Il nulla, il buio, la luce, il deserto, la rinascita. Un viaggio
infinito; un odisseico travaglio alla scoperta di noi stessi; del nostro
problematico ruolo su questa terra. Ed Edda Conte fa di questo cammino il
grande mistero dell’esistere. Lei mai doma, lei mai vinta, lei mai spenta fa
del buio e della luce, della fine e del principio una simbiotica fusione che
alimenta il fuoco dell’altare della vita. Leggere il suo calendario, leggere i
suoi racconti o i suoi versi significa scoprire sempre una parte di noi; qualcosa
che ancora ci era nascosta, dacché il suo dire è espanso da essere storia
totale dello spleen terreno. Sì, c’è la vita di ognuno in lei,
l’inquietudine e la saudade di ognuno dentro i suoi scritti: i perché mai
risolti, le questioni che ci assillano, i misteri dell’esistere, la coscienza
della precarietà dell’ora e del dove ma anche e soprattutto quelle vertigini,
quegli azzardi che provano solo i poeti. Coloro che riescono a fare di ogni
parola non solo un mezzo di comunicazione ma il gradino di una scala che porta
diritto fino al vero, pur satura della stanchezza umana: “Fino a sera l'uomo
raccoglie le parole sparse a terra, ed è tanto stanco che finalmente si
appoggia al tronco di un albero e si addormenta. Tutte le parole raccolte,
silenziose e buie, dormono con lui.”. Sì, dormono con lui ma covano, rapinano,
si impolpano di una storia, di un vissuto, e ad ogni risveglio esigono di
tornare a nuova vita sovraccariche di pathos; hanno bisogno di unirsi, di
compattarsi per raggiungere la luce e vincere la notte; per dare un segno
paradigmatico del loro potere nell'epifanica unità rivelatrice dell'essere;
della rinascita verbo-uomo. D’altronde è qui il desiderio di libertà: uscire
dalle ristrettezze del vivere per approdare a un’isola di pace e di
sublimazione; ognuno di noi sente forte il bisogno di portare con sé, oltre il
guado, il patrimonio della sua vicenda; di affidarlo alla totalità del verbo.
Sta lì l’inquietudine dell’esserci, la sofferenza di esistere fra il tout e le
rien. Questo cova nell’animo della Conte; tutto questo si rovescia sul foglio
che attende paziente una sua confessione di paura, di morte, di buio; di
ascensione, di convivenza, e di scoperta: “Dunque la Natura, il Sole, gli
alberi verdeggianti sono un inganno....Sente ora il silenzio della
solitudine come una minaccia”. Quella realtà che ci gioca attorno non
corrisponde a quella che abbiamo e avevamo sempre sognato: il sole, le piante,
le parole stesse non hanno più vigore, si fanno una minaccia; sono fuori
da una realtà agognata. E le stesse parole, in ordine sparso, non hanno più
quel senso, quella preziosità che la scrittrice attribuiva loro. E si sa quanto
sia arduo assegnare al verbo il compito di dare corpo all’immensità del
sentire. La parola è uno stratagemma umano troppo umano; un congegno lessicale
creato dagli umani per gli umani; ma l’animo è qualcosa di più; ambisce al
cielo, alla sua origine; sta qui la disparità fra dire e sentire; occorre una
grande complessità verbale per ovviare alla deficienza umana; una fattiva
sorgente di luce per ascoltare il suono dei nostri stessi pensieri. Solo
così si potrà soddisfare l’empito della curiosità. Solo se l’essere sa
ancorarsi alla forza della scoperta, dacché, anche se nel pieno delle
tenebre, sa sempre trovare uno spiraglio di luce a cui aggrappare la sua
entità; la sua spiritualità; la voglia e la forza di rinascere; basta essere
coscienti che esistiamo. Una piccola luce si fa sole accecante. La luminosità del
pensiero e la profondità dell’anima si fanno avanti con tutta la virulenza
dell’attaccamento alla vita; le parole unite danno alfine l’idea di tutto il
loro potere: un grido alla Munch:
“Nel bosco cala definitivamente la notte, ma l'uomo non ha più
nessuna paura, non si sente più solo, ha con sé una grande ricchezza, una
potenza. Ora potrà dire e ascoltare il suono dei suoi stessi pensieri.
