Cinzia Baldazzi legge «Per un
giorno diverso» di
Antonio Damiano
Antonio
Damiano
Per un giorno diverso
-A Elisa-
Questa
sera non ti parlo di me,
di
gente intravista e sfiorata,
o di
volti che lo schermo proietta
come
fossero veri; e che invece
sono
ombre come elfi sui muri,
crisalidi
spente oltre la luce.
Ti
dirò di un volto ancora bambino,
di una
bimba che credevasi donna,
a cui
ora io parlo come fosse mia figlia:
con
parole sommesse velate di pianto
di chi
scruta la vita ed inerme si ferma
innanzi
ad un tempo di svanite certezze.
Buttare
la vita dall’oggi al domani,
bruciarla
d’un tratto per pura follia
per un
sogno, un miraggio,
per
vaghezza di un mondo diverso
nell’opaco
fluire dei giorni.
E
trovarsi ogni volta daccapo
sulle
sponde di un arido fiume
inerme,
smarrita, ancora più sola.
Morire…
tra le ombre di vicoli spenti
per
un’ora di sballo, una dose di troppo
che
neppure tu sai, mentre lenti suona
la
torre i rintocchi dell’ultima ora.
E non
hai tempo nemmeno per dire:
“dove
sono; che ho fatto! che sono
quest’ombre
che mi stanno dintorno
e la
luce che danza e lenta si spegne!”.
E non
c’è mamma a tenerti la mano,
a
sfiorare il tuo volto con umido pianto,
sperando,
pregando, incredula ancora,
al
cielo chiedendo un ultimo dono.
Antonio Damiano, nato
a Montesarchio (BN), sposato e con due figlie, risiede a Latina. Laureato in
Lettere e Filosofia, è stato dirigente d’azienda. Ha pubblicato cinque libri di
poesia: Come Farfalle (Montedit), Come le Foglie (Associazione Culturale
“I Due Colli”), Versi d’Autunno
(Genesi), Le Orme dei Giorni
(Stravagario), La Musica del Tempo
(Draw Up). Ad essi si aggiungono tre “Quaderni” pubblicati dalla Editrice Calogero
Vitale di Sanremo. Le sue poesie sono presenti in numerose antologie.
Ha
ottenuto centinaia di riconoscimenti in concorsi letterari in ogni parte
d’Italia, tra cui sessantaquattro primi premi. Nel 2018 l’Associazione GueCi di
Rende (CS) gli ha conferito il Premio alla Carriera. La poesia Per un giorno diverso ha ottenuto il
primo posto nel Premio Nazionale di Poesia e Narrativa "Il Litorale"
a Massa nel 2018.
Una
lunga intervista a cura di Maria Luisa Dezi è stata pubblicata su WikiPoesia (https://www.wikipoesia.it/wiki/Antonio_Damiano)
e sulla testata online “Latina Flash” (http://www.latinaflash.com/archivio/gennaio_1_2020.pdf).
I versi di Antonio Damiano tra
pietas e utopia
Note critiche su Per un giorno diverso
di Cinzia Baldazzi
Nell’esordio della poesia di Antonio
Damiano, il punto di vista riconduce alla persona del soggetto («parlo») nel
rifiuto di rappresentare, per il lettore, qualche figura oscillante («gente
intravista e sfiorata») o di interpretare immagini vaghe («volti che lo schermo
proietta / come fossero veri»), perché
non sono affatto reali, coincidendo con parvenze di ombre, con la fisionomia di
«elfi sui muri, / crisalidi spente oltre la luce». Dunque, non
ascolteremo i versi fluidi e cadenzati di Per
un giorno diverso nell’atto di illustrare la dimensione influente dell’apparenza.
Si annuncia piuttosto - nonostante linee simboliche assai dettagliate e una
trama cosale - un’aura indecisa e dialettica, fautrice di un’emozionante
sintonia con stati d’animo percettivi, sospesi tra l’esistere e il guardare, il
volere e l’impotenza del fare.
