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martedì 10 novembre 2015

PATRIZIA STEFANELLI LETTURA DI: "DÉJÀ VU..." DI MARCELLO DE SANTIS

Lettura di:  Déjà vu, Nino e Bianca, Quando torna papà?
Autore Marcello De Santis


Percezioni extrasensoriali, extracorporee, déjà vu, chiaroveggenza, bilocazione e altre, sono  fenomeni inaffidabili scientificamente ma espressioni dell’umano perché avvertiti da molte persone. Sembrerebbe un ossimoro, quest’ultima accezione, ma non lo è, in quanto tutto ciò, si pensa, accada in modo naturale agli uomini. Scrive Heidegger che il fenomeno è, in senso originario, “ciò che si manifesta in se stesso”. Si manifesta ed è plausibile  interrogarsi sul perché delle cose e degli accadimenti di questo mondo. Appassionata da sempre di metafisica e di tutto quel che sfugge alla mia comprensione,  mi addentro nelle Operette morali estemporanee  di Marcello De Santis. Dapprima leggo “Ci sono già stato”. Non so perché, forse per il colore giallo della copertina ma probabilmente per aver vissuto l’esperienza diverse volte, come d’altronde tanti. Il filo conduttore risulterà lo stesso per i tre testi. La formazione, teatrale e scientifica, m’avverte che è soltanto un’alterazione della mente percettiva, un inganno emozionale. Certo, lo so, eppure il vivere queste situazioni, non è così semplice da definire. Antonio Michele, il protagonista, comincia il suo viaggio dal sud, (forse non a caso) per risalire la china di un sogno, di una premonizione, dei luoghi della mente. Mi sovviene la legge di attrazione secondo la quale il cervello lavora attraverso le immagini simboliche e le rappresentazioni dei nostri desideri. Affinché questo avvenga, dobbiamo essere positivi e determinati, avere la percezione esatta della consapevolezza di ciò che  è giusto per noi. Così fa Antonio Michele che conoscendo bene il proprio bisogno d’amore, lo ripercorre attraverso i percorsi e i simboli dettati dal suo inconscio. Nel viaggio, lo guida il sogno, il sogno nel sogno. Il testo parla di se stesso mentre scorrono le immagini di una realtà senza tempo, né senso apparente. Parla il francese, legge in francese, cede al desiderio di entrare in contatto con l’onirica Francine .“ Vieni a cercarmi, amico mio”, ed egli parte. Non sa per dove ma il sogno, il caso, lo guideranno in un sicuro cammino. Una serie di personaggi strani si affacceranno nella sua avventura come  la signora col cappellino con gli uccellini, sotto al lampione. Cosa vorrà dire?  mi chiedo. Sarà forse una rivelazione?  E l’uomo con il notes, chi è? Uno psicologo che cerca il Suo vero? una coscienza indagatrice senz’altro. Egli si rivelerà della gendarmerie comprovando che lo scrittore è riuscito nel suo intento di comunicazione. La ragazza è scomparsa e i testimoni l’hanno vista con lui l’ultima volta. E’ stato pertanto recente il rapporto con lei. La cerca per strade sconosciute di cui ricorda particolari. Attraversa un vicolo oscuro e lungo, con una luce sul fondo che ricorda il tunnel di cui parla chi si trova tra cielo e terra. Non è forse l’amore luogo tra cielo e terra? Un trauma lo riporta all’attimo presente e ogni cosa, ogni persona, ha la sua rivelazione. Ancora una domanda resta: Sogno o realtà?
Quando torna papa?
Intrighi e imbrogli di un manipolatore, incapace di assumersi responsabilità, marito perfetto e personalità contorta: all’interno di una dolorosa ossessione la donna “vede” il marito che torna dopo l’abbandono. È molto comune la facoltà di alcuni esseri umani di far sentire in colpa la vittima, ergendosi essi stessi a vittima sacrificale. Nondimeno, la vera vittima, per una sorte di sequestro emotivo, resta legata indissolubilmente al carceriere. Nella storia il pianto del bambino sembra ogni volta riportare la donna alla realtà.  Infine, la presenza dell’uomo si collegherà a una visione percettiva, la quale sembra essere comune, quando si tratta di tragedie.
