Lidia Guerrieri, collaboratrice di Lèucade |
Lettura di” E A TE RISPONDO”
di Carla Baroni e Pasquale Balestriere
Chi fa critica da tempo ha gli strumenti
adatti per parlare, e bene, di qualsiasi cosa. Io no. Non avendo “mestiere” né
una particolare inclinazione a questo genere di lavoro, per dire due parole,
alla buona naturalmente, ho bisogno di molle eccezionali, che facciano scattare
l' impulso a dire, e allora se non entrano in gioco né esperienza né cultura,
lo fa l'entusiasmo. E questo volumetto di Carla Baroni e Pasquale Balestriere
dal titolo gentile “ E a te rispondo” nel quale il testo italiano è affiancato da
traduzione in spagnolo, mi è arrivato prima al cuore che alla pelle. Da
Balestriere non mi aspettavo di meno perché lo conosco come poeta raffinato,
critico preparato e sensibile e persona di saldi valori, di Carla Baroni invece
sapevo poco perché non frequento quei circoli letterari dove lei è conosciuta
ed apprezzata, mi limito a coltivare il mio orticello di un piccolo gruppo su
fb, e dunque questa poetessa così intensa è stata per me una scoperta .
Ventotto poesie, un madrigale di commiato,
un sonetto di risposta ed una conclusione a sigillo di questo canto a due voci.
Trentun composizioni in tutto, come germogli sul ramo della poesia “ a tenzone”
che ci giunge dalle lontane radici della tradizione occitanica. Ogni poesia
scaturisce in maniera naturalissima da quella sopra echeggiando nel suo primo
verso l'ultimo della precedente ; e il tutto fluisce in tale piacevole maniera
che per il lettore non è facile fermarsi ... si ha voglia di andare avanti, di
vedere a quale foce il fiume del pensiero e del racconto vuole arrivare .Ma non
si trova una foce, non subito...si trova una cascata dietro l'altra di
immagini, ricordi, pensieri su cui noi andiamo come foglie sull' acqua verso
nuove riflessioni e nuove storie.
Cos'è la poesia?... provarsi a definire la
poesia è un po' come cercar di spiegare cos'è Dio; il mio approccio ai versi è
di natura “animale”, io ascolto l'eco che quello che leggo ha dentro di me e la
sua ampiezza è il metro della mia verità. E questi versi di Pasquale e di Carla
mi hanno spinta a leggerli e rileggerli, a voler dire ad altri cosa hanno
suscitato in me , mi hanno fatto sentire il desiderio di immergermi in questo
mare di pensieri, di ricordi, il più a fondo possibile, e di farlo con urgenza,
e più volte, spinta da qualcosa che va al di là dell'interesse per la forma,
dell' ammirazione per il lessico e per l'eleganza delle strutture sintattiche o
per i riferimenti culturali che arricchiscono ma mai appesantiscono; leggere
questo lavoro è stato un andare verso la luce nella bellezza della parola
scritta che si fa suono e armonia , immagine e colore, ed è stato stupore e
arricchimento , commozione e gratitudine. Ho sentito accanto a me due persone
vere: un uomo solido, dai principi sani, la cui mano “ alla penna destinata/,
ruvida adesso al tatto /diventa seta al tocco del racemo” (e nello spostamento
di quella che a rigor di logica avrebbe dovuto essere la posizione di “ ruvida”
e di “seta”, c'è tutta la sensibilità della poetessa e c'è un mondo intero che
traspare) , un uomo che i libri non hanno allontanato dai campi, e infatti la
mano, ruvida per il lavoro si accosta ad un racemo con tenerezza paterna. E
questo, io che amo la terra , lo riconosco come vero, mi colma il cuore e mi fa
capire quanto la poetessa stimi la solidità serena di questo amico-poeta.
