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martedì 1 gennaio 2019

PIETRO RAINERO: "CASTELLI DI SABBIA" (RACCONTO)


                       Castelli di sabbia
       
    BRAHMA, fantasioso fanciullo, creava meravigliosi manieri
    VISHNU, assennato adulto, amorevolmente li custodiva
     SHIVA, malvagio vecchio, cinicamente li calpestava.


Pietro Rainero,
collaboratore di Lèucade


“ Quante tombe ti servono? ”.
“ Tre….No! Quattro”  rispose l’incantevole, dolcissima bimba.
Il padre impugnò la paletta ed iniziò a scavare la sabbia nei pressi del bagnasciuga.
Quattro buche poco profonde.
Il piccolo Brahma osservava divertito la tenera scena non visto, lontano, confuso tra la folla dei
bagnanti.  “ Non metterci le croci, le meduse non credono in Dio”  le raccomandò il genitore.
“ Credono in Nettuno”.     “ In Nettuno?”.   “ Sì, in Nettuno, dio del mare”.
“Ah, sì! Già. Hai ragione, in Nettuno…..o in Nessuno?” le rispose divertito il padre che aggiunse,
ma solo nei suoi pensieri: sicuramente queste non hanno fatto la prima comunione.
La figlia, intanto, sollevati con la paletta i cadaveri che il mare aveva pietosamente deposto sulla
spiaggia, passò a collocarli nell’ultima dimora.
Li ricoprì di finissima sabbia e disse” Papà, papà, dai! Facciamo un castello di sabbia”.
Brahma sorrise.  Il sole era accecante, il cielo d’un azzurro tagliente, lo sconfinato mare d’un blu strafottente. Il dio-bimbo era felice: quell'esplosione di vita, di luce, di bellezza lo inondava di gioia.
Mentre l’uomo e la bambina, armati di secchiello, coglievano l’umida sabbia destinata a tramutarsi
in cemento di immaginari, robusti bastioni, egli volse lo sguardo sulla sua destra.
Qualche ombrellone più in là.
Comodamente sdraiati sui materassini di un lido, con in mano i caffè freddi, i due filosofi ripresero
le eterne questioni interrotte: le loro abituali disquisizioni su Dio e il senso dell'umana esistenza.
“ Io credo sia un privilegio vivere questo momento in un luogo tanto bello, sai? ” disse il filosofo
numero uno. “ Il mare oggi è bellissimo, già.”  gli rispose l’amico che poi continuò “ A me la vasta distesa d’acqua richiama sempre alla mente la sterminata estensione dello spazio e l’infinità del tempo. Le onde del mare mi ricordano le increspature che la materia dipinge sulla trama dello spazio, le bianche goccioline di schiuma mi fanno pensare alle microscopiche bolle di spazio-tempo dalla geometria orribilmente distorta, la schiuma quantica.  Cosa è lo spazio? E cosa il tempo? Perché esiste qualcosa invece di nulla? ”.
“ Questo ci rimanda necessariamente a Dio” sostenne gravemente il primo filosofo, che subito
aggiunse: “ Perché gli uomini si pongono queste domande?  Anelano a Dio?  Dio li chiama? 
Insinua dubbi? Agita un po’ le loro menti e i loro cuori? Perturba un goccio il loro essere?  Si
pongono queste domande perché cercano Dio? Chi è Dio? Esiste? ”.
“ Tu pensi che la risposta sia un bel sì, vero?” chiese il secondo filosofo, che aveva sempre dubitato
dell’esistenza di una simile Entità.
Qualche metro più in là Visnù, sotto un fresco ombrellone, ascoltava interessato la discussione, pur
non avendo mai dubitato della propria esistenza.  “ Certo! E tu? ” rispose il filosofo credente.
“ Non lo so. Ma perché cercano Dio? E cosa è Dio? ”.    “ Tu cosa ne pensi? ”.
“ Riguardo a che cosa? ”.   “ Riguardo a Lui. Perché lo cerchiamo e cosa è? ”.
Il secondo filosofo, l'agnostico, prima di rispondere lasciò vagare gli occhi tutto intorno; vide la spiaggia affollatissima di persone ben decise a concedersi quel meritato bagno di ozio, di luce e di energia, quella lussuosa lacuna nel fiume incalzante della vita.
Vicino ai suoi piedi alcune indaffarate formiche trasportavano piene d’angoscia preziose briciole, unico pane per il domani della comunità.  Quel contrasto così stridente fra la ricchezza di chi poteva ritagliarsi una vacanza e la miseria di chi non avrebbe mai conosciuto ferie lo fece trasalire un attimo.
Vide improvvisamente nei suoi pensieri una sterminata popolazione di formiche morte, vide una schiera di teschi ordinatamente impilati, teschi appartenenti a scimmie che si erano poste domande.
Un tempo l’interno di quei crani era colmo di mondi fantastici, di speranze e, soprattutto, di sogni. Già!….Un tempo.
“ Vuoi che tenti alcune possibili risposte?  Vediamo… l’uomo non sarà mai felice, gli mancherà sempre qualcosa. Certo, per alcuni istanti può trovarsi al colmo della gioia per un amore corrisposto, per un momento creativo se fa l’artista o lo scienziato, quando è insieme ai figli o agli amici oppure a causa di una imprevista, bellissima notizia. Ma l’uomo si abitua presto.
