A NORD
DELL’AMORE
DI
MARIO
DE ROSA
CAMPANOTTO
EDITORE
Una
silloge di polisemica intrusione emotiva dove i versi, con elegante elasticità,
si fanno tatuaggi di un sentire denso di vita: sogni, memoriale, realtà,
illusione, delusione, e Amore: amore in tutte le salse, dacché, sentimento dei sentimenti, muove la vita come
il mare la marea. Quattro le sezioni dell’opera (Prospettive Disperse, Tutto l’amore che so, Solitudini, Quel
che resta del vento) che con la loro forza
significante si fanno prodromici avvii di percorsi esistenziali. Ma mi piace
iniziare da questa poesia testuale per andare da subito al nocciolo dello stile
di De Rosa.
LA MIA FOGLIA
M’è
caduta
una
foglia
dal
cuore.
La
foglia
più
cara
un
mattino
lieve
vento
ha
staccato
al
mio ramo.
Ora
sogno
il
suo volo
nel
vento
mentre
dentro
mi languon colori
mani
lievi
e
carezze
d’autunno.
Foglia,
mattino, vento, ramo, colori, autunno: tante indicazioni paniche che con i loro
corpi reificano abbrivi, emozioni, messaggi e simboli. Sì, una simbologia costruttiva, fattiva, di
epigrammatica estensione per versi apodittici, conclusivi di rara
portata ontologica, dove il ritmo
battuto da tocchi di euritmica armonia
fanno da esemplificazione a un poema che si espande su un tessuto vellutato. Di
certo lirismo, sentimento che prende e rimane, che gioca coi suoi palpiti sulla
storia del poeta. La parola è lì dove deve essere nei ricami prosodici:
meditata, sentita, incastonata come un diadema, nell’insieme del canto. Di
sicuro non sta dietro a sperimentalismi di positura prosastica che non di rado
fanno danni alla voce del lirismo; lo direi piuttosto un andare più vicino alla
musicalità, alla misura, al contenimento e ai sinestetici azzardi legati alla
tradizione pur con tutta la sua spinta al rinnovamento. La poesia è vita. La
vita è poesia in questa plaquette. Si toccano tutte le note di una vicissitudine; di un mondo che freme
per la voglia di essere tradotto in poema e che si scioglie nelle sue
molteplici varanti:
Ora in versi dedicati a Alda Merini:
D’amore i tuoi versi
e di frontiera
di vento improvvise
folate
hanno incalzato
tenebre,... (A Alda
Merini).
Ora in memorie di giorni andati che ci dicono del tempus fugit, della
brevità dell’esistere, e della futilità delle cose più preziose: tutto passa, e
noi viviamo nella scia di un’ora che corre:
Ricordi amica mia
Semplici i giorni andati?
L’eternità durava
Fino al calar del sole.
Ricordi le case bruciate
Nostre amate rovine
Ogni giorno rifatte
Con nascondigli nuovi
Dove nasconderci in caso di guerra?... (Tanta pace fa).
Ora in sogni in
equilibrio tra l’amore e il nulla:
Nell’eterne vie dei
sogni
aggrappata al mio
braccio,
eterea camminavi ,
in equilibrio tra
l’amore e il nulla... (Sognandoti).
Ora in
iperboliche vertigini che parlano di creatività e di trasposizioni verbali in
rivoli di pace:
Così domato il vento della sera
dalle tende coglierà i sospiri
per governare le mandrie di stelle. (Messaggero di pace).
Ora in una
meditazione sul dove e sul quando; sulla caducità di attimi di cui “s’è reso
ladro il tempo”
Poveri sì e senza
tanti vizi,
furfanti in strada
ma al catechismo
santi,
d’attimi eterni s’è
reso ladro
il tempo. (Oggi mi porta).
Insomma una
navigazione lunga e senza rotta, libera, verso un’isola di cui non si scorge la
sagoma. Un nostos di noi poveri mortali in braccio ad una sorte che spesso
tradisce le sue promesse, e ci pone di fronte a fatti e accadimenti che tornano
a galla a farci male; a ricordarci che forse l’unico e sacrosanto sprazzo della
storia è a nord dell’amore; ed è là che De Rosa dirige la sua barca sperando di
trovarvi un ancoraggio sicuro alla sua navigata:
(...)
Ma la
meta è vicina
e mi lava l'interno
e mi lava l'interno
quella
mia sete pura
da ciò che non è amore.
Con issopo mondato
da ciò che non è amore.
Con issopo mondato
non
sono peccatore
ed ancora percorro
ed ancora percorro
il mio
tempo di uomo.(Prospettive).
Nazario Pardini
DAL TESTO
L'ultimo hotel
di Kerouac
o Howl di Allen Ginsberg
entrambi sconvolgenti
come le trombe di Cassady
niente di più o di meno
dei marmi di John Keats.
Ognuno ci dilania
ci addita il vero mostro
miseria di ogni giorno
che ci insudicia l'aria
in cambio d'un lembo
d'ignorata speranza
che Molock sodomizza.
o Howl di Allen Ginsberg
entrambi sconvolgenti
come le trombe di Cassady
niente di più o di meno
dei marmi di John Keats.
Ognuno ci dilania
ci addita il vero mostro
miseria di ogni giorno
che ci insudicia l'aria
in cambio d'un lembo
d'ignorata speranza
che Molock sodomizza.
