Prefazione
Parenetici
intenti nella poetica amorosa di Roberto Casati: “Lascia aperta la porta/ ai
miei pensieri, / libera fughe di vento / attraverso la linea della marea.”
Così
mi riconoscerai
confuso tra quelli che ti
passano accanto,
con la voglia di fermare qui
il sorriso,
come una sorpresa fragile negli occhi.
Un
canzoniere d’amore, dove il verso con tutti i suoi accorgimenti sinfonici,
alimentati da sinestetiche intrusioni e da
metaforici allunghi, si aggrappa
ad un’anima in vena di esplosioni emotive. Un vero viaggio, un odeporico
abbraccio ad un pensiero che fa dell’amore un faro luminoso sul mare. Sì, una
illuminazione che favorisca approdi per naviganti che cercano spiagge di un
prossimo attracco: “Le mani bruciano eclissi/ con mille disattenzioni,/
allungando la sequenza delle fragilità,/ pretendendo un prossimo attracco./
Smarginando sul tuo seno,/ in un respiro trasparente,/ nel desiderio di ancora
una volta/ naufragare.”. Il poeta crede nel tocco di Eros, lo invoca, lo chiama,
si piega al suo altare; dacché è l’unica via per raggiungere l’estasi; per
gioire dell’apporto dei suoi
stratagemmi. Ma si sa che il sentimento dei sentimenti spesso si fa
turbamento, inquietudine, dubbio; ed è nel dubbio che l’autore cerca di potenziare
il suo credo, la sua forte emozione di splenetica corposità. La sua intenzione
è di farsi riconoscere fra quelli che gli passano accanto, e di fermare il suo
sorriso, magari per renderlo vivo ai suoi occhi. Iniziare dai versi incipitari
significa tuffarci da subito nel cuore di tanto sentire; di così alta empatia
erotica. Amore è la voce che risuona in ogni dove, che martella ogni verso, che
dà energia ad ogni composizione di questo canzoniere: “Ti guardo sorridere/ e
capisco/ di essere dentro al tuo cuore/ ma ormai fuori dal tuo tempo.”, dal
presentimento di non essere più sintonizzato con il tempo dell’amante; alla
ricerca di una conferma: “Nel testo a fronte/ sul foglio lanciato sulla
sabbia,/ cerco una conferma alle parole/ scolpite, forse quel gioco seducente/
delle labbra aggrappate a più brevi attimi in fuga.”; dalla complicità: “Tuo
complice/ scivolo sul confine delle parole,/ dove le precedenze/ bruciano le
promesse in fondo ad echi di vento./ Senza nascondermi ai tuoi occhi.”, al
gioco di sfumature fra chiari di luna e immagini carnali che denota il
passaggio da una visione neoplatonica del poema ad una più concreta, più
corporea: “I colori della luna/ svelano il segreto di circondarti i fianchi,/
nello sguardo accavallato sulle tue gambe,/ in un andare e venire mai troppo
lento./ Fuggendo dalla scena, prima che sia già domani.”. La narrazione si fa
varia e articolata, per seguire gli input di un animo tutto proteso a rivelare
i suoi stadi emotivi. A versi più ampi ne succedono altri più brevi, secchi,
conclusivi, per delineare l’enfasi ontologia del diagramma oscillatorio. Non
mancano singole parole, di potente significante metrico, a formare un unico
verso, come non mancano in questo climax ascensionale iperbolici voli verso
mondi di onirico trasporto. Senz’altro però il poeta sa elevarsi ad un registro
di rara inventiva, di pregevole creatività dal momento che si riscontrano
invenzioni verbali di iconica fattura: il grido del cuore, la curvatura del
pensiero, la notte che sconfina sulla spiaggia di Isla Negra, un cuore bruciato
dal silenzio, l’istante che rende impreciso l’amore… Dei veri voli
lessicofonici, che danno alla stesura
poetica il brivido del cielo, costruzioni di palladiana memoria; e dove
la stessa natura collabora coi suoi giochi visivi alla concretizzazione di
sentimenti in cerca di farsi oggettivi. E la navigazione continua in un mare
non sempre tranquillo, dove il poeta è alla ricerca di quell’approdo che gli
