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martedì 1 agosto 2017

PIETRO RAINERO: "LA MUMMIA AL PRONTO SOCCORSO", RACCONTO

                           
                                                             
LA MUMMIA AL PRONTO SOCCORSO

L’UOMO HA PAURA DEL TEMPO
IL TEMPO HA PAURA DELLE PIRAMIDI

Torino, Museo Egizio di via Lagrange, un giorno qualunque.

Piero Rainero,
collaboratore di Lèucade
             
                                                                                      

Il Faraone guardava, con occhi inespressivi, il Libro dei Morti.
Il Libro dei Morti guardava, incurante di tutto l’universo, il Faraone.
I bimbi si affollavano intorno alla teca contenente la mummia di Amenofi settimo, additandosi l’un
l’altro le bendature, la forma del viso e la conformazione ossea, commentando vivacemente
l’inconsueto spettacolo.           Giulia, una ragazzina di 12 anni, pensò: “ Però, questi Faraoni!
Hanno scovato il modo di turlupinare il tempo! Grazie ai processi di imbalsamazione abbiamo ancora le informazioni sulle loro cellule.   Chissà che un giorno non si trovi la possibilità di clonarli.
Amenofi avrebbe allora un gemello nato però circa 6.000 anni dopo ” .
Giulia fu l’ultima del gruppo di persone, adulti e non, che quella sera lasciò la sala delle mummie.
Giulia preferiva i profumi esotici a quelli francesi ed usava, all’insaputa della madre, un’essenza egiziana chiamata “ Alessandria di notte N.3 ”, un profumo dall’odore talmente pregnante da far resuscitare i morti.  
E Amenofi, infatti, lo avvertì.         Socchiuse lentamente le palpebre e guardò, con una strana luce negli occhi, i papiri sulle pareti, papiri che narravano di una antichissima civiltà che aveva edificato costruzioni destinate a sfidare i millenni.        Amenofi si rizzò a sedere, ruppe la teca di cristallo, si
alzò in piedi con movimenti lentissimi ed enorme fatica.    Sentiva un dolore acutissimo in ogni
parte del corpo.      
Si avvicinò alla bara di Ramsete ottavo, spezzò il vetro con un pugno, scrollò il torace dell’illustre
collega e lo svegliò dal lunghissimo letargo.
I nostri due amici parlarono tra di loro. E’il caso di spiegare un po’ meglio come avvenne il
colloquio.      In realtà i due Faraoni non aprirono bocca ( né avrebbero potuto ).
Conoscevano una maniera di comunicare molto antica ed oggi decisamente in disuso: la telepatia.
Eh...già! I Faraoni non farebbero la fortuna dei gestori di reti telefoniche.
Amenofi disse: 


E Ramsete rispose : 

