mercoledì 1 luglio 2015

N. PARDINI: LETTURA DI "IL CROCONSUELO e altri racconti" DI M. GRAZIA FERRARIS

Maria Grazia Ferraris collaboratrice di Lèucade



Maria Grazia Ferraris: Il croconsuelo e altri racconti. Menta e Rosmarino Editrice. Caldana di Crocquio (VA). 2015. Pg. 164


Scrivere sulla prosa di Maria Grazia Ferraris significa introdursi in tutto il suo patrimonio ontologico; forzare la cassaforte del suo animo per scoprirne i sogni, le memorie, i propositi culturali e il profondo amore per la letteratura;  concretizzarli in fatti e personaggi che si fanno corpo delle sue cospirazioni epigrammatiche; dei suoi intenti emozionali: amore, nostalgie, radici, storie,solitudini. Tutto viene rielaborato dall’anima dell’Autrice. E tutto si trasferisce sul foglio dopo una generosa decantazione. La cultura stessa, il suo profondo patrimonio poetico-narrativo, filosofico-cognitivo, è oggetto di meditazione e rievocazione. Il suo bagaglio umano e umanistico si è fatto immagine; non più semplice realtà, o momento di abnegazione di un presente circostanziato. Tutto viene filtrato, e dopo lunga macerazione i singoli elementi escono fasciati da un sentire nuovo, originale, personale, in cui il dire e il sentire si fanno forma dsanctisiana. E questo è un libro di urgente forza esploratrice, in cui la Nostra offre un quadro complesso, semplicemente complesso, della sua forza narrativa, e di come riesca a imbrigliare in strutture stilistiche, morfosintattiche e creative il suo pensiero e i suoi impatti emotivi. Sedici racconti che diluiti in misure di accattivante compiutezza etimo-fonica,  si reggono su una narratologia ora sobria, ora effusiva; ora ferma e apodittica; ora riflessiva  e parènetica; ora nostalgica ora melanconica; su una narratologia che mai scade in sentimentalismi di bassa lega, ma che ci tiene sospesi, incalzandoci alla lettura; a sfogliare le pagine fino all’ultimo capitolo in cui  “gli avvoltoi pazienti si istallavano sui tetti delle case  dove qualcuno sudava l’agonia”; dove  “la morte di   Leclerc portò Paolina alle soglie della demenza”.
       Un vero amore, comunque, non solo per la cultura ma per i paesaggi della sua terra. Paesaggi rivissuti con una tenera e edenica nostalgia e che si fanno alcova rigenerante in cui la Ferraris ritrova se stessa e il suo mondo per fuggire dalle aporie di una società liquida. Gli ambienti, i fatti, i piccoli gesti vengono finalizzati a delineare il ruolo analitico-introspettivo degli attori; e la natura stessa con tutta la sua complessità fa da elemento portante nel rilevare la loro interiorità. In certi momenti ci troviamo di fronte a vere proposte poetiche, a veri melologhi, o ecfrasi tanta è la musicalità delle parole che, come perle, si combinano in collane di preziosa euritmia; di vasto respiro lirico donato a versi di profonda e articolata forza strutturale:

Era silenzio intorno, muto non già
incantato, sospeso, respirante
nella camera protetta da tende
scure… La casa, quîeta, taceva.
Il viso chino sui fogli, immobile
ascoltavo le voci emergenti,
voci mute, eppur presenti, insistite.
Ferma, china sui fogli, silenziosi…
Udivo profumi caldi di glicini
arrampicati fuori la casa, silente.
Si fondevano, come de’essere,
per chi legge le voci solitarie
che vengono dal di dentro misteriose.
La casa ombrosa taceva trepidante,
ricerca di senso nuovo da decifrare,
calma sinestesia di colori e luci,
silenzio traboccante dentro e fuori.
La casa aspettava, taceva quieta (Viaggio intorno alla mia camera).
“Io leggo… leggo, studio. Non c’è un confine preciso tra le due attività, si integrano, si danno forza e senso, nel silenzio e nella solitudine  della mia camera…”.

D’altronde non si deve dimenticare l’anima poetica della Ferraris; il suo messaggio intimistico che ci riporta a voli di largo lirismo, di ampio fonosimbolismo “Parafrasando Jules Renard, possiamo dire che nella casa della poesia la stanza più grande è la sala d’attesa”, sì, quella sala in cui la Nostra  immagazzina realtà fenomeniche a cuocere a puntino per farsi poesia e in questo caso fluente narrazione, dacché le parole "Mostrano il loro legame con la musica...La parola nasce dal ritmo, come la musica. La poesia utilizza il ritmo in modo letterale e la filosofia, che non canta, si muove sulle tracce del ritmo e attraverso di esso vede. Vede il Ritorno. Vede l'Enigma" (Carlo Sini).
       Il croconsuelo e altri racconti il titolo dell’opera divisa in tre nuclei tematici: Memoria, Storia e storie, Donne. Ed è il primo capitolo che si pone come momento incipitario con valore eponimo. Un racconto di ricordi, di tempi andati riportati a memoria da un bar provvisto di pochi tavolini dell’amico di studi Gianni: DA GIANNI – PIZZA D’ASPORTO: pizza margherita, quattro stagioni, quattro formaggi… e… CROCONSUELO.  Ombre di querce,  giochi giovanili; castagni in boschi autunnali, mondelle (arrostite);  lezioni di Gianni sull’arte culinaria; la sua passione per la letteratura: melange di memorie e natura; di storia e cucina, di affetti e simpatie. Ed eccoci al titolo del testo: <<Credo però che Gianni abbia raggiunto l’apice della sua passione il quinto anno, durante gli esami di maturità. Intrattenne la Commissione su quel capolavoro che è La Cognizione del dolore del milanese Carlo Emilio Gadda, indiscusso e iroso lombardo, ma lo fece in modo molto originale, soffermandosi sul tema culinario stabilendo paragoni con la letteratura… Il gorgonzola, allora…: formaggio ben conosciuto e diffuso da noi… Gadda non lo cita col suo nome, spiegava compiaciuto (Gianni alla commissione), lo  traveste in “croconsulelo”>>.
       Ma la  vita divide come succede nella storia: Gianni era partito per una esperienza di lavoro in Inghilterra per poi tornare a fondare il suo negozietto. Fu giusto fargli una visita per parlare delle vicende di quegli anni e festeggiarlo con una cena in suo onore. Poi addii e promesse di ritorni. “Ma non prima delle sette. Il croconsuelo va consumato subito, flagrante di forno, e non ammette di essere riscaldato – rispose ironico ridendo,Gianni”.
       Memorie che sanno di poesia; amicizie persesi nel tempo e ritrovate a suggerire emozioni; radici di verdi primavere; di nature fresche e incontaminate rimaste da tempo a ingrossare nell’animo.  <<Se gli anni fanno macerie, la natura vi semina fiori; se scoperchiamo una tomba, la natura vi pone il nido di una colomba: incessantemente occupata a rigenerare, la  natura, circonda la morte delle più dolci illusioni della vita>>. “Chateaubriand dans le “Genie du Christianisme”.



Nazario Pardini

Nessun commento:

Posta un commento