BRAHMA, fantasioso fanciullo, creava meravigliosi manieri
VISHNU, assennato adulto, amorevolmente li custodiva
SHIVA, malvagio vecchio, cinicamente li calpestava.
Pietro Rainero, collaboratore di Lèucade |
“ Quante tombe ti
servono? ”.
“ Tre….No! Quattro” rispose l’incantevole, dolcissima bimba.
Il padre impugnò la
paletta ed iniziò a scavare la sabbia nei pressi del bagnasciuga.
Quattro buche poco
profonde.
Il piccolo Brahma
osservava divertito la tenera scena non visto, lontano, confuso tra la folla
dei
bagnanti. “ Non metterci le croci, le meduse non
credono in Dio” le raccomandò il
genitore.
“ Credono in
Nettuno”. “ In Nettuno?”. “ Sì, in Nettuno, dio del mare”.
“Ah, sì! Già. Hai
ragione, in Nettuno…..o in Nessuno?” le rispose divertito il padre che
aggiunse,
ma solo nei suoi
pensieri: sicuramente queste non hanno fatto la prima comunione.
La figlia, intanto,
sollevati con la paletta i cadaveri che il mare aveva pietosamente deposto
sulla
spiaggia, passò a
collocarli nell’ultima dimora.
Li ricoprì di finissima
sabbia e disse” Papà, papà, dai! Facciamo un castello di sabbia”.
Brahma sorrise. Il sole era accecante, il cielo d’un azzurro
tagliente, lo sconfinato mare d’un blu strafottente. Il dio-bimbo era felice:
quell'esplosione di vita, di luce, di bellezza lo inondava di gioia.
Mentre l’uomo e la
bambina, armati di secchiello, coglievano l’umida sabbia destinata a tramutarsi
in cemento di immaginari,
robusti bastioni, egli volse lo sguardo sulla sua destra.
Qualche ombrellone più in
là.
Comodamente sdraiati sui
materassini di un lido, con in mano i caffè freddi, i due filosofi ripresero
le eterne questioni
interrotte: le loro abituali disquisizioni su Dio e il senso dell'umana
esistenza.
“ Io credo sia un
privilegio vivere questo momento in un luogo tanto bello, sai? ” disse il
filosofo
numero uno. “ Il mare oggi
è bellissimo, già.” gli rispose l’amico
che poi continuò “ A me la vasta distesa d’acqua richiama sempre alla mente la
sterminata estensione dello spazio e l’infinità del tempo. Le onde del mare mi
ricordano le increspature che la materia dipinge sulla trama dello spazio, le
bianche goccioline di schiuma mi fanno pensare alle microscopiche bolle di
spazio-tempo dalla geometria orribilmente distorta, la schiuma quantica. Cosa è lo spazio? E cosa il tempo? Perché esiste
qualcosa invece di nulla? ”.
“ Questo ci rimanda
necessariamente a Dio” sostenne gravemente il primo filosofo, che subito
aggiunse: “ Perché gli
uomini si pongono queste domande?
Anelano a Dio? Dio li
chiama?
Insinua dubbi? Agita un
po’ le loro menti e i loro cuori? Perturba un goccio il loro essere? Si
pongono queste domande
perché cercano Dio? Chi è Dio? Esiste? ”.
“ Tu pensi che la
risposta sia un bel sì, vero?” chiese il secondo filosofo, che aveva sempre
dubitato
dell’esistenza di una
simile Entità.
Qualche metro più in là
Visnù, sotto un fresco ombrellone, ascoltava interessato la discussione, pur
non avendo mai dubitato
della propria esistenza. “ Certo! E tu?
” rispose il filosofo credente.
“ Non lo so. Ma perché
cercano Dio? E cosa è Dio? ”. “ Tu
cosa ne pensi? ”.
“ Riguardo a che cosa?
”. “ Riguardo a Lui. Perché lo
cerchiamo e cosa è? ”.
Il secondo filosofo,
l'agnostico, prima di rispondere lasciò vagare gli occhi tutto intorno; vide la
spiaggia affollatissima di persone ben decise a concedersi quel meritato bagno
di ozio, di luce e di energia, quella lussuosa lacuna nel fiume incalzante
della vita.
Vicino ai suoi piedi
alcune indaffarate formiche trasportavano piene d’angoscia preziose briciole,
unico pane per il domani della comunità.
Quel contrasto così stridente fra la ricchezza di chi poteva ritagliarsi
una vacanza e la miseria di chi non avrebbe mai conosciuto ferie lo fece
trasalire un attimo.
Vide improvvisamente nei
suoi pensieri una sterminata popolazione di formiche morte, vide una schiera di
teschi ordinatamente impilati, teschi appartenenti a scimmie che si erano poste
domande.
Un tempo l’interno di
quei crani era colmo di mondi fantastici, di speranze e, soprattutto, di sogni.
Già!….Un tempo.
“ Vuoi che tenti alcune
possibili risposte? Vediamo… l’uomo non
sarà mai felice, gli mancherà sempre qualcosa. Certo, per alcuni istanti può
trovarsi al colmo della gioia per un amore corrisposto, per un momento creativo
se fa l’artista o lo scienziato, quando è insieme ai figli o agli amici oppure
a causa di una imprevista, bellissima notizia. Ma l’uomo si abitua presto.