Non c'è nulla che abbia più forza di un
verso scarno e sincero. Mi è piaciuto, mi ha fatto desiderare di conoscere la
Baroni come essere umano e l'ho cercata nei suoi versi questa donna, questa “
Aracne disperata” intenta a lavorare su una “ stoffa debole” al rantolio
dell'aspo. E' il primo incontro per me, e mi colpisce questa statua di dolore e
di tenacia, di solitudine a livelli più superficiali ( non ebbi Proci intorno)
e più profondi (ed un Ulisse a me non si abbandona”). Basterebbe a intuire la
storia di un' anima ...e via via, leggendo, ho avvertito un dolore che viene da
lontano, un seme amaro che ha generato un albero dalla vasta chioma alla cui
ombra siede la “solitudine sovrana”. Siede: un verbo breve, un suono pesante, e
poi Solitudine Sovrana..tre consonanti iniziali identiche, tre colpi cupi che
piombano come un tonfo di lapide; ed io vedo l'immagine austera di una statua,
immutabile. Credo che poche cose siano più terribili dell'immobilità assoluta
,perché immobilità è laccio, è impedimento, è freddo ed è annullamento di ogni
vitalità. Panta rei... la vita è il fluire di ogni cosa , è movimento e il
movimento ha sempre in sé il seme della speranza, anche se fosse un rotolare
verso il basso, perché la certezza che tutto muta ti fa percepire come
transitorio anche il momento peggiore. Perfino la morte nell'assoluta
accettazione dell'idea di movimento viene sconfitta, perché appare solo il
punto di contatto fra il primo e il secondo semicerchio del grande anello del
vivere, e se la formula del più chiuso mistero è scritta intorno ad un anello,
allora nulla ha davvero fine. E' una tela amara quella su cui Carla ricama la
sua poesia : ordito di pene e trama di sfiducia per una vita che si è rivelata
un“ imbroglio colossale di promesse”; le sue speranze sono colombe che,
liberate sul mare, non tornano indietro.
Non così per Pasquale che risponde : “ al
mare non affido mai colombe, ma spero nella terra e nei germogli perché mi
batte in petto... / tenace cuore d'aspro contadino /che scavalca l'Inverno/ e
aspetta Primavera.” Un animo che non si abbatte facilmente. Carla ha avuto una
storia diversa, ma non è debole...non si aspetta molto, ma ha la forza di chi
ha dovuto imparare a sopravvivere al dolore fisico e alle sofferenze dello spirito.
C'è un' energia solare in lui: la forza aurea che trae dalla terra i frutti;
lunare in lei, diafana ma tale da alzare maree perchè Carla, che non aspetta
germogli primaverili, che vede “ avamposti bui”, che sa che il tempo che le
resta non sarà molto migliore di quello già vissuto (“l'uva settembrina non mi
darà speranza di buon vino”) e che i suoi progetti non sono ben radicati
polloni, ma lanugine al vento , Carla che ancora ha in tasca “ i semi mal
riposti dell'infanzia” e ne sente tutto il peso, muoverà lo stesso le sue
“inani pedine”...e a me pare che questo sia il vero coraggio, e che questa
forza, della quale è consapevole, Carla se la sia conquistata da sola
assorbendo l'energia della terra natale che la fece “ guerriera alle sue sponde
di corallo”.