Nico e Bianca – atto unico in tre scene.
Molto interessante è l’epilogo in prosa. Nella storia due strani personaggi sembrano voler pagare il passaggio per la morte. Il passaggio avviene attraverso la commissione e il congruo anticipo di denaro, per un quadro che rappresenta un incendio. Preso dalla commissione, che gli procurerà gloria e danaro, Nico dimentica per giorni perfino Bianca. Si salveranno solo le tele che la rappresentano: Lei, la dolce realtà d’amore, Lui, finito in un incendio che, chissà perché, aveva dipinto. Un po’ mi ricorda il Faust di Marlowe, nella circostanza degli angeli, quello buono e quello cattivo. Nulla detto da Bianca, o dai genitori di lei,  potrà distrarlo dal proseguire la sua opera per realizzare il suo sogno di felicità.
I testi di Marcello De Santis, mi portano ad alcune riflessioni sul concento di fenomeno, evento e arte. Naturalmente, confutabili.
L’arte, qualsiasi arte, credo tenda a rappresentare un evento. La forma, che l’artista persegue, è quanto di più vicino egli possa sentire alla sostanza. Ontologicamente, nessuna produzione artistica  potrà mai eguagliare la perfezione dell’evento che la genera. Lo spazio e il tempo, e la propria relatività, ormai conosciuta, sono percezioni  che portano con essi, oltre al qui e ora, anche un prima e un dopo. Il tutto si inscrive nell’evento percepito. Il cassetto dell’intuizione, dell’esperienza e del sensibile, ci dà l’apparenza della realtà: la sua possibilità. Cos’è un evento se non l’osservazione di un fenomeno? L’osservazione di un fenomeno prodotto da mente e cervello in relazione al mondo esterno. Esso dunque non potrà avvalersi di completezza assoluta poiché è contemporaneamente anche altro, anzi, soprattutto questo. Lo scarto essenziale sta, a mio avviso, nella scoperta, in contraddizione con il pensiero logico, nella mancanza e nello spazio che abbiamo in mente il quale è locus mobilis. Nessuna soluzione, intesa come miscellanea di composti, è possibile. Gli agglomerati, rispondenti al reale, sono mobili e mutabili a ulteriori fattori intrinseci ed estrinseci, ai fatti e alla loro percezione. Punto di vista, spazio-tempo, fenomeno e  osservatore, sono  gli attori:  il nucleo attorno al quale tutto “gira” e si dipana. Viviamo, vediamo, percepiamo, giudichiamo, eppure qualcosa ci sfugge. Qualcosa di non visto, non ascoltato, che pure esiste. Di tutte le cose sicure la più certa è il dubbio” ci dice Brecht. Straniamento ci vorrebbe nell’osservazione di un fenomeno che è corruttibile. In letteratura le cose non cambiano di molto. Un testo prende forma dall’intuizione dell’autore per passare a quella del lettore modello, il quale diventa a sua volta autore di un nuovo testo. E allora, non ci resta altro che cercare la logica dell'illogico: quel che sta tra il sensibile e il non conosciuto. Questa è utopia, cioè la possibilità  che attende di essere. La realtà è plastica, arrendevole, e forse potrebbe esistere tra il significante e il significato, tra la sua immagine e la specularità.  

Patrizia Stefanelli



3 commenti:

  1. grazie patrizia sei molto gentile a dare importanza alle mie modeste cose; e mi fa immenso piacere leggere queste brevi recensioni, se così possiamo chiamarle. ti ringrazio per tutto.

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    2. Grazie a te. Qualche volta, capita di leggere qualcosa che è nelle nostre corde, che in qualche modo si sposa alle riflessioni del momento. Per questa pubblicazione, il ringraziamento va al Prof. Nazario Pardini al quale, è piaciuto farlo. Questa è un'isola felice!

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