Forse il buio
sovrasta, ma alludo a un raggio oscuro, una sorta di “sole nero”, in grado di
lasciar intravedere tracce di luminosità da poco interrotta: il segreto delle
parole non viene però svelato, poiché il tempo della memoria decade. L’autore
prende coscienza di una luce totale in procinto di spegnersi, quasi intendesse
applicare il monito di Blaise Pascal quando sosteneva come l’essere umano sia
l’unico ad aver consapevolezza, presto o tardi, di dover morire. Dunque, l’incipit di Per un giorno diverso trascina il mondo immanente in un complesso
combinatorio di segni-segnali funesti, all’altezza di svelare le sembianze
ingannatorie (chi sarà quella gente, quei volti, collocati lì allo scopo di sembrare
tangibili?) materializzate su una specie di superficie opaca in cui vengono a
riflettersi innumerevoli effetti di senso.
L’autore e
il contesto si scoprono a vicenda:
Ti dirò di un volto ancora bambino,
di una bimba che credevasi donna,
a cui ora io parlo come fosse mia figlia
Viviamo
allora in prima persona, tra le righe, la Kunstanschauung
di Antonio Damiano, la sua “visione dell’arte”: emerge un campo semantico
veritiero dello spirito, la corporalità precisa «di una bimba che credevasi
donna», considerata dall’Io narrante come fosse una «figlia». Benché nell’immediato
si presenti alla mente l’interrogativo sulla natura del paragone filiale,
subito svaniscono le ragioni della domanda; infatti, grazie a una terzina di
dodecasillabi allungati, dal ritmo serrato, Damiano coinvolge il lettore nell’insieme
di riferimento-pertinenza del messaggio straziante e gli comunica lo status
disilluso del narratore:
con parole sommesse velate di pianto
di chi scruta la vita ed inerme si ferma
innanzi ad un tempo di svanite certezze.
La poesia possiede
una struttura semica singolare, dove pure la “distrazione” provocata dall’incalzante
sviluppo diacronico dell’evento viene di continuo corretta, persino rimossa,
dalla simultaneità drammatica, ineffabile, intima, di quanto apprendiamo verso
dopo verso. Un simile, raffinato status
semiologico rievoca alla mente le osservazioni formulate dal linguista lituano
Algirdas Greimas:
Benché
alla ricezione il messaggio si presenti come successione articolata di
significazioni, cioè nella sua concezione diacronica, la ricezione può
realizzarsi solo trasformando la successione in simultaneità e la
pseudo-diacronia in sincronia. […] L’universo semantico si frantuma così in
microuniversi, che sono i soli a poter essere percepiti, memorizzati e
«vissuti».
In un
blocco di cinque versi, caratterizzati da scorrevolezza e pause regolari di
accenti, l’autore rappresenta qualcosa che stentiamo a credere possa avvenire, e
invece è lì davanti a noi, accanita, ineluttabile:
Buttare la vita dall’oggi al domani,
bruciarla d’un tratto per pura follia
per un sogno, un miraggio,
per vaghezza di un mondo diverso
nell’opaco fluire dei giorni.
Sebbene stanchi
di constatare le radici realistiche del dolore provato, captato in ogni momento
nel microcosmo circostante, non vogliamo comunque accettarlo: dissipate le
certezze, senza sapere ancora né come né quando, scorgiamo l’esistenza della
protagonista buttata via «dall’oggi al domani» attraverso una coppia di
dodecasillabi di alta musicalità e dal messaggio implacabile; e noi, incapaci,
inadeguati a sventare i pericoli di un empio tratto di «pura follia», vorremmo
smascherare sogni o miraggi (cui è dedicato l’unico ottonario, secco e
denotativo, dell’intero brano) originati dalla «vaghezza di un mondo diverso».
Ma l’«opaco fluire dei giorni» interdice il tutto.
