Iginia Mignosi
OPERE SCELTE
Recensione di Enzo Concardi
Iginia Mignosi (1908-1999) possiede una
sensibilità artistica non comune, riuscendo ad accomunare nella sua creatività
l’espressione figurativa della pittura con l’abilità musicale nel tradurre in
note e suoni le immagini da lei stessa dipinte. Nazario Pardini ci racconta con
la solita perizia tale aspetto del suo essere donna ispirata dal bello e dalle
profondità dello spirito: “Tutto si fa musica, vibrazione, ritmo, romanza,
intermezzo sinfonico… Sì, perché Iginia, non contenta di avere concretizzato i
colori sulla tela, se li mette davanti agli occhi, li medita, li fa suoi e dà
loro, con la musica del piano, quell’accompagnamento che fa da leitmotiv, da
sottofondo sinfonico. Sembra di vedere il quadro trasferito in mondi di suoni e
melodie… e tutto si fa armonioso, incessantemente affascinante” (dal testo
critico Iginia Mignosi: la vita e l’amore, l’amore e l’arte, l’arte e la natura,
la natura e i suoi fremiti,
pubblicato nel libro). Sottolineare queste valenze e tali valori
della personalità artistica della pittrice e musicista palermitana mi pare
importante per penetrare nel suo mondo interiore, nelle pieghe di un’anima
certamente semplice nelle visioni, ma altrettanto sicuramente ricca di complessità
nelle gamme emotive e sensitive.
Contemplando
i suoi quadri – poiché ogni suo olio su tela invita alla contemplazione,
all’assorta meditazione – ho avuto un impatto visivo attratto da una
caratteristica fondamentale della sua ampia gamma policromatica, al di là dei
soggetti ritratti: l’intensità dei colori e delle sfumature, sia quando si
tratti di colori di per sé forti o più delicati. Così l’insieme della scena ritratta –
dominanti sono gli scorci paesaggistici e la vita agreste della antica civiltà
rurale – risulta un messaggio ad amare le tante colorazioni della vita, una
realtà lungi dall’essere monotona e grigia, ma essenzialmente pregnante di
significati e misteri da visitare e scoprire. Un’altra caratteristica singolare
che ho intravisto è la presenza di pochi elementi negli ambienti ritratti – sia
essi costitutivi del paesaggio naturale o antropizzato – o addirittura non
popolati da alcun soggetto umano: tutto ciò mi fa pensare alla nostalgia della
pittrice verso un mondo semplice, lontano dalle complicazioni dell’attuale
civilizzazione, dove a dominare era la natura che l’uomo rispettava come fonte
di vita e con cui aveva un rapporto armonioso, sereno, idillico, idealizzato:
nei suoi quadri non troviamo infatti scene del duro lavoro dei campi o di
qualsivoglia incrinatura alle sue ricostruzioni poetiche e favolose.
Esempi
di tutto ciò s’incontrano nel dipinto del ruscello a fianco di una casetta
fiorita; nel promontorio sul mare che fa da sfondo a una stradina con due donne
in antichi costumi; nello scenario di una terra di sole con donna e bimba,
alberi e case, che evocano arcaicità; nel ritratto delle amiche d’infanzia con
vestiti dell’epoca, lampada, camino di un lontano passato; nella coppia che
insieme cammina immersa nella natura; nella pace dell’anima del ritornante
motivo del casolare agreste; nei ricordi d’infanzia sull’aia rurale; nella
barca sul fiume e nella casetta sul lago, di sapore manzoniano; nell’ennesima
casetta tra i campi e i larici arrossati; nel mare dorato al tramonto con
barche a vela cullate dalle onde … Quest’ultimo dipinto appare sfocato, come
altri del resto, dal momento che la pittrice ama attingere ad una tecnica
impressionistica, ma con spazi di libertà personale, come nel ‘ciclo’ delle
raffigurazioni stagionali, in cui riesco a cogliere un desiderio di
universalità, poiché le scelte paesistiche non sono strettamente legate ad una
geografia locale – ad esempio non sono limitate alla monotematica degli
ambienti siciliani d’origine – ma possono appartenere a diversi scenari
naturali del nostro pianeta. Tra queste ultime opere mi hanno colpito
particolarmente per la loro suggestione e capacità evocativa verso le corde
emotive: Paesaggio
primaverile (la tenerezza dei tocchi di bianco e di
rosa); Paesaggio
ventoso (la forza della natura); Paesaggio invernale (fascino
di una nevicata nel villaggio); Paesaggio innevato (soffice
solitudine nella magia della neve); Lungo inverno (esiguità di case e
persone, in contrasto con i quadri fiamminghi popolatissimi); Autunno colorato
(tinte fiammeggianti e vivacità del contesto). Ha ragione Michele Miano
quando scrive: “... le inquietudini del Novecento hanno contribuito non poco a
creare nell’animo dell’artista una sorta di ‘cantuccio’ da un mondo in fiamme
per rifugiarsi in un mondo lirico”. E aggiungerei: senza alcuna acredine, ma
con eleganza e raffinatezza interiori.
Enzo Concardi
Iginia Mignosi, Opere scelte, testi critici di M. Miano e N. Pardini, Guido Miano
Editore, Milano 2021, pp. 60, isbn 978-88-31497-60-2, mianoposta@gmail.com.
Nessun commento:
Posta un commento