqua, quale bene più grande!
C’è amarezza ma no cattiveria in queste parole asciutte che fanno soltanto riflettere, non lasciano nulla da aggiungere nulla.
E per chi non la conoscesse, ecco il “breve” curriculum della Di Stefano Busà: solo un riassunto, tanto per gradire.
Ninnj Di Stefano Busà
Nata a Partanna, vissuta nella prima infanzia in Sicilia, ha iniziato a scrivere, incoraggiata da Salvatore Quasimodo, suo corregionale e amico di famiglia.
Tra i ventitre libri pubblicati che le hanno valso alcuni dei premi letterari più prestigiosi, ricordiamo almeno gli ultimi titoli:
Tra l’onda e la risacca (2007), L’Assoluto perfetto (2010), Quella luce che tocca il mondo (2011), La traiettoria del vento (2012), Il sogno e la sua infinitezza (2012), La distanza è sempre la stessa (2013), Eros e la nudità (2013), Ellittiche stelle (2013). In saggistica: Il valore di un rito onirico (New York, 1990; L’Estetica crociana e i problemi dell’arte (1986). è collocata nella Storia della Letteratura Italiana (6 vol. per i Licei e Scuole superiori, Ed. Simone). Si occupa di critica letteraria, saggistica, giornalismo, narrativa. Un suo romanzo: Soltanto una vita è uscito con Kairos Editore nel 2014. Ricopre il ruolo di Presidente di un programma culturale internazionale con il Governo e il Consolato dell’Ecuador, di cui è stata insignita per meriti letterari dell’onorificenza di Gran Dignitario. Per Kairos Ed. 2013 ha curato l’Archivio Storico 1990-2012 per le Scuole: L’Evoluzione delle forme poetiche (un ventennio dei più rilevanti poeti italiani).


6 commenti:

  1. Circa sei mesi fa pubblicai questo articolo su alcuni blog. Credo che sia in sintonia con quanto esposto in questa intervista, e volentieri, lo ripropongo, in due parti (troppi caratteri non entrano nella finestra):

    La poesia oggi è un prodotto di massa. Basta avere un diario e provare a scrivere, basta vivere i tormenti dell’adolescenza per iniziare ed ecco un poeta in più, uno dei milioni di poeti che affollano le strade, le piazze, i locali, le città e, dato che per pubblicare basta avere un po’ di soldi, uno in più che pubblica un libro, e abbiamo migliaia di raccolte che, dopo aver affollato le tipografie convenzionate con gli editori a pagamento, dopo aver soddisfatto l’ego del neo-poeta, non raggiungono gli scaffali delle librerie e puntualmente vanno a finire al macero!
    Non è certo un danno per il PIL, ma un danno per la cultura, questo sì!
    Infatti, molti editori scelgono la via più facile e non fanno più né la revisione dei testi, né la selezione delle raccolte. Pubblicano perché l’autore paga, sminuendo il lavoro prezioso dell’editore. Il risultato è che si producono migliaia di libri di dubbio valore, il che non giova alla crescita dell’arte poetica e diseduca i pochi potenziali lettori al godimento della vera Poesia. Con questo meccanismo massificante la poesia ne fa le spese, e con essa i molti validi poeti che trovano sempre maggior difficoltà a far sentire la propria voce. Non solo: il poeta che pubblica poesie immature, brucia il suo lavoro e la sua prospettiva di crescere. Insomma, il mercato è malato.

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  2. Intendiamoci, c’è anche molta poesia di grande valore, ma naviga a vista, immersa nella materia non filtrata che di nuovo dice ben poco.
    Altro problema, la moda del momento, e si vedono tantissime opere che trattano temi di attualità (per i quali basta leggere un giornale) o temi erotici, perché si crede, erroneamente, che se si segue la scia si trova uno spazio in questo affollato mercato. Anche qui, succede che spesso si scambia per arte un lavoro mediocre, si crede che sfruttando un tema caldo si troverà qualche lettore in più. Niente di più falso, perché la creatività guarda oltre, si specchia con l’anima e non sfrutta correnti effimere.
    Insomma, la poesia che passerà alla storia deve beneficiare del filtro dell’editoria, e l’editoria deve ridiventare seria, deve curare l’opera per venderla non all'autore, ma al lettore.
    I poeti di oggi affolleranno le enciclopedie on line, le raccolte a pagamento, le agende pubblicitarie, avranno un trafiletto dedicato in qualche pubblicazione pseudo-specialistica, e si illuderanno di aver raggiunto la celebrità, ma si tratta di un successo autocelebrativo, uno specchio di Narciso a pagamento.
    C’è da chiedersi, se dovessimo mandare un CD nello spazio che contenga dieci poesie, ci sarà anche un solo autore contemporaneo, tra i dieci scelti, per comunicare con gli alieni?
    Con questo non voglio dire che non ci sono grandi poeti o ottimi editori, semmai voglio segnalare che sono troppe le pubblicazioni scadenti e che i cataloghi sono pieni di carta da macero e, con tutto il rispetto per poeti ed editori, questo è un danno gravissimo alla poesia e in generale alla cultura! Se solo si facesse maggiore selezione, sarebbe anche più facile promuovere opere di valore e segnalare le nuove promesse.
    È anche vero che molti autori e critici si sono adoperati per trovare in questo marasma i talenti rappresentativi della poesia contemporanea. In questa direzione un lavoro straordinario è stato fatto da Ninnj Di Stefano Busà e da Antonio Spagnuolo, che hanno cercato, selezionato e trovato poeti validi, tra i milioni attivi negli ultimi vent'anni. Ne è venuta fuori un’antologia pregevolissima che raccoglie molti validi esempi di poesia prodotta nell'ultimo ventennio (edita da Kairòs).
    Sicuramente ci saranno altre operazioni di valore come questa, ma non basta, occorre andare oltre, incoraggiando gli editori che escono dalle logiche di mercificazione dei servizi editoriali, promuovendo le opere di valore che danno lustro alla poesia italiana contemporanea, e soprattutto non pubblicando qualsiasi cosa (tanto paga l’autore).
    Occorre pubblicare meglio, e forse pubblicare meno!

