ELOGI: UNA GOCCIA DELL’OCEANO
E L’OCEANO IN UNA
GOCCIA
Franca Alaimo. Elogi. Giuliano Ladolfi Editore. Borgomanero. 2018. Pp.146. € 10,00 |
Sandro Angelucci, collaboratore di Lèucade |
Mi ha molto colpito, della nuova
raccolta di Franca Alaimo, il fatto che
non ci sia poesia - nell’opera ospitata - che non contenga almeno un verso
speciale, una sicura epifania, uno stigma che ti s’imprime negli occhi e nella
mente, e non ti lascia più.
Elogi
è il titolo (dal gr. εὐλογία «lode,
elogio, benedizione» der. di εὐλογέω «lodare,
dire bene» e quindi «benedire»; nonché dall'agg. enkṓmios "che si canta in una festa,
in una processione").
Come l’etimologia stessa suggerisce,
dunque, si tratta di plausi, rivolti però non a persone o cose ma ad entità che
possono dirsi astratte. C’è l’Elogio del
niente e quello del tutto; c’è l’Elogio del tempo e quello dell’amore, ciascuno costituente una sezione
del libro. Sintomatico, intanto, per capire subito che si è di fronte ad una
creazione del sentire prima ancora che del pensare.
Quest’ultima considerazione mi riporta
all’incipit, con la forte tentazione di elencarli alcuni dei versi cui facevo riferimento.
Si, voglio cedere ed è mia intenzione proporvene un campione; così, senza
frapporre nulla in mezzo.
“Niente
è una parola senza paura”(p. 9); “essere
vento per il respiro della canna / canna per il soffio del vento” (p. 20); “un profumo viene di frutti maturi / …. /
forse è là che è morto / per sempre il peccato” (p. 21), (prima parte).
“Siamo
rimasti al di qua del Tutto / …. / da quando lasciammo la stagione / dei giochi
assorti e assoluti” (p. 29);
“il germinare delle cose, la loro
meravigliosa precarietà / …. / Ah il bello del possedere soltanto il poco /
dell’aria che mi respira e mi fa vita viva” (p. 48), (seconda parte).
“…Mi
porti ancora in grembo, / mi innalzi sulle spine, sei grande come il cielo, /
sei una porta spalancata da dove esce il tempo” (p. 61); “Come faccio a rimuovere / questo macigno che ostruisce / la dolce
sorgente dell’amore?” (p. 85); “O Dio
celeste / che ci mangi a morsi, / è troppa la dolcezza, troppa.” (p. 96),
(terza parte).
“Adesso
mi percorre il viso / con lo sguardo sgomento” (p. 123); “Nessuno sa - dico - / dietro a quale ombra cammina” (p.125); “Ma dopo l’ultima notte senza aurora /
decidemmo di lasciarci andare / come pesci incolori nei fondali” (p. 131),
(quarta parte).
Come detto, ho voluto ‘mitragliare’ di
citazioni (e non è mia abitudine) perché chi legge possa rendersi conto di
quanto assiduamente l’autrice sia ispirata.
L’ispirazione è una parola che non va più
“di moda”, anzi fa storcere il naso a diversi critici letterari, i quali la
ritengono superata per quelle che sono le esigenze della poesia moderna, il
tentativo della stessa di stabilire nuove forme di comunicazione e di
linguaggio. Sinceramente, non sono contrario alle innovazioni né ho pregiudizi
di sorta ma una cosa me la chiedo: come si può pensare - non dico solo di fare
versi - di dare vita ad un’opera d’arte se non si è proclivi ad ascoltarsi, ad
avvertire dentro di sé una voce che percepiamo essere diversa? No, francamente,
non lo ritengo possibile.
Bene: nei suoi Elogi, Franca dimostra - a mio modo di vedere - la fondatezza di
quanto ho appena asserito; e lo fa con la massima libertà, con una scrittura
che non disdegna l’ipermetro, ad esempio, ma neppure l’ipometro in alcune
circostanze, con misure dettate non da bisogni formali ma semplicemente,
naturalmente dai moti dell’animo: è il suo alter ego spirituale (il suo angelo
custode, come lo chiamerebbe lei) a dirle quando e come versificare.
E cosa ne nasce? Un totale mettersi a
nudo, senza reticenze, senza infingimenti. Un autoritratto dipinto non
guardandosi allo specchio ma vedendosi riflessa nel niente come nel tutto,
nel tempo relativo come in quello
assoluto, rappresentato confacentemente dall’amore.
