Rossella Cerniglia, collaboratrice di Lèucade |
LE MEMORIE DELL’ANIMA
Rossella Cerniglia
legge:
“NAIF” di Enzo Concardi
Guido Miano Editore,
Milano, 2019
mianoposta@gmail.com
Il titolo dell’ultima raccolta pubblicata
da Enzo Concardi, Naif, vuole
forse riferirsi all’elemento di novità più marcata rispetto alle precedenti
sillogi, il cui tema era la rappresentazione dell’attuale società e la denuncia
dei suoi molti mali.
In Naif, al di là della rappresentazione
e della denuncia della stessa società malata, abbiamo un ritorno ad una purezza
che diviene estatica nel ricordo, ad un paesaggio e ad una realtà che si fa
simbolo di pacificazione e benessere di fronte al malessere che è guerra perenne
in noi, e fuori di noi, nel mondo. Un vagheggiamento che ne accarezza la
dimensione non contaminata, ingenua, e carica di nostalgiche affettività: “ …
Dopo anni d’assenza e taciti rimpianti / d’improvviso è tornata tra altre mura /
la voce d’un pendolo a scandire il tempo. / E s’affollano alla memoria lontani
giorni / in aule scolastiche grigie e severe / luoghi del passato ch’erano un
mondo, / il nostro piccolo mondo naif…”, (Pendolo a muro).
È
quasi il ritrovamento di un paradiso lontano e ormai disabitato che diviene
emblema di una tensione animica mai acquietata: il ritorno della mente e del
cuore a ciò che li catturava un tempo, tenendoli saldamente uniti, vale a dire
anche il ritorno a quei valori ancestrali divenuti icone dello spirito,
archetipi che intessono la storia di un tempo mitico ormai, e sempre
drammaticamente agognato: “ ...In angoli segreti rischiarati da rare luci / me
ne stavo in compagnia dell’anima/ nel silenzio d’un pensiero che cercava il
vero. // Lì si forgiava il futuro, sognato a colori, / immenso e luminoso come
verdi praterie...”, (Segreti d’anima). E
in Nostalgico improvviso: “... Ripenso talvolta ad aie
agresti / e vivaci, tinte piazze paesane: / questa vita infinita varcava soglie
/ verso rare bellezze ed ignoti destini...”. Un mondo, dunque, dove purezza,
bellezza e santità convivono gioiosamente: questo è, per Concardi, la meta cui
tendere, il traguardo di una rinnovata umanità.
Al ricordo, molto presente nella tessitura
di questa nuova opera, si mescolano anche visioni, sensazioni e impressioni di
un più recente passato, spesso un assorto peregrinare per luoghi sperduti, per
sentieri impervi, e passi erranti, inquieti, alla ricerca dell’introvabile: “Mi
capita talvolta d’andarmene / con lo sciame dei miei riposti pensieri / per
notturne vie deserte errando / solo senza meta e confessata ragione. / Non so
cosa vado ancora cercando / in questi vagabondaggi mentali...”, (Notturni passi). Le immagini “del
piccolo mondo naif” idealmente confliggono, nella raccolta, con quelle di “… un
mondo sempre meno umano / che non si arresta nella sua corsa verso il basso”,
(ivi). Così capita che il ricordo investa squallidi squarci di realtà, bui
spettrali cantoni in cui l’uomo sosta o si perde nell’insignificanza, dove si aggirano,
nel loro tormento, i fantasmi di un’umanità disgregata e senza meta. E ai
nostri occhi si stagliano visioni di cupa e stanca desolazione.
Toni
intensamente crepuscolari - come in Ombre vaganti, Ponte sulla ferrovia, Caffè del centro, Torre del gufo, e in
altri testi - richiamano talvolta certe atmosfere cernudiane di vita
ormai defunta, trapassata, presenti in Las
nubes o più ancora in Como quien espera el alba.
Anche in questa nuova silloge, pertanto,
due mondi contrapposti - realtà e sogno, essere e dover essere - si scontrano, ma l’aspettativa del poeta rimane, ancora una
volta, proiettata verso una salvifica speranza, verso la terra promessa
di una necessaria redenzione.
Le immagini si susseguono con ritmo
incalzante quando il pensiero va alla denuncia delle storture del mondo per
distendersi poi in squarci d’infinito, in dolci ebbrezze di atmosfere celestiali
quando si proiettano nella direzione di una realtà pacificata e redenta. I
versi hanno sempre grande pregnanza semantica e rappresentativa, scolpiscono
per traslati l’essenza di un mondo, alcuni si impongono per il loro carattere
apodittico e lapidario, e mai sconfinano da una sapienza espressiva che è
tenuta stilistica di tutte le pagine, equilibrio e misura.
Il tutto intessuto, come sempre, di riflessione
e incantamento, una fascinazione che trascina il lettore nel circuito della
mente incessantemente creativa e inarrestabilmente indagatrice del poeta che
avvince stemperando e modulando il suo discorso sulle visioni che con coerenza
lo rappresentano.
Rossella Cerniglia
Nessun commento:
Posta un commento