Non
riuscendo a infondere rassegnazione per l’inevitabilità del tormento preannunciato
o concretizzato, per buona sorte la matura poetica di Damiano incrementa una poesia
lontana - con le parole del maestro Luciano Anceschi - da qualunque «coacervo
irrelato di esperienze inverificabili». Pertanto siamo lì riuniti, pronti a
fare qualsiasi cosa accanto a questa giovanissima donna che prova la disgrazia di
dover ricominciare:
E
trovarsi ogni volta daccapo
sulle
sponde di un arido fiume
inerme,
smarrita, ancora più sola.
La
consequenzialità della terzina di endecasillabi, salda e concatenata, non ha intento
celebrativo nel tremendo approssimarsi della sciagura. Analogo stato d’animo
era stato espresso da Cesare Pavese:
Il
dolore non è affatto un privilegio, un segno di nobiltà, un ricordo di Dio. Il
dolore è una cosa bestiale e feroce, banale e gratuita, naturale come l’aria. È
impalpabile, sfugge a ogni presa e a ogni lotta; vive nel tempo, è la stessa
cosa che il tempo; se ha dei sussulti e degli urli, li ha soltanto per lasciar
meglio indifeso chi soffre, negli istanti che seguiranno, nei lunghi istanti in
cui si riassapora lo strazio passato e si aspetta il successivo.
Anche alla
nostra sventurata giovane la scansione spazio-temporale sfugge, lasciandola sempre
sola. La sofferenza avanza, quindi, nel progredire del linguaggio emblematico
dell’opera; i significati più elusivi salgono in primo piano (perché mai le
sponde di un fiume «arido»? chi avrebbe il compito di dissetare per l’acqua
mancante?); i termini incedono in chiave analogica, concettuale, all’interno di
una tragedia incombente e conclusa nel breve arco di ripetuti tramonti e rapide
albe.
Così noi,
di nuovo, tentiamo di persistere, uscire allo scoperto, accogliere Elisa (almeno
supponiamo sia il suo nome) al pari di una figlia, per abbracciarla,
soccorrerla, trascinarla via, essendo convinti che la poesia, passo dopo passo -
per mittenti o destinatari - a proprio modo sia capace di proporre, nella
scelta stilistica, una soluzione dei problemi affrontati: in un’avvincente, pur
disperata atmosfera di suprema libertà dei princìpi.
Non intendiamo
davvero lambire il confine di un mondo privo di speranza, dove la morte
spietata cerca di impedire al dolore di trasformarsi in lacrima: malgrado la
ragazza muoia «per un’ora di sballo, una dose di troppo / che neppure tu sai»,
la torre riesce a suonare i lenti «rintocchi dell’ultima ora». Nel fato
malevolo, il tempo corre, viene a mancare, mentre si fa convulsa l’aspirazione al
bene assoluto del riscatto dalla precarietà cocente del ritmo quotidiano. Ed
ecco le parole “non dette” di Elisa:
“dove sono; che
ho fatto! Che sono
quest’ombre che
mi stanno dintorno
e
la luce che danza e lenta si spegne!”.
In un tragitto
narrativo utopico, dall’intelaiatura logico-espressiva accattivante, Antonio
Damiano adopera con maestria la cosiddetta “strofe libera”, ovvero l’utilizzo
nello stesso brano di una varietà di metri, piegati al ruolo di strumenti di un
input creativo di base dove il dolente
isolamento di frasi incomprese è originato, nella figura umana, da una grave
carenza di veicoli comunicativi o dall’uso disorganico e incoerente di essi.
La natura
simbolica del richiamo alla «luce» e alla «danza» configura un volere poetico idoneo a sollecitare,
oltre la commossa pietas del ricordo,
l’equivalente stesso del messaggio primario della poësis, ossia la paura della morte, della colpa indotta e dell’angoscia
relativa all’abbandono. Quando la disgrazia è favorita da un comportamento
esplicito, non può più mutare da sola. Non è opportuno pensare a “come” e “se” le
cose sarebbero potute andare in modo differente, addirittura essere evitate: non
quando, almeno, l’orlo dell’abisso è lì davanti a noi.