Magnificare l’indeterminato le permette
di essere estremamente concreta nei confronti proprio, e soprattutto, di se
stessa. Mi spiego: se non ci si confronta con ciò che, solo apparentemente, non
ci appartiene, arrivare a conoscersi diventa un’improba - per non dire
impossibile - impresa. Viceversa, ritrovarsi nell’incommensurabile aiuta a
comprendere che di quel mistero facciamo parte: è come sentirsi una goccia di
oceano ma anche - e non di meno - sapere che l’oceano è in quella goccia che
noi siamo.
È interamente giocata su questo straordinario
interscambio la nuova fatica della scrittrice siciliana: sono testi “scritti
nell’arco di venti anni (se non più)” - come c’informa nella nota introduttiva
- a testimonianza di una coerenza d’estro immutabile nel tempo perché autentica
e - voglio ripetermi (anche per giustificare la digressione sulla quale ho
insistito) - decisamente illuminata.
Un libro, Elogi, che si legge sempre con partecipato interesse a svelare cosa
ci riserva la pagina successiva, quali nuove epifanie ci aspettano per aprirci
orizzonti fino a quel momento sconosciuti.
Un libro che si esprime sul tutto e sul niente, sull’assoluto e sul relativo, sull’io e sul noi non
disgregandoli e pericolosamente separandoli ma tentando - riuscendoci - di
armonizzare, di rinvenire, nella loro illusoria estraneità, quella compattezza
e quella complicità che, da centinaia di secoli, tiene in perfetto equilibrio
l’universo intero.
Se realmente vogliamo riappropriarci
della nostra umanità non possiamo prescindere dall’intima convinzione che siamo
componenti, come le altre, indispensabili all’indicibile incanto della vita.
In Luce
del mattino, la Alaimo scrive: “E ora entrami nella nicchia del cuore, /
svegliami con il ronzare delle api / intorno alle gemme, baciami / con la bocca
di un bimbo / che sa di annunciazioni…”. È una lirica che fa parte dell’Elogio del tutto; e di cos’altro sennò?
C’è tutto qui: c’è lei e ci sono i messaggi che porta la luce baciandoci con
l’innocenza dell’infanzia nostra e del creato.
Nella medesima lirica, ella chiede - alla
luce del mattino, appunto - di dissolvere “tutte le morti brevi” che, ogni
notte, l’avvolgono nel sonno, lanciando il più alto grido di speranza che si
possa: la vita non finisce, muore e rinasce ogni giorno.
È un’opera coraggiosa, questa che è stata
data alle stampe. Coraggiosa e che richiede coraggio anche in chi s’immerge
nella sua lettura. Già, perché anche chi ne fruisce deve essere disposto a
caricarsi sulle spalle se stesso e il mondo camminando lungo gli impervi ma
affascinanti sentieri della Terra e del Cielo.
Non deve offendersi e offendere Dio
implorandolo di non circuirlo ma, al contrario - come fa Franca nella poesia
che conclude la raccolta - nella “prigione”, nell’“umido scantinato” in cui
anch’egli si trova, attendere “che un angelo radioso possa entrare / e
indur(lo) ancora in tentazione.”.
Sandro
Angelucci
un grazie sentitissimo a Sandro Angelucci, autore di questa bellissima recensione sul mio ultimo libro di poesie, e a Pardini che l'ha ospitata nella sua rivista
RispondiEliminaCaro Sandro, sento impellente esternarti il mio più sentito e spontanio plauso per questa presentazione che mi ha coinvolto emotivamente per la esposizione nitida, dotta e partecipe nei confronti dell'autrice che, pur essendo mia conterranea conosco per la positiva fama di poetessa affermata. Un lavoro immane credo per poter entrare nei meandri più reconditi della poetica di Franca Alaimo che, così come l'hai presentata, suscita immancabilmente una positiva curiosità e ricerca di questa autrice che sicuramente fa onore alla sua terra. Ancora complimente a Te e un fervido augurio all'autrice. Pasqualino Cinnirella
RispondiEliminaMagnifica nota critica, questa di Sandro Angelucci, sul testo poetico "Elogi" di Franca Alaimo, autrice siciliana di grande spessore, particolarmente significativa e prolifica. Non ho letto il testo di cui parla il recensore, ma m'intriga moltissimo quanto lui scrive: vuoi in merito ai nodi tematici aggrumati intorno allo stupore, all'elogio appunto, e alla benedizione del mistero della vita (che "non finisce, muore e rinasce ogni giorno"); vuoi in merito alle scelte stilistiche dettate dall'impulso inconscio e dai moti dell'animo. Poesia pertanto "ispirata", quella dell'Alaimo, usando un termine odiato da chi, innovatore o tradizionalista che sia, antepone canoni formali oggettivi al libero fluire di quella voce interiore che sicuramente ci appartiene, ma che dentro di noi - in quanto universale - "percepiamo essere diversa" (così dice Angelucci). Non è allo spontaneismo che penso, e spero di potermi distesamente esprimere nel merito in un mio prossimo scritto.