Gli esseri umani si ritrovano con questo desiderio di potenza mentre sono impotenti, in balia di eventi di gran lunga più grandi di loro e con, sullo sfondo, quella dannata signora vestita di nero che li aspetta”.  “Forse se avessimo molto più tempo da vivere potremmo ovviare ai nostri guai”.
“Dici? Quanti modi abbiamo di turlupinare il tempo? Beh..ci sono varie possibilità per cercare di vivere 8.000 od 80.000 anni invece che 80, a partire da straordinari progressi nella biologia per arrivare a viaggi a velocità relativistiche, dall’intercettazione di messaggi extraterrestri ricchi di preziose informazioni fino allo sviluppo di cervelli artificiali molto più intelligenti di noi che ci aiutino a sviluppare conoscenze e poi l’ibernazione, ipotetici viaggi nel tempo e chissà cosa altro.
Ma una persona che vivesse 8.000 anni sarebbe più felice?
Certo potrebbe fare tante cose, intrecciare tante conoscenze, però…chi lo sa?
L’uomo si pone le domande fondamentali perché, a parte l’innata curiosità che potrebbe essere una pura e semplice conseguenza dell’evoluzione perché forse una creatura curiosa aveva più possibilità di sopravvivere, desidera che ci sia un senso, vuole controllare gli eventi, cerca la felicità attraverso la sicurezza.
La prima risposta che fa a meno di Dio è dunque: inventiamo Dio perché vorremmo esserlo noi”.
“Lo vedi come una proiezione dei nostri sogni, insomma..”
Visnù, che stava osservando, lì nei pressi, un signore che nuotava a rana nell'acqua bassa in prossimità della battigia, pensò: io non mi sento tanto inventato....
“L’universo va dal semplice al complesso: nel corso degli eoni si sono formate strutture sempre più complicate, sino al cervello umano. Siamo noi dunque noi lo scopo? 
E’ ciò che afferma il principio antropico forte
Ma perché il processo dovrebbe fermarsi con noi? Forse siamo solo un passaggio. Siamo genitori di cose ancor più belle. Prepariamo il mondo per chi ci soppianterà?
L’intelligenza al carbonio apre la strada per quella al silicio? I computer hanno fatto straordinari progressi negli ultimi 50 anni, da quando sono nati. Nei neuroni la coscienza ha impiegato milioni di anni ad apparire, quanto manca ancora al microchip? Il padrone del mondo dell’anno 100.000 potrebbe essere tanto diverso da noi di come noi lo siamo dai dinosauri. Ma se fosse un essere profondamente buono e saggio sarebbe una tragedia? L’umanità avrebbe assolto al suo compito, saremmo creature di anime, saremmo un mezzo, non il fine. La seconda risposta è: forse l'universo ha davvero uno scopo, ma non siamo noi!
E poi... chi siamo noi? Qualcuno sta facendo un esperimento? Immagina uno spazio infinito, un superspazio, pieno di bolle di ogni dimensione; ogni superficie delle bolle è un universo. Da una bolla, in qualche modo, con la creazione di un buco nero?,  si origina un'altra piccolissima bolla che esplode con un  big bang creando un nuovo universo, un universo – baby.
Queste ipotesi si stanno facendo spazio in cervelli di strani personaggi, tra i più bravi cosmologi che abbiamo. 
Uno statunitense ha applicato a questa specie di follie la selezione naturale, il darwinismo, la selezione naturale degli universi, intendo! 
Un altro, sempre americano, ha scritto un articolo intitolato: perché non è possibile costruire un universo in laboratorio.  E per esseri molto più bravi di noi, è possibile invece?  
Chi si diletta con noi come un bambino con i videogiochi? O perlomeno, chi sono gli dei che hanno fatto il nostro mondo?
Terza risposta: siamo solo spazzatura, un sottoprodotto degli Dei cosmici”.
A Visnù, a questo punto, scappò sottovoce un “Però!..”
Il filosofo numero uno si limitò a commentare:
“D’accordo, resta sempre la domanda: chi gioca con loro? Chi è il Dio di tutti gli dei? E poi non credo che la spazzatura possa pensare”.
L'amico, mentre lontano da loro Brahma festeggiava felice l'edificazione di un'altra costruzione di sabbia, continuò:
“Dio è cattivo? Guarda una sfera di cristallo che tiene in pugno e vi scorge sangue, dolore, sofferenza, disperazione, dubbi, domande.  Si diverte un po’, e immagino che per Lui qualche miliardo di anni siano una serata a teatro, poi dice: “Sì! E’ stata proprio una bella rappresentazione, mi sono proprio divertito” e chiude la mano!
Quarta risposta: la sua cattiveria. 
