L’ALIBI DELLA VITTIMA
Maria Rizzi collaboratrice di Lèucade |
L’alibi
della vittima di Giovanna Repetto – Gargoyle Edizioni – è un romanzo che non
oserei definire thriller (dall’inglese ‘rabbrividire), in quanto non gioca
sulla suspence, sulla tensione e sull’eccitazione, ma piuttosto sulle caratteristiche
tipiche del ‘giallo poliziesco’, in quanto consente al lettore di seguire la
trama senza stupirlo con continui effetti speciali e alla fine risolve, al
contrario del noir, che lascia aperte le possibili interpretazioni ai lettori.
Il
fatto di non connotarlo come thriller non esclude che si tratti di un testo che
riserva numerose sorprese nel corso della narrazione e presenti aspetti che ho
trovato assolutamente innovativi.
Innanzitutto
si stenta a credere che sia scritto da una donna. Ha tinte forti, sanguigne, a
tratti morbose, non di una morbosità gratuita, ma perfettamente
contestualizzata; in secondo luogo l’Autrice evita di edulcorare i personaggi,
in qualche modo sono tutti anti –
eroi, anche il maresciallo Trevisan, che non è uomo d’azione, ma di lavoro
inesausto e di riflessione e ha, come tutti, le sua crisi familiare. In qualche
modo il romanzo della Repetto evoca il famoso “Romanzo criminale”, con la sua
catena di reietti, di persone che vivono ai margini della legalità, talvolta adottando
la legalità stessa come scudo. Nessuno è salvo. Tutti hanno ipotetici motivi
per essere uccisi o per compiere crimini. Infine è un giallo che adotta
l’éscamotage della ‘frammentazione’. I capitoli sono brevissimi e si salta
dalla storia di un individuo a quella di un altro, temendo di perdere
l’orientamento… per poi scoprire che la tecnica riesce a rendere le vicende
tasselli di un puzzle, interessante da ricomporre.
Tra i
numerosi personaggi spiccano le figure trainanti dell’assistente sociale, Maria,
detta Holy Mary per la sua attitudine a stupire con abbigliamenti, pettinature
e comportamenti originali e insofferenti alle norme codificate e della
psicologa Lina, che con pacatezza e competenza, segue i casi e cerca di
affrancarsi dal un passato che non le ha concesso di essere protetta e capita,
ma di confrontarsi con una madre eternamente bambina. Le due donne hanno
rapporti con tutti coloro che fanno uso di droghe e anche con gli ipotetici
‘santoni’ che, tramite l’inserimento nelle loro comunità, potrebbero salvarli,
come Melchiorre e “La cruna nell’ago”, isola nel verde, tanto suggestiva quanto
misteriosa.
Di
fatto il giallo cattura sin dalle prime pagine proprio perché catapulta in un
paesaggio di uomini e donne, che sembrano tutti, o quasi, intenti a ‘fottere o
farsi fottere’, come scrive l’Autrice.
I
canoni del giallo ci sono tutti: il maresciallo che porta avanti le indagini,
il morto, i presunti, ipoteteci colpevoli, l’enigma che avvolge
l’assassinio… Il romanzo aggiunge ai
consueti aspetti dell’Opera di genere un elemento nuovo e sconcertante: la
vittima non possiede un alibi! Non mi è concesso scendere nei dettagli, in
quanto
rivelerei
elementi che devono restare segreti, ma ci tengo a sottolineare che l’arte
della nostra Autrice sta proprio nel creare aure di sospetti intorno a ogni suo
personaggio. Rocca Persa, un paese a pochi chilometri da Roma, diviene un
surrogato dell’inferno. La cocaina gira più della farina; i giovani abitanti
sembrano in gran parte dipendenti da essa e Greta, la rossa attraente, che ha
venduto l’anima al diavolo,
rappresenta
l’anima nera del luogo, insieme al trafficante Memé , che riesce ad apparire e
scomparire come un fantasma. Altro personaggio di indubbio cinismo è il
brigadiere Di Stasio, che non esita ad abusare dei propri poteri e a ricorrere
alla violenza, approfittando del carattere mansueto del maresciallo e del clima
strano, simile a una nuvola di piombo, che ammanta il paese.
A
tratti il testo, porta il lettore in un clima indistinto di misterioso
surplace. Il male, simile a una gorgone affamata, chiede sacrifici e coloro che
lo nutrono, deperiscono, si consumano, perdono i contorni degli esseri umani.
Il
paragone de “L’alibì della vittima” con “Romanzo criminale” è senz’altro
azzardato, l’ho adottato solo per dare l’idea di un libro che non fa sconti, non
ricorre alla pietas con facilità. Lina e Holy Mary restituiscono ad alcuni
personaggi l’umanità
e
l’ingenuità, ma pur prodigandosi, non riescono a salvarli dalle sabbie mobili
in cui lentamente affondano.
Il
romanzo potrebbe, forse, definirsi un affresco del mal di vivere da cui sono
affetti,
oggi,
i nostri giovani. Rocca Persa diviene la cittadina in cui convergono le loro
disperazioni.
Lo
stile è molto curato, oserei dire raffinato. La Repetto attinge dal
laboratorio neo – realista per descrivere con dovizia di particolari le
persone, i luoghi, le situazioni. Ed é, al tempo stesso raffinata, moderna, originale.
Il testo si legge con avidità.
E
lascia una serie di spunti sui quali riflettere. Ci insegna che non dovremmo
vivere
fermandoci
alle apparenze e che il sesso e i soldi sono troppo spesso le scarpe usate per
camminare nell’esistenza. L’inganno sta nell’aver trasformato il paio di scarpe
nella ragione del viaggio…
Maria Rizzi
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