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lunedì 29 ottobre 2018

GUIDO MIANO EDITORE: "NOVITA' EDITORIALI"


NOVITA’ EDITORIALI:
GUIDO MIANO EDITORE-MILANO
COMUNICATO STAMPA


Pubblicata la seconda edizione di OPERA OMNIA del poeta SERGIO CAMELLINI con prefazione di Michele Miano, editata da Guido Miano Editore, nella prestigiosa Collana Alcyone 2000, nell’ottobre 2018.

 E’ uscita in questi giorni la seconda edizione di Opera Omnia di Sergio Camellini, con una scelta dei suoi testi poetici più significativi. Originario di Sassuolo, di professione psicologo clinico, Sergio Camellini, autore pluripremiato, ha pubblicato vari volumi e con questa Casa editrice ha dato alle stampe nella collana “Alcyone 2000” la silloge La pagina della vita (2015) e nel 2017 la raccolta Tenero è l’amore pubblicata anch’essa in seconda edizione da questa Casa Editrice nel 2018 nella collana “Analisi Poetica Sovranazionale del terzo millennio”. La poesia di Camellini sembra trovare la migliore esperienza nella ricchezza e varietà dei temi che la ispirano: il sentimento della natura, l’umana solidarietà, il tempo che fugge, la condizione umana, la memoria. Il suo è un atteggiamento positivo che vive in ogni uomo e dell’uomo scruta l’inevitabile caducità, ed è proprio per questo che il poeta esalta le cose più semplici. L’approdo a una visione in chiave naturalistica e il recupero degli antichi valori della civiltà agreste con i suoi ritmi, le sue stagioni, con i sapori della terra e delle proprie radici risulta essere una sicura scialuppa cui aggrapparsi e la contemplazione delle meraviglie del creato diventa veicolo di ontologica salvezza. Camellini, ha creato un museo agreste nell’appennino modenese per il quale ha dedicato una vita intera nel non vano tentativo di recupero dei valori della civiltà contadina e dei mestieri più antichi. In Alcyone 2000”, n 9 (2016) gli è stato dedicato anche uno studio monografico a cura di Michele Miano.

SERGIO CAMELLINI, OPERA OMNIA, seconda edizione, prefazione di Michele Miano nella collana Alcyone 2000, Guido Miano Editore – Milano , pag 110, Euro 16,00 ottobre 2018

GUIDO MIANO EDITORE - VIA EMANUELE FILIBERTO 12 - 20149 MILANO
UFFICIO STAMPA 023451804 - 023451806 - Cell 347.5552140
mianoposta@gmail.com

sabato 27 ottobre 2018

RODOLFO LETTORE: "LINKS DI POESIE RECITATE"


DA INSERIRE SUL MOTORE DI RICERCA PER ASCOLTARE

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giovedì 25 ottobre 2018

GUIDO MIANO: "NOVITA' EDITORIALI: FRANCESCO TERRONE"


NOVITA’ EDITORIALI: GUIDO MIANO EDITORE
COMUNICATO STAMPA
“Analisi ragionata dei saggi critici riguardo FRANCESCO TERRONE”
edito da Guido Miano Editore, ottobre 2018 nella prestigiosa Collana Il cammeo