Pieno di fiducia e di entusiasmo comincia a gridare con quanto fiato ha
in gola: SONO UOMO!!....Ogni albero ogni arbusto del bosco raccoglie quel
grido e se ne fa portavoce fino alle estreme lontananze. Una eco gioiosa
ripete all'infinito UOMO.. UOMO UOMO...”. Come afferma la Conte nel suo
incipit: "Riunire le parole sparse potrebbe rendere gli uomini
migliori".
Nazario Pardini
"Riunire le parole sparse
potrebbe rendere gli uomini migliori"
(Saramago)
PAROLE SPARSE
Si desta all'improvviso. E' solo. E' innocente.
Si guarda intorno: alberi, tronchi giganti, nudi, di colore
bruno come la terra, dura, compatta, nuda anch'essa.. Alza la testa: lassù, in
alto c'è il sole, lucentissimo, accecante.
L'uomo guarda il cielo , e in quel momento sente un calore
che dalla pelle si trasmette a qualcosa di più profondo, di sconosciuto. Apre
la bocca. Il suono che ne esce gli strappa un sussulto, come se una porta si
spalancasse con forte rintrono. Si muove con circospezione.
Occhi diversi tornano a guardarsi intorno.
E' una foresta fitta , illuminata , deserta.
Che silenzio, pensa l'uomo, e subito dopo : che pace!
L'importanza di quel pensiero fa scattare una
misteriosa molla. Torna il ricordo e con il ricordo, se pure confuso,
l'angoscia la paura e...il nulla. Ora quel nulla lo chiama , lo invita.
L'uomo non sa molto di ciò che è accaduto, ma sa che è l'unico
essere vivente in un deserto di vita. Dove e come trovare il principio?. Forse
è solo avvenuta la fine.
Qualcosa lo spinge a lasciarsi andare, come altri, come tutti,
forse...
Rilassa il corpo, con la voglia dell'abbandono, e proprio
allora ai suoi piedi vede luccicare qualcosa. E' un riflesso di sole, ma
quel bagliore ha il potere di ridestare il suo interesse. Si china,
raccoglie....è una PAROLA. Non ha il tempo di riflettere sulla stranezza
dell'accaduto che già lo attira altro bagliore poco più avanti. Si
china....raccoglie....un'altra parola.
E poi un'altra e un'altra e un'altra ancora...
Fino a sera l'uomo raccoglie le parole sparse a terra , ed è tanto
stanco che finalmente si appoggia al tronco di un albero e si addormenta.
Tutte le parole raccolte, silenziose e buie, dormono con lui.
............
Un assordante silenzio gli preme gli orecchi, gli confonde la
mente.
Apre gli occhi e il calore del sole lo riporta alla realtà .
Lo circonda un bosco verdeggiante di rami nuovi che si
intrecciano come la trama di un ricamo. Qua e là lasciano intravedere
pozze di cielo azzurro.
Quanto tempo ha dormito!
Le parole, molte parole, sono sparse davanti a lui, e nelle
tasche e sugli abiti....Le raduna e finalmente le guarda. Ma ecco che....come
fossero carboni ardenti , si sottrae, spaventato, inorridito...le scaglia
lontano come si fa con una cosa che ci fa ribrezzo o paura.
L'uomo non capisce, vorrebbe capire, ma al momento prova solo
l'impulso di allontanarsi.
La paura gli chiude la gola, ha timore perfino di respirare ,di
fronte ad un significato di cui intuisce tutto il pericolo.
Dunque la Natura, il Sole, gli alberi verdeggianti sono un
inganno....Sente ora il silenzio della solitudine come una minaccia.
Continua a risplendere il sole, ma tra gli alberi è scesa
una sottile velatura che suggestiona la fantasia di chi già non ha l'animo
sereno.
L'uomo vive attimi di tensione , di indecisione. Riflette.
All'improvviso spalanca gli occhi, apre la bocca in
un'esclamazione che non trova parole.
In lontananza, tra gli alberi, nel velo di nebbia che si
solleva dal suolo ha intravisto due figure che si muovono...pare che vengano
verso di lui.
Con mossa fulminea , anche se priva di riflessione , si precipita
a raccogliere le parole prima gettate, si allontana correndo. Davanti ad
una pozza d'acqua stagnante- o sorgiva- si ferma: butta le parole sparse, così
alla rinfusa, senza più darci uno sguardo. Il suo istinto gli dice di
seppellirle, lui pensa che è meglio annegarle.
Le parole, le parole nere, una a una si sciolgono
nell'acqua della pozza.!
.............
