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lunedì 1 agosto 2016

PIETRO RAINERO: "CANTALUPO E BORGORATTO"


Pietro Rainero, collaboratore di Lèucade
CANTALUPO E BORGORATTO

Borgoratto era un paese con un tempo da lupi.
Questa condizione era dovuta alla nebbia, la candida sostanza che in quella zona era di norma così fitta che un occhio non vedeva il proprio gemello e  neppur la punta del naso.             Chi procedeva seguendo la statale alla volta del capoluogo di provincia, situato nelle vicinanze, improvvisamente passava dal sole più cocente a distese bianche come il cotone, nelle quali non si scorgeva nulla di nulla.        
A volte la foschia  restava bassa, circondando gli alberi delle campagne solo fino all’altezza di un metro creando, quando i rami erano imbiancati di neve, un bellissimo, suggestivo e spettacolare effetto.        Più di sovente, però, il muro di nebbia avvolgeva tutto, compresa la costruzione più voluminosa del paese, un parallelepipedo rettangolo di notevole altezza, interamente fatto di metallo, che serviva come  sede della ditta e  magazzino di stoccaggio della fabbrica di mangimi animali.      
La società si chiamava “PURISSIMA” , a sottolineare il fatto che, nella preparazione di quei prelibati piatti destinati ai palati di cani e gatti, venivano seguite norme igieniche severissime, nonché carni e verdure di prima qualità.  L’edificio, come già evidenziato, era molto alto e nelle giornate di nebbia più intensa aveva già causato, nonostante le luci di segnalazione poste alla sua sommità, vari incidenti aerei.                 
Per la precisione, 14 elicotteri si erano schiantati, nel decennio precedente, contro le sue lamiere, proprio perché la nebbia di Borgoratto è più pericolosa delle colleghe di Novara, Vercelli o di quelle delle distese della pianura padana.   Anche il vicino, vicinissimo, paese di Cantalupo era nelle stesse condizioni. Appunto perché ad un tiro di schioppo da Borgoratto si presentava sempre zeppo di nebbia anch’esso, fino all’orlo!  A proposito, questi due vicini paesini sono situati in una provincia del nord dell’Italia: avete indovinato quale?  Oltre a questa lecita curiosità, vi starete certo chiedendo pure il perché di quei due curiosi nomi.  Beh, questo è facile da spiegare: Borgoratto era infestato dai topi e….quali animali pensate che ululassero alla luna nei pressi di Cantalupo?
 Questo l’antefatto della nostra storia, sulla quale si addensano grigie nubi,  quelle della foschia che avvolge i due paesi.         Ora facciamo un passo avanti.   Naturalmente a Borgoratto c’erano anche..facile no!?  c’erano anche gatti!!    Il problema, per i suoi abitanti e per il sindaco (per tacer della giunta municipale), consisteva nel fatto che , essendoci in paese una industria rinomata come la PURISSIMA, i gatti che abitavano o frequentavano quel luogo snobbavano decisamente la carne di topo, cercando sempre di conquistarsi le succulenti prelibatezze in scatola dai nomi altisonanti di CROCCAGAT,  MANGICAN od ancora VERDURMANZ. 
Ad un certo punto la situazione divenne insostenibile: troppi ratti scorazzavano per le vie di quel piccolo centro abitato ed il Consiglio comunale deliberò che era fatto assoluto divieto, per i cittadini, dare in pasto ai propri animali domestici i prodotti della locale fabbrica. I cari, affettuosi amici a 4 zampe avrebbero dovuto, da quel momento in poi, guadagnarsi da vivere lavorando: l’alloggio sarebbe stato gratis, ma il vitto no.      Si sarebbero dovuti dedicare alla caccia al topo, che diamine! Ed i gatti, seppur a malincuore, si inchinarono, abbassando la coda, alla delibera siglata dal sindaco. E, costretti a guadagnarsi la pagnotta, fecero bene il loro mestiere.  Vero che risultava pressoché impossibile nella maggior parte delle giornate invernali distinguere tra le nebbie il pranzo e la cena, cioè i ratti, ma, si sa, il fiuto dei gatti è sopraffino. Grazie al loro odorato sviluppato, i felini catturavano efficacemente i roditori, tanto che la popolazione di questi ultimi cominciò a declinare drasticamente, per la gioia degli abitanti e del primo cittadino, che già immaginava di cambiare il nome del paese da Borgoratto in Borgogatto.
Un guaio, però, si stagliava all’orizzonte: proprio all’orizzonte, dove finiva il territorio di Borgoratto e prendeva forma quello di Cantalupo. Perché a Cantalupo c’erano ovviamente molti…lupi.  Ai lupi, dovete sapere, la carne di gatto ….piace!  Siccome, anzi,  piace molto, i lupacchiotti presero il vizio di spostarsi sempre più spesso lontano qualche chilometro da casa, trascorrendo il tempo libero a caccia in quel di Borgoratto, tra la disperazione dei suoi nativi ( e del sindaco ) che vedevano di nuovo aumentare la popolazione dei topi, a discapito di quella felina.      