Milano, ottobre 2018 – Il libro analizza la produzione letteraria di Francesco Terrone alla luce dei vari saggi conseguiti da noti critici a seguito di una lunga e poliedrica attività di scrittore, e in particolare approfondisce i seguenti aspetti della sua poesia: Analisi estetica e formale - Le sintesi tematiche - Il viaggio nella memoria - Le emozioni del sentimento - Le sorgenti interiori della poesia - Armonia e pace nella natura - I percorsi della spiritualità - Analisi critica comparata. Si tratta di una sorta di vademecum per “orientarsi” a comprendere meglio l’articolata produzione di questo autore che ha fatto della scrittura un suo cavallo di battaglia. Francesco Terrone ha pubblicato vari libri di poesie trai cui: Via Crucis (2013), Cammino a piedi nudi (2013), Il sogno di una farfalla (2013), Le parole degli eroi (2014), Pitagora (2014), e con questa casa editrice: Le valli del tempo (2015), Un amore profondo e sincero (2016), Come un’Odissea (2016), Il silenzio del mare (2017). È presente nelle opere pubblicate da questa Casa editrice: Contributi per la Storia della Letteratura Italiana. Il secondo Novecento, vol. IV (20152) e Itinerario Organico delle Critiche Letterarie alle Poesie di Francesco Terrone (2016). La sua poesia contiene nuclei tematici che travalicano i ristretti perimetri geografici e culturali della provincia italiana, per proiettarsi in dimensioni letterarie di livello europeo: alcuni saggi critici tematici recenti (Amato, Ambrosini, Concardi, Miano) l’accostano - per taluni aspetti - ad autori come Juan Ramon Jiménez (memoria), Jorge Guillèn (essere), Franz Werfel e Martinus Nijhoff (amore), Guido Gezelle (spiritualità), Johannes Bobrowski (natura). Diversi suoi testi sono stati tradotti in spagnolo e tedesco. Tali sono dunque i motivi ispiratori più frequenti della poetica dell’autore. Le sue rivisitazioni memoriali non hanno nulla di museale, in quanto decisamente ancorate al presente e non sono neppure nostalgiche, anzi costituiscono momenti di rimembranza positivi: Il piacere della memoria è una silloge dal titolo emblematico: “La parola tempo… costituisce il ‘fil rouge’ dell’epopea esistenziale di T., il pentagramma su cui si muovono le melodie dell’amore per Dio, per la donna amata e per la vita...”.

“Analisi ragionata dei saggi critici riguardo Francesco Terrone”, collana Il Cammeo
Guido Miano Editore – Milano , pag 80, ottobre 2018
GUIDO MIANO EDITORE - VIA EMANUELE FILIBERTO 12 - 20149 MILANO
UFFICIO STAMPA 023451804 - 023451806 Cell 347.5552140
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PREMIO "ANNI D'ARGENTO" RISULTATI


ASSOCIAZIONE PENSIONATI GUARDIESI VIA TRIPIO, 73 – 66016 UARDIAGRELE (CH) XXIII CONCORSO DI POESIA “Anni d'Argento”:
RISULTATI

COGNOME E NOME TITOLO POESIA Classifica CITTA' PROV. PREMIO

CARDELLA SANTI VIAGGIO SENZA TEMPO 1° PALERMO PA 500 € + coppa
VICARETTI UMBERTO ELEGIA PER GENOVA 2° ROMA RM 300 € + coppa
FIORINI FRANCO IL GRIDO DELLA VITA 3° VEROLI FR 200 € + coppa
CAPECCHI LORIANA VOGLIO TORNARE 4° QUARRATA PT Segnalato Attestato + medaglia
TROIANO GIOVANNI LIQUIDA LUCE 5° TREBISACCE CS Segnalato Attestato + medaglia
CECCHI IDA INIZIERO' IL CAMMINO 6° BARBERINO DI MUG. FI Segnalato Attestato + medaglia
MALTA ELENA MADDALENE DELL'EST 7° PIANELLA PE Segnalato Attestato + medaglia
INTERLANDI GIANC.LO LETTERA A CAINO 8° ACITREZZA CT Segnalato Attestato + medaglia
SPINA ROSANNA VECCHIAIA 9° VENTURINA TERME LI Segnalato Attestato + medaglia
PUNZI M. MICHELA PACE targa ANCONA AN Targa + attestato

LA PREMIAZIONE AVVERRA' IL 28 OTTOBRE PRESSO LA SALA ENTE MOSTRA DELL'ARTIGIANATO SITO IN VIA ROMA , 28 ALLE ORE 16:00. COME DA BANDO, GLI AUTORI SONO TENUTI A RITIRARE PERSONALMENTE O TRAMITE DELEGATO IL PREMIO CONSEGUITO


mercoledì 24 ottobre 2018

M. GRAZIA FERRARIS. "PER SILVIA VENUTI"


Maria Grazia Ferraris,
collaboratrice di Lèucade

Per Silvia  Venuti


Silvia Venuti, varesina, che compare talvolta accompagnata da magnifiche recensioni sulla nostra isola di Leucade, e che ho rivisto da poco, con gioia, dopo un intervallo molto lungo, (la vita è difficilmente programmabile!) è poetessa, pittrice, critico d’arte, donna pensosa, rigorosa, lucida ed essenziale nella sua riflessione, alla ricerca di se stessa, delle ragioni della sua arte, e del senso ultimo della vita.

