Gabriella Bianchi: Quaderno di frontiera (opera vincitrice
del Concorso Faraexcelsior). FraraEditore. Rimini. Pg. 48
Un
canto plenitudinis vitae
Poesia
morbida, gentile, apodittica, tutta tesa alla confessione di un’anima cotta a
puntino per dire di sé, delle sue meditazioni, dei suoi input emotivi, e di
tutto ciò che riguarda la vita, gli affetti, le memorie, e gli slanci al di là
del precario; un equilibrio di memoria desanctisiana dove la forma è il tutto,
e il tutto è forma. E’ qui la bellezza di questi versi, sta nella
corrispondenza fra narrazione e sensazione, fra versificazione ed emozione. Una
corrispondenza che si gioca tutta su una euritmica musicalità di un canto
plenitudinis vitae. Ci sono presenze di luoghi e di volti, ci sono assenze e
privazioni di un tempo vorace e instancabile, ci sono impatti cognitivi che
riguardano il rapporto fra l’uomo e le stagioni: saudade, nostos, amore,
radici, fidenti tocchi georgico-bucolici che sanno di melanconici ritorni, o
miti rinnovati in simboli significanti: “Tutti se ne sono andati./ Un vento di
tempesta/ ha strappato dalla mia/ la mano di Antigone..." (pg. 36). Insomma un ensemble che fa di questa plaquette
una vicenda orizzontale e verticale; una vicenda che riguarda ognuno di noi per
la sua vicinanza empatica e esistenziale, dacché tanti sono i motivi di
congiunzione: madri scomparse, affetti unici e indicibili, sonorità che
graffiano dolori, città di prati verticali, padri che vivono “per me che vado a
scuola/ e che forse un giorno, chissà, sarò maestra”, urla di gatti in amore,
solitudini in campi di spighe tagliate pungenti come chiodi. Un realismo alla
Capasso, che partendo da minimalismi, e da semplici occasioni fenomeniche, sa
elevarsi all’oltre; oltre il senso comune della vita, oltre la stessa parola
con iperboli allusive di grande resa poetica:
Anche le cicale
con i loro cembali
graffiano il dolore
irritanti plettri
nel tardo pomeriggio
afoso (pg.
14).
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