E poi la
madre, anzi la «mamma», il cui ventre, a parere dello psicologo Roberto
Zavalloni, offrirebbe la «sede biopsichica originaria della speranza umana»:
E non c’è mamma a tenerti la mano,
a sfiorare il tuo volto con umido pianto,
sperando, pregando, incredula ancora,
al cielo chiedendo un ultimo dono.
.
Del mio
periodo da studentessa ricordo Affetti
d’una madre di Giuseppe Giusti:
E
tu, nel tuo dolor solo e pensoso
ricercherai
la madre,
e
in queste braccia asconderai la faccia;
nel
sen che mai non cangia avrai riposo.
Tutto ciò manca
alla nostra Elisa. Nell’hic et nunc, in
uno struggente passaggio (non soggetto a ripetersi) da una dimensione fisica a
una incorporea, la figura materna assente, «sperando, pregando, incredula
ancora», pare si rivolga al cielo chiedendo «un ultimo dono». Anche qui, in
definitiva, l’atto di parola di
Antonio Damiano rimane sospeso: in
analogia al “sublime” kantiano, subentra dopo il senso della grandezza morale e
spirituale dell’uomo. A dominare il contesto è infatti l’orizzonte del mai esaurito
segreto sigillato tra madre e figlia, sfiorato nell’essenza significativa, del
quale, però, non si vuole cogliere l’intervallo semiotico di quid indicibile.
E
tuttavia, nell’epilogo, nelle righe di congedo, la muta protesta nei confronti
della pena o della sconfitta subite dalla giovanissima donna accompagna il
lettore lungo iter semantici
misteriosi, in un rovesciamento inatteso dei margini emotivi. In un solido
andamento di forma-contenuto veniamo condotti, trascinati al recupero
dell’amore, dell’attaccamento alla vita. Pur non celando l’orrore e l’infelicità,
nell’unico termine della morte, tale movimento dell’anima si spinge, nella
protagonista, ai limiti di una riaffermazione coraggiosa e totale dell’istinto
naturale del vivere, pur senza riuscire a oltrepassarne la soglia.
Il salto
utopico conclusivo tocca allora all’autore, ad Antonio Damiano, ed è da
rintracciare nella prospettiva solenne di una rincuorante ed eterna riconquista
dei valori dell’umana solidarietà: quelli consacrati dalle immagini liriche di Per un giorno diverso.
pensieri che mi toccano una prosa struggente per una lei che è mancata a me in gennaio...
RispondiEliminaMi addolora. Grazie per le tue parole
EliminaUna poesia che mi è piaciuta molto. Delicata e più profonda di ciò che potrebbe apparire e la solita disamina puntuale di Cinzia Baldazzi. Grazie
RispondiEliminaÈ vero: è una poesia dove il ritmo polisenso articolato e profondo.
EliminaGrazie!
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RispondiEliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaLa poesia di Damiano è dedicata a una ragazza di nome "Elisa" morta per droga che richiama la "Elisa" del titolo di una canzone di Battiato, dove, invece, il nome indicava la "droga" (Per Elisa); anche in quella canzone si parlava di chi sciupa la sua vita posseduto da un male che lo rende schiavo: Vivere vivere vivere non è più vivere/ Lei ti ha plagiato, ti ha preso anche la dignità/Fingere fingere fingere non sai più fingere/Senza di lei, senza di lei ti manca l'aria.
RispondiEliminaLa "Elisa" di Damiano è il simbolo di tutte le ragazze che, come ha evidenziato, Cinzia Baldazzi, bruciano la loro vita "per pura follia, per un sogno, un miraggio, per vaghezza di un mondo diverso nell'opaco fluire dei giorni".
La lettura che fa Cinzia è doppia: analizza ciò che ha scritto Damiano sia per quanto concerne la struttura dei versi e sia con riferimento al significato dei vari momenti descrittivi di una tragedia esistenziale che compongono la poesia stessa. Un'analisi che affascina e che mette in rilevo aspetti che rendono la nostra lettura più consapevole.
