Umberto Cerio, collaboratore di Lèucade |
Poesie
di una tale intensità umana che si fanno tue; che vorresti averle scritte tu
perché c’è il gabbiano bianco, c’è il mare, la lontananza, il brivido che ti
lascia addosso il verso pulito, armonioso, fluente, denso, zeppo di simbologie
che tornano a dirti della precarietà dell’uomo, della fugacità del tempo, di
quella temperata e mai eccessiva nota di saudade che ingentilisce il tutto. Insomma
perché ci sei tu, ci siamo tutti. Sì, qui si vola; si vola come i gabbiani
baudelairiani, perché non siamo fatti
per stare a terra; a terra si brancola, si dimena ridicolamente: il poeta vuole
il cielo, la luce, l’amore, la vita; vuole la libertà; l’attuazione del sogno di una storia: “…Ora tace deserta la marina./ L’ombra si
allunga e vibra/ piena di una dolcezza atroce,/ acre adduce le tracce di
silenzi/che avevano parole/ di remote memorie e di futuro.”. Tace la marina ora
che il gabbiano bianco ha spiegato le ali vero orizzonti nebbiosi. Ma Cerio non vive di semplice nostalgia; può
seguire con la fantasia il suo gabbiano, anche se l’immagine si confonde con la
bruma: “…Nel vento continuo ad
inseguire/il mio gabbiano bianco/ che vola nella luce della vita.”. Una poesia farcita
di metaforici allunghi allusivi, di scaglie lucenti di mare, di ombre vaganti
di sera, come lo è il percorso di un’intera esistenza; e si sa che quanto più
una storia prolunga la sua traccia, tanto più cospicue sono le memorie che si
lascia dietro; forse sono proprio quelle ad allungarne il tragitto. Basta
ricuperarle, fattesi nuove, vestite di soffice gentilezza, di amorosi sensi, di
brividi esistenziali. Basta che il gabbiano
bianco non ci abbandoni e che ci permetta di seguirlo nei suoi volteggi, anche
se la vita ci vuole a terra senza ali: “…E’ il mio gabbiano bianco/ che prende
il mio posto/ e scambia il mio cuore col suo./ E la notte non è più buia./ / Mi
sei entrato nell’anima/ e mi hai placato inquietudini,/ oscuri abissi scavati
nel cuore.”, basta che scambi il suo cuore col nostro, che ci entri nell’anima,
perché la notte non sia più buia. Basta che la voglia di vivere sia lucente
come il dorso di quel gabbiano trafitto dai raggi del sole: amore, memoria,
maturazione, riflessioni, cotidie morimur, sogni, volo, e quesiti che si
mangiano risposte.
Nazario
Pardini
IL
GABBIANO BIANCO
Non ho mai sognato la Sfinge
ed
il deserto delle Piramidi;
il
mio cuore le indovina ardenti,
nella
sabbia segnata dai cammelli.
Altro
è il mio sogno lungo:
Forse
è quel gabbiano bianco che fugge
e
assapora la salsedine
dell’aria
in volo e in tuffi folli l’acqua
che
cela la sua preda disperata.
Certo è quel gabbiano bianco,
che
seguivi con uno sguardo d’ansia
con
dolore indecifrabile.
Certo,
certo era quel gabbiano bianco
che
tornava stanco di vento
-come
il mio cuore- al tuo balcone.
Ora tace deserta la marina.
L’ombra
si allunga e vibra
piena
di una dolcezza atroce,
acre
adduce le tracce di silenzi
che
avevano parole
di
remote memorie e di futuro.
E
perde il senso il tempo dell’attesa.
Edita -2006- settembre
IL RITORNO DEL GABBIANO BIANCO
I silenzi di questi vecchi templi
diroccati
dal tempo
hanno
parole di antichi Dei
e
lasciano profumo di ambrosia.
Di
poco lontano il mare
altre
ombre disegna.
Sono
quelle dei gabbiani in volo.