C'è davvero un' insolita “celeste
corrispondenza “ di sensi fra il poeta e la poetessa, così diversi per certi
aspetti che mentre a lui “ basta questo sole che squilla stamattina e ...trilli
d'uccelli” a lei invece “ piace questa nebbia opaca che il Po ci porta a
sbuffi”; sono due mondi lontani, due differenti storie , ma il filo dell'
affetto li unisce e tesse una tela di comprensione su cui poggiano valori
comuni come l'amore per il bello e per la poesia e il valore dell'amicizia che
ha dato vita a un canto nel quale le loro voci si uniscono in una sola armonia
come l'oro del sole e l'azzurro della sera si fondono nello splendore del
tramonto. E' piena nei due poeti la coscienza delle differenze fra di loro;
Carla lo dice chiaro “ e se davvero ognuno è solamente / quello di cui si
nutre/ molto diversi siamo”, una differenza a cui concorrono l'ambiente e il
tipo di vita vissuta....” Quante presenze intorno a noi, celate /ai nostri
occhi ciechi/ di talpe che scavano nel buio/ solo la propria tana...e sono
forse io una di questi...cresciuta nei tortuosi labirinti” dice Carla di sé e
poi, rivolgendosi all' amico “ Tu invece vivi / alla luce splendente dei tuoi
campi” . Per chi passa il suo tempo con la sola consolazione della poesia , in
una terra nebbiosa, e per di più col fardello di una salute delicata, è
inevitabile che appaia come un dio, colui che passa i suoi giorni respirando il
tepore del sole sulle zolle. L'amico poeta le sembra un privilegiato dalla
sorte; eppure anche lui ha le proprie inquietudini: benchè la natura gli abbia
dato molti doni , non manca la consapevolezza che le forze anno per anno
scemano e che è dura non sentirsi preparato a farsi bastare “ le nebbie
dell'autunno / né il ciocco al focolare... “ Che pensare di questo ? Dovremmo scuotere
la testa borbottando che il saggio sa accettare serenamente l'idea che il tempo
corrode il suo vigore? E c'è chi ne è convinto davvero!!? C'è chi non vorrebbe
tornare indietro buttando a mare quel poco o tanto di saggezza che ha
accumulato? Io penso che quella dei Socrati sia una razza estinta. Se poi
qualcuno preferisce mettersi la maschera del Poeta, autoconvincersi , e infine
recitare la parte del filosofo...beh...non sarebbe il primo che usa la poesia
per raccontar balle! Ma io lo capisco più che bene questo stato d'animo :
sentire che le forze non sono più quelle di una volta, e che si avvicina il
momento in cui dovremo rinunciare al contatto vivo, quotidiano, operoso con la
terra, è dura per chi da sempre l'ha amata di quell' amore che non si insegna e
non si impara, ma che ti viene da lontano e ti nasce nel sangue , che ce l'hai
o non ce l'hai... e se ce l'hai è per sempre. E “ quando l'età si sta facendo
avara...diventa difficile tenersi dentro la vita “ E' un passo bellissimo
questo, forse quello nel quale, benché non nominata, più salda che mai saetta
l'immagine-simbolo del Titano che qui è impegnato nella battaglia più ardua :
quella contro il tempo , contro la propria impossibilità a combatterlo e contro
l' incapacità di tenere a freno quel cavallo selvaggio che senza via di uscita
gli scalpita dentro.
E vado avanti nella mia lettura
e su alberi diversi, ecco, discopro
uguali rami e non di poco conto:
per esempio l'affetto per il luogo natio,
sia esso la Ferrara di Carla, terra “ avara” nella quale “ ribolle l'acqua al
fermentar dell'alga imputridita “, sia esso l'isola di Pasquale che “ ha polle
d'acqua e sole rutilante”, e poi... l'amore per la poesia .
Ma sia Ferrara che Ischia non sono che
puntini in un mondo che non è più quello che loro e noi, che siamo della solita
generazione, abbiamo conosciuto, è un mondo che, dice Carla, “ ci fa Caini di
fronte alle miserie dei fratelli e in cui il Male tutto“ necrotizza
e...divora”. In una Terra dove “viaggiammo in tanti col remo sulla spalla
per lunghe strade gioiose o feroci...e ormai vecchi verso il mare torniamo”
quale funzione ha la poesia? Intanto ha quella di preservare il ricordo di un
tempo che non c'è più, perlomeno per testimoniare che un modo di vivere diverso
e più umano è possibile perchè c'è ancora chi l'ha visto. Ecco dunque il vocìo
dei ragazzini per le strade azzurre della sera, il suono delle campane che
chiamavano ad una condivisione vera e calda che ha ormai ceduto il passo
all'illusoria vicinanza del virtuale; ed ecco, per contrasto, “ questa
anticipata primavera” che zittisce gli uccelli perché sentono che “ c'è
qualcosa di nuovo nell'aria” , che fa paura, e nulla ha a che vedere con quel
“qualcosa di nuovo” che c'era nel sole al tempo di un Pascoli fanciullo. Su una
Terra dove mai le distanze fra i continenti sono state così corte e fra le
persone così vaste, i poeti “ testimoni del bello e del vero, “ afferma
Balestriere, devono “ dire con ferma voce” il loro credo. Probabilmente nessuno
li ascolterà, ma devono farlo , perché non farlo equivale a morire dentro, e
perché il tempo sta scadendo ed è diventato lecito chiedersi se colui che
cavalca in corona e ci chiude in casa non sia già il primo di un quadruplice
galoppo che è inevitabile perché cose terribili accadono quando i “Titani...le
porte del Cielo van violando”.