Vi vedo un po’ perplessi.
Non che Amenofi fosse vissuto molto tempo prima di Ramsete e parlasse una lingua diversa:
semplicemente Ramsete pensava in minuscolo mentre Amenofi ( che era sempre stato un
megalomane ) in maiuscolo, cioè in grande.
Vi vedo ancora perplessi.  Ah...dimenticavo: siccome, presumo, non conoscete la scrittura
geroglifica, vi fornirò la traduzione dei dialoghi fra queste altezze reali dell’antichità.
Ecco dunque la fedele trascrizione in lingua italiana.
Amenofi: “ Sfinge mia! Mi sento tutto rotto! Penso di aver dormito diverse ore, ma è come se mi
fossi appena coricato ”.
Ramsete: “ Eh, già, non dirmi niente! Ho dei dolori intercostali insopportabili ”.
I nostri due amici dal sangue molto blu, terminata questa interessantissima discussione, svegliarono
dal lungo sonno senza sogni gli altri due inquilini della sala delle mummie: Amon terzo e Tutmosi
secondo.      I quattro, appurato che le porte di accesso al salone erano sprangate,  trascorsero la
notte rileggendo da capo a piedi il Libro dei Morti, indi lo commentarono vivacemente con uno
scambio di opinioni a dir poco focoso ed infine enumerarono ancora i loro vari acciacchi
lamentandosi come vecchie comari.
Le  prime luci dell’alba li sorpresero durante una partita a tresette col morto.
Al ragionier Pierpaolo Pierpaoli, da 27 anni custode del prestigioso Museo, venne un colpo quando
aprì la sala numero 6 e si trovò davanti quattro individui completamente bendati, quattro persone la
cui identità gli era nota come le sue tasche.
Si muovevano! Lentissimi, come enormi dinosauri erbivori, ma camminavano!
Si precipitò all’ingresso, strappò di mano il telefono alla signora Rosamunda e tirò giù dal letto il
cavalier Asdrubale, direttore del Museo.
Il simpatico cavaliere, dopo 2 minuti e 17 secondi di catalessi, ripresosi, ascoltò anche la signora
Rosamunda alla biglietteria, per assicurarsi che il signor Pierpaoli non fosse improvvisamente, e
senza segni premonitori, impazzito.
Il signor Asdrubale chiamò, in rapida successione e scrupoloso ordine cronologico, la polizia, i
vigili urbani, i pompieri, i carabinieri a cavallo, la finanza e la Croce Rossa.
I primi ad accorrere furono, ovviamente, i volontari della Croce Rossa.
Constatate le precarie condizioni di salute dei quattro personaggi, che si reggevano a malapena in
piedi, li caricarono sull’ambulanza che partì a sirene spiegate verso il pronto soccorso dell’ospedale
“ Molinette ”.       Nell’atrio del pronto soccorso aspettavano il loro turno, pazienti, i nostri
inseparabili amici Andrea, Elena, Manuela e Sara.
I primi tre avevano accompagnato Sara, che si era ferita l’indice con la punta di un vecchio
fuso, mentre filava la lana che sarebbe servita a confezionare un vestito per la sua Barbie.
I nostri amici videro arrivare l’ambulanza, da cui scesero quattro persone completamente ricoperte
di bende.            Anche il dottore di guardia li scorse e capì subito tutto.
“ Presto ” disse “ portateli subito con l’ascensore al sesto piano, al centro grandi ustionati! ”.
“ Guardi che non si sono bruciati ” lo informò gentilmente l’autista dell’ambulanza “ sono quattro
faraoni, ospiti del Museo Egizio ”.
Il giovane dottore lo squadrò ben bene e sbottò: “ Mi sta prendendo in giro, vero? ”.
“ Neanche per sogno ”  rispose il milite.         L’inesperto dottorino, per essere convinto, dovette
ricevere conferma pure dagli altri volontari presenti nonchè dal cavalier Asdrubale e dal ragionier
Pierpaoli, i quali avevano seguito l’ambulanza sfrecciando a folle velocità ( 15 chilometri l’ora,