Temendo dunque di non essere rieletto, il caro sindaco si decise, dopo aver ponderato l’idea per qualche giorno, ad impugnare la penna e scrivere una lettera al suo collega di …Orsara, un paese distante una decina di chilometri dal Borgo dei ratti. Orsara…indovinate un po’ come mai quel nome.  Il paese di Orsara, posto in collina, ad un tiro di schioppo dalla strada che attraversa la valle con il fiume, era abitato, oltre che da individui col diritto di voto, anche da ….orsi.  Non dico molti, ma qualche plantigrado certamente c’era.  Il sindaco di Borgoratto, dunque, pregò il collega di fargli un favore: non è che si poteva far venire ( non in elicottero! ) qualche orso, diciamo 3 o 4, per dare la caccia ai lupi? Il Consiglio comunale di Orsara, che stava decidendo se patrocinare un concorso letterario, discusse anche di questo prestito di animali e, alla fine, lo approvò.  
Tre orsi, la settimana dopo, furono trasportati a Borgoratto e lasciati liberi di vagare tra via Leonardo da Vinci, piazza Roma e stradine limitrofe. Ben presto, pensarono i Borgorattesi ( o Borgotopastri, come si chiamano? ) i lupi sarebbero stati divorati quasi tutti , o perlomeno sarebbero scappati a gambe levate per lo spavento.   Soltanto che…beh, accadde un fatto strano: dopo un mese i lupi continuavano a circolare ancora avanti ed indietro per le poche vie del paesello, leccando  a volte addirittura con affetto il muso degli orsi e  vagando tra la costernazione degli astanti e del sindaco.    
Cosa era successo? Era successo che la carne di topo, è risaputo, piace ai gatti, ma la carne di lupo non è altrettanto gradita al palato raffinato degli orsi. E questi ultimi incominciarono ad avere appetito…..sempre più appetito…..fame!  Il Consiglio municipale, che oramai conosciamo bene, votò all’unanimità una risoluzione che vietava di dare in pasto agli orsi confezioni di marmellata, miele, fette biscottate od altri alimenti ricchi di carboidrati. C’era la speranza di indurre finalmente gli orsi a decidersi di dedicarsi ai lupi.  Senza i generi di prima necessità la fame degli orsi lievitò, finchè un giorno uno dei tre, al limite dello svenimento, allungò una zampa anteriore per catturare un topolino che passava in via Matteotti, vicino al centro dell’abitato.       
 L’orso fece un sol boccone del piccolo ratto e , sorpresa!, trovò la sua carne più che deliziosa, addirittura squisita. “Uhm..” pensò l’orso “è meglio di certe confetture morbide come una pasta, meglio ancora di api e miele, meno stucchevole, un poco meno dolce, con una punta di sapor di bergamotto, di fiori di arancio e rose, che ti lascia l’alito profumato fino a sera!”. Questa faccenda di miele con api merita una spiegazione: così come alcuni di noi adorano la mostarda sulla formaggetta od il miele sul lardo, gli orsi bruni vanno letteralmente pazzi per le api ancora vive adagiate su di un letto di miele. Ma torniamo a noi: il tessuto dei topi risultò dunque piacere molto agli orsi, decisamente più dei favi di api, delle formiche, del latte o del burro.        Pertanto, col passar dei giorni, i topi presenti nel piccolo paese finivano sempre più tra le mandibole e le mascelle dei tre plantigradi e tra la gioia degli assessori comunali e quella del sindaco.     
Quando, sul finir della nostra storia, il numero dei topi ritornò alla normalità, gli orsi si ritirarono nuovamente in collina, nelle loro tane ad Orsara, dove la Giunta, su suggerimento dei colleghi di Borgoratto, decise di intitolare il concorso letterario che aveva appena sponsorizzato “ L’orso in collina” , appunto.               
 Gli orsi, da quel giorno, divennero gran consumatori di scatolette di mangime che rispondevano ai curiosi nomi di RATTOSQUIS, TOPOCREM od ancora ORSADULT, tutte confezionate solo ed esclusivamente con carne di topo. La prima, vi devo confessare, è una tale unica squisitezza che mi permetto di consigliarvela senz’altro nel caso aveste ospiti per Natale.
E con questa raccomandazione termina il nostro racconto ambientato…già…avete scoperto finalmente in quale regione si svolge?    In quale provincia si trovano contemporaneamente Cantalupo, Borgoratto, Orsara …. e anche Visone?
A proposito...  non abbiamo parlato dei Visoni !!



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