Nella poetessa pare esserci più sfiducia,
e una stanchezza di fondo per le molte le avversità affrontate: ” la voce è
roca per i troppi gridi/ delle stagioni della vita, assalti/ che noi facemmo
sempre a mani nude, / ché l'alabarda presto/ ci cadde a terra dall'aperto
pugno”. Chi ha già combattuto tanto può spendere le restanti energie solo per
sopravvivere. Dunque la poesia è per entrambi i poeti maestra e custode di
memorie. Memorie collettive e, naturalmente, anzi soprattutto, personali...ecco
allora il padre del poeta che viene dai campi “ con passo pesante”, ecco la
madre che “ per amore con la preghiera il lavoro intesseva” mentre “ piano
piano tre piccoli cuori crescevano nel nido” ( un “interno” di preziosa tenerezza.)
Ma osserverei anche un'altra cosa riguardo
alla posizione dei nostri di fronte alla Poesia, un pensiero tutto mio su come
viene vissuta al di là dei tratti comuni: in Pasquale prevale il lògos, il
Maschile: “ titano è il poeta che del carcere / della materia infrange i ferri
e vola”: la poesia è un mezzo per raggiungere il bene supremo della libertà
assoluta , è strumento con cui pochi prescelti potranno spezzare le catene
dell'oblio a cui siamo tutti destinati e spaziare in volo nei cieli dei secoli
a venire.In Carla prevale l'eros, il Femminile: riferendosi ad un suo recente
lavoro da rivedere, la poetessa parla di “ gestazione”, di “...ultimo nato” :
la poesia è cura e contemplazione della propria creatura intorno alla quale si
raccoglie il più sacro e completo degli interessi.
Se Balestriere appare il prototipo del
combattente, Carla è quello della madre. E affinché questo discorso non resti
troppo vago, vorrei precisare la differenza fra essere madre e diventare madre.
“Diventare” madre implica un fatto fisico e meccanico, la preparazione di un
“prodotto” che va dal concepimento all' “ espulsione “ del bambino, riguarda il
corpo, e il parto rende una donna “ madre” per la legge civile; “essere” madre
implica quella disposizione della mente , dell'anima e del cuore , quella
capacità di provare sentimenti di amore , protezione , sacrificio e
consolazione, per cui una donna è “ madre” per la legge di Dio e dell'Uomo ( e
anche qui distinguerei fra essere UN uomo ed essere Uomo. ) Per nostra fortuna la
gran parte delle donne che diventano madri già lo erano o per la natura del
loro cuore ( perché si può nascere “ madre” ), o per aver maturato durante la
gestazione un legame affettivo unico, un nodo simbiotico con il seme che
nasceva dentro di loro, ma non sempre le due condizioni coincidono e l'una in
nessun caso implica automaticamente l'altra. Basta guardarsi attorno per capire
che se così non fosse nessuna donna che adotta un bambino sarebbe una madre,
mentre chi trascura, tratta male, violenta, vende, prostituisce, abbandona una
creatura nata dalle sue stesse carni lo sarebbe. E non è per niente così.
Per rientrare nel discorso da cui mi sono
fin troppo, ma necessariamente allontanata, al di là di questi, direi “ punti
estremi e divergenti”, per entrambi i poeti la poesia è quello che è per tutti
coloro che la coltivano : un valore in sé, uno sfogo, una compagna e, in
ragione di questo, poco importa al poeta se a lui “ torti e canuti
sentieri...il fato prescrisse, senza gloria” perché la Poesia stessa è sentiero
di vita ed è in sé sfida e conquista, e premio.