quanto permetteva la 500 del direttore del Museo ) per il centro cittadino, tra passanti allibiti e vigili
compiacenti.
Il dottore di guardia però recuperò il tempo perso tra prima diagnosi sbagliata e
incredulità iniziale ordinando una raffica di accertamenti, controlli ed esami vari.
I quattro bimbi dell’asilo si trovavano di fronte all’ingresso della Radiologia, situata
vicinissimo al pronto soccorso, a proprio agio nonostante la novità del luogo.
Manuela disse “ Sara, cambia il fazzoletto, è tutto rosso di sangue, tieni il mio ”.
Poi, mentre Andrea stava commentando l’arrivo degli uomini “impacchettati”, un infermiere disse
al radiologo incaricato: “ Ecco il foglio con la prescrizione per la TAC ”.
“Ah..!” intervenne Elena “ ora dovrai aspettare un bel po’, Sara. Faranno la TAC a
quell’…Ambaradan quinto ”. ( Elena non sapeva come chiamare quel ..coso, che rassomigliava
tanto ad una statua prima dell’inaugurazione ).
“ Sì, ma faranno prestissimo ” rispose la piccola paziente ferita “ per fare la TAC è sufficiente che il
medico accosti una lastra al corpo del malato e pronunci a voce alta “ TAC” ed ecco che la lastra
rimane impressa ”.
Andrea rise di cuore e disse: “ No, che non è così che si fa.    Io l’ho vista fare a mio nonno che
aveva male a bronchi e polmoni, ma il radiologo non ha detto “ TAC” ”.
“ Sì, che si fa così, me lo ha detto il mio papà ”.
“ No, che non si fa così ”  ribadì Andrea.
“ Chiediamolo al dottore ”  si intromise la pragmatica Manuela.
Il medico, che aveva involontariamente ascoltato la discussione, cortesissimo spiegò che fare la
TAC era un po’ come cercare di vedere in una scatola buia.
Ma seguiamo le sue parole.
“ Vedete ”  disse “ immaginiamo che uno di voi, per esempio il maschietto, abbia a disposizione 9
caselle, come nel gioco del Filetto, o Tris, e possa collocare dei distintivi, ad esempio croci, in
alcune di queste caselle, dove vuole e quanti ne preferisce, a sua completa discrezione.
Le tre bimbe devono poi indovinare la disposizione dei contrassegni ponendo delle domande ad
Andrea, ti chiami così, vero, giovanotto?
Le domande sono del tipo: quante croci ci sono nella prima riga? Quante sulla seconda colonna?
E sulla diagonale da sinistra in basso a destra in alto? E sulla linea obliqua che tocca solo la prima
casella in alto a sinistra?   E così via.
Avete, fatevi un disegno della scacchiera e, mentre aspettate, magari anche una partita , 16 possibili
risposte.    Potete fare questa specie di radiografia da quattro direzioni diverse.
Confrontando le 16 risposte avrete un’immagine precisa dell’esatta disposizione dei distintivi.
La TAC funziona esattamente così; solo che le caselle sono numerosissime, vari pezzettini del
corpo, ma le angolazioni possibili anche.   Inserendo i dati in un computer, si riesce poi a leggere il
risultato.   Questa è solo la prima “ fetta ”, però, in seguito viene sezionata tutta la zona che
interessa, cranio, addome o quel che vogliate voi.
Noi, per chiedere all’organismo se c’è più o meno materia, inviamo dei raggi X che vengono
assorbiti diversamente a seconda della densità di ciò che attraversano ”.
“ Tante grazie per la spiegazione ” disse educatamente Elena “ ma ora vada a fare la TAC a quel
poveraccio ridotto così male! ”.
Gli esami non finiscono mai, si dice.
Bene, mai detto fu più calzante a ciò che dovettero subire gli antichi Re durante quella interminabile
giornata ( Sara fu medicata, con occhiata del medico, garza e cerotto, alle 9 di sera e dimessa
mezz’ora dopo).
Questo l’elenco dettagliato dei controlli effettuati sulle quattro mummie:

