“Sentimento
e incisività” di Franca Maschio,
ovvero
la pittura come percorso dell’anima
Di Mario Santoro
Quando la pittura attira, conquista silenziosamente, avvolge e prende con
delicatezza, senza arpionare e senza graffiare, ci troviamo dinanzi all’arte
vera che suggestiona, alimentando richiami diversificati e riproponendo situazioni
lontane nel tempo e nello spazio, ovvero vicine spiritualmente, emozioni che si
personalizzano e si moltiplicano.
Accade anche in questo caso alla pittura di Franca
Maschio che evidenzia una
notevole forza di attrazione e trascina morbidamente perché le immagini testimoniano
compattezza e coesione e, dall’insieme oltre che dai particolari, scaturiscono
significanze plurime, quasi tasselli indicativi, ora capaci di mimetizzarsi,
ora di aggrumarsi intorno a nuclei precisi, ora ancora pronti a manifestarsi
apertamente e a farsi quasi dialoganti. Ne consegue un senso di appagamento e
di serenità, nello sfogliare le varie sezioni del volume Sentimento e incisività (Guido
Miano Editore, 2019), senza l’artificiosità e la pretesa velleitaria di certa
pittura contemporanea; pare quasi che, a far da guida discreta e silenziosa,
sia la delicatezza, non disgiunta da una evidente sicurezza espressiva.
Succede poi che le immagini generino emozioni semplici e, al tempo
stesso, tenaci ed originino rimandi che non appartengono più solo alla pittrice
che le ha realizzate ma anche all’osservatore per percorsi sempre nuovi e
diversificati e viaggi a ritroso nel tempo. Risulta evidente, nella pittura
della Maschio, un chiaro senso di determinatezza sicché i dipinti non sono mai
banali e sottendono tematiche significative, argomentazioni corpose e
problematiche diverse che costringono ad interrogarsi e spingono alla riflessione
e alla meditazione, suggerendo anche risposte possibili, ovviamente sempre
aperte e mai definitive, e non mancano di allusioni, molte volte implicite,
qualche volta finanche scoperte. L’arte pittorica dell’autrice si connota,
dunque, per la sicurezza e la precisione del tocco, per l’assenza di sbavature,
di sviste, di qualche dettaglio fuori posto, per il rispetto della proporzione
e delle forme che, pur risultando generalmente ben definite, mantengono intatte
la vivacità e una linea di dinamismo sotteso all’immobilità di certe
situazioni. Il volume si caratterizza, già al primo impatto e senza tema di
smentite, come una sorta di percorso doppiamente circolare, o meglio elicoidale
e quindi sempre aperto a nuove possibilità ed è, con tutta evidenza, dettato da
certe urgenze del ricco mondo interiore della pittrice coi dati della
spontaneità, della direttività, della immediatezza, della forte tensione
emotiva, di messaggi sottintesi, ma neppure poi tanto. Risulta sempre centrato
sulla figura umana, sulla sua operosità, sul rapporto diretto con la natura e
con alcuni aspetti del paesaggio, su una comunicazione che non abbisogna di
filtri per arrivare direttamente al cuore, ed è sempre lontano da certe
tentazioni accademistiche di maniera.
Alla iniziale circolarità tematica proposta, dal lontano al vicino sul
piano temporale (Animali- chiese e funzioni religiose – Children) segue
un secondo percorso, sempre dello stesso tipo (Gruppi di persone – Manichini
– Paesaggi – Ritratti e personaggi), a coprire un lungo lasso di tempo nel
segno del rinnovamento nella continuità e nella varietà e diversità delle raffigurazioni.
La prima sezione si apre con oli su tavole e su tele con figure che campeggiano
nella centralità della rappresentazione e si impongono avendo come sfondo la naturalezza
del paesaggio, prevalentemente campestre, segnato, in maniera non marcata e talora
appena sfumata, dal rapporto terra-cielo con colori non in contrasto e tali da
creare un effetto insieme morbido e come vellutato, vicino eppure lontano,
capace di ingenerare nell’osservatore una sensazione di quiete e di benessere,
di gradevolezza e, al tempo stesso, di pensosità.