Non me ne vorrà Pasquale Balestriere se
penso che questa meraviglia di libro la dobbiamo più a Carla che a lui ...non
certo perché il suo lavoro valga un granello meno di quello della poetessa, ma
per il fatto che è stata lei a volerla per prima. Perché penso questo? Perché
questo mi suggerisce il punto in cui lui dice all'amica : “..tu scrivi versi,
prodiga / io avaro attendo la mia Musa. Eccola che rasente/ un muro va
indolente. La raggiungo...Vieni a servirmi , Carla ha fretta”..E dunque...non
dice che ha invocato la Musa.!..troppi lavori di altro genere lo tenevano
occupato! chiaro che appena la vede si accosta e la chiama, in fondo non
aspettava che questo, ma non è lui che ha fatto il primo passo...lui ha
semplicemente atteso, e raggiunge la Musa solo quando essa è già nei paraggi,
...abbastanza vicina da essere vista, ma abbastanza lontana da non parer che
l'abbia fatto apposta. Per questo dietro l'invito di Pasquale alla Musa “
Vieni, servimi, Carla ha fretta “, io sento Carla che decide :” Va', e servimi.
Fa' in modo che il contadino si riposi e il poeta inizi il suo lavoro, ma fallo
con discrezione...perché gli uomini sono più contenti se pensano che le belle
idee vengano prima a loro :-) Così penso, ma se mi sbaglio ...poco male
:-)!
Grazie per questo bellissimo libro all'amico Pasquale, così bravo e così caro, e un grazie grande a Carla Baroni oltre all'augurio che quella speranza che poco affiora in questi scritti e che invece fa capolino nell'ultimo verso della sua “ Conclusione”, voli in alto e con robuste ali.
Lidia Guerrieri
Lidia mia, innanzitutto bentornata! Dovresti proprio evìtare di parlare di 'mestiere', in quanto sei talmente padrona dell'arte poetica che sai diventare l'ermeneuta ideale di due pilastri del calibro di Carla e Pasquale. Ho già avuto modo di leggere "A te rispondo", ma scorrere le tue righe mi riporta dolcemente sui loro passi e mi restituisce l'incanto. Asserisci "C'è davvero un' insolita 'celeste corrispondenza' di sensi fra il poeta e la poetessa, così diversi" e cogli nel segno, in quanto i due si rendono complementari con le diverse visioni interiori e del mondo esterno e appassionano noi lettori anche in virtù di tali differenze. Un altro estratto che mi ha rapita è il seguente: "se Balestriere appare il prototipo del combattente, Carla è quello della madre". Metti in luce l'importanza del grembo, casa dalla quale si nasce e alla quale si torna e rendi un grande tributo a questa Poetessa che, come moltissime donne, era già madre prima di diventarlo. La tua lettura si distende, accoglie, riscalda ed è il terzo affluente che che confluisce nel mare poetico dei due protagonisti. Tre Poeti sono davvero sublimi da trovare uniti. Noi di Leucade viviamo quest'onore. Grazie amica mia e grazie ai due Autori del canto che tanto ti ha ispirata. Vorrei essere alla vostra altezza.Vi stringo tutti insieme al Nume Tutelare, che porta il vessillo dell'Arte!
RispondiEliminagrazie, Maria, per la tua benevolenza verso questo mio tentativo...il libro l'hai letto e sai da te quanta bellezza e verità racchiude. In risposta ad un commento che mi hanno fatto su fb io ho scritto, fra l'altro, che questo è il libro di tutti, un libro di vita e la lettura si rivelerà per ognuno arricchimento e un'esperienza fra le più belle. E lo confermo.
EliminaUn grazie sentito al Professor Pardini per aver accolto con benevolenza questo mio scritto sul libro di Carla Baroni e Pasquale Balestriere.
