Don Alessandro Buccellato
CHIAMATI A DIO
Gudo Miano Editore, 2021
CHIAMATI A DIO, UN VIAGGIO DI ESTREMA SPIRITUALITÀ
DOVE TUTTO CONCORRE ALL’ELEVAZIONE
Recensione di Nazario
Pardini
“Perché la poesia?
Non è forse, oggi, nel nostro mondo super tecnologico, un po’ anacronistica? La
poesia sembra un po’ fuori moda! Quello della poesia è certamente un linguaggio
non di immediata comprensione, ma volutamente è così: la poesia ti permette di
immaginare e di applicare le parole che leggi al tuo mondo. Diventano parole e
concetti, input emotivi a tua misura e non solo a misura dell’autore. Così la
poesia va oltre la dimensione del reale, per immergersi nell’allegoria,
nell’iperbole e in parole che dilatano la realtà a tua misura. La poesia è cibo
per il Mistero e per l’Invisibile, ecco perché il linguaggio poetico si adatta
perfettamente a descrivere i movimenti dell’anima, soprattutto quando questa si
relaziona con il Divino…”. Iniziare da questa pericope tratta dalla prefazione
dell’autore significa penetrare da subito nella profondità del canto di Buccellato.
Un canto mistico, metafisico, di escatologica sinfonia, dove Don Alessandro
si eleva alle soglie del Cielo. È là che può accecarsi della luce del Signore.
E la poesia lo aiuta in questo slancio empatico. Poesia come sentimento,
abbrivo, meditazione, amore, iperbole; poesia come profondità di intenti, di
passioni con cui l’autore si dona al Signore. È con questa arte che si possono
raggiungere le sommità dell’azzurro, il miracolo della fecondità della poesia.
Quella poesia che - come afferma Don Alessandro - è fatta di alti sentimenti,
di ricerca spirituale, di trasfusione dell’animo in parole dilatate, capaci di
reificare tanta potenza spirituale. Per questo si ricorre a metafore, metonimie,
a azzardi di memoria figurativa, per potenziare la parola, per ampliarla con sinestetici
allunghi e renderla così capace di contenere tanta elevazione.
“A te, /
sorella mia, che vivi nel cuore / nel mio come in quello di Dio, / A te, / che
ne hai fatto un’unica cosa / un’umile dimora per te e per me / confusi e
mescolati / A te, / che mi hai insegnato a non contare il tempo / a bere il
momento / di questo profondo incontro, // Io canto, / con le parole, / un
grande inno di lode: / l’esperienza della tua e della mia vita / in Dio
Infinita!”. In questo inno sta tutto il sentimento del poeta, la sua infinita
glorificazione di ciò che lo rende felice, dacché è nel Signore che il poeta si perde, si annulla trasferendo
in alto tutte le sottrazioni della terra. Sta in questa fusione la felicità del
canto, la bellezza e l’armonia di un uomo che volge tutto se stesso alla gloria
dei Cieli.
Inconoscibile Dio: “Inconoscibile e
Beatissimo Dio, / sorpresa d’amore e abisso di dolcezza, / a Te appartiene la
mia esistenza / e Ti vedo in moltissimi segni. / Beato chi contempla la Tua
Maestà / e mai la comprende. / Beato chi conosce il proprio limite / e mai se
ne vergogna. / Mai, Signore, io possa saziarmi di Te, / quando mai accadesse / sarebbe
grande la mia rovina.”, il Signore è sorpresa di amore e di abisso di dolcezza.
Beato chi conosce i propri limiti, poiché riconoscere la nostra pochezza
terrena significa esaltare la grandezza del Signore. Un canto infinito,
plurale, totale che vive di piena dedizione, di esaltante fusione dell’io con
la luce dell’Alto. E qui la luce è folgorante, accecante, immensa e tanto forte
da creare una scala che coi suoi gradini porta l’uomo negli abissi spirituali: Maria di Fatima: “Mi perdo nel
desiderio / di contemplare il Tuo volto, / Madre! / Il mio cuore si spezza / nel
desiderarti / e mi prende un’intima nostalgia, / struggente. / La mia anima
cerca, / brama di tornare a casa. / Madre dolcissima, / ogni attimo, ogni lacrima,
/ momenti eterni / che già appagano/la mia malinconia.”.
Il
tempo passato sulla terra non è altro che un trasferimento lontano dalla casa
di Dio, per questo il poeta brama di tornare alla sua casa, per respirarne i
profumi di pace, serenità, e di fede. Questi i presupposti che dànno vita alla
storia, ad una storia che brilla di luce riflessa. A questo punto credo che sia
appropriato chiudere la mia esegesi ricorrendo alla chiusura di un mio poemetto
spirituale dedicato alla Luce del Cielo: “…E tutto fu sereno, / e tutto illuminato
dalla luce del cielo. / Vinsero i giorni universali, / non fu più notte, / non
fu più tempo, / non fu più fine, / né principio, / fu la gloria che espanse il
suo potere / danzando attorno ai volti delle lapidi; / canzoni risuonarono / sconosciute
al cuore dei terrestri. / Fu gioia. / Fu luce attorno, accecante, / nelle case,
sul mare, e per le vie. / Fu luce nelle anime, / che vollero l’amore, / dimentiche
di guerre e di terrore. / Tutto fu largo, immenso, / persino il mare apparve un
lago magro / di fronte all’estensione dei pianeti, / che assieme alle stelle
luminose / si unirono in un vortice di luce / per elevarsi al Cielo. / Vinse
l’amore, e nella notte /si accese la lampada divina, / grande, enorme / più che
d’agosto la calura estiva. / Più che di giorno la gloria del Signore.”.
Il
poeta abbraccia tutta la natura (vento, acqua, colori…) per trasferirla con sé
in alto verso l’universo e chiude con un inno al silenzio, momento di preghiera
e di raccoglimento: Parla il silenzio: “Taci,
/ parla il silenzio / nel buio luminoso della vecchia chiesa. / Senti l’odore
dei sassi, / pietre squadrate e pregne di eternità. / La voce del canto di millenni
irrompe / in melodie antiche. / Regna il silenzio nel buio / solitudine apparente
della mistica Sua Presenza” e Don Alessandro Buccellato è nel silenzio che
trova la via dell’ascesi, la strada del ritorno…
Nazario Pardini
Don Alessandro Buccellato, Chiamati a Dio, pref. Enzo Concardi,
Guido Miano Editore, Milano 2021, pp. 80, isbn 978-88-31497-33-6, mianoposta@gmail.com.
Ho gustato questa lettura sobria bevendo da questo incontro, come dice nei suoi versi Don Alessandro. Proprio ieri dicevo a un amico che anche secondo me la poesia è preghiera. Forse non rappresenta ciò che è esattamente il nostro animo, ma l'aspirazione all’armonia. In parole povere a ritrovare l'assetto verticale col divino. Chi prega più di un peccatore che anela alla redenzione? Grazie.
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