E
ancora
ancora
il mio gabbiano bianco
con
ali di salsedine odorosa
e
d’improvviso appare il volo
dall’ombra
silenziosa
grave
di sogni e di anni lunghi,
ancora
stanco di cielo ventoso
che
cerca, come il mio cuore in ansia,
la
tua casa e il tuo balcone.
Ahimè le storie sono lunghe
a
raccontare e rapide a finire
ed
io, segreto e silenzioso,
dentro
mi porto lente le ferite.
E
tu scandisci, nell’attesa,
-
terribili stille del tempo-
sacro
il tuo dolore d’anima
all’andare
di quelle ombre
che
lasciano fascinosi i silenzi
scarni
ed ebbri i vuoti
tra
colonne ed are in frantumi.
Nel vento continuo ad inseguire
il
mio gabbiano bianco
che
vola nella luce della vita.
Inedita -2018- marzo
ANCORA IL MIO GABBIANO
Ed ecco di nuovo il mio gabbiano
stanco
di volo e di mare in tempesta
che
torna sul suo scoglio
grave
di terra scagliosa e di pietre
inospitale
arida e selvaggia.
E’
la nostra terra che chiama
nelle
sere degli ultimi colpi
d’ali
che non sanno parole,
che
non hanno illusioni né sogni.
Ed
il cuore sbalza nell’altalena
della
giostra furiosa
sui
sentieri dei cavalli del Sole.
Tutto
in un pugno sacro e folle
e
la vita che sorge
prepotente
come schiocco di frusta.
E
intanto che gli urli delle onde
del
mare si trasformano in canto
di
coro greco sullo scoglio “vedo”
il
mio bianco gabbiano diventare
Perdice
fatto immortale dal “volo”.
O
vaneggia la mia mente stanca?
Ma
io so che è il mio gabbiano bianco
che
prende forma di pensiero
e
diventa il sacro corifeo
che
buie sventure canta al mondo
e
grida la sua folle ira
per
l’esilio della notte immensa.
E’
il mio gabbiano bianco
che
prende il mio posto
e
scambia il mio cuore col suo.
E
la notte non è più buia.
Mi sei entrato nell’anima
e
mi hai placato inquietudini,
oscuri
abissi scavati nel cuore.
Inedita
-2019- luglio
Umberto Cerio
Grazie di cuore per le parole e per il senso della tua esegesi con cui hai colto, con sicura precisione e penetrazione, con la tua sonda infallibile, fino ai più profondi e reconditi angoli dell'anima e del cuore. Questo grazie non è rivolto solo a te, poeta e critico sensibilissimo, ma è rivolto anche al mare,, al cielo e agli scogli della tua Léucade, che suggeriscono versi ed emozioni, talvolta non controllabili per cui diventano commozioni. Ed anche di ciò tu sei artefice, suggeritore e protagonista. Che altro dire? Solo che anche tu, con la tua opera "Alla volta di Lèucade (da
RispondiEliminame letta più volte), sei nel mio cuore, come i gabbiani della vita e della libertà.
Umberto
“Altro è il mio sogno lungo:
RispondiEliminaForse è quel gabbiano bianco che fugge
e assapora la salsedine
dell’aria in volo e in tuffi folli l’acqua
che cela la sua preda disperata.”
Il gabbiano che vola libero , giovane ed impetuoso, fuggendo la banalità del quotidiano e anche il diversamente facile esotico dell’avventura giovanile: gli idola animi, della mente e del cuore diventano l’immagine guida che interpreta il vivere del poeta; gabbiani che vanno e …tornano carichi di esperienze, ma anche di “lente ferite”, persi i sogni e i desideri, in “anni lunghi”, ma desiderosi di ancore, di punti di riferimento “ancora stanco di cielo ventoso/ che cerca, come il mio cuore in ansia,/la tua casa e il tuo balcone.” Ombre e attese, silenzi fascinosi accompagnano il viaggio in più tempi, a loro modo eloquenti, dolci, ma inquietanti: “ la nostra terra che chiama/nelle sere degli ultimi colpi/d’ali che non sanno parole..”. Il gabbiano stanco si fa Perdice, nell’atto immortale dal “volo”. E la notte non è più buia. Una potente simbologia accompagna il raffinatissimo canto di U. Cerio, con un linguaggio armonioso dall’aggettivazione originale pregnante, che sa trasformare la metafora fantastica in itinerario analogico. Una lettura da non perdere.