RispondiEliminaRICEVO E PUBBLICO
RispondiEliminaCara Lidia, mi hai letto più profondamente di qualsiasi altro critico o non critico. Hai intuito il dolore, la solitudine, le avversità di una che ha vissuto una esistenza molto diversa da quella dei comuni mortali - un po' per la sua menomazione fisica (sono poliomielitica), un po' per un ambiente familiare molto coercitivo - e te ne sono infinitamente grata. Non è finzione la mia anche se talvolta mi esprimo per enigmi o sono estremamente ripetitiva. La poesia mi ha aiutato a vivere, a combattere il male oscuro che mi affliggeva molto più di quello fisico e, ultimamente, mi ha fatto conoscere persone meravigliose come Pasquale. Sì, Pasquale è il mio Nume tutelare, quello che mi supporta quotidianamente malgrado la lontananza, che si preoccupa se tardo a chiamarlo e che ha tutti i numeri di telefono di pronto intervento qualora non riuscisse a contattarmi.
Ed è stata proprio mia anche l'idea del librettino, per spingere l'amico a scrivere perché vorrei che coltivasse di più il talento - che un Dio buono gli ha largito a piene mani - piuttosto che i prodotti della terra. Per il resto ti ringrazio, non so se merito tante lodi però, dato che sono abbastanza vanitosa, mi hanno fatto estremamente piacere. Ma la cosa, ripeto, che ho gradita di più è stata quella di essere capita. Ancora grazie a te e a Nazario che ci ospita sempre con grande magnanimità.
Carla Baroni
Mi fa piacere, cara Carla, che tu abbia gradito quello che con onestà ho scritto. Alcuni sulla mia bacheca hanno detto che ho fatto un buon lavoro, amici sempre generosi con me...dirò a te quello che ho detto a loro e che è la verità :" Ho letto questo libro con impegno, sì , e con entusiasmo e ho cercato le tracce che ero in grado di trovare per fare il meglio che potevo, ma se un'opera è di poca sostanza tu puoi cercare quanto ti pare...non ci troverai mai quello che non c'è...! nemmeno il sommo dei critici, anche se ci mette tutta la forza della sua bravura mille volte superiore alla mia , potrebbe strizzar fuori del succo da un limone arido. E questo è poco, ma sicuro.
RispondiEliminaCara Lidia, questa volta metto da parte la modestia e mi vanto pubblicamente di essere stato il primo su Leucade a sottolineare, sia pure in poche righe, la tua bravura poetica. Era il 22 febbraio 2019. Due giorni dopo commentava anche Maria Rizzi. Poi più nessuno. Più volte per telefono ti ho ribadito il mio apprezzamento per il modo in cui fai poesia. Ora ti dico (ma già lo sai, perché anche di questo abbiamo discusso) che mi convince anche la tua lettura dei testi poetici (quando ti piacciono e ti coinvolgono)così calda e passionale, quasi carnale, cosi attenta a indagare i movimenti dell'animo per coglierne riflessi di umanità autentica e pregnante, così pronta a ca(r)pire la bellezza della realizzazione artistica. Il tuo slancio partecipativo è contagioso: spingi alla lettura. E cosa vuoi di più da uno scritto recensivo? Complimenti, Lidia, e grazie. E grazie pure a Nazario, a Maria Rizzi e all'amica Carla, per le belle parole.
RispondiEliminaPasquale Balestriere
Mi commuovi, Pasquale ! e anche mi inorgoglisci perchè, insomma, un apprezzamento venuto da una persona come te, ottimo poeta ed ottimo critico, intelligente e preparato non è cosa di poco conto...farebbe alzare la cresta a parecchi! Questo che mi dici mi fa l'effetto di quando leggevo sul tabellone " Promossa " :-) Ma la cosa più bella è che sono parole che mi vengono da un amico perchè se mi venissero da un estraneo mi farebbero piacere, certo, ma non alla stessa maniera. Sono contenta perchè mi dici che sono stata brava, ma più contenta ancora se sono riuscita a far contento te. Sarà un discorso un po' ingarbugliato, ma tanto tu mi capisci al volo :-) Grazie per il tuo apprezzamento, per il tuo affetto e per avermi fatto partecipe della " bella festa" intorno a questo libro che è così speciale! E anche per avermi fatto conoscere come poetessa Carla che è più brava di come immaginavo!
RispondiElimina