Ricostruisce nelle  liriche così come nei suoi dipinti  la sua storia di donna artista, la sua vita,
le sue visioni, le sue scelte esistenziali, senza praticare l’autobiografia, né affidarsi sentimentalmente a fragili ricordi che pur caratterizzano il passato, inevitabile fardello di ogni scrittore.
Scrivevo di lei in altra occasione e dicevo: … “Una ricerca lucida, attenta, appassionata, critica, la sua, ma anche una macerazione interiore accompagnata dalla riflessione filosofica:
 “Non dipingo per abitudine estetica, per capire dipingo…”, una ricerca “in trincea”, che si esprime in immagini metaforiche soprattutto legate alla vita di lago, come quel sentirsi “come il palo d’attracco/ nel silenzio capovolto” o alla quotidianità della vita, nelle operazioni che ricordano quelle tipiche delle donne, come l’esigenza di “far l’ordine al frammento”, o “Ripiegare il tovagliolo …con fare ordinato”. Tanta strada ha percorso da allora approdando, tra il visibile e l’invisibile, a una spiritualità “metafisica”.
Ha mantenuto il gusto dei dettagli che nondimeno sconfinano dal loro limite e diventano visioni intere, metafore sapienti, come è giusto e congeniale che sia per tutti i poeti. In ogni caso le situazioni, le descrizioni, rare, non sono mai estetiche divagazioni, compiaciute, fini a se stesse, ma annunciano la loro natura emblematica che avvia all’oltre, al filosofico, al concettuale, talvolta al metafisico.
“Tutto è metafora/ di un’altra metafora/ e ancora metafora/ all’infinito….” La ricerca è difficile per tutti coloro che ci si avviano, doppiamente difficile per una donna che si muove su un doppio – difficile e paziente- itinerario, che vuole esprimere nell’arte se stessa, le proprie emozioni e la propria creatività rinventando parole, concetti, immagini per dare vita e visibilità al proprio originale essere.
E analizzando il suo desiderio di poesia e la tensione ad accedere agli alti spazi del pensiero, dell’infinito, ci parla di intuizioni, quasi illuminazioni, della sua ricerca che è stata umile e solitaria, sognata a lungo e raggiunta con fatica e dubbio, ma anche con consapevole orgoglio, con passione costante, in cerca del riscontro col vero e aperta all’ infinito, ma fatta anche della certezza di avere radici, corpo, affetti, doveri, morale, e una casa comune, “la casa dei Poeti”.
Da lei ho avuto due regali personali: il primo, un dipinto per la copertina  dei miei racconti dal titolo “Lettere mai spedite” edite nel 2010 per l’edizione Montedit : Albero, acrilico. su tela cm 120x 80.
Scrivevo allora a commento della copertina: “La scelta di porre questa immagine in copertina, un quadro la cui fotografia  mi è stata gentilmente concessa dalla pittrice amica, ha un valore simbolico, quasi di commento alle varie <lettere > che andavo scrivendo.
Quest’albero lungo e spoglio, ferito ed inciso, solcato da rughe quasi sanguinanti nei loro colori bruciati, caldi e sofferenti, contemporaneamente vivo e morto, che pur sfida la vita, ed alza coraggiosamente i suoi rami al cielo, come una preghiera, come l’ultima domanda e l’ultima sfida, mi affascina. Mi sembra molto simile alla vita di molte donne, forse anche di quelle che nel mio libro inviano le loro ultime lettere….”
Un secondo omaggio ho avuto da lei in questi giorni, quando ha partecipato alla presentazione del mio saggio “Una singolare generazione. La MILANO poetica del primo Novecento”. Ed. Il Convivio, 2018.
È  un acrilico in tecnica mista, numerato e stampato dalla libreria  Bocca dal titolo Siamo foglie, accompagnato dalla poesia che riporto e nella quale la nostra artista riconferma, sottolineando la nostra fragile caducità, la sua alta spiritualità.