Ti sono molto grato, Maria Grazia, per quanto dici del gabbiano bianco. Si sente, nelle tue parole, il gusto (e il piacere) della tua alta capacità esegetica. Fra l'altro ti sono grato anche perché era da molto tempo che non ci "leggevamo" sullo scoglio di Lèucade. Ho sempre apprezzato ed apprezzo la rapida e precisa consistenza espressiva, di quanto mi scrivi in questa nota. Ti auguro che sia anche nel tuo cuore il desiderio di vita e di libertà del mio gabbiano.
RispondiEliminaUmberto Cerio
grazie per le tue parole caro Umberto. E' vero, talvolta ci si perde di vista, ma nulla cambia nella comunicazione autentica.
RispondiEliminaMi piacerebbe molto essere in consonanza col volo del tuo gabbiano!
Maria Grazia,
RispondiEliminapuoi essere "in consonanza col volo del mio gabbiano". Le poesie sul mio gabbiano possono essere considerate un dono a tutti gli amici. Ti è possibile andare su una spiaggia solitaria, con piccoli scogli? Potrai osservare il volo e il riposo dei gabbiani e "sentire" il loro piccolo cuore che palpita. Troverai anche un gabbiano bianco e seguire il suo volo. Il resto darà un senso alla vita.
Umberto Cerio
Il gabbiano bianco! Come un cuore lanciato oltre l'azzurro; come un canto che si dispiega in cielo; come speranza di sole, di vita; come sospiro per il tempo ch'è passato; come misura d'eterno.
RispondiEliminaUn abbraccio a Umberto
Pasquale Balestruere
Cero Pasquale,
RispondiEliminail tuo non è, come può sembrare, un breve commento, perché ogni parola ha un lungo slancio, verso il passato e verso il futuro e la gioia della libertà. Anche per te queste
liriche sono un dono che spero possano allungare ancora di più i tuoi voli e la tua certezza di vita nella storia del tempo umano. Auguro anche a te le emozioni del mio gabbiano bianco, tra cielo e mare della tua preziosa isola.
Umberto Cerio
Il gabbiano bianco
RispondiElimina“che tornava stanco di vento
-come il mio cuore- al tuo balcone.”
E' lì, lo vedo chiaramente nella luce cristallina di un mattino colmo di illusioni e speranze. Sì, lo vedo aleggiare nel cielo reso limpido dalla pioggia, con i suoi voli leggeri e delicati. Il poeta ha saputo tratteggiare, con infinita e toccante liricità, tali emozioni con rara bellezza di immagini. Vorremmo essere tutti quel gabbiano bianco così libero, elegante e felice!
“E' il mio gabbiano bianco
che prende il mio posto
e scambia il mio cuore col suo.
E la notte non è più buia.”
Caro poeta, il tuo volo è ancora lungo. L'armonia che è in te ti porterà altri mille e mille voli. Il tempo dell'attesa ti sarà più lungo e l'inquietudine un vuoto da dimenticare.
Giannicola Ceccarossi
Il tuo commento, personale e intenso, dimostra che sei un poeta vero, aggiungendo poesia a poesia e completando i versi scritti, anche colmando il vuoto del bianco tra i versi. Ti ringrazio per questo tuo commento,lucido e sapido, reso con note toccanti.
RispondiEliminaCaro Giannicola, come vedi, non ti smentisci mai, anche per la partecipazione emotiva. Ti auguro sinceramente che anche tu possa sentirti un gabbiano bianco, e con le ali stanche, ma pronto sempre a riprendere il volo.
Umberto