Giannicola Ceccarossi: VOCI. Ibiskos-Ulivieri. 2018
Giannicola
Ceccarossi si misura con una nuova esperienza letteraria: il poemetto;
l’epillio; il componimento di ampia narrazione
e di particolare epicità. Tre le composizioni: Barche nel cielo; Noi siamo i giovani di questo tempo distorto; Pace.
VOCI, il titolo della plaquette; voci che si danno alla flessibilità di una
versificazione ampia e compatta, significante e incisiva, ora con afflato
lirico ora con irruenza propositiva. E quello che ne deriva è una appassionata
confessione di un Autore non più in sintonia con “questo tempo distorto”. Dalla lettura emergono, in tutta la loro
interezza, la vis creativa del Nostro, il suo modus scribendi, la sua
partecipazione emotiva ai fatti che lo riguardano. Il verso è sempre – pur
facente parte di stesure quasi narrative – costruito su basi di effettiva incisività.
Le figure retoriche usate con parsimonia e intelligenza costruttiva non sono
mai eccessive: appaiono con una certa personale rilevanza la sinestetica intrusione metaforica e la tendenza ad una
versificazione di ontologica consistenza. Sempre presente l’io poetico a
guidare il ragionamento a volte parenetico a volte sbrigliato da ogni
condizionamento teorico. E il verbo segue con tutta la sua valenza strutturale
e con tutta la sua architettura significante gli input di un’anima tutta volta
a seguire un cammino di etica portata. Giannicola ama la vita, il mondo che lo
circonda, ma lo vorrebbe più pulito, meno aggressivo, più a dimensione umana: insomma un ambiente in
cui vivere in pace e in cui potersi guardare in faccia senza alcuna devianza materialista:
schiettezza, sincerità, amicizia, fratellanza, pace, amore... Anche perché la
vita è breve e l’Autore è cosciente della precarietà del tutto, della fugacità
dell’ora, e poco è il tempo che ci resta per tramandare ai posteri la nostra
permanenza sulla terra:
Dov’è quella terra che ha
generato tanto caos?
Dove ricercheremo le radici
delle nostre culture
se tutto è stravolto per una
tempesta d’astri?
Anche
se il verso supera la positura di tradizionale
impostazione, mantiene, comunque, quella armonia euritmica che
contraddistingua la poetica di Giannicola. Non si deve certo confondere la sua
sete di spazi con la sperimentazione prosastica che tende ad annullare la
presenza dell’io poetico, del memoriale, del sentimento. L’espansione metrica è
un’esigenza del poeta. Egli ha bisogno
di ampiezza dacché il suo animo è sovraccarico, è ipertrofico; la sua è una
ricerca di verbi e iuncturae che coi loro significanti possano concretizzare
gli abbrivi emotivi.
Allora preghiamo quel Dio di
tutti gli uomini
che di colpo appaia nelle
nostre vite
indicandoci finalmente il
cammino per la pace.
Poesia
de l’homme, delle radici; apologo, passione, narrazione di una storia che fra
le righe racconta una vita. Questo è Ceccarossi. Questo il suo canto epico,
umano, pieno di interrogativi che ne fanno un vivente turbato dalle aporie
della società.
E se ci stringeremo in un
girotondo di mani
colmando quei rumori che ci
hanno diviso
sarà l’amore a unire le nostra
fede
e a non avere più paura della
grandine.
Ora in questo caos di guerre e
morti
vorrei svanire nel cielo color
cobalto
dimenticare me stesso
e disperdermi
in un mare burrascoso.
E non esistere più !
Figli miei.
Il
poeta è nel bel mezzo dei minimalismi di un esistere fatto di materia e
conflittualità. Ne soffre. E per questo desidererebbe azzardare voli vero cieli
cobalto, per annullare il dolore che
prova. Ma sa anche che il suo posto è qui fra la gente, i figli, e coloro che ama per
dare il suo contributo; per cambiare il mondo. In che modo? Scrivendo e
diffondendo voci che gridino fratellanza e amore; e magari insegnando, anche,
che la semplicità della vita è il grande bene che ci resta:
e
di nuovo canteremo
e canteremo a voce alta la
gioia degli uccelli
ascolteremo in silenzio le
preghiere dei morti
benediremo con la croce la
fronte dei fratelli
e con la leggerezza del cuore
assaporeremo la brezza del
giorno.
Noi siamo i giovani di ieri
Noi siamo i giovani di oggi
Noi siamo i giovani del domani
Che Dio ci benedica!
Sempre
È
qui, in questi sprazzi di pieno lirismo, di totale coinvolgimento empatico, che
il verso si fa breve, scattante, apodittico, conclusivo per dar voce alla
franchezza di un uomo innamorato della vita e memore di un tempo in cui “E
avevamo la gioia fra le dita!”.
Nazario
Pardini
Qualche anno fa Giannicola Ceccarossi affidava la sua poesia a versi brevi, a un linguaggio rastremato ed essenziale, quasi scolpito. A giudicare dai versi che l'ottimo Nazario propone in citazione nella sua attenta e puntuale lettura, sembrerebbe che ora la poesia di Giannicola si esprima in ritmi molto più ampi e verbalmente generosi. E forse anche più aperti alla commozione.
RispondiEliminaComplimenti e auguri
Pasquale Balestriere