Tutto questo accade finanche nell’olio su tavola dal titolo Le pannocchie.
Qui il rimando ad un mondo prevalentemente o esclusivamente contadino, con l’uomo,
collocato volutamente di spalle, sul carretto carico di pannocchie, non solo è
ricco di suggestioni, di possibili ipotesi, di rimandi ad un tempo che non c’è
quasi più, ma mostra una chiara e scelta linea di equilibrio che testimonia, senza
forzatura alcuna o accentuazione di elementi, il senso vero dell’attività e del
lavoro, la quotidianità dell’esistenza, la semplicità della relazione
rispettosa uomo-natura ed un’ampia cornice di silenzio e di solitudine che
corrobora. Per questo si ha la sensazione di trovarsi a breve distanza dalla
serafica Mucca
al pascolo, quasi il bove di carducciana memoria per la
lentezza solenne dei movimenti o la suggestiva immagine pascoliana della “opaca
stalla” a ruminare la “laboriosa lupinella”. Pure efficace è il senso
della libertà che esprime il cavallo, elegante nelle movenze. Ci si trova così
proiettati in un mondo scomparso che ritorna per memoria e mantiene intatto il
senso della nostalgia che morde piano.
E non si fa in tempo ad assorbire le sensazioni e le emozioni che un’altra
sezione si apre all’osservatore: Chiese e funzioni religiose. Muta la
situazione ambientale e cambiano i soggetti e di conseguenza le atmosfere si
fanno cariche di spiritualità nella linearità del tocco. Pregno di tensione
emotiva risulta il dipinto Ceri accesi che mostra figure appena
abbozzate o almeno non ben definite e come tenute insieme dallo stesso anelito
che un poco le deforma con il senso continuo delle allusioni in una colorazione
decisa eppure al tempo stesso votata alla velatura e al nascondimento. Un’atmosfera
analoga si ritrova in Chierichetti. Si tratta, e direi ovviamente, di
dodici figure tutte abbigliate allo stesso modo, tenute insieme, quasi una foto
ricordo, dalla stessa carica di pensosità e di religiosità, consegnate agli
occhi chiusi e ai volti quasi sfuggenti e inespressivi e come rapiti. La luce
torna a farsi chiara nel dipinto Processione con, in primo piano, sempre i
chierichetti in movimento ordinato e composto e con chiaro e dichiarato richiamo
alla storia, come commenta Laura Serena Miano e cioè alla Perdonanza Celestiniana, ossia
a una “sorta di giubileo permanente voluto da un eremita, Pietro di Morrone,
diventato papa con il nome di Celestino V ed incoronato nella chiesa di Santa
Maria di Collemaggio”. E, scrive ancora la Miano: “Il nome Perdonanza deriva
dalla ‘Bolla del perdono’ che introduceva i concetti di pace, solidarietà, e
riconciliazione”. A guardare bene, detti temi si respirano nel dipinto e in
qualche modo tendono a nobilitare la figura dell’uomo che “fece per viltade il
gran rifiuto”.
E ancora, in campo prettamente religioso e spirituale, si mantengono
tanto La
chiesa di San Marciano quanto l’opera Consacrazione.
La prima spicca per la linearità e la sobrietà delle forme che recuperano
un senso di spazialità, la seconda per la eleganza dei movimenti con l’imposizione
delle mani sul capo del consacrando. In ogni caso si tratta di lavori a forte
carica spirituale che la Maschio sembra, a tratti, privilegiare e che aprono la
strada alla sezione denominata Children con alcune figure, tenere e come
sorprese o forse anche un po’ smarrite, di bambini, presumibilmente mai venuti
alla luce, che mostrano significativi sguardi come perduti e sono ricoperti da
una ricca e varia simbologia come risulta dai copricapi, di diversa foggia e
colore, ma anche dai cerchi alle braccia e da altri rimandi facilmente
decodificabili: il cuore, il gioiello, la corona. Va da sé che si tratta di
immagini che interrogano e sollecitano a riflettere in un contesto sociale che
sembra disinteressarsi di quella che Michele Miano, in prefazione, chiama “la
tragedia di bambini non nati” con il sotteso interrogativo di “ciò che
sarebbero stati” e di “cosa avrebbero fatto”.