 Grazie a Silvia.
M. Grazia Ferraris




MARCO DEI FERRARI SU "LA BELLEZZA" DI M. COSSU


LA GLORIOSA “BELLEZZA” per MARISA COSSU
riferimento all'articolo di Marisa Cossu nel mese di ottobre
https://nazariopardini.blogspot.com/2018/10/marisa-cossu-la-bellezza-abita-qui.html


Marco dei Ferrari,
collaboratore di Lèucade


Marisa Cossu, con incisiva percettibilità interiorizzata, glorifica la “Bellezza” e legittima la sua co-esistenzialità genetica nell'essere umano. Si tratta di un'analisi impeccabile nel contesto “classico” della definizione ma  superata nel momento storico contemporaneo dell'esplicazione creativo-cognitiva prevalente.
Infatti l'attualità non sembra premiare l'interiorità dell'essere, ma tende a nullificarne l'esistenza (storicamente intesa) aprendo orizzonti impensabili ed imprevedibili alla funzionalità della “tecno”. Una “tecno” che fagocita velocemente ogni esperienza ancorandola a modelli e dogmi incompatibili con le precedenti ricettività artistiche articolate nella storia degli esseri umani. La “Bellezza”, in quanto dimensione creativa, subisce lo strapotere della “tecno” e si trasforma (al di là della dicotomia “bellezza-bruttezza”) in un neutro confluirsi di scenari sempre più “virtualizzabili” e conformabili ad ogni evenienza e progettualità estetico-socio-economica. Non è il “noi” che definisce la bellezza, ma è l'altro da noi che la circonda e nullifica nel “mixare” più dilagante e deformante.
In effetti nell'oggi solo il circuito mediatico legittima ogni gradimento di “neutralità” estetico-essente condivisa e condivisibile. “Mostre” eccellenti e “Musei “ affollati non devono ingannare in quanto si manifestano come conseguenze di procedimenti commerciali medianico-mediatici gestiti dalla totalizzazione della “rete” che si “compatta” nelle sue più diversificate realizzazioni espansive e invasive. Tutto questo sottolinea la situazione estetico-artistica contemporanea. Il futuro (in proiezione prospettica) già ci propone intelligenze artificiali, AppStore (programmi sui dispositivi mobili infiniti) robot, robotica evolutiva, automazione del design, connessioni globalizzate in rete e molto altro, spalmato in ogni settorialità anche artistico-cognitiva (oltre dunque la sperimentalità neuro-estetica indicata dalla Cossu). Tali “novità” strumentali a nulla rispondono se non alla nuova logica della dimensione tecnotronica sempre più “virtuale” e lontana dalla “poiesis”, intesa come paladino della “Bellezza” creativa e congenita.
Questa premessa conduce a conseguenze quasi incredibili: concetti teorizzati di enorme valenza storico-culturale come “ontologia” (filosofia dell'Arte), “socio-estetica”, metafisica trascendentale e mimetica, estetica analitica immanentistica, ecc... sembrano ridursi progressivamente a mere elucubrazioni di approccio metodologico, ormai inutilizzabili e archiviande dai “padroni” del web dominante. Di qui il collasso inevitabile della percezione della “Bellezza” connesso all'avvento della “nuova società” consumistica avanzata e del “nuovo” essere sempre meno“umano”; in un ibridismo  globale che non risparmierà cose, persone, teorie, tendenze, società... Si tratta dunque di un   futuro  asettico che senza stimoli percettivi autonomi (solo etero-diretti dalla “rete” anonima), sottende la fine dell'Arte tradizionale connotata nel circuito “cuore-cervello” (delineato dalla Cossu) per sostituirlo con virtualità disomogenee e codificate in dogmatiche artificiali umanoidi o androidi o pseudo umane che nulla condividerebbero con la nostra attuale visione delle Arti e della Bellezza (che tuttora sembrerebbe resistere con fatica all'assedio). Un plauso dunque per Marisa con la tristezza per un destino poco attraente che sta per sopraggiungerci inesorabilmente.

Marco dei Ferrari   


A MADDALENA LEALI PREMIO CON PUBBLICAZIONE DI "IL TEMPO..."