Gli esseri umani si
ritrovano con questo desiderio di potenza mentre sono impotenti, in balia di
eventi di gran lunga più grandi di loro e con, sullo sfondo, quella dannata
signora vestita di nero che li aspetta”.
“Forse se avessimo molto più tempo da vivere potremmo ovviare ai nostri
guai”.
“Dici? Quanti modi
abbiamo di turlupinare il tempo? Beh..ci sono varie possibilità per cercare di
vivere 8.000 od 80.000 anni invece che 80, a partire da straordinari progressi
nella biologia per arrivare a viaggi a velocità relativistiche,
dall’intercettazione di messaggi extraterrestri ricchi di preziose informazioni
fino allo sviluppo di cervelli artificiali molto più intelligenti di noi che ci
aiutino a sviluppare conoscenze e poi l’ibernazione, ipotetici viaggi nel tempo
e chissà cosa altro.
Ma una persona che
vivesse 8.000 anni sarebbe più felice?
Certo potrebbe fare tante
cose, intrecciare tante conoscenze, però…chi lo sa?
L’uomo si pone le domande
fondamentali perché, a parte l’innata curiosità che potrebbe essere una pura e
semplice conseguenza dell’evoluzione perché forse una creatura curiosa aveva
più possibilità di sopravvivere, desidera che ci sia un senso, vuole
controllare gli eventi, cerca la felicità attraverso la sicurezza.
La prima risposta che fa
a meno di Dio è dunque: inventiamo Dio perché vorremmo esserlo noi”.
“Lo vedi come una
proiezione dei nostri sogni, insomma..”
Visnù, che stava
osservando, lì nei pressi, un signore che nuotava a rana nell'acqua bassa in
prossimità della battigia, pensò: io non mi sento tanto inventato....
“L’universo va dal
semplice al complesso: nel corso degli eoni si sono formate strutture sempre
più complicate, sino al cervello umano. Siamo noi dunque noi lo scopo?
E’ ciò che afferma il
principio antropico forte
Ma perché il processo
dovrebbe fermarsi con noi? Forse siamo solo un passaggio. Siamo genitori di
cose ancor più belle. Prepariamo il mondo per chi ci soppianterà?
L’intelligenza al
carbonio apre la strada per quella al silicio? I computer hanno fatto
straordinari progressi negli ultimi 50 anni, da quando sono nati. Nei neuroni
la coscienza ha impiegato milioni di anni ad apparire, quanto manca ancora al
microchip? Il padrone del mondo dell’anno 100.000 potrebbe essere tanto diverso
da noi di come noi lo siamo dai dinosauri. Ma se fosse un essere profondamente
buono e saggio sarebbe una tragedia? L’umanità avrebbe assolto al suo compito,
saremmo creature di anime, saremmo un mezzo, non il fine. La seconda risposta
è: forse l'universo ha davvero uno scopo, ma non siamo noi!
E poi... chi siamo noi?
Qualcuno sta facendo un esperimento? Immagina uno spazio infinito, un
superspazio, pieno di bolle di ogni dimensione; ogni superficie delle bolle è
un universo. Da una bolla, in qualche modo, con la creazione di un buco
nero?, si origina un'altra piccolissima
bolla che esplode con un big bang
creando un nuovo universo, un universo – baby.
Queste ipotesi si stanno
facendo spazio in cervelli di strani personaggi, tra i più bravi cosmologi che
abbiamo.
Uno statunitense ha
applicato a questa specie di follie la selezione naturale, il darwinismo, la
selezione naturale degli universi, intendo!
Un altro, sempre
americano, ha scritto un articolo intitolato: perché non è possibile costruire
un universo in laboratorio. E per esseri
molto più bravi di noi, è possibile invece?
Chi si diletta con noi
come un bambino con i videogiochi? O perlomeno, chi sono gli dei che hanno
fatto il nostro mondo?
Terza risposta: siamo
solo spazzatura, un sottoprodotto degli Dei cosmici”.
A Visnù, a questo punto,
scappò sottovoce un “Però!..”
Il filosofo numero uno si
limitò a commentare:
“D’accordo, resta sempre
la domanda: chi gioca con loro? Chi è il Dio di tutti gli dei? E poi non credo
che la spazzatura possa pensare”.
L'amico, mentre lontano
da loro Brahma festeggiava felice l'edificazione di un'altra costruzione di
sabbia, continuò:
“Dio è cattivo? Guarda
una sfera di cristallo che tiene in pugno e vi scorge sangue, dolore, sofferenza,
disperazione, dubbi, domande. Si diverte
un po’, e immagino che per Lui qualche miliardo di anni siano una serata a
teatro, poi dice: “Sì! E’ stata proprio una bella rappresentazione, mi sono
proprio divertito” e chiude la mano!
Quarta risposta: la sua
cattiveria.
