La
Poesia se c’è, c’è. La senti, la vivi, la respiri, la ami; ti prende, ti assale
fino al midollo spinale; e ti rapina lasciandoti addosso brividi, sogni, armonie,
dolci illusioni, amorosi sensi; e pretende creatività, invenzione, fantasia,
voli pindarici; pretende che tu le dia anima e corpo. Ma
soprattutto chiede che tu non smarrisca la tua vicenda fra le grinfie di un
realismo avvilente e insignificante. Non è assenza, è presenza; essa è fedele,
sincera, schietta, specchio dei nostri abbrivi. Evitate di prendere in
considerazione poeti che tradiscono le loro radici, che oltrepassano il limite
dei loro sentimenti per sperdersi in
sperimentalismi vuoti e spersonalizzanti; per sperdersi in minimalismi che
affogano un essere in cose senza nome. La poesia è presenza; è presenza di una
storia, di un pathos, di una vicissitudine lunga e faticosa; di un viaggio che
non ha fine nemmeno di fronte alla presenza di Thanatos. E chi pensa di trasferire
la propria storia al di là del circuito in cui è cresciuta è un vero infedele;
tradisce se stesso e la sacralità di una missione; è lei che ti cerca, che ti
chiama, che ti veste; è lei che vuole il tuo essere e il tuo esistere; è lei
che vuole cibarsi della tua essenzialità per farsi tessuto vero di un abito da
indossare; chiede passione, armonia, memoria; chiede anche la
realtà ma non vuota, semmai zeppa di un’anima che, dopo aver toccato e
respirato gli angoli di un patrimonio, ritorna viva come voce del poema.
Non esiste una poesia che faccia del reale, dello scusso reale, materia fertile
del canto; diffidate di coloro che vanno e vengono, in cerca di una collocazione;
di un riconoscimento da parte di chi ne tradisce proprio il cuore. Il poeta che vi propongo è
vero; è vero per fantasia, rinascita, creazione, emozione, memoriale, e per un
naturismo che vive e rivive perché animato da un credo di epifanica trasparenza:
fare poesia non è uno scherzo, e non significherà mai smarrire noi stessi, le
nostre tracce, il nostro patema andando a infilarsi in cose che nemmeno ci conoscono.
VERTICALITA’
E’
come arrampicarmi sulla cima
dell’albero
più alto
dove
le gazze scrutano la sorte
e
il vento
non
fatica a ritrovarsi.
Come
la luce
dell’attimo
vivente
che
buca la penombra
e
sgretola le rocce.
E’
il mio bisogno di verticalità
che
piange come un bimbo
che
si perde
quando
la morte vince sulla vita
ma
subito sorride
all’apparire
delle cose belle.
Sogno
di cielo
che
vince la gravità dei corpi
che
a volte s’inabissa e poi risorge.
Fiamma
che sale.
Brace
che si accende.
(Da
VERTICALITA’. Book Editore. 2009)
Davvero una bella poesia, che poggia su un coeso momento ispirativo, dove lo strumento linguistico si piega docilmente all'immagine e alla rappresentazione, intrecciando una pregevole tessitura poetica, sobria ed essenziale, vera e intensa, che dice di un'ansia di elevazione e di slancio spirituale, risorgenti dopo ogni sconfitta.
RispondiEliminaComplimenti a Sandro, e anche a Nazario per la proposta.
Pasquale Balestriere
Grazie Pasquale,
Eliminaper questa tua attenta lettura, nella quale mi ritrovo compiutamente.
Il "momento ispirativo" e lo "slancio spirituale" convivono simultaneamente in me.
Grazie ancora per averlo sottolineato.