Copia del diploma relativo al premio che Maddalena Leali ha conseguito: le è stato assegnato  il primo premio per la silloge inedita IL TEMPO CHE FUMMO ORCHIDEE, consistente nella pubblicazione dell'opera con cento copie in omaggio. L'opera uscirà presumibilmente entro la fine di Novembre, con prefazione di Alfonso Angrisani.



lunedì 22 ottobre 2018

PAOLO BUZZACCONI: LETTURA DI "STANZE QUOTIDIANE" DI M. PIA BRUNELLESO





Relazione su     
Stanze quotidiane
di Maria Pia Brunelleso

Paolo Buzzacconi,
collaboratore di Lèucade

I luoghi dove la poetessa Maria Pia Brunelleso ci accompagna in questo libro si trovano nelle profondità dell’animo umano, ma non sono asettici paradisi di felicità virtuale e dispongono di centinaia di finestre spalancate sul mondo. L’autrice osserva
la vita con gli occhi del cuore, in un’ottica che pur essendo estremamente intima non rimane mai fine a se stessa, ma si fa prezioso dono di esperienza da offrire ai lettori.
A fronte di un punto d’osservazione tanto particolare la percezione della realtà è incredibilmente nitida, senza filtri e senza false prospettive ingannevoli. Ci troviamo di fronte ad un silloge in cui ogni verso è colmo di poesia, dunque di essenza di vita, ad un’opera che riesce ad andare al di là delle parole, pur nell’estremo rispetto delle stesse. Si percepisce una sorta di osmosi di emozioni che dall’anima si affacciano al mondo, lo scrutano e ne colgono il fascino e le contraddizioni per poi tornare indietro ad aiutarci a comprendere, ad accettare e talvolta perfino ad amare la quotidianetà che
il destino ci riserva. Colpisce il contrasto tra una realtà fatta di silenzi e assenze e la magia di ciò che di meraviglioso è stato e soprattutto la sincerità con cui si ammette quanto sia difficile accettare il confine “tra il prima e il dopo”. Padrone della scena è
spesso il silenzio, che aleggia in un contesto popolato da ombre e da oggetti che sembrano sfidarci dalla certezza della loro l’immobilità. Silenzio che non sospende il vivere, ma lo costringe in una condizione di spietato bilancio delle cose che a poco a poco consuma il filo della speranza e riapre ferite mai chiuse. Silenzio che tuttavia non riesce ad intaccare il senso profondo dell’esistenza, ovvero l’amore. Ed è proprio all’amore che l’autrice dedica la prima sezione, dove non lo chiama mai per nome, ma lo evoca vivo e pulsante in un appassionato dialogo con la persona amata: “E lascio oltre la soglia, quel frastuono di tempesta, di cose estranee e indifferenti, senza tracce, ne interesse. Ricade il mondo, fra il paltò e la borsa in ogni gesto tuo che da calore, il lume acceso sul divano, i fiori sparsi nella stanza, le note di Piovani e i tuoi occhi così vicini, a far distante e opaco tutto il resto”. L’autrice ci accompagna in una dimensione che sorvola il logorio del tempo e la superficialità del vivere, in quelle “stanze quotidiane” segrete dove l’anima ritrova la gioia di accogliersi in uno sguardo per poi condivire il medesimo ideale o lo stesso desiderio, l’unico spazio dove ci è concesso esprimere serenamente il nostro volerci fare dono e tornare così a quel ruolo di testimoni d’infinito per cui siamo stati creati.
“E in te io mi raccolgo, nella deriva della sera, quando i pensieri del giorno
accartocciato si scompongono e migrano arresi, dove noi non siamo ed
ogni estranea forma, lentamente, depone ogni sua arma e si fa altare.” Assai toccante il capitolo che l’autrice dedica in seguito al figlio, una sezione che lascia intravedere pareti ripidissime da scalare, ma è comunque una splendida celebrazione dell’amore materno, il più grande, il più tenace che esiste. Si rimane travolti dalla purezza  e dalla dolcezza dei suoi versi, proiettati a colmare ciò che la vita ha negato, a farsi ponte tra il presente e ciò che il destino impedisce. Versi in cui non manca mai la luce, ora soffusa complice di magici istanti, ora forte e accecante, quasi spietata nel definire i contorni di una realtà che non è quella che speravamo. “Sei in me, come luce sparsa, sotto un cielo diverso, con memoria d’azzurro, converso nell’universo dei tuoi occhi immensi, in vocaboli d’attesa e segreti idiomi di carezze, nel muro corsivo del tempo”
Molto coinvolgenti anche i successivi capitoli – “Versi sparsi” e “Ontologici”. Nel primo la nostra raccoglie frammenti di tempi e di luoghi visitati o fatti propri nel profondo e ce li fa vivere attraverso delle liriche di ottima fattura (straordinaria, in tal senso “Shoah”). Nel secondo affronta con piglio poetico il metafisico dilemma dell’esistenza vista come reale proprietà degli oggetti e dunque il complesso rapporto tra la mente e l’Immenso, con delle liriche in cui ricerca l’equilibrio tra due correnti filosofiche – realismo e nominalismo – che riesce a far convivere sullo stesso foglio.  “Siamo soli, nelle galassie dei luoghi comuni, ad arrotondare per difetto le giustificazioni dell’apparire. E intanto, ci aggiriamo sorridenti nelle vetrine delle felicità imperfette ove un vizio di usura, conforta abbracci convenzionali e baci, senza memoria d’anime.” L’autrice si avvale di un lessico chiaro, ma al contempo molto raffinato, in cui la scelta dei lemmi va oltre il loro stretto significato cogliendo la musicalità intrinseca di ogni parola e amplificando la loro capacità di evocare un’emozione o uno stato d’animo. Si rimane affascinati da alcuni termini in apparenza simili ad altri di uso frequente, ma dal suono più armonico e poetico quali “ converso”, o “compendia” , o “ resilienza” o “finitudine”. Il tutto a confezionare una silloge che non è solo un ottimo esempio di poesia, ma intende sottolineare l’importanza di quelle “stanze quotidiane” dove è riposta la nostra identità. Quelle stanze dove troppo spesso, o per paura o per l’incontrollabile frenesia del vivere, ci dimentichiamo di entrare.