Ed è vero quanto sostiene Bruno Gallo e cioè che “sarebbe arduo
catalogare Franca Maschio in un determinato spazio artistico” e ciò sia perché
l’arte pittorica spesso risulta estremamente varia e non riconducibile, se non
in parte, a questo o a quel fenomeno particolare, col rischio della “diminutio”,
sia perché l’interesse della pittrice è variegato, pur nella tendenza a
privilegiare taluni aspetti, come il rapporto uomo-natura, anzidetto, che
risulta particolarmente evidente nella sezione, non a caso la più ampia, Gruppi
di persone. Il primo dipinto, dal significativo titolo Ritrovarsi, esprime
a tutto tondo il desiderio di comunicazione nel gruppetto di persone e
testimonia la voglia di stare insieme e contemporaneamente la difficoltà di
interrelazione. Il palese silenzio, quasi come a significare l’inutilità, in
certe situazioni, della parola, si coglie nelle pose, tutte diverse, nelle bocche
rigorosamente chiuse, nelle mani che si nascondono nelle tasche o, al massimo,
dietro la schiena, e genera una linea di malinconia, che non scade nella tristezza,
e di isolamento da certi contesti confusionari e caotici, determinando una
sorta di raccoglimento che appare evidente nell’immobilismo dei soggetti e che
è anche, o forse soprattutto, processo interiore e quasi intesa tacita. Il
dipinto è davvero uno spaccato significativo di vita quotidiana, quella di un
tempo andato, con i suoi valori e i disvalori, i modi di vita, i ritmi lenti e
tranquilli e la semplicità dei rapporti. Si tratta di gruppo-non gruppo nel senso
sociologico del termine perché è come se ogni figura fosse distaccata dall’altra
pur in una condizione generale di condivisione e di socializzazione. Ed accade
esattamente il contrario nel dipinto Ballerine, sia per la bella ed
elegante coreografia, sia per la giovinezza delle figure, sia per l’esilità
delle gambe, quasi fenicotteri in riva a un lago, sia, infine, per la snellezza
dei corpi in movimento sincronizzato con la conseguente armonia e levità dell’insieme.
E sono corpi che dialogano, sia pure senza parole.
Ugualmente corale, sulla linea della spontaneità è, in Fuochi
artificiali, la partecipazione della gente all’evento straordinario
dei fuochi pirotecnici che aggrega anche gli sconosciuti ed è resa al meglio
dalla vivacità dei colori che illuminano la notte trapuntata di lampi e di
scoppiettii e la rischiarano con effetti benefici per l’anima. Si torna quindi
all’atmosfera calma e tranquilla con Pioggia di grano che davvero fa
compiere un salto all’indietro nel tempo con l’immagine antica, e quasi votata alla
sacralità, del rituale scomparso delle donne impegnate nell’aia: una a
setacciare, l’altra a stendere il grano alla luce e al calore. E’ uno spaccato
che consente di allungare lo sguardo oltre la collina e fino ai monti che sono
dominati dal cielo pulito con solo qualche sbuffo di nubi. L’autrice è
decisamente a suo agio in queste situazioni campestri e lo si coglie facilmente
nel dipinto Al
ritorno dai campi con figure di contadini che sembrano
uguali eppure al tempo stesso diverse nel loro incedere compassato con ai due
lati il giallo del grano a dominare, quasi una sorta di maestosità. Il dipinto
impiacevolisce ed attira riproponendo condizioni di vita assolutamente inedite;
ci si attarda sui particolari, come i berretti a proteggere la testa, la maglia
gettata sulla spalla e l’orcio, probabilmente vuoto dal momento che siamo al
ritorno, ma è l’insieme che tiene nella compattezza e nella dinamismo calmo. Si
tratta di un rientro che interroga anche e solo nel senso della direzione di
marcia del gruppo, visto di spalle, che spiazza un po’ l’osservatore perché
contrario all’immaginato effetto ordinario. E non è a caso che l’autrice
ripropone in copertina la stessa immagine che, in qualche modo, funge da linea
guida.
