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domenica 7 aprile 2019

MARIA RIZZI LEGGE: "TITIWAI" DI SANDRO ANGELUCCI




Sandro Angelucci,
collaboratote di Lèucade



TITIWAI

Maria Rizzi,
collaboratrice di Lèucade

Poesia eletta, di scavo, di recupero, quella di Sandro Angelucci nella sua ultima Silloge “Titiwai” di Giuliano Landolfi Editore. 
L’uomo che ha avuto le cose dalla vita sa di non possedere nulla che possa arricchirlo, che resta Nessuno - Ulisse -, in cerca della propria Itaca interiore. – tratto da “Itaca il luogo. Nessuno il mio nome”.
Tanti simbolismi in questa silloge volta alla sacralità dell’attimo che ci viene concesso in un  mondo avvelenato, che rischia di tirare le cuoia. Questo stesso universo, al tramonto, dona cieli da vertigini, che per macabra ironia, hanno il colore del petrolio… incredibile lo scialo di immagini infilzate in serie evocative…
Il tripudio panico di colori è l’abito di molte liriche, in quanto Sandro Angelucci tende a cogliere il tempo nel suo scorrere caratterizzato dalla
magia atmosferica e animale. Vi è qualcosa di nuovo nel modo di porgersi del Poeta, la sua prospettiva delle parole sembra mutata, ha assunto toni  caldi di rabbia e di dolore. D’altronde quando il mondo è sconvolto da tragedie non si può scrivere poesia che passi sotto silenzio.
L’Autore, talvolta, sottolinea il carattere solitario ed endosomatico della morte,  catastrofe che in apparenza si riversa all’esterno, ma fa supporre  un naufragio nel nostro stesso sangue. E in effetti se si immagina l’esistenza come affacciata, tramite i sensi, a fior di pelle, verso l’esterno, la morte può essere immaginata come una caduta all’indietro, verso le profondità nascoste dell’anima. Ed è naufragio catartico, genesi della rinascita, la stessa rinascita dei fiori, degli astri, delle stagioni.
Per Sandro Angelucci l’oltre non ha confini, non si perde nel deserto dei sentimenti; in “Ritorneranno” egli scrive “L’amore non ha tempo / ma solo eternità di spazi”. Si torna al ventre che ci ha concepito e all’amore saggio e difficile dei padri…
Come ha scritto in modo ineccepibile Franca Alaimo nella prefazione la Silloge non presenta tracce di nichilismo. Pur analizzando la storia nella
quale siamo calati è un succedersi di redenzioni, di spiegarsi di ali, di volontà di sogni.
A mio umile avviso, la si può e la si deve definire anche poesia civile, perché persegue l’impegno dell’uomo nuovo, perso tra soffi sinistri e spinto verso ignoti destini. Ma la speranza celebra il suo lieve trionfo sul
male, con il desiderio di tornare alla bontà delle cose, di soffermarsi sui
prodigi della natura, sull’essenziale sanità degli aspetti materiali e, soprattutto, spirituali della vita.
Nel Poeta si avverte il fiuto della profezia. Il personaggio di Titiro, umile pastore, steso sotto l’ombra del faggio nella prima Bucolica di Virgilio, incarna l’io narrante del nostro Autore, legato al significato profondo delle cose ‘elementari’, non in quanto semplicistiche, ma al contrario, in quanto libere, selvaggiamente naturali, composte di elementi essenziali: l’orizzonte, il cielo, la pioggia, il profumo del campo.
Lo sguardo di Sandro Angelucci si posa attento sulle solitudini, sulle esistenze dei diseredati. L’uomo ‘cammina dietro al carretto’- tratto dalla
lirica “Quelli che non possono” -, insegna che a indicarci il cammino sono spesso coloro che non possiedono nulla. Quanta umanità e quanta sensibilità nei due versi che chiudono la poesia: “quelli che non possono /
ma vi stanno già aiutando”, versi che trafiggono l’anima e sono poesia in se stessi.
Il lirismo del Poeta è caratterizzato ancora e sempre da assoluta
ispirazione.
L’Autore attribuisce alla poesia il ruolo che pochi altri saprebbero affidarle: la capacità di risarcire, di restituire le note ai silenzi, di sostituire con i profumi gli odori stantii. Ed è la sua Poesia feto che non chiede di nascere, ma spinge verso le pareti del grembo della vita per sussurrare che, in qualche modo, ogni tempo le appartiene, anche gli spazi nudi, vuoti di armonia, anche le paure, le rabbie, i dubbi.
Sandro Angelucci in questa Silloge sembra voler alimentare la sete dei dubbi. E’ lirismo robusto il suo, più maturo e più saggio rispetto al precedente, lirismo ricco di commistioni con il quotidiano, che troviamo
per la prima volta nei versi del Nostro e che scivolano pure come acqua di fonte. Il Poeta di questa Raccolta è specchio fedele dei cambiamenti dell’uomo. Leggendola si entra in contatto con i meandri della sua anima
e, per chi lo conosce come la sottoscritta, la scoperta è nell’esigenza di
rivelarsi.  
Si potrebbe asserire che con “Titiwai”chiude il cerchio.
Lega le nostre esistenze alle larve del popolo Maori, che si schiudono emanando bagliori simili a quelli delle stelle e il mio pensiero è andato al
Plancton, ai microrganismi acquatici animali e vegetali, che hanno dato inizio alla vita, e illuminano la superficie del mare.
Il viaggio intrapreso dall’Autore inizia e finisce nei bagliori, nel misticismo legato alla misericordia della natura e ai misteri dei nostri destini.

Maria Rizzi








1 commento:

  1. Ringrazio di cuore Nazario per aver postato tempestivamente il mio umile contributo all'ultima Opera di Sandro Angelucci. E'uomo che non si ferma neanche di domenica e che inevitabilmente, ogni volta, mi commuove....
    Maria Rizzi

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