Emozioni? Sì, ho provato molte emozioni e confesso che mi sono immedesimata in Elisa, che si è trovata sola ad affrontare le conseguenze del suo errore, e anche nella "madre assente". Infatti, ogni volta che gli uomini stanno per morire, vorrebbero che le loro madri fossero accanto a loro a prenderli per mano, per esorcizzare la paura di affrontare la morte. La prima parola che i bimbi in genere pronunciano è "mamma" ma è anche l'ultima parola che pronunciano le persone che stanno per morire. Cinzia ha messo in rilevo questo aspetto, perché Elisa è morta da sola e pentita ma è proprio il suo pentimento che l'ha redenta da qualsiasi colpa.
L'argomento trattato da Damiano mi ha toccato in maniera particolare, perché molte volte sono venuta in contatto con persone che per la droga sciupavano la loro vita. In particolare, due di loro mi hanno puntato un'arma alle spalle e mostrato una siringa sporca di sangue su Via Appia Nuova a Roma, mentre tornavo a casa d'estate da una giornata di lavoro. Dopo che ho consegnato loro tutto ciò che avevo nel portafoglio (poche migliaia di lire), mi hanno lasciato andare a casa. Prima di andarmene, però, ho parlato con loro a lungo; mi dissero che erano appena usciti da un centro specializzato e che erano stati costretti a ricominciare a drogarsi e a rapinare, perché nessuno aveva voluto dare loro un lavoro come ex-drogati. Ciascuno dei due mi ha raccontato la sua storia; entrambi avevano alle spalle famiglie discrete, che avevano fatto di tutto, per strapparli alla dipendenza dalla droga.
Complimenti al poeta Antonio Damiano e a Cinzia Baldazzi per le sue note critiche.
Grazie, Rosanna, per il commento esaustivo e dettagliato. Particolarmente efficace mi è sembrato il tuo sottolineare l'intenso piano denotativo della poesia ("la struttura dei versi") e quello connotativo ("significato dei vari momenti descrittivi di una tragedia esistenziale") capaci di intrecciarsi mirabilmente. Inoltre, e soprattutto, entrambi in grado di avvincere il lettore.
EliminaGrazie ancora!
Grazie ad Antonio Damiano per la stupenda poesia, che essendo padre di due splendide figlie, ho letto con un lungo brivido verso dopo verso e che mi ha emozionato come poche altre volte mi è successo. E grazie sempre di cuore a Cinzia che con le belle cose che sceglie di commentare e condividere, fa una meritoria opera di diffusione della “BELLEZZA”
RispondiEliminaGrazie, Giancarlo, per la funzione che mi hai attribuito, vale a dire partecipare alla diffusione della bellezza, compito che spero di adempiere con attendibilità.
EliminaSenza ombra di dubbio l'analisi testuale della Prof. C. Baldazzi ha una esposività e una profondità che rispecchia la oceanica cultura in merito, la sensibilità di donna e la certosina capacità critica attenta appunto ad ogni minimo particolare del dettato poetico per proiettarsi oltre il dire al fine di entrare nel più profndo dell'animo del poeta compositore. Ma venendo all'autore della poesia che leggendola (più volte) mi ha emozionato non poco come raramente mi avviene, ho notato ed apprezzato in primis il linguaggio poetico che ne determina una chiarezza espositiva palese e a pari tempo fluente e pacata come se l'autore parlasse direttamente con la persona interessata ("con parole sommesse velate di pianto")con il cuore in mano (come un padre fa con i propri figli nell'ammonirlidell'errore compiuto). E' una poesia che certamente trascina, coinvolge il lettore nel suo più intimo sentire perchè riesce a condurlo con le parole del cuore (al di la del tema trattato)che toccano le corde più profonde dell'animo umano. In poesia credo che "il come dire sopravvale il dire" e quando ciò avviene è pura poesia. Pasqualino Cinnirella
RispondiEliminaLa ringrazio, gentile Pasqualino, per questo omaggio alla poesia del “come dire” superiore a quella del “dire”. Nella prima, infatti, emerge quello in cui crediamo nel profondo del cuore, pur se con dolore e paura. Anche Ludwig Wittgenstein scriveva: “Non si tratta del fatto che le nostri impressioni sensibili ci possono ingannare, bensì del fatto che noi comprendiamo il loro linguaggio (e questo linguaggio riposa, come ogni altro, una convenzione)”. Una convinzione, nel nostro caso coincidente con la poesia in sé.