Paolo Buzzacconi


ANNA VINCITORIO LEGGE: "RIBALTAMENTI" DI FRANCO CAMPEGIANI


Ribaltamenti, di Franco Campegiani
Democrazia dell'arché e assolutismi della dea ragione
(David and Matthaus, marzo 2017)

Anna Vincitorio,
collaboratrice di Lèucade



Mi sembra necessario per una analisi decifrare il significato del titolo. Democrazia: forma di governo in cui il potere viene esercitato dal popolo. In senso lato sta a significare una forma di libertà e di rispetto nelle relazioni umane.   Tale   forma  fa   riferimento   diretto   all'arché,   sostanza   originaria   delle cose da cui tutto deriva e, per contrapposto, gli assolutismi della dea ragione. La ragione compete all'uomo che decide in qual modo esercitarla. Nella visione di   dea  la vediamo imporsi come origine al di fuori del tempo. Occorre scavare nella nostra essenza pur tenendo conto della esteriorità di ciò che ci circonda. E' necessario farlo in noi stessi dove c'è concretezza all'universale: essere creativi rimuovendo le incrostazioni culturali. Il mondo che ci circonda è come un'immensa monade che racchiude l'uomo, la natura, gli animali. C'è contatto, collaborazione diretta ma non possiamo agire da soli perché  anche  se  la prima  ricerca avviene in noi  stessi,  poi occorrono altre componenti.   E'   un   concetto   animistico   nel   senso   che   ogni   cosa   presente nell'universo   ha   un'anima,   ed   è   ciò   che   rende   liberi.   Occorre   raggiungere un'armonia tra anima e corpo. Il perno di questa analisi è l'uomo che ricerca un   equilibrio   non   facile   da   realizzarsi,   indagando   nella   sua   spiritualità.   E' anche lui parte del mondo ma, al suo interno, è un assoluto. Viviamo in una realtà   in   cui   il   seme   della   follia   attecchisce   proprio   nel   terreno   della   dea ragione.   Noi   tentiamo   di   realizzare   progetti   di   universale   armonia   ma   la ragione sovrana divide, ostacolando l'impresa. I fallimenti non sono dovuti al caso.
Il titolo del saggio parla dell'assolutismo della dea ragione, ma l'assoluto (l'archè ) non è assolutistico, se è vero che ci coinvolge in prima persona. Noi infatti   accediamo   all'assoluto   che   sta   fuori   di   noi   (il   Dio-Tutto-Nulla)
esplorando noi stessi. A lui tendiamo ma, dentro di noi, c'è un Dio interiore che noi stessi combattiamo. Dobbiamo usare ragione e volontà. L'autore fa riferimento   a   Khalil   Gibran   del   quale   a   suo   tempo   mi   sono   occupata collegandolo all'opera di Blake (1): "I vostri figli non sono i vostri figli. Sono i figli e le figlie del richiamo della vita a se stessa. Non vi appartengono... loro hanno i loro pensieri... voi potete accogliere i loro corpi ma non le loro anime".
