Marco dei Ferrari, collaboratore di Lèucade |
LA MAMMA CHE VIVE CON PARDINI
Nazario Pardini in questa appassionante
lirica non si avvale di tecnicismi (metafore, metonimie, sinestesie,
associazioni varie, ecc.) per presentarci le immagini di sua mamma.
Da Poeta autentico qual è si richiama
semplicemente a ricordi, segmenti di tracciati, mini-macro significativi
momenti di quotidianità testimoniale di un altro tempo e di altre profondità
coscienziali.
Nazario è un figlio pentito nel sé,
autocritico, che soprattutto desidera imprimere nel suo sentire un "sigillo"
totale attraverso microcosmi scolpiti da una presenza materna assoluta ed
eterna.
Ma, si domanda, chi era realmente sua
mamma.
Solo mamma della miseria, della
rinuncia, delle sacrificio?
Donna vincolata dall'amore per la
famiglia nella sofferenza di un periodo storicamente per sé difficile e nella
privazione più totale di qualsiasi gratificazione femminile?
Non esattamente.
Anche se il Poeta domanda e si chiede
senza risposta (nella stratificazione creativa più profonda dove l'impulso
energetico fuoriesce dai canoni ereditari), trova (o ritrova) il barlume della gioia
condivisa di un giorno, un segnale che sgretola la barriera psicologico-interiorizzata
della madre per regalarci un'altra tipologia di donna rimasta nell'ombra delle
parole e dei fatti vissuti.
Da qui possiamo indagare le
emozionalità retro/introspettive che accompagnano il tracciato creativo poetico
di questa lirica intensamente lacerata: attimi, gesti, visioni, crescente
rammarico (...le memorie fanno male... ci conferma), il tardivo dramma di un'assenza
molto pesante.
E le parole si trasmutano con
fantastica semplicità in espressività nascoste, rigurgiti di colpe, analisi di
rimorsi sul tempo perduto.
Rimediare è impossibile; non rimane che
il rimpianto contenuto forse da certi scenari e pensieri che continuano ad occupare
mente e cuore: spuntano nella madre il coraggio e la felicità del nulla, le
vetrine da esaminare, il farsi bella, il vestito sognato e la gelosia per il
figlio sottrattole da un nuovo amore di donna.
Una gelosia che il poeta giustifica
trasmutandola in amore (materno) di valenza assoluta che si identifica
accumulandosi in un distacco generazionale inevitabile.
La mamma comunque "vive" ora
nella trasmissione lirica di un sentimento unitario (universale) che assume un
valore metafisico di "occupazione" spirituale nella estensività più
significativa del termine.
In conseguenza, tutti gli impulsi
emotivi di "Mamma" trascendono oltre l'immagine, al di là dell'episodio
in sé stesso, oltre la reattività filiale del Poeta per aggrapparsi in un
apparire senza ricordi, in prospezioni oscillanti nell'inconscio della
maternità in compresa tra dubbi e silenzi.
Pardini qui ha grande il merito di
trasferire il "passato" nel "vivente presente", dove si
attualizza la coscienza in un "adesso" senza precedenti che ontologizza
il narrare.
Ovvero medita, filtra l'Essere/spirito
coscienziale onnipresente, ne individua tempi (la memoria) e luoghi (la festa
di San Ranieri...), ne certifica gesti molto impressivi (...arruffavi nella mota...
con tre balle di spinaci...), ne convalida le premesse artistiche.
Ne emerge una "mamma"
diversa, tetragona, che il figlio-poeta accetta anche nel suo assentarsi e nel
suo ruolo fondamentale di madre/moglie da viversi con dignità, serietà e
rispetto.
Un figlio riconoscente e pentito, ma
consapevole di avere sublimato il ricordo del dolore in un'oscillazione
ontologica (dal dubbio alla certezza) che si ricompone nell'accettarsi come
coscienza e volontà illuminata da un'icona universale che "vive" per
sempre con lui e si chiama mamma.
Marco
dei Ferrari
Marco carissimo, da amante puro della filosofia, arricchisci la lettura della lirica del nostro Maestro delL’autocoscienza, ovvero della volontà di conoscere la verità su noi stessi. In effetti la lirica dedicata alla mamma presuppone un forte legame con la verità su se stesso. Questo tipo di conoscenza si chiama coscienza. Secondo Tommaso d’Aquino,la coscienza è completa nell’atto di auto-comprensione, in quanto tale atto ritorna al proprio punto di partenza, viene compiuto come una completa inversione su se stessi, denominata
RispondiEliminariflessione. Inserisci, inoltre il ruolo saldo, fermo, affidabile - tetragono - di una madre che il figlio tende a sublimare, ma come tutte le donne, ha svolto più ruoli. La caratteristica che evidenzi, Marco, è particolarmente importante: il Poeta trasferisce le domande, i pensieri dal passato al presente. Consente al rapporto di divenire circolare. Ciò che è stato torna a essere. Il rimpianto, la gelosia, il desiderio di capire
sembrano dividersi, nella tua esegesi in tre tempi: presente del passato, presente del presente, presente del futuro. Queste tre specie di tempi esistono in qualche modo nell'animo e il presente del passato è la memoria, il presente del presente la visione, il presente del futuro l'attesa. Hai colto i vari momenti della poesia di Nazario, amico mio, insegnandomi che una lettura istintiva non è mai esauriente. Ti ringrazio di cuore e ti abbraccio insieme al Nume Tutelare, che con i suoi versi ha innescato questo incantesimo.