EliminaGrazie ancora!
Esimiia prof/ssa C. Baldazzi. mi ritendo onorato per il Suo riscontro, certo come pare, del mio apprezzamento sia nei suoi confronti che del poeta autore. Sarei ulteriormente onorato avere di ambedue un punto di riferimento di dialogo per uno scambio culturale. Pertanto Le rilascio il mio recapito telefonico, qualora lo ritenesse opportuno contattarmi. 339.2138217P. Cinnirella
EliminaCOMMENTO DI ANTONIO DAMIANO
RispondiEliminaCinzia, di nuovo grazie. Si tratta di emozioni che vengono ancor più percepite se particolarmente condivise. E la poesia è veicolo di emozioni che noi condividiamo con gli altri in una sorta di palingenesi collettiva. Peccato che essa debba avere un "bacino di utenza" così minimo e marginale rispetto a quanto riesce a significare!
Così come convenuto approfitto della tua disponibilità per ringraziare, tramite te, tutti coloro che hanno voluto esprimere la loro condivisione ed il loro apprezzamento, oltre che per il tuo raffinato commento, anche per il contenuto della poesia e del suo intrinseco messaggio.
Mi dispiace davvero di non disporre di un mezzo attraverso il quale ringraziarli singolarmente per la loro condivisione di un tema di così grande e drammatica attualità. A dimostrazione che la poesia non è solo intimistica, strettamente legata al proprio vissuto, ma che è anche capace di percepire il mondo circostante, recependo i problemi e le vicissitudini altrui e dando ad essi - seppure attraverso la propria rielaborazione ed il proprio sentire - valenza universale. Ciò che fa spesso e mirabilmente la poesia contemporanea, attraverso le molteplici voci che trasmettono messaggi di grande profondità e condivisione.
In particolare esprimo un sentito ringraziamento al Prof. Pardini per aver gentilmente ospitato una mia poesia su un blog così prestigioso. La mia stima nei suoi confronti è di lunga data e tale da non essere confusa con una qualsiasi forma di piaggeria o di "captatio benevolentiae".
A te un affettuoso saluto.
Antonio Damiano
Le immagini donate sono molto rappresentative di un animo che è segnato nel profondo e che comunque ne ha consapevolezza. La vita come miraggio sognato, meta senza confine, né spazio né tempo, ma drammaticità indefinita che muove nei passi e verso i passi di un futuro non colto, di una brama mai appagata, di un sentore mai sentito, di un presagio mai annunciato.
RispondiEliminaUna critica significativa della Cinzia Baldazzi che accompagna il lettore in un’atmosfera surreale... l'illogico filo teso tra il buio e la luce, il diafano senso di un incompreso mattino, di un'alba che nasconde in seno il suo primo riverbero…segreta sotterranea presenza a sprigionare caos riflusso...
Un saggio di forte intensità a cogliere un segno o parola che possa colmare la distanza ed il dolore.
Ottima la disamina di ogni strofa come ogni poesia
a sé, investendo il lettore di un grandissimo significato.
Struggente e intensa la poesia dell’Autore nel suo scorrere di strie vergate che sono soffuse di nostalgia, dolcezza e ricerca di quel qualcosa che appare instabile, tanto da divenire pura ossessione del cuore a confondere la mente.
Una struttura resa preziosa dal lessico connotativo e dalle immagini nitide che esso riesce ad evocare, creando suggestioni ed emozioni senza tempo.
Un contesto analitico così articolato da non richiedere alcun commento per completarlo. Grazie, Antonio, per la stima che hai riservato all'autore e a me; inoltre, i miei complimenti per l'ulteriore input esegetico che offri di questa poesia.