Ora l'uomo senza parole cammina incerto e frastornato. I cespugli
del sottobosco gli graffiano le gambe, sono fitti , gli impediscono di vedere
il sentiero. Forse non esiste nessun sentiero, ma con una specie di ottusa
ostinazione lui va avanti, con sempre crescenti difficoltà nell'intrico degli
arbusti. Il bosco sembra non finire mai., sempre più fitto, minaccioso, quasi
in ombra.
Nessuna traccia di esseri viventi.
A questo punto la confusione è tale che l'uomo dubita
perfino della sua esistenza. Ha voce ma non ha parole, ha memoria ma non
ha ricordi.
..........
Cammina a capo chino come se volesse sfuggire la vista di quello
che ha intorno.
Nell'ora del tramonto il bosco assume un fascino speciale:
riflessi e trasparenze di sole creano immagini fantastiche...la brezza di terra
diffonde nell'aria i profumi amari del sottobosco....qualche ramo oscilla
....quasi una danza silenziosa...ma l'uomo che cammina a capo chino non vede...
Ora urta un ramo più basso , e subito qualcosa prende a
ondeggiare nell'aria prima di planare mollemente al suolo con un lieve
tintinnio. L'uomo si scuote dal torpore e guarda a terra,
incuriosito. Guarda e raccoglie.
E' una parola colorata ! bellissima...ed ha un buon profumo....
Guarda i rami dell'albero....tante tante parole colorate pendono
dai rami...un profumo delicato si diffonde nell'aria... Allora l'uomo è colto
da un'allegrezza nuova, si solleva sulla punta dei piedi e coglie quante più
foglie-parole può.
Ce ne sono di tutti i colori e di tutte le dimensioni. Ce ne sono
di rotonde e di irregolari, geometriche e con la punta in basso come un
cuore...bianche rosse gialle...una ricchezza che lui non trascura , ma tutte
delicatamente le coglie, una ad una...e ognuna ha il suo suono. L'uomo sente
l'eco di una campana, l'armonia di un flauto, un breve ridere di bambino...un
arpeggio leggero...musica ..musica...
Se ne riempie le tasche, la borsa, le raccoglie al seno, le
stringe tra le mani..
Comincia a correre, come se fosse inseguito. Una festa di
colori corre con lui.
Lo accompagna la musica di tante parole...
Nel bosco cala definitivamente la notte , ma l'uomo non ha più
nessuna paura, non si sente più solo, ha con sé una grande ricchezza, una
potenza. Ora potrà dire e ascoltare il suono dei suoi stessi pensieri.
Pieno di fiducia e di entusiasmo comincia a gridare con
quanto fiato ha in gola:
SONO UOMO!!....
Ogni albero ogni arbusto del bosco raccoglie quel grido e se
ne fa portavoce fino alle estreme lontananze. Una eco gioiosa ripete
all'infinito UOMO.. UOMO UOMO...
Edda Conte. 2 Gennaio 2017
La lettura attenta,sensibile ed empatica di N.Pardini non ha bisogno di altri commenti,…ma ne vale la pena: vale la pena di seguire i ritmi e le emozioni, i dubbi di Edda, che ci accompagna nel bosco della vita, e della comunicazione negata, che intuisce le stanchezze, le delusioni le angosce, il deserto, il buio dell’animo annichilito e nella distruzione operata dall’uomo infelice che non ha più memoria ..e poi sa anche operare la ricostruzione, la fiducia e l’entusiasmo della ritrovata comunicazione nel pensiero e nella consapevolezza di essere orgogliosamente Uomini.Poesia e ricerca.
RispondiEliminaL'esistenza per Edda si intreccia nel concerto di parole che, sparse, appaiono e scompaiono da un foglio all'altro del diario dell'essere. Con particolare sintonia in prosa-lirica la poetessa scrittrice si confessa alla natura che circonda il protagonista (l'uomo) silenzioso nel suo riflettersi. Si supera ogni barriera e confine dell'onirico per sconfinare nel virtuale del concreto possibile. Questo narrato, originale nella sua ricchezza di effetti collaterali (dall'umanistico al filosofico), proietta Edda Conte nel sovra-dimensionale di un reale immaginario che ci circonda di gesti, di ambienti naturali, di proposizioni emotive. ogni istante circonda la guida delle percezioni e delle impressioni interiorizzate alla scoperta di quella personalità che solo il divenire "uomo" realizza.
RispondiEliminaMarco dei Ferrari