Carmen Moscariello, collaboratrice di Lèucade |
“Le antiche rotte dell’ Ahaggar”
Di Carmen Moscariello
ll cielo che
porta sole e terra e luna e stelle, è fiero di portarle. Come lui, il cielo,
sii tu fiero di portare la tua vita[1]
I canto
Si
perse a Fez. Era incantevole,
le sue mura sfumavano nella sabbia
del
deserto. I vicoli della medina erano
così stretti, a volte, maleodoranti, non c’era
anima viva, eppure si sentiva fissata da molti
occhi di donne e uomini; occhi bramosi,
curiosi della straniera: “Si è persa!”.
Erano le voci del silenzio
anche
di quelle che provenivano
dalle
porte acidule e scure
di sospiri, anche di quelle che accompagnavano
a
fiotti i ricchi emiri, le tante giovani mogli,
non
parlavano mai, avevano occhi pungenti
e le mani e le dita colorate da preziosi
tatuaggi, sembravano carte geografiche,
fatte per territori inesplorati. Quando
i
vicoli la portavano su una torre più alta
poteva vedere i cammelli al tramonto
(inimmaginabili per bellezza e mistero
i tramonti rossi-arancio del deserto), i
cammelli
erano
anch’essi statue di sabbia si muovevano
appena, impercepibile il loro dondolarsi,
solo
le code rompevano il vento.
La
rosa dei venti soffiava dai mille
vicoli
che aprivano e chiudevano attese.
II canto
Qui nessuno si insinuerà al tuo seguito!
I tuoi passi stessi hanno cancellato il sentiero
Dietro di te, e sopra il tuo sentiero sta
scritto: Impossibile!
(F. Nietzche)
L’unico
suono era il suo passo leggero: un fiato
caldo che cresceva nel polline dell’ ululato.
Impressionante
è il silenzio, nessuna parola
era più chiara. Né il segno di una