EliminaEsiste un luogo della fantasia che in parte attinge alla realtà, così come ne esiste uno della realtà che reca anche un pezzo di fantasia. Questo luogo si chiama semplicemente immaginazione. Cercando di creare un “fil rouge” con la critica al solito sapiente e profonda di Cinzia Baldazzi, questo luogo si può collocare nella poetica che i versi di Antonio Damiano nella sua ode “Per un giorno diverso” pongono “tra la “pietas” virgiliana, compassionevolmente rivolta al crudo coacervo della “gente intravista e sfiorata”, e la terrena utopia di Thomas More presente nei “volti che lo schermo proietta come fossero veri”. L’immaginazione resta sospesa nella zona franca del limbo tra la vita (“Ti dirò di un volto ancora bambino, di una bimba che credevasi donna”) e la morte (“Buttare la vita dall’oggi al domani”), sia pure “bruciarla d’un tratto per pura follia per un sogno, un miraggio, per vaghezza di un mondo diverso nell’opaco fluire dei giorni”. Il diacronismo pare così sorprendentemente risolversi e sincronizzarsi con l’immaginazione dell’utopia (“per vaghezza di un mondo diverso nell’opaco fluire dei giorni”) e con la realtà del dolore (“Morire… tra le ombre di vicoli spenti per un’ora di sballo, una dose di troppo”, scandita come nella belliana “Morte anniscosta ne l’orloggi”, richiamata quando “neppure tu sai, mentre lenti suona la torre i rintocchi dell’ultima ora”). E come non pensare, nella straziante chiusura, (“E non c’è mamma a tenerti la mano, a sfiorare il tuo volto con umido pianto, sperando, pregando, incredula ancora, al cielo chiedendo un ultimo dono”) alla straniante chiusura della supplica pasoliniana: “Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire. Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile…”? Diverse elaborazioni del dolore: dalla realtà ammantata di “pietas” dell’ineluttabile mancanza alla fantasia addobbata da utopia di una supplica impossibile. Grazie per l’ospitalità. Massimo Moraldi.
RispondiEliminaCOMMENTO DI CARMELO CONSOLI
RispondiEliminaCara Cinzia, veramente mi sorprende il tuo saggio composto prendendo spunto dalla lirica del poeta Antonio Damiano: “Per un giorno diverso-Ad Elisa” e pubblicato sul bellissimo blog dell'amico Nazario Pardini: “Alla volta di Leucade”.
Un'indagine, la tua, acutissima dei versi ma anche delle intime motivazioni umane ed esistenziali che hanno spinto il poeta a comporre il suo canto, il cui procedere stupisce piacevolmente per profondità di pensiero e citazione di fonti di riferimento.
E dunque il tuo contributo critico scaturisce da una totale e fulminante adesione alle tesi trasmutative poetiche, etiche e sentimentali di Damiano seguendo passo dopo passo ed in una suggestiva spirale ritmica passioni, stupori, riflessioni, pietas umane cantate, tentando e riuscendovi pienamente a comprendere le sue spinte vitali umane ed artistiche, portando allo scoperto talora, come accade per i commentatori critici più competenti, anche ragioni ignote allo stesso poeta ed attinenti al suo inconscio.
La tua scrittura rappresenta un lavoro di profondo scavo dell'opera poetica eseguito da multiformi angolature che vanno dall'esame psicologico dei fatti alla struttura dei versi, dalla disamina sul tema del dolore all'abbraccio materno alla sfortunata protagonista della lirica e con ancora prezioso contributo esplorativo attraverso grandi illuminazioni sui contesti familiari e di una cieca società scatenanti la follia dei gesti.
Hai allora ben rappresentato e con grande capacità concettuale ciò che il poeta voleva comunicare al suo mondo allargando e approfondendo gli orizzonti del suo vedere e sentire lirico e umano accompagnandolo nella sua impresa con una parola altrettanto bella, profonda, chiarificativa tale da rendere questa sua composizione veramente esaltante.
Carrmelo Consoli