Deserto di sangue
Il mio desiderar si fa deserto,
cenere sparsa sulla bianca neve,
che gelida contempla il cielo aperto,
pesante, pur se nell'aspetto lieve.
E cala l’ombra e il giorno si fa breve,
scende il freddo a parlarmi della morte:
fiele amaro che l’anima si beve,
si chiude sopra questa infame sorte.
Per sempre sigillate quelle porte,
del triste campo che è così lontano:
dove le ore passano e sono corte,
protende l'uomo disperata mano.
Si ferma il sole che discende invano
domanda muta, un fumo nella sera,
in cui si scioglie quel minuto, piano,
spegnendo anche la luce in chi dispera,
senza lasciar di sé altra cosa vera:
brusìo di voci, nel silente inverno,
vite umane disciolte come cera,
fine calata sotto il gelo eterno.
Non resta nulla, dentro a quell’inferno,
non la mia vita, questo so per certo.
Per tanto odio venuto dall'interno,
sui campi il sangue, semina sconcerto.
Il mio desiderar si fa deserto,
cenere sparsa sulla bianca neve,
che gelida contempla il cielo aperto,
pesante, pur se nell'aspetto lieve.
E cala l’ombra e il giorno si fa breve,
scende il freddo a parlarmi della morte:
fiele amaro che l’anima si beve,
si chiude sopra questa infame sorte.
Per sempre sigillate quelle porte,
del triste campo che è così lontano:
dove le ore passano e sono corte,
protende l'uomo disperata mano.
Si ferma il sole che discende invano
domanda muta, un fumo nella sera,
in cui si scioglie quel minuto, piano,
spegnendo anche la luce in chi dispera,
senza lasciar di sé altra cosa vera:
brusìo di voci, nel silente inverno,
vite umane disciolte come cera,
fine calata sotto il gelo eterno.
Non resta nulla, dentro a quell’inferno,
non la mia vita, questo so per certo.
Per tanto odio venuto dall'interno,
sui campi il sangue, semina sconcerto.
Maurizio Donte
vi è una imperfezione metrica di cui mi scuso, "dove passano le ore e sono corte" sarebbe meglio scrivere. La poesia parla del dramma di un ebreo in un lager nazista e fa parte di alcune liriche da me scritte sul dramma della Shoah
RispondiEliminaInvece ricorderei che l'accentazione in quinta - benchè l'endecasillabo sia abbastanza non canonico, termine che non vuol dire niente, specialmente quando come in questo caso il suono è bello - è una particolarità che si trova perfino in Dante Alighieri e che solo per qualche ragione a me sconosciuta il celebre Bembo ha classificato come non canonica. Ma commentare la metrica di questa Poesia non mi sembra giusto. Questo è un capolavoro da leggere, rileggere e condividere. Da rifletterci sopra. Massimiliano Zaino
RispondiEliminaApprezzo molto l'autocritica dell'autore, Maurizio Donte, riguardo al suo verso imperfetto. E l'apprezzo per due motivi: in primis perché dimostra una rara umiltà e quindi perché la presa di coscienza di un ritmo inesatto porta al miglioramento del verso stesso, miglioramento non solo formale (anche se per gli estimatori delle imperfezioni dantesche - spesso, però, legate a correzioni improprie dei copisti - non sono da considerarsi errati, nonostante i canoni bembiani). Mi spiego meglio.
RispondiEliminaRendendo il verso metricamente canonico, come lo stesso Donte nel suo commento propone, l'allitterazione "ORE/cORtE", acquista una più intensa efficacia espressiva, data proprio dalla maggiore vicinanza delle due parole e conferisce al testo ancora più incisività.
Lorena Turri
e.c.: "non sono da considerarsi errate"
EliminaVi ringrazio dei commenti, purtuttavia nella lirica che Nazario ha avuto la bontà di pubblicare sulla sua pagina, mi premeva maggiormente porre l'accento sul dramma di un antisemitismo che rinasce, sul terrorismo e sulle violenze cui sono oggigiorno oggetto i cristiani ed altre minoranze religiose in tante Nazioni del mondo, piuttosto che su di una singola sillaba. Ciò detto poi è chiaro che in un componimento metrico l'accentazione e il ritmo sono importanti e quindi ringrazio chi me l'ha fatto notare.
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