O ci sono due forze che si combattono? Un dio buono ed uno cattivo? Questo spiegherebbe perché esiste il male”. Visnù, sempre nelle vicinanze con l'orecchio teso, commentò stavolta tra sé e sé “Caspita! Mica male, questa!”
L'altro gli rispose: “ O forse succede quello che dicevano gli gnostici: l'eresia di Socino sostiene infatti che Dio non è perfetto, ma si evolve anch'esso”
“Certo! Dio potrebbe essere un infante. Quinta risposta: Dio è ancora un fanciullo”
“Quante domande, e quante risposte!” disse il numero uno “perché ci poniamo tutte queste dannate domande?”
“Per scoprire il senso: il senso di tutto, e il nostro senso nel tutto. Ma deve esserci per forza un senso? O il senso al nostro esistere lo dobbiamo dare noi? Se il senso che gli diamo fosse una cosa grande, bella e giusta non sarebbe meno stupenda la nostra esistenza, anche se deve finire, anche se è solo una fantastica favola.
Sesta risposta: le domande sul senso non hanno senso, sono pseudo domande, non c'è alcun senso”.
Vi interessa il commento di Visnù? Egli trovò questa risposta un poco... insensata.
Il secondo filosofo riprese: “Perché l’uomo si pone quelle domande? Forse gli conviene, forse spera di trovare come risposta in fondo alla pagina Dio, e quindi la sopravvivenza dell’anima.
E’ molto confortevole credere nella sopravvivenza. Personalmente non vedo perché il dopo morte dovrebbe differire dal prima della nascita”
“Eppure non è solo confortevole, è necessario”  “Perché?”
“Perché altrimenti sarebbe troppo atroce l'esistenza del male, della sofferenza. Dio dà un senso alla
sofferenza”. “Non lo so.  Fare il bene potrebbe dare un senso all’esistenza, non solo perché è opportuno non fare agli altri ciò che non si vorrebbe fatto a sé.  Il bene non è meno significativo fatto senza la speranza di ricompense, anzi!
Dio potrebbe essere un’intelligenza strepitosa, però potrebbe non essere cosciente e neppure avere nozione del bene e del male, insomma essere una cosa, e non una persona. Pertanto noi avremmo la responsabilità di stabilire criteri per distinguerli, il male dal bene, intendo!”
“Eppure io insisto: Dio è la risposta alla domanda sul significato del dolore. Se esiste Dio, la sofferenza in questa vita non ha alcuna rilevanza, perché poi, nell'aldilà, godremo di una felicità infinita, eterna. Ci deve essere qualcuno che ci dia la resurrezione; sarebbe troppo atroce il contrario”.  “Ma se Dio ci ama, perché permette tanto dolore?
“Non lo so. Si è fatto tardi: so solo che queste discussioni sono molto piacevoli e belle”
“Sì. Anche io le adoro. Ma lasciano, temo, il tempo che trovano”
“Sì” scherzò il numero uno “infatti oggi il sole sta calando, e domani sarà ancora una bella giornata; o almeno queste sono le previsioni meteo”.  L'amico sorrise.  Mentre questo dialogo costellato di punti interrogativi volgeva al termine, la graziosa bimba, qualche ombrellone più in là, finito di erigere un castello con l'aiuto dell'amorevole padre, si rivolse alla quattro tombe dicendo:
“ L’eterno riposo dona loro, o Signore. E splenda per esse la luce perpetua, riposino in pace, amen… Resuscitate! ”.
Quell’ultima invocazione sorprese profondamente il padre, che trovandola stupefacente si chiese pensieroso se la modifica alla preghiera fosse dovuta alla figlia o se quest’ultima l’avesse appresa da altri.  Ma non disse nulla, limitandosi a continuare il lavoro di ripulitura dei giochi.
Il sole intanto, nell’avvicinarsi alle colline, disegnava lunghe ombre sulla sabbia ancora piacevolmente calda. Le prime ombre dell’incombente sera strapparono un largo, soddisfatto sorriso sul volto del vecchio, claudicante Shiva, che osservava tranquillo la moltitudine di coloro che, riavvolte le stuoie e caricatisi sulle spalle gli zaini, abbandonava la bianca distesa sabbiosa.
Qua e là, disposti casualmente sulla rena, rimanevano alcuni bastioni e torri isolate, unica testimonianza di lavori creativi e di vivaci dialoghi, di un bel giorno veramente esistito.
Ricordo di un pomeriggio impiegato nel costruire qualcosa di bello che si sperava in fondo, pur sapendo il contrario, duraturo.
Castelli di sabbia erano questi, come castelli di sabbia erano state anche le discussioni tra i due filosofi, castelli di nulla che lui, Shiva,  avrebbe presto calpestato ad uno ad uno riducendoli a mucchi di cenere informe, vago ricordo di vite passate.…….
Shiva non riuscì, nella penombra incombente, a trattenere una breve risata.
Iniziò a dirigersi verso la spiaggia.    ERA GIUNTA LA SUA ORA, L'IMBRUNIRE.
Era giunta l’ora della sua consueta passeggiata notturna.






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