    Claudio Fiorentini

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  3. Esempi di editori virtuosi non mancano, ma certamente una rondine non fa primavera. A mio parere - lo dice anche Ninnj nelle sua appassionate invettive - la crisi dell'editoria è legata alla crisi dell'intero sistema ed è una crisi di civiltà. Non sto parlando di crisi economica, ma di crisi di valori, crisi di idealità. Voi mi direte: come si fa ad obbligare un editore all'idealità? Lungi da me una tale sciocchezza. Se un editore è anche un sognatore, tanto meglio, ma non è questo il suo ruolo. Il suo compito è di offrire all'utenza il prodotto che l'utenza vuole. Ergo, per poter modificare l'offerta, è la domanda che deve cambiare. Questo comporta una rivoluzione culturale, una modifica nella mentalità, ed è in ciò che dovremmo impegnarci noi autori, ponendo la nostra creatività al servizio del cambiamento. Dovremmo cercare di influire sui gusti e sugli orientamenti, con ogni mezzo ed anche con metodi alternativi, avvicinando, incuriosendo e interessando il pubblico verso un prodotto di migliore qualità. Non cambieremo di certo il mondo, ma almeno avremo svolto onestamente il nostro ruolo, facendo in concreto quel poco che si può.
    Franco Campegiani

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  4. Appassionante l'intervista di Ninnj e la sua disamina del mal di vivere dei poeti in questa nuova società volta solo al guadagno.D'altronde ella stessa, pur consapevole delle difficoltà degli artisti, asserisce di camminare imperterrita, da quarant'anni sul sentiero irto di rovi della poesia. Senza ravvedersi, senza mai un passo indietro. E credo che il succo della sua affascinante intervista sia proprio in quest'impegno infaticabile, che va al di là delle analisi lucide. Franco propone ciò che stiamo tentando disperatamente di fare: dare altri connotati all'offerta. Visto che la domanda resta, purtroppo, la stessa, che l'editoria è motivata dai nomi noti, anche per esigenze comprensibili di sopravvivenza, dobbiamo impegnarci per modificare l'offerta, creando situazioni alternative, che smuovano l'interesse dei medi editori e facciano sì che lo status quo possa essere smosso. Le onde siamo noi. Solo sollevandoci, nell'accezione positiva del verbo, possiamo far sì che tra le liriche famose ed eccellenti, vi siano quelle che trovino altri circuiti e restino nella storia. Claudio Fiorentini mette in rilievo il lavoro svolto proprio dalla cara Ninnj, dal Professor Spagnuolo e io potrei aggiungere molti altri nomi. Il problema nasce dall'esubero. Se in troppi si inventano poeti, il risultato sul mercato non può che essere distruttivo. Gli editori a pagamento pubblicano. Pensare che possano attuare una selezione equivale a credere che il fornaio possa non vendere il proprio pane, anche quando la crosta è bruciacchiata e la mollica dura... Tutti mirano alla sopravvivenza e il fattore numerico risulta determinante. Noi possiamo dare la scossa. Agendo come operatori culturali con onestà intellettuale, promuovendo gli Artisti che valgono ed evitando che anche i libri vadano soggetti alla più bieca mercificazione. 'Elevarsi al di sopra dell'homo sapiens', come risponde la Busà è forse lo scopo di tutti, ma quanti sono consapevoli di non possedere i mezzi per farlo? Un cane che si morde la coda, all'apparenza, ma si può e di deve lavorare. Dobbiamo credere in una letteratura di questo secolo, che ci renda meritevoli di fronte ai contemporanei, ai posteri, ma soprattutto di fronte a noi stessi. E lo faremo senza demordere! Cari saluti a tutti!
    Maria Rizzi