Esame del sangue
Esame delle urine
Esame delle lacrime
Roentgen vari ( circa 15 )
Fotografie in pose diverse
Due ritratti
Un affresco nell’atrio dell’ospedale, eseguito da un infermiere che di nome faceva Michelangelo e             di cognome Nonmiricordopiù
Controllo dell’osteoporosi ( uno a testa )
Risonanza magnetica
TAC ( Tomografia Assiale Computerizzata )
PET (  Tomografia ad Emissione di Positroni )
PAT
PIT

Tutti questi controlli, fatti da personale appositamente specializzato e scrupolosamente addestrato,
permisero di ottenere un quadro clinico di invidiabile chiarezza.
Finalmente, alle 21.30, udito anche da Sara e compagni che stavano uscendo, venne diramato il
bollettino medico.      Il primario di Radiologia, dottor Chiaroscuro, di fronte a quattro bimbi di una
scuola materna, otto giornalisti, il cavalier Asdrubale, il ragionier Pierpaoli ed una paziente con la
sciatica lesse gravemente:
“ Gli accertamenti effettuati in data odierna nei confronti dei signori Amenofi settimo e Tutmosi
secondo hanno dato i seguenti riscontri: Ossa iliache di dimensioni e struttura regolare. Falangi
sinistre distese, ingrossate, alitiasiche.  Qualche millimetrica cisti parapielica a carico di entrambi i
piedi ”.
“ Non ho capito molto, e tu, Manuela? ”  chiese Elena.
“ Neppure io ”    confermò quest’ultima.
Sara ed Andrea si scambiarono un’occhiata che sottintendeva l’esotericità di quel frasario.
Il direttore del Museo Egizio, vistosamente preoccupato per le sue amate creature, intervenne:
“ Ma insomma, di cosa soffrono? ”.
“ ARTROSI ”  rispose laconicamente il primario, che, ignorando gli sguardi increduli dei presenti,
continuò:
“ Gli accertamenti a cui sono stati sottoposti invece i signori Ramsete ottavo ed Amon terzo hanno
consentito di evidenziare la seguente situazione: Pancreas non completamente visualizzato. Non
estasia dei dotti biliari. Infiammazione corticale polare superiore del femore destro. Fegato senza
apprezzabili lesioni focali ”.
“ Hmm…” si limitò a commentare Manuela.
“ Che limpida esposizione! ”  disse Elena.
 “ Io non ho capito nulla ”  sbottò, spazientito, Andrea.
“ Proprio un nome azzeccato, Chiaroscuro, anche per come si esprime ”  lo catalogò Sara.
“ Quale è la loro malattia? ”  implorò, quasi gridando, il cavalier Asdrubale.
“ ARTRITE ”  specificò il luminare ( mezzoluminare, se il destino è già insito nel cognome ).
Qualche minuto dopo il signor Asdrubale fu ricevuto dal primario di Radiologia, per un colloquio
riservato, in una saletta anonima.    Il cavaliere era distrutto, non sapeva darsi pace, aveva già
intuito, ancor prima che il dottore aprisse bocca, che le condizioni dei suoi quattro conoscenti erano
serie e che le patologie si sarebbero rapidamente aggravate.
“ Indubbiamente ” gli confermò il dottor Chiaroscuro “ in un clima come quello torinese non c’è da
stare per nulla allegri. Sconsiglio nel modo più assoluto il ritorno al Museo della nostra città.
Per l’artrosi è necessaria una temperatura media decisamente più alta, mentre per l’artrite il caldo è
controindicato, pertanto Ramsete ed Amon dovranno trasferirsi in un luogo più fresco e ventilato. 
E questo è tutto ”.
Asdrubale ringraziò lo specialista e si trasferì all’uscita del nosocomio, dove Andrea, Manuela,
Elena e Sara stavano per separarsi.
I quattro amici notarono il palese sconforto in preda al quale era il direttore del Museo, gli si
avvicinarono e cercarono di alleviargli,  per quanto possibile, la sofferenza.
“ Povero me, sono disperato ”  si lamentava il distinto signore “ Che fine faranno le mie mummie?
Non posso certo mandare Tutmosi alle Seychelles, Amenofi all’isola Mauritius, Amon ad Helsinki
e Ramsete ad Ottawa. Che tragedia! ”.
“ Manu, Andre, sentite! ” disse Sara e cominciò a parlottare sottovoce con loro due.
Poco dopo li raggiunse anche Elena ed incominciò un rapido e concitato scambio di idee.
Non avevano molto tempo: il signor Asdrubale, in compagnia del fido Pierpaoli, stava per
allontanarsi dall’ospedale.
I due attempati signori vennero intercettati dai nostri piccoli eroi proprio mentre si accingevano ad
aprire la porta ( l’unica che funzionava ) della 500.
“ Sentite ” disse Elena, portavoce del gruppo in quanto più anziana degli altri ( si fa per dire )
“ Abbiamo una proposta da sottoporvi ”.
“ Come? ” rispose distrattamente il direttore.
“ Sì, ascoltate: Amenofi e Tutmosi soffrono di artrosi e devono stare al caldo, mentre Amon e
Ramsete devono andare al freddo per l’artrite, giusto? ”.
“ Purtroppo è tutto vero ” confermò Asdrubale in preda ai più cupi pensieri.
“ Bene, abbiamo la soluzione!  E’ semplicissimo: Ramsete ed Amon verranno ospitati dal British
Museum di Londra. Stia tranquillo, signor Asdrubale, saranno curati amorevolmente, come due
bebè ”.
“ Ah.. beh.. sì. Non ci avevo pensato. Lì c’è una parte adibita alla conservazione di mummie egizie,
è vero! ”.           Il viso del direttore iniziò a rischiararsi.      “ Ma Tutmosi ed Amenofi? ”.
“ Elementare, cavalier Asdrubale! Impacchettateli e spediteli al Museo del Cairo. Certamente
staranno al caldo ”   gli fece di rimando Elena.
A questo punto l’esimio cavaliere, vinta ogni inibizione, improvvisò per la gioia un girotondo con
Sara, Andrea, Pierpaolo, Manuela ed Elena, tra lo sconcerto dei parenti dei pazienti.
Il direttore del Museo, finito di ruotare, organizzò per bene tutto in quattro e quattr’otto.
Disturbò la digestione ad una mezza dozzina di influenti politici che gli dovevano alcuni favori e,
alle 23.51 in punto, due piccoli aerei privati erano pronti sulla pista di rullaggio dell’aeroporto di
Caselle.
Sara e C. furono invitati dal cavaliere ad accompagnarlo per dare l’addio agli ex potenti della Terra.
I bambini guardavano incuriositi i preparativi per l’imbarco.      Le quattro casse vennero equamente
divise tra i due velivoli che, quasi simultaneamente, decollarono in direzioni diametralmente
opposte: quello degli artrosici verso Sud-Est e quello degli artritici a Nord-Ovest.
Gli sguardi dei presenti seguirono i due aerei sino a che divennero puntini indistinguibili
dall’oscurità ormai completa.    
I bimbi, orgogliosi di aver contribuito al buon esito del problema sanitario, pensarono, con un velo
di tristezza, che le antiche incarnazioni del Sole stavano imboccando strade diverse.
Si sentirono stringere da un nodo in gola, presagio di una nostalgia non ancora avvertita, ma in
agguato nel loro futuro.     I Faraoni infatti erano pur sempre quattro amici che il destino avrebbe
separato, forse irreversibilmente.
E se un giorno lontano la stessa sorte fosse toccata a loro?




1 commento:

  1. Grande inventiva, notevoli capacità narrative, e tatto analitico. E' sempre un piacere leggere i suoi racconti. Ed io attendo con ansia il nuovo mese.

    Prof.Angelo Bozzi

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