Maria Grazia Ferraris collaboratrice di Lèucade |
Maria
Grazia Ferraris: Il croconsuelo e altri
racconti. Menta e Rosmarino Editrice. Caldana di Crocquio (VA). 2015. Pg.
164
Scrivere
sulla prosa di Maria Grazia Ferraris significa introdursi in tutto il suo
patrimonio ontologico; forzare la cassaforte del suo animo per scoprirne i
sogni, le memorie, i propositi culturali e il profondo amore per la
letteratura; concretizzarli in fatti e
personaggi che si fanno corpo delle sue cospirazioni epigrammatiche; dei suoi
intenti emozionali: amore, nostalgie, radici, storie,solitudini. Tutto viene
rielaborato dall’anima dell’Autrice. E tutto si trasferisce sul foglio dopo una
generosa decantazione. La cultura stessa, il suo profondo patrimonio
poetico-narrativo, filosofico-cognitivo, è oggetto di meditazione e
rievocazione. Il suo bagaglio umano e umanistico si è fatto immagine; non più
semplice realtà, o momento di abnegazione di un presente circostanziato. Tutto
viene filtrato, e dopo lunga macerazione i singoli elementi escono fasciati da
un sentire nuovo, originale, personale, in cui il dire e il sentire si fanno
forma dsanctisiana. E questo è un libro di urgente forza esploratrice, in cui
la Nostra offre un quadro complesso, semplicemente complesso, della sua forza
narrativa, e di come riesca a imbrigliare in strutture stilistiche, morfosintattiche
e creative il suo pensiero e i suoi impatti emotivi. Sedici racconti che diluiti
in misure di accattivante compiutezza etimo-fonica, si reggono su una narratologia ora sobria, ora
effusiva; ora ferma e apodittica; ora riflessiva e parènetica; ora nostalgica ora melanconica;
su una narratologia che mai scade in sentimentalismi di bassa lega, ma che ci
tiene sospesi, incalzandoci alla lettura; a sfogliare le pagine fino all’ultimo
capitolo in cui “gli avvoltoi pazienti
si istallavano sui tetti delle case dove
qualcuno sudava l’agonia”; dove “la
morte di Leclerc portò Paolina alle
soglie della demenza”.
Un vero amore, comunque, non solo per la
cultura ma per i paesaggi della sua terra. Paesaggi rivissuti con una tenera e
edenica nostalgia e che si fanno alcova rigenerante in cui la Ferraris ritrova
se stessa e il suo mondo per fuggire dalle aporie di una società liquida. Gli
ambienti, i fatti, i piccoli gesti vengono finalizzati a delineare il ruolo
analitico-introspettivo degli attori; e la natura stessa con tutta la sua
complessità fa da elemento portante nel rilevare la loro interiorità. In certi
momenti ci troviamo di fronte a vere proposte poetiche, a veri melologhi, o
ecfrasi tanta è la musicalità delle parole che, come perle, si combinano in
collane di preziosa euritmia; di vasto respiro lirico donato a versi di
profonda e articolata forza strutturale:
Era silenzio intorno, muto non
già
incantato, sospeso, respirante
nella camera protetta da tende
scure… La casa, quîeta, taceva.
Il viso chino sui fogli,
immobile
ascoltavo le voci emergenti,
voci mute, eppur presenti,
insistite.
Ferma, china sui fogli,
silenziosi…
Udivo profumi caldi di glicini
arrampicati fuori la casa, silente.
Si fondevano, come de’essere,
per chi legge le voci
solitarie
che vengono dal di dentro
misteriose.
La casa ombrosa taceva
trepidante,
ricerca di senso nuovo da
decifrare,
calma sinestesia di colori e
luci,
silenzio traboccante dentro e
fuori.
La casa aspettava, taceva
quieta (Viaggio intorno alla mia camera).
“Io
leggo… leggo, studio. Non c’è un confine preciso tra le due attività, si
integrano, si danno forza e senso, nel silenzio e nella solitudine della mia camera…”.
D’altronde
non si deve dimenticare l’anima poetica della Ferraris; il suo messaggio
intimistico che ci riporta a voli di largo lirismo, di ampio fonosimbolismo “Parafrasando
Jules Renard, possiamo dire che nella casa della poesia la stanza più grande è
la sala d’attesa”, sì, quella sala in cui la Nostra immagazzina realtà fenomeniche a cuocere a
puntino per farsi poesia e in questo caso fluente narrazione, dacché le parole "Mostrano il loro legame con la musica...La
parola nasce dal ritmo, come la musica. La poesia utilizza il ritmo in modo
letterale e la filosofia, che non canta, si muove sulle tracce del ritmo e
attraverso di esso vede. Vede il Ritorno. Vede l'Enigma" (Carlo Sini).
Il croconsuelo e altri racconti il titolo dell’opera divisa in tre
nuclei tematici: Memoria, Storia e storie, Donne. Ed è il primo capitolo che si
pone come momento incipitario con valore eponimo. Un racconto di ricordi, di
tempi andati riportati a memoria da un bar provvisto di pochi tavolini dell’amico
di studi Gianni: DA GIANNI – PIZZA D’ASPORTO: pizza margherita, quattro
stagioni, quattro formaggi… e… CROCONSUELO. Ombre di querce, giochi giovanili; castagni in boschi autunnali,
mondelle (arrostite); lezioni di Gianni sull’arte culinaria; la sua passione
per la letteratura: melange di memorie e natura; di storia e cucina, di affetti
e simpatie. Ed eccoci al titolo del testo: <<Credo però che Gianni abbia
raggiunto l’apice della sua passione il quinto anno, durante gli esami di
maturità. Intrattenne la Commissione su quel capolavoro che è La Cognizione del dolore del milanese
Carlo Emilio Gadda, indiscusso e iroso lombardo, ma lo fece in modo molto
originale, soffermandosi sul tema culinario stabilendo paragoni con la
letteratura… Il gorgonzola, allora…: formaggio ben conosciuto e diffuso da noi…
Gadda non lo cita col suo nome, spiegava compiaciuto (Gianni alla commissione),
lo traveste in “croconsulelo”>>.
Ma la
vita divide come succede nella storia: Gianni era partito per una
esperienza di lavoro in Inghilterra per poi tornare a fondare il suo
negozietto. Fu giusto fargli una visita per parlare delle vicende di quegli
anni e festeggiarlo con una cena in suo onore. Poi addii e promesse di
ritorni. “Ma non prima delle sette. Il croconsuelo va consumato subito,
flagrante di forno, e non ammette di essere riscaldato – rispose ironico
ridendo,Gianni”.
Memorie che sanno di poesia; amicizie
persesi nel tempo e ritrovate a suggerire emozioni; radici di verdi primavere; di
nature fresche e incontaminate rimaste da tempo a ingrossare nell’animo. <<Se gli anni fanno macerie, la natura vi semina fiori; se
scoperchiamo una tomba, la natura vi pone il nido di una colomba:
incessantemente occupata a rigenerare, la natura, circonda la morte delle
più dolci illusioni della vita>>. “Chateaubriand dans le “Genie du
Christianisme”.
Nazario
Pardini
Nessun commento:
Posta un commento