Maurizio Zanon
TUTTO PASSA
Guido Miano Editore, 2019
Recensione di Anna Castrucci
“Se nessuno me lo chiede, lo so, se voglio
spiegarlo a
chi
me lo chiede, non lo so”. Sant’Agostino
Maurizio
Zanon, nella raccolta poetica Tutto passa,
edita da Guido Miano Editore, per la Collana di testi letterari Alcione 2000, gioca indubbiamente con il
Tempo. Si prova nel leggere Zanon, un’intima quanto amena e distensiva sensazione
di benessere. Tralascio perciò tutti i riferimenti e parallelismi filosofici e
letterari che la raccolta Tutto passa
porta in sé. Altri prima di me lo hanno già fatto egregiamente. Piuttosto mi
soffermo a rammentare che Sant’Agostino, ne “Le Confessioni”, ci parla del Tempo
proprio come “distensio anime” in
quanto il nostro vivere si distende tra l’Attenzione per il Presente, la
Memoria, per il Passato e l’Attesa per il Futuro. Così Zanon nel giocare col
Tempo, lo fa al ritmo andante dei suoi versi, testimoni di vita presente e
quotidiana, memori di vita trascorsa e pieni di attesa per la vita futura.
La sua
poesia, è caratterizzata da una sensibilissima maturità che sommata all’estro
naturale dell’ uomo curioso, osserva l’ordinario e quotidiano scorrere della
vita. La delicatezza dei suoi versi, delle sue semplici, ma non scontate constatazioni
poetiche, va di pari passo all’acutezza naturale e profonda delle sue
osservazioni. Ad esempio in La vita colpisce
quanto la fatica del vivere, venga sentita da Zanon come un sorso che non si
riesce a degustare, ma nonostante questo, egli sa bene come “tutto ricomincia
in gocciolii di rugiada” (Risveglio di primavera).
In tale costante, liquido fluire che Zanon ripropone ciclicamente, il poeta sa
di non poterci dare certezze, ma sa anche farci immergere nel fluido scorrere
dei fatti e comprenderne il fluttuante valore. Infine sembra voglia implicitamente,
chiamarci a restare aperti ed in movimento poiché da ogni cambiamento si può
apprendere una lezione nuova.
Zanon,
poeta del Tempo, è anche consapevole di appartenere a un altro tempo. In La mia generazione trasmette con
chiarezza il suo disorientamento temporale. “Invecchiato, sono un uomo d’altra
epoca. / La mia generazione s’accontentava di poco / anche perché v’era poco…” Tale
smarrimento, è attribuito dall’autore all’amplificarsi di fenomeni collettivi
quali la violenza e il sopruso, sconosciuti alla sua generazione, ricca invece,
a suo dire, di forti sentimenti di solidarietà e di protesta sociale. “E se
qualcosa socialmente non andava / montava la protesta” (Ibidem). Il sentimento
di solidarietà sociale, configurato anche nella capacità di combattere uniti
per un bene comune, sembra assai caro a Zanon. Sono del resto questi, i sentimenti
che hanno ispirato il poeta, ma anche tante lotte sociali della sua generazione
per combattere ogni forma di aggressività e prepotenza sociale e politica. Si
sente per questo, tutto lo scoramento del poeta per la continua perdita di
coesione umana e idealità. Nel componimento Tutto
passa egli afferma infatti, “Procediamo in caduta libera / nella crisi dei
valori…” e intanto “… Il sole conta
le ore. / La vita scorre e si scioglie”.
La
fluidità dell’essere e del sentire transitorio, ad ogni modo, accompagna e costantemente
griffa i componimenti di Zanon. Proprio questa caratteristica lo conduce
infine, ad una riflessione filosofico poetica sulla condizione umana e l’odore
della morte che spesso la pervade. Il poeta percepisce tale odore come un
particolare, liquido sentore, che tenta di impedire la sua consapevolezza
rispetto alla vita, dispensatrice generosa di doni. Tali doni definiti da Zanon
stesso ‘tentazioni’, sono intesi come prove da superare.
Nell’impegno
di tale superamento si genera, nell’uomo Zanon, una particolare reazione
nevrotica che diviene sentimento madre della sua poesia. Il poeta si pone così in
contrasto con il Tempo e i suoi giorni che fuggono e, sembra incapace di gioire
dell’attimo che con sé porta via le “…parole sussurrate / i caldi profumi del
vivere…” (Odoro di morte). Assai
coinvolgente è anche l’immagine del tempo che nel suo andare rapido e inesorabile
sembra lasciarci in un assordante rumore; il rumore della nostra civiltà urbana,
della nostra stessa vita. E con il tempo, dice ancora il poeta, se ne va il
silenzio perché “… si esprimeva troppo bene / senza le parole / e forse dava
fastidio” (Il silenzio) … aggiungerei, più del rumore.
La
riflessione poetica di Zanon in questa fase di tensione, è nutrita anche da un verosimile
senso di colpa per aver tradito e a suo dire deluso, la Madre terra che pur
ascoltandoci e guardandoci ancora, non ci riconosce più come figli (Madre Terra). Trova spazio in questo
pensiero l’inclinazione malinconica dell’autore che si allevia tuttavia, solo quando
si rende conto che il suo malessere può essere condiviso con altri uomini e che
le tentazioni in verità, sono i doni che la stessa vita nella sua generosità ci
offre. Il poeta, cambia allora il suo punto di osservazione. Ponendo egli equa
distanza tra il suo sentire e la realtà, sembra divenire semplice testimone: “Guardo
l’acqua del torrente / correre via frettolosa e concitata. / Somiglia tanto al
nostro vivere…” (Fermo a osservare).
Nasce
proprio qui il canto coraggioso dell’anima di Zanon che attraverso la poesia
riconosce con chiara e pacata consapevolezza che tutto avrà fine, ma non
bisogna per questo aver paura del futuro: “… So già che poi tutto andrà: /
amore senti che bel vento!”. In quest’ultimo e particolare verso di Respice finem, il poeta, cambiando con
repentino scatto l’oggetto di osservazione, mostra per intero la sua delicata
sensibilità di uomo e di poeta. In un sol colpo, riesce a donare eleganza e
ritmo al breve componimento di quattro efficaci semplici versi, mentre ci
rivela che la fragilità dell’umana finitudine e il suo continuo scorrere e
mutare, possono essere superati semplicemente ascoltando e sentendo il respiro
della Natura, il “bel vento”, già presagio che ogni vita andrà con il tempo, a
buon fine.
Il
poeta Zanon, da buon poeta, ha già capito e già sa, che “… Diventeremo eterni
con il tempo: / saremo il Tempo!” (Condizione).
Anna Castrucci
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