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mercoledì 15 settembre 2021

MARCO DEI FERRARI: "LA MAMMA CHE VIVE CON PARDINI"

Marco dei Ferrari,
collaboratore di Lèucade






LA MAMMA CHE VIVE CON PARDINI

Nazario Pardini in questa appassionante lirica non si avvale di tecnicismi (metafore, metonimie, sinestesie, associazioni varie, ecc.) per presentarci le immagini di sua mamma.

Da Poeta autentico qual è si richiama semplicemente a ricordi,  segmenti di tracciati, mini-macro significativi momenti di quotidianità testimoniale di un altro tempo e di altre profondità coscienziali.

Nazario è un figlio pentito nel sé, autocritico, che soprattutto desidera imprimere nel suo sentire un "sigillo" totale attraverso microcosmi scolpiti da una presenza materna assoluta ed eterna.

Ma, si domanda, chi era realmente sua mamma.

Solo mamma della miseria, della rinuncia, delle sacrificio?

Donna vincolata dall'amore per la famiglia nella sofferenza di un periodo storicamente per sé difficile e nella privazione più totale di qualsiasi gratificazione femminile?

Non esattamente.

Anche se il Poeta domanda e si chiede senza risposta (nella stratificazione creativa più profonda dove l'impulso energetico fuoriesce dai canoni ereditari), trova (o ritrova) il barlume della gioia condivisa di un giorno, un segnale che sgretola la barriera psicologico-interiorizzata della madre per regalarci un'altra tipologia di donna rimasta nell'ombra delle parole e dei fatti vissuti.

Da qui possiamo indagare le emozionalità retro/introspettive che accompagnano il tracciato creativo poetico di questa lirica intensamente lacerata: attimi, gesti, visioni, crescente rammarico (...le memorie fanno male... ci conferma), il tardivo dramma di un'assenza molto pesante.

E le parole si trasmutano con fantastica semplicità in espressività nascoste, rigurgiti di colpe, analisi di rimorsi sul tempo perduto.

Rimediare è impossibile; non rimane che il rimpianto contenuto forse da certi scenari e pensieri che continuano ad occupare mente e cuore: spuntano nella madre il coraggio e la felicità del nulla, le vetrine da esaminare, il farsi bella, il vestito sognato e la gelosia per il figlio sottrattole da un nuovo amore di donna.

Una gelosia che il poeta giustifica trasmutandola in amore (materno) di valenza assoluta che si identifica accumulandosi in un distacco generazionale inevitabile.

La mamma comunque "vive" ora nella trasmissione lirica di un sentimento unitario (universale) che assume un valore metafisico di "occupazione" spirituale nella estensività più significativa del termine.

In conseguenza, tutti gli impulsi emotivi di "Mamma" trascendono oltre l'immagine, al di là dell'episodio in sé stesso, oltre la reattività filiale del Poeta per aggrapparsi in un apparire senza ricordi, in prospezioni oscillanti nell'inconscio della maternità in compresa tra dubbi e silenzi.

Pardini qui ha grande il merito di trasferire il "passato" nel "vivente presente", dove si attualizza la coscienza in un "adesso" senza precedenti che ontologizza il narrare.

Ovvero medita, filtra l'Essere/spirito coscienziale onnipresente, ne individua tempi (la memoria) e luoghi (la festa di San Ranieri...), ne certifica gesti molto impressivi (...arruffavi nella mota... con tre balle di spinaci...), ne convalida le premesse artistiche.

Ne emerge una "mamma" diversa, tetragona, che il figlio-poeta accetta anche nel suo assentarsi e nel suo ruolo fondamentale di madre/moglie da viversi con dignità, serietà e rispetto.

Un figlio riconoscente e pentito, ma consapevole di avere sublimato il ricordo del dolore in un'oscillazione ontologica (dal dubbio alla certezza) che si ricompone nell'accettarsi come coscienza e volontà illuminata da un'icona universale che "vive" per sempre con lui e si chiama mamma.

 Marco dei Ferrari

1 commento:

  1. Marco carissimo, da amante puro della filosofia, arricchisci la lettura della lirica del nostro Maestro delL’autocoscienza, ovvero della volontà di conoscere la verità su noi stessi. In effetti la lirica dedicata alla mamma presuppone un forte legame con la verità su se stesso. Questo tipo di conoscenza si chiama coscienza. Secondo Tommaso d’Aquino,la coscienza è completa nell’atto di auto-comprensione, in quanto tale atto ritorna al proprio punto di partenza, viene compiuto come una completa inversione su se stessi, denominata
    riflessione. Inserisci, inoltre il ruolo saldo, fermo, affidabile - tetragono - di una madre che il figlio tende a sublimare, ma come tutte le donne, ha svolto più ruoli. La caratteristica che evidenzi, Marco, è particolarmente importante: il Poeta trasferisce le domande, i pensieri dal passato al presente. Consente al rapporto di divenire circolare. Ciò che è stato torna a essere. Il rimpianto, la gelosia, il desiderio di capire
    sembrano dividersi, nella tua esegesi in tre tempi: presente del passato, presente del presente, presente del futuro. Queste tre specie di tempi esistono in qualche modo nell'animo e il presente del passato è la memoria, il presente del presente la visione, il presente del futuro l'attesa. Hai colto i vari momenti della poesia di Nazario, amico mio, insegnandomi che una lettura istintiva non è mai esauriente. Ti ringrazio di cuore e ti abbraccio insieme al Nume Tutelare, che con i suoi versi ha innescato questo incantesimo.

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