Ritorna il concetto di libertà che si concretizza in un equilibrio tra materia e spirito per arrivare a conoscere se stessi - intelligere   - Naturalmente ci aiutano in questo percorso i nostri errori per raggiungere la consapevolezza dell'essere. Questa consapevolezza è vivere nel mistero        e nel mistero è Dio, uno e trino, in cui si riflette ogni essere creato. In questo percorso, l'uomo mantiene una sua identità, un libero arbitrio. Vive nella sua personale   ricerca   attraverso   gli   accadimenti   naturali   e   meravigliosi   che avvengono quotidianamente come il sorgere e il tramontare del sole. Il regno di Dio è immenso ma alberga dentro di noi.
Bisogna   però   dire   che   per   raggiungere   questa   consapevole   identità, l'uomo deve attingere a più fonti. Per eccellenza fa riferimento al mito quando sente forte il bisogno di rimuoversi risvegliando le sue fonti archetipe.
Mythos ,   parola   greca   comprensiva   di   narrazione,   favola,   leggenda.   A tempo studiata e diversamente definita. Per Vico "modo primordiale e infantiledi esprimersi dell'umanità". Per Hegel "il mito rappresenta un modo ancora
rozzo   e   imperfetto   di   pensare".   E'   anche   visione   alternativa   del   mondo   in quanto assomma in sé tutte le altre visioni realizzate in tempi diversi che poi trovano una loro coesione. Il mito è caro ricordo della nostra adolescenza, dei nostri   sogni:   il   mito   di   Ulisse,   di   Orfeo...   Nel   mito   la   nostra   essenza mitopoietica:   ricercare   culture   arcaiche;   immergersi   nella   creatività   di   un Omero,   far   rivivere   lontani   eroi.   Serve   a   far   crescere   la   nostra   mente   e ritrovare   quell'Eden   perduto;   ritrovare   anche   un'innocenza   che   più   non   ci appartiene   dove   il   bene   e   il   male   collaborano.   Non   sempre   l'umanità raggiunge tali vette armoniose. Questa   "misterica   armonia   dei   contrari,   scompare   nelle   culture razionalistiche... pur operando nel profondo in attesa di nuove epifanie". Il mondo si è evoluto. Molto ci ha insegnato la  polis  greca, precorritrice delle   moderne   metropoli.   Siamo   passati   dal         mythos al   logos  e   le   diverse considerazioni del rapporto dell'uomo con l'universo. Per vivere e realizzarci uscendo   dall'anonimo   appiattimento   di   una   globalizzazione,   sarebbe sufficiente osservare la natura e il suo mistero. E' quest'ultima l'elemento a cui far riferimento ed è la stessa abitata "da esseri liberi, ovvero selvaggi e padroni di se stessi". Esseri profondamente spirituali. Per l'uomo "la cultura, l'intelletto e il libero arbitrio gli impediscono di vivere nell'innocenza edenica dei   primordi".   Allora   è   necessario   tornare   all'archè,   a   quel   Dio   interiore collegato  alla forza  e  alla sapienza  del  Dio universale. E'  l'unico  modo per poter realizzare la fratellanza tra gli uomini. Per poter ritrovare tale armonia occorrerà abbandonare l'attuale visione del mondo occupato "da una massa grigia  di  automi  inariditi"   e  ricercare   i  nostri  archetipi,  i   miti.   Per   conoscere occorre saper ricordare. E per lasciare il buio e ritrovare la luce, ricercare la giusta   parola,   quella   del   poeta   che   è   presago   di   eventi.   Ritornare   verso quell'infinito che ci dette vita, autonomia, conoscenza.