RispondiEliminaFranco Campegiani
“Mi ha molto colpito, della nuova raccolta di Franca Alaimo, il fatto che non ci sia poesia - nell’opera ospitata - che non contenga almeno un verso speciale, una sicura epifania, uno stigma che ti s’imprime negli occhi e nella mente, e non ti lascia più. “ Così esordisce Angelucci in questa lettura critica e dopo aver letto Elogi di Franca Alaimo devo affermare che è davvero questo ciò che accade nel lettore. Qui ci sono epifanie che si radicano nell’anima, la arricchiscono e chiedono riflessione.
RispondiEliminaFranca ci dona il suo vissuto di bambina, di ragazza, di donna e senza questo vissuto intensissimo Elogi non ci sarebbe stato. Con coraggio Franca si racconta ripercorrendo i tanti episodi che hanno segnato la sua vita, si mette a nudo sì ma senza mai rimanere nello sterile autobiografismo ma relazionandosi al tutto/niente, al tempo, all’amore universale per le creature. Elogiando.
“È un’opera coraggiosa, questa che è stata data alle stampe. Coraggiosa e che richiede coraggio anche in chi s’immerge nella sua lettura. Già, perché anche chi ne fruisce deve essere disposto a caricarsi sulle spalle se stesso e il mondo camminando lungo gli impervi ma affascinanti sentieri della Terra e del Cielo.” È vero, Sandro, con coraggio Franca ci svela quanta volontà di vita possa chiedere la vita, quanto dolore sia a volte necessario per sconfiggere il dolore. Una prova di coraggio è richiesta anche a chi legge queste poesie per poi uscirne ripagato appieno. Poesie “del sentire” come giustamente le hai definite (come non essere d’accordo su ciò che dici in merito all’ispirazione poetica?).
Splendida esegesi la tua per un libro che non può non essere letto.
Complimenti di cuore ad entrambi, amici cari.
Annalisa Rodeghiero
Ringrazio, di cuore, gli/le amici/amiche che si sono espressi in merito.
RispondiEliminaSono belle soddisfazioni - queste - per chi, anche nella scrittura esegetica, spende la propria creatività.
Si può essere o non essere d'accordo ovviamente ma ciò che realmente conta è sentirsi ispirato: se così non fosse si finirebbe col perdere quelle epifanie (di cui si è parlato) senza rendere giustizia né all'autore né al fruitore.
Sandro Angelucci
Ho letto l'esegesi di Sandro dell'Opera dell'Autrice Franca Alaimo, che non ho l'onore di conoscere e l'ho vissuta grazie alle capacità critiche del mio Amico e alla 'mitragliata' di citazioni di versi, come lui stesso l'ha definita. Nelle parole di Sandro e in quelle di Franco e di Annalisa, accanto al termine 'ispirazione' compare 'epifania'. Mi sembra giusto andare all'origine anche di questa parola: dal greco epiphàneia, manifestazioni della divinità, nello specifico dal verbo epiphànein, composto di epì dall'alto e phànein apparire.
RispondiEliminaUn termine importante, di caratura eccezionale. Apparire dall'alto, quindi, e ogni verso, appartenente a quest'Opera, sembra proprio una rivelazione. Un'Autrice che, con il coraggio e la volontà di riappropriarsi dell'equilibrio, dell'armonia con il tutto e con il niente, ci rende partecipi di un'avventura esistenziale e ci chiede implicitamente di condividerla. Una Silloge che dà voce agli elementi della natura, al tempo, al misticismo, inteso nell'accezione più libera, alle tappe della vita e a molte altre voci che spesso risultano ineffabili, lontane, irraggiungibili.
Oltre alla rivelazione e all'ispirazione, che non può essere disgiunta dal lirismo autentico, mi sembra che gli Elogi di Franca Alaimo inducano alla contemplazione.
Chi accoglie le rivelazioni deve inebriarsi della loro luce e stupirsi.
Non sono all'altezza di un lavoro così articolato, ma la meravigliosa capacità di Sandro mi spinge a esprimere la gratitudine per tanti Doni. La poesia dovrebbe sempre ubriacarci con nuove emozioni e con esegesi tanto profonde.
Giunga il mio plauso all'Autrice, al suo critico e agli amici che mi hanno preceduta.
Maria Rizzi