O ci sono due forze che
si combattono? Un dio buono ed uno cattivo? Questo spiegherebbe perché esiste
il male”. Visnù, sempre nelle vicinanze con l'orecchio teso, commentò stavolta
tra sé e sé “Caspita! Mica male, questa!”
L'altro gli rispose: “ O
forse succede quello che dicevano gli gnostici: l'eresia di Socino sostiene
infatti che Dio non è perfetto, ma si evolve anch'esso”
“Certo! Dio potrebbe
essere un infante. Quinta risposta: Dio è ancora un fanciullo”
“Quante domande, e quante
risposte!” disse il numero uno “perché ci poniamo tutte queste dannate
domande?”
“Per scoprire il senso:
il senso di tutto, e il nostro senso nel tutto. Ma deve esserci per forza un
senso? O il senso al nostro esistere lo dobbiamo dare noi? Se il senso che gli
diamo fosse una cosa grande, bella e giusta non sarebbe meno stupenda la nostra
esistenza, anche se deve finire, anche se è solo una fantastica favola.
Sesta risposta: le
domande sul senso non hanno senso, sono pseudo domande, non c'è alcun senso”.
Vi interessa il commento
di Visnù? Egli trovò questa risposta un poco... insensata.
Il secondo filosofo
riprese: “Perché l’uomo si pone quelle domande? Forse gli conviene, forse spera
di trovare come risposta in fondo alla pagina Dio, e quindi la sopravvivenza
dell’anima.
E’ molto confortevole
credere nella sopravvivenza. Personalmente non vedo perché il dopo morte
dovrebbe differire dal prima della nascita”
“Eppure non è solo
confortevole, è necessario” “Perché?”
“Perché altrimenti
sarebbe troppo atroce l'esistenza del male, della sofferenza. Dio dà un senso
alla
sofferenza”. “Non lo
so. Fare il bene potrebbe dare un senso
all’esistenza, non solo perché è opportuno non fare agli altri ciò che non si
vorrebbe fatto a sé. Il bene non è meno
significativo fatto senza la speranza di ricompense, anzi!
Dio potrebbe essere
un’intelligenza strepitosa, però potrebbe non essere cosciente e neppure avere
nozione del bene e del male, insomma essere una cosa, e non una persona.
Pertanto noi avremmo la responsabilità di stabilire criteri per distinguerli,
il male dal bene, intendo!”
“Eppure io insisto: Dio è
la risposta alla domanda sul significato del dolore. Se esiste Dio, la
sofferenza in questa vita non ha alcuna rilevanza, perché poi, nell'aldilà,
godremo di una felicità infinita, eterna. Ci deve essere qualcuno che ci dia la
resurrezione; sarebbe troppo atroce il contrario”. “Ma se Dio ci ama, perché permette tanto
dolore?
“Non lo so. Si è fatto
tardi: so solo che queste discussioni sono molto piacevoli e belle”
“Sì. Anche io le adoro.
Ma lasciano, temo, il tempo che trovano”
“Sì” scherzò il numero
uno “infatti oggi il sole sta calando, e domani sarà ancora una bella giornata;
o almeno queste sono le previsioni meteo”.
L'amico sorrise. Mentre questo
dialogo costellato di punti interrogativi volgeva al termine, la graziosa
bimba, qualche ombrellone più in là, finito di erigere un castello con l'aiuto
dell'amorevole padre, si rivolse alla quattro tombe dicendo:
“ L’eterno riposo dona
loro, o Signore. E splenda per esse la luce perpetua, riposino in pace, amen…
Resuscitate! ”.
Quell’ultima invocazione
sorprese profondamente il padre, che trovandola stupefacente si chiese
pensieroso se la modifica alla preghiera fosse dovuta alla figlia o se
quest’ultima l’avesse appresa da altri.
Ma non disse nulla, limitandosi a continuare il lavoro di ripulitura dei
giochi.
Il sole intanto,
nell’avvicinarsi alle colline, disegnava lunghe ombre sulla sabbia ancora
piacevolmente calda. Le prime ombre dell’incombente sera strapparono un largo,
soddisfatto sorriso sul volto del vecchio, claudicante Shiva, che osservava
tranquillo la moltitudine di coloro che, riavvolte le stuoie e caricatisi sulle
spalle gli zaini, abbandonava la bianca distesa sabbiosa.
Qua e là, disposti
casualmente sulla rena, rimanevano alcuni bastioni e torri isolate, unica
testimonianza di lavori creativi e di vivaci dialoghi, di un bel giorno
veramente esistito.
Ricordo di un pomeriggio
impiegato nel costruire qualcosa di bello che si sperava in fondo, pur sapendo
il contrario, duraturo.
Castelli di sabbia erano
questi, come castelli di sabbia erano state anche le discussioni tra i due
filosofi, castelli di nulla che lui, Shiva,
avrebbe presto calpestato ad uno ad uno riducendoli a mucchi di cenere informe,
vago ricordo di vite passate.…….
Shiva non riuscì, nella
penombra incombente, a trattenere una breve risata.
Iniziò a dirigersi verso
la spiaggia. ERA GIUNTA LA SUA ORA,
L'IMBRUNIRE.
Era giunta l’ora della
sua consueta passeggiata notturna.
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