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  5. Carissimi, inutile dire che siamo tutti d'accordo. Il problema è come passare dalle parole ai fatti. Potrei proporre di stilare, per quanto possibile, un elenco di editori che non seguono la logica del "tu paghi e io pubblico", ma del "ti pubblico se non faccio brutta figura". Inoltre dovremmo noi tutti convincere i poeti e narratori, che fremono per pubblicare, che se si pubblica male ci si brucia e si fa terra bruciata agli altri. Quindi è meglio pubblicare con un editore di qualità che con quello che fa l'offerta più stimolante, o addirittura non pubblicare alcunché piuttosto che specchiarsi nel proprio scritto, che nessuno leggerà e che finirà al macero. Passo successivo, il pubblico, che va educato a leggere opere di valore, e non le cialtronerie che popolano i cataloghi. Come fare? Bella domanda. Il manifesto Il Bandolo va in quella direzione, ma sappiamo che non basta. Ci sono alcuni blog (come questo) che va in quella direzione, ma non basta. Esistono anche delle riviste di valore, ma non le legge nessuno. Il fatto è che i blog e le riviste sono frequentati dagli addetti ai lavori, cioè i soliti noti, come fare per andare oltre? Credo che molto di quello che noi facciamo (eventi, presentazioni, salotti, recensioni...) potrà avere un senso solo se richiama nuovo pubblico, e questo può succedere se gli eventi sono organizzati in orari accessibili a tutti e se ciò che si fa non è noioso. Per questo forse dovremmo anche rivedere il nostro modo di proporci, il nostro modo di organizzare eventi e di coinvolgere la gente. Se non è il pubblico a venire, dovremmo essere noi ad andare. Dovremmo organizzare eventi a misura del pubblico, nei luoghi dove può andare il pubblico. Tutto questo senza perdere di vista che il pubblico deve crescere, e ciò può anche dipendere da noi.
    Claudio Fiorentini

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  6. Gentili amiche e amici, ho preso buona nota di quanto dite, ma vi posso assicurare sulla mia parola che siamo caduti in un meccanismo/sistema senza vie d'uscita: Io non intendo dare torto agli Editori d'elite per partito preso, ma per omissione di credito: mi spiego meglio, è fatto obbligo all'editore di scegliere tra i dattiloscritti che gli giungono, quello che più gli aggrada...giustissimo...nessuno può vietare di fare le sue valutazioni, è un suo diritto sul mercato dello scambio economico. Loro sono "privati", e ognuno fa della domanda la risposta che vuole, ma è a questa risposta cui io mi riferisco: NON DA NEPPURE RISPOSTE. Un tempo si rispondeva con molta educazione (almeno quella!!!). -"gent. autore, bla bla bla non siamo disposti ad accogliere nel ns. catalogo altri nominativi, o una balla qualunque...Ecco oggi, non rispondono più, perché li cestinano direttamente, senza avvertire il benché minimo senso di educazione. Ci trattano come "merde" e noi non lo siamo, siamo la parte più diligente del paese, siamo quelli che oggi trascurano e ignorano, ma che di questo passo con la crisi che morde forte, dovranno acconsentire ad accettare, se non vorranno chiudere i battenti e tornare ad essere disoccupati. Ecco, questo mi ha dato profondamente fastidio, ancor più che ci ignorino moralmente, considerandoci "feccia" "sottobosco" "populismo" da strapazzo. Ecco, qui sta la frattura che nessun cambiamento potrà sanare, se non cambia tout court la mentalità di questi guardiani del tempio. Sono messi lì, politicamente, e fanno il bello e il cattivo tempo, nella più completa indifferenza. NOI per loro siamo gl' INVISIBILI, questo mi dà tremendamente fastidio non lo nego. Ma è chiaro e lapalassiano che da sola non potrò cambiare nulla, tranne che fare baccano e far giungere loro l'eco della mia protesta per questo loro genocidio culturale. Stanno manomettendo la Cultura irrimediabimente, la stanno manipolando come vogliono, senza neppure supporre che ogni tanto qualcuno li può sorprendere per degnità (dico) si avete capito bene per degnità. Diamine! Siamo tutti indegni e da buttare via all'ammasso????Ci sarà qualcuno di questi "pezzenti" a salvarsi dal mucchio? E adesso mi aspetto da Voi che mi leggete una valanga di risposte: Suvvia, vi dico e faccio appello a voi, uniamoci nella lotta, facciamo un manifesto, qualunque cosa che ci possa far dare ascolto, la faccende è più complessa di quanto supponiate. Da parte mia sto facendo conoscere lo scempio perpetrato anche all'estero...la notizia è riportata sul blog: ciaoItalia.com che da 5000 lettori è passato a 13.000 lettori. Buone festività a tutti voi.

    Ninnj Di Stefano Busà

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