CONFINI (ad Alda Merini)
D’amore i tuoi versi
e di frontiera
di vento improvvise folate
hanno incalzato tenebre,
rondini folli hanno bevuto
giornate immense di luce.
Azzurri falchi in picchiata
in tetre forre di dolore
neri corvi a beccare
brani di viva carne.
I GIORNI EQUOREI
L’equoreo damascato
immenso e disteso
sul piano delle acque
per riflettere gli
incanti
di sensibilità
nascoste.
Si cambia oggi
scenario
con la Maginot di
nuvole
asserragliate a
ponente.
Giganti in trincea si
levano,
di fine Luglio i
pensieri
facili e ghiotte prede
dei numerosi incendi,
per poi rigenerarsi
voli d’Araba Fenice
dalle ceneri esauste
di volontà disperse.
Se voi mi camminate
calciatemi ciottolo
nel vostro mare,
sarò io trasformato.
Sarò il trastullo
oppure cielo
o la battigia
su cui passeggiate.
calciatemi ciottolo
nel vostro mare,
sarò io trasformato.
Sarò il trastullo
oppure cielo
o la battigia
su cui passeggiate.
TANTA PACE FA
Ricordi amica mia
Semplici i giorni andati?
L’eternità durava
Fino al calar del sole.
Ricordi le case bruciate
Nostre amate rovine
Ogni giorno rifatte
Con nascondigli nuovi
Dove nasconderci in caso di guerra?
Poche frasche, dei rami, vecchie pietre
In rifugi sicuri
Noi nascosti per ore..
E regnava la pace
per noi bimbi futuro
un bel gioco che finiva di sera.
IL RITORNO
Come un bimbo lontano
ho voglia di stupirmi
ancora, svelenando i tessuti
dalle ossidate scorie.
M’urge l’umile voglia
di perdermi tra dune
in cerca di Re Magi,
dietro comete antiche.
LA
MIA FOGLIA
M’è
caduta
una
foglia
dal
cuore.
La
foglia
più
cara
un
mattino
lieve
vento
ha
staccato
al mio
ramo.
Ora
sogno
il
suo volo
nel
vento
mentre
dentro
mi languon colori
mani
lievi
e
carezze
d’autunno.
Brevi
note su Mario De Rosa
Nato a Morano Calabro il
06.09.1953, si diploma nel 1972 a Lagonegro (PZ). Si iscrive alla facoltà di
Magistero a Roma, corso
di
Lingue e Letterature Straniere, scegliendo Tedesco come lingua principale.
Visita diverse città europee, lavora a periodi alterni in Germania, anche per
perfezionare la lingua, ma non conclude gli studi. Oltre a supplenze nelle
scuole primarie, non disdegna nessun tipo di lavoro, nemmeno quello da operaio.
La sua grande passione per la poesia e per la letteratura mondiale riaffiora
negli anni 2000. Nel 2006 inizia a partecipare a dei concorsi e nel giro di un paio d’anni
comincia a vincerne alcuni. La poesia,
frutto di un sentire profondo, viene fuori con tutto il suo impeto, e nel giro
di un paio di lustri conquista centinaia di successi. Per citarne qualcuno il
“Jacques Prévert” del Club degli Autori, Il giro d’Italia delle poesie in
cornice, Premio Città di Viterbo (dell’Accademia F.Petrarca).Diverse le
vittorie con poesie scritte nel vernacolo del suo paese. “Città di
Castrovillari Pollino”, Premio in vernacolo Paterno Dugnano. Con l’ass.Cult.Viareggio-San Domenichino “il
Quadrato”,ottiene numerosi riconoscimenti, nei concorsi promossi da San
Gimignano ,Cortona,Viareggio-Versilia, a Torre del Lago Puccini. Fin
dall’inizio crea eventi e reading
nella sua regione, per fondare in seguito il premio internazionale “Morano
Calabro Città D’Arte”,dedicato nelle sue cinque edizioni a : Dino Campana, John
Keats, Arthur Rimbaud, Jack Kerouac, e ultimo “Amelia Rosselli –Sylvia Plath”.
Presidente di giuria per il quarto anno al premio “Progetto Alfa”in Valtellina.
Lusinghiero il successo e la valenza culturale dei premi, sempre proiettati
verso linee di pensiero innovative, che non tradiscano la classica origine
delle nostre tradizioni poetiche. Giurato e presidente di giuria in diversi
concorsi a livello regionale e nazionale. Sue poesie vengono scelte da riviste di
diversa estrazione. Inserito nel compendio di Letteratura Italiana della
Helicon (Ar), e quest’anno nel “Dizionario Critico” della Letteratura Italiana
(AR), curati dai professori del “Premio Casentino”, dove è fra i vincitori da
quattro anni.
Ecco come ad una qualunque e fredda giornata di Gennaio ,basti la recensione, sincera e appassionata , del grande poeta e Prof. Nazario Pardini , per colorare di gaiezza le mie interne galaverne.Ricordo, quando da ragazzino ricevevo un " gianduiotto ",(A quei tempi non era cosa che avveniva spesso) in regalo, con lo stesso "squisitissimo" piacere,gusto questa entusiasta e forbita disamina ,dei miei semplici versi. Grazie Professore,della bellissima sorpresa ,ancora più ineffabile ,in quanto insperata. Con ammirazione e stima:Mario De Rosa
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