Anche i tre uomini, di cui al dipinto Ricordi, trasmettono
un senso di quiete e di pace, di rasserenamento e di riposo, di abbandono della
mente a memorie e mostra gli sguardi, appena accennati, in direzioni diverse e,
alle spalle, un mondo che non sembra debba riguardarli. L’immagine di un paese
fermo e quasi privo di vita è ben rappresentata dall’olio su tavola Gente di paese.
Qui le poche persone sono in gran parte sedute su gradini o più propriamente
su crepidini, probabilmente dinanzi alla chiesa. Ognuno sembra essere solo con
i suoi pensieri, le preoccupazioni ordinarie e quotidiane, pur essendo quasi
del tutto raggruppati e come pronti ad aprirsi al dialogo. Anche l’aria intorno
sembra immobile e dà un senso pieno di solitudine e di silenzio così come il
portone enorme del tutto chiuso o quasi. Il contrario accade nel gruppo di famiglia
di cui alla Fagiolata con una sorta di operosità serena
che tiene uniti i presenti con la possibile conversazione affidata per lo più a
poche frasi e a qualche cenno d’intesa. E tutta l’atmosfera ha sapore di buono.
La stessa situazione, con qualche dettaglio che muta, sembra coinvolgere
i due uomini seduti all’aperto su una panchina a godere, ben coperti, il tiepido
calore del Sole
d’inverno mentre tutto muta nel quadro dove campeggiano due
belle ragazze, colte in atto di dialogo, quasi una sorta di confabulazione
leggera proprio come esili appaiono le loro figure nell’abbigliamento pratico e
sportivo. Irrompono, poi, nella sezione Manichini immagini stilizzate,
quasi artefatte, come logica impone, con dettagli ben rimarcati e colori
definiti, ad indicare, quasi in chiave problematico-critica, col sottile velo
di ironia, la presunzione di modernità di una società sempre instabile,
inquieta e in corsa senza meta, alla ricerca del futile e del passeggero.
E chiude la interessante ed intrigante serie il Manichino in rosso che
viene, opportunamente, riproposto in quarta di copertina. Seguono nel volume
tanti paesaggi diversi con molti elementi naturali e quasi l’assenza dell’uomo
o la sua indiretta presenza. E ci sono colline dolcemente ondulate e pianori, casolari
che sottendono la vita e le attività umane, stradine tortuose, distese enormi
coltivate, zone lacustri, ochette in cammino, ben ordinate ed impettite,
osservate, a breve distanza dall’uomo che quasi si confonde con il giallo oro
dei campi alle spalle e ancora riposanti paesaggi sotto il sole o chiari riferimenti
a situazioni concrete: Castel Camponeschi, Lungarno di Pisa,
Laguna
sarda. E c’è ancora tutto un susseguirsi di paesini e specchi d’acqua,
di marine con in bella evidenza la risacca. Natura per la natura quasi del
tutto incontaminata.
E dopo una bella immagine della Madonna, commentata da Laura Serena Miano
nel rimando ad altre più note immagini, la rassegna si
chiude con Ritratti
e personaggi: due volti di ragazzi nello splendore della
giovinezza, un uomo che si muove lentissimamente ed è, come dichiara il titolo,
Pensieroso,
una donna che è mamma e sprigiona tenerezze e, in ultimo, il bel ritratto,
che non va commentato, di un uomo del tutto speciale.
Mario
Santoro
Franca Maschio
SENTIMENTO E INCISIVITÀ
Guido Miano Editore, 2019
mianoposta@gmail.com
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