Recensione-SCIE- di T. Cevese, ed. Miano.
La
copertina di Scie di Tommaso Cevese
allude ad un luogo preciso- la gola di Stanghe in val Racines-. La foto
(dell’Autore) ci immerge in un
vertiginoso sguardo in profondità: l’acqua si insinua tra altissime pareti di
roccia e precipita fragorosamente a valle formando numerose cascate. È una foto
che riconduce a colori- il bianco
abbagliante- e suoni- il fragore impetuoso e naturale delle acque spumeggianti-, che si integrano e
ci conducono alla poesia che apre il volume (che unisce in modo originale
immagini e poesie), Bianco profilo, dove l’autore attraverso la visione
del bizzarro profilo montuoso scorge immagini antropomorfe, messaggi lontani,
celesti, rombi, frastuoni misteriosi che
alludono a storie mitiche lontane e la luce, sempre diversa e impietosa si
offre a promesse immortali. È il primo messaggio che l’autore ci porge e che definisce la
sua personalità artistica: le immagini fotografiche, messe in relazione con i
testi, sono quasi un'eco, un commento, una risonanza del suo dire poetico, una
sua dilatazione ad altri campi, visivi, musicali, filosofici, estetici; sia
la poesia che l’immagine, sono voci che
ci parlano dal profondo, “scie d’emozioni” che si fanno ascoltare per sé e per
la riflessione che il poeta-fotografo- filosofo ci propone nella sua sintetica
unione…
Suggeriscono
uno sprofondamento: “ Come l’acqua dei fiumi/ a tratti scompare e si cela/
nella carsica cavità oscura/ a tratti risale, riappare e si svela/ così
all’incerta memoria/ affioran frammenti/ del mosaico che narra/ di un uomo la
storia”( Filo della vita), ma anche un desiderio di elevazione, tensione
poetica verso l’infinito, giacché l’ elaborazione artistica e poetica lo portano all’indefinito,
all’alto. Basta osservare il proseguo
delle foto, in cui l’Autore dà il meglio di sé, in particolare i tramonti ( sui
monti Torero, sul monte Cimone, le nebbie sull’altipiano di Tonezza e alle
pendici del monte Spitz), i loro giochi misteriosi in contra’ Lain: fotografie
di grande valenza poetica dove i colori mutati- rossi, grigi e blu- si
estendono in verticale pullulante ascesa, o lo scatto che cattura particolari
che emergono dalla nebbia ti portano
verso il mistero (“ silenzi sospesi ed immensi. / respiran contrade raccolte/ la
pace di un mondo lontano. /..i suoni ovattati a fatica/ ascolta chi lascia le tracce/ su coltri di
candido bianco…..un mare di nuvole basse/ e sale sui fianchi dei monti/ la
sera, nei cieli dipinti/ e accesi di gialli e di rossi” ).(Intimità di
contrade).
La
fotografia artistica, come la poesia, sono per
T. Cevese la comunicazione del
suo vissuto interiore, che irrompe
soggettivamente, aprendo il suo occhio particolare, svelando la sua
sensibilità, la sua cultura, la sua creatività, il suo io nella manifestazione
dei fenomeni molteplici del mondo. Racconta infatti la vita, quella che ha
vissuto, reale, quella che ha sognato e forse non è stata, uno sguardo volto a
catturare e a raccontare il tempo, per fermare l 'attimo nel regno del
quotidiano e della sua intimità, in una simbiotica fusione di armoniche misure,
in modo che nel silenzio si apra un canto di essenza. (“ Stagioni di vita/ ove
cerchi invano/ di posare la memoria/
sfuggono evanescenti/ come lucciole la notte. ( Tu misuri il tempo)..
.svanirà il tempo/ che scorre
disuguale/ nei curvi spazi dei pianeti/
col possibile contrarsi di galassie e universi (Il tempo)… la vita d’ogni uomo/ è parabola che ascende/
nei gradi di coscienza/ e all’ Uno che si svela” (Eternità).
Il
quotidiano rassicurante permette di riflettere sulla vita, che il poeta traduce in immagini
icastiche, in momenti di pensiero e riflessione, accompagnate da impulsi di stupore, di gioia e di malinconia:
incalzano memorie, affetti, realtà contingente, voli onirici, insieme a momenti
di ripiegamenti esistenziali, di ricerca del passato, delle radici, degli
affetti familiari, e principalmente della spiritualità, della condivisione di
dolore cristiano: “ Verrà un giorno e non sarà giorno/ un tempo e non sarà
tempo/ una luce e non sarà luce…(Petalo di giglio) … e di me, di noi che
sarà/… guarderò dall’altro mondo/ il volto dei miei cari/ avrò ricordo del terreno?” (Tu misuri il tempo).
T.
Cevese crede nella parola poetica:
“Ascolta le parole/ che serbano il segreto/ leggere come fole/ fluiscono
nel greto/ percorso dalla vita…” ( Ascolta). Usa versi brevi, sempre
controllati, semplici e classici,
sceglie con cura le parole, descrive sensazioni, emozioni, creando ritmo e melodia, ed usando un linguaggio che
si appella prevalentemente ai sensi: vedere, udire, odorare, toccare. Ci
offre liriche di delicata bellezza, che
toccano il cuore del lettore.
Con
consapevolezza e sicurezza del suo procedere
artistico nell’esergo del suo testo infatti dice:
“
Immagini e parole nell’unica mia voce. Io sono quel che ho scritto con penna e
con la luce per vostro e mio diletto”.
Maria
Grazia Ferraris
Marzo
2020
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