RispondiEliminaRICEVO E PUBBLICO
Grande e piacevole sorpresa, questo lucido e appassionato commento di Nazario Pardini. Ha pienamente ragione il Professore nel sostenere che Poesia non è Assenza, ma Presenza (sia pure, a volte, una Presenza smarrita - ma non è questo il caso di Angelucci - resa più viva dallo smarrimento di fronte alla realtà oggettiva). La poesia non può non essere presente a se stessa, il che non significa che il poeta debba essere autoreferenziale ed egocentrico, o che debba bandire dai propri orizzonti il mondo oggettivo. Soggettivo ed oggettivo sono presenti entrambi, ma vengono superati entrambi nella sua visione universale della vita. Vero poeta - e Angelucci lo è senza ombra di dubbio - non è colui che dà sfogo al proprio intimismo, ma colui che dà voce alle corde e alla più segreta essenza di ciascuno di noi. Non è un eremita, il poeta, ma neppure uno che si lascia rubare a se stesso, perdendosi totalmente nei meandri della vita esteriore. Non rifiuta di vivere, ma neppure si adagia nel lasciarsi vivere, al contrario, è un uomo che vive appieno la vita. La vive per conoscerla, per abbracciarne il mistero. E sono esattamente queste le ragioni profonde dell'autore di cui qui si parla, che prende spunto dalla natura, dal vero mondo oggettivo. Una poesia di conoscenza, la sua, non nel senso di "conoscenza razionale esaustiva", ma nel senso di incontro e rapporto, di confidenza e dialogo con il mistero dell'essere, entrando nel cuore segreto di se stesso e del creato intero.
Franco Campegiani
"...Una poesia di conoscenza, la sua, non nel senso di "conoscenza razionale esaustiva", ma nel senso di incontro e rapporto, di confidenza e dialogo con il mistero dell'essere, entrando nel cuore segreto di se stesso e del creato intero.".
EliminaGrazie anche a te Franco, e non solo per il virgolettato ma anche per le precedenti considerazioni.
Non sono certamente bravo come i grandi: Prof. Pardini, Pasquale Balestriere e Franco Campegiani a saper commentare la poesia di altro grande poeta e critico letterario Sandro Angelucci; ma in modo istintivo, credo,di percepire il senso di cosa sia poesia. E quella di Sandro mi piace definirla -poesia pura, poesia vera- dettata da quell'istintivo ed irrefrenabile impulso del "bisoogno di verticalità" per andare oltre quei limiti umani che solo la poesia (arte)ci consente di assaporare o percepire. Mi stupisce, come sempre, la familiarità del linguaggio; eppure, l'autore riesce a dare alla poesia una pacatezza lirica non facilmente combinabile dato il messaggio esortativo ed universale perchè l'uomo è fatto per "l'oltre da se" Pasqualino Cinnirella
RispondiEliminaGrazie Pasqualino,
Eliminaa me basta (ed avanza) che tu abbia percepito pura la mia poesia, i "grandi" non esistono: i poeti si, e tu sei un poeta.
La poesia pubblicata è incastonata nell'anima da quando ebbi l'onore di presentare l'opera di Sandro "Verticalità". Una Silloge che è tensione verso l'alto, inno alla natura madre - benigna e inno alla rinascita. Nazario ha scritto le più grandi verità sui versi del mio grande Amico. Lui è Poeta puro, il lirismo alberga nel suo DNA e ogni poesia va considerata 'rivelazione'.
RispondiEliminaUn uomo ispiratissimo, che scrive e stupisce, incanta, coinvolge, insegna. I primi versi della lirica che dà il titolo alla Raccolta sono il sunto del suo sentire:
"E’ come arrampicarmi sulla cima
dell’albero più alto
dove le gazze scrutano la sorte
e il vento
non fatica a ritrovarsi" e, nel leggerli, continuo a commuovermi, perchè sento tremare l'anima e vorrei essere una di quelle 'gazze' per possedere il dono di leggere la vita con la sensibilità di Sandro.
Ancora grazie, amico mio. Ti voglio bene!
Grazie cara Maria,
Eliminaaggiungere altro significherebbe sgualcire
la carta che avvolge il regalo che mi fai.