nota 1) - In   Vernice, anno XXII n° 53 - pag. 139-160 Firenze, 2 ottobre 2018

Anna Vincitorio  


RODOLFO LETTOR LEGGE "CANZONE PETRARCHESCA" DI LIDIA GUERRIERI

Poesia classificata al primo posto ex aequo Concorso di poesia Parasio- città di Imperia V ed. anno 2018 (nonché premio speciale per la metrica dal concorso gemellato Poesis di Vietri sul mare).

https://www.facebook.com/letture.dirodolfo.1/videos/359724684769016/

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CANZONE PETRARCHESCA di Lidia Guerrieri
(aBCbACCDEeDfDFF) congedo fDFF

Filtrava azzurra l'ora
dal blu delle ipomee nel pergolato
della casa di vento e di scogliera dove fu decretato
che avesse Amore prima sua dimora.
Tiepido, sopra l'onde della sera
colava il sangue dell'estrema spera
del sole che l'Estate dilaniava
al suo appressarsi incauto all'orizzonte
e, immersi in quella fonte
d'oro, la Gioventù ci battezzava
figli diletti suoi,
mentre fra spruzzi e risa profetava
che mai ci avrebbe offeso morte poi-
ch' era per tutti gli altri, non per noi.

Dolce era in riva al mare,
su una coperta di salmastro e stelle,
scoprire dentro il buio e nel sapore
del sale sulla pelle
un universo intero da esplorare.
Cedeva intanto, all'avanzar dell'ore,
l'ultimo, fiacco guizzo di calore
il fuoco ormai ridotto a rimasuglio
e il gracidio s'alzava, più lontano,
di rane dal pantano
verso la luna placida di Luglio
che, alta sulla fiorita
delle lucciole accese nel cespuglio
fra il limite costiero e la bandita,
tuffava in acqua le lucenti dita.

Sulla contraddizione
germoglia inquieta quest'età felice
altalenante fra l'abisso e il cielo,
dove Icaro è fenice
ch' esce dal rogo di ogni delusione
con sopra gli occhi quel pietoso velo
che illusioni ti passa per Vangelo
sì che non veda quanto sei deriso
dal fato, e anche il Libeccio stimi brezza
nell'ingenua certezza
che tutto per il meglio sia deciso
e non si porrà alcuna
vera trave fra te e quel paradiso
che ti promise in fasce la fortuna
giacché nascesti sotto buona luna.

Tu sei la Primavera,
e i vecchi che prevedono un Inverno
che imbiancherà domani la tua vita
non vedono che è eterno
già solo il tratto dall'aurora a sera?
E se per loro è chiusa la partita
che vuol dir mai !? Per te sarà infinita!
Sboccia la donna dalla ragazzina
e ai prati della vita e dell'amore
con malizia e pudore
frulla via sfarfallando una mattina
senza rimpianto vano,
perché sente che l'ombra piccolina
che appena le fa un cenno con la mano
fa parte ormai di un mondo già lontano.

Ora che il più è passato,
mi chiedo a volte se a diversa riva
lungo altra rotta e filo di corrente,
magari alla deriva
il legno mio sarebbe oggi ancorato.
Però lo so che non cambierei niente
perché, col resto, perderei la gente
cara che solo mi strappò la morte
e se mi camminò a un lato il dolore
all' altro ebbi l'amore
a bilanciare i tiri della sorte
e che né vuote o scialbe
corsero via le mie stagioni, o smorte,
ma azzurre d'acque e verdi d'erbe e d'albe[ri
e d'oro di tramonti, colme, e d'albe.

Quante volte, guardando
a quel tempo dal ruvido balcone
dei miei molti anni, una marea mi sento
salire di emozione,
ma se tu mi chiedessi dove e quando
sia andata via, se lieve e a cuor contento
o trascinata a forza da quel vento
che ci affatica i giorni, la fanciulla
ch'io fui una volta, so che mentirei;
sorniona ti direi
che da un'eternità non ne so nulla
 nascondendoti che
una rosa m'è in cuore, come culla,
dove lei canta ancora e fino a che
io vivo lei vivrà dentro di me.

Se non avesti l'ale,
non fu, canzone perch'io non t'amai.
Questo ho potuto. Andiamocene via
a piedi o sopra un soffio di poesia.