permetta di rinascere, di farsi nuovo per essere pronto domattina “ad amarti di
più”: “Si allontana il punto di approdo/
e svaniscono le prospettive/ nello sventolare di bandiere all’orizzonte.// La
prima volta che ho incontrato i tuoi occhi/ mi ricordo era una sera di quasi
estate/ lungo il fiume.// Il punto d’approdo allora/ era il profilo delle tue
labbra/ o l’impertinenza del tuo seno/ puntato dritto sul mio cuore./ Adesso la
notte è una necessità/ per la mia stanchezza/ forse un attimo di recupero per
essere pronto/ domattina ad amarti ancora di più.”. Un vero excursus emotivo,
una fresca analisi psicologica che l’Autore compie sul suo tragitto, sempre
tenendo per mano quell’amore che lo guida, lo confonde, lo anima e lo nutre
facendosi motivo di vita: “… Fino
a scomparire alla vista,/rompendo il silenzio/ con le parole di una vecchia
canzone, /trattenendo il profumo dei baci/sulle labbra che amavamo. / / È
adesso che posso riconoscerti,/ guardandoti da dietro/ avvicinarti
all’orizzonte,dove le navi corsare /scivolano così lente.// Sono come una
carezza /lasciata per sempre sul tuo seno, /ad un passo dal momento/in cui mi
addormenterò”. Un trasporto erotico rappresentato in tutte le forme possibili,
in tutti gli abbrivi sentimentali, in tutte le scosse ascensionali; diverse le
chiavi di lettura di fronte ad un lavoro, anche se monotematico, intenso e
proteiforme: autobiografica, psicologica, panico-esistenziale,
fisico-attrattiva, linguistico-figurativa. Si legge qui il ricorso ad un mare
che si fa interprete principale per le similitudini turbative. Un mare espanso
come l’amore, un mare mosso come i sentimenti del poeta, un mare in preda a
maree che vanno e vengono a
concretizzare il diagramma musicale e corporeo di un animo in preda al
sentimento dei sentimenti. Le figure retoriche tipo le sinestesie, le
iperboliche intrusioni, le metafore o altro aiutano il poeta ora a costruire
similitudini di valenza visiva, ora ad una grammatica poetica di estrema
originalità. L’Autore si dimostra un vero cesellatore di parole, che,
assemblate in iuncturae di grande forza reificante, si offrono ad un dire vario
e articolato; ad una architettura grammaticale che coi suoi slanci ascensionali
o col ricorso a immagini di erotica fisicità ci offre tutte le tappe di un
odeporico percorso: i versi si fanno ora brevi e concisi, ora ampi e prolungati,
ora ipertrofici ora ipotrofici per seguire le oscillazioni di un sentire in
preda ad un erotismo di ecfrastica elasticità, per cui, come in tutti i viaggi
marini, non è arduo pensare a naufragi,
a scogli che infrangono
l’imbarcazione o a immersioni ed
emersioni, dato che il poeta sente il bisogno di visualizzare i suoi stati
d’animo in guizzi naturali che bene li configurano. E sembra anche che la
natura si faccia presente nei vari momenti per dare un evidente contributo a
tal fine. Nell’insieme una morfosintassi aderente, precisa, spontanea, che più ci avvicina ad una poetica di
nostrana memoria che a sperimentalismi di prosastica natura, dove manca la
partecipazione di un ego fattivo, attivo col suo carico di vita, visto che
l’amore è vita come la vita è more. Una fusione empatica, un mix di energica
complicità, che ci porta a chiudere il nostro discorso con una pericope tratta
da una poesia tra le più incisive: “I colori della luna /svelano il segreto di
circondarti i fianchi,/
nello sguardo accavallato sulle tue gambe,/ in un andare e venire mai troppo lento./ Fuggendo dalla scena,/ prima che sia già domani.”. Dove il domani è visto come un tempo prestato dalla morte che si allontana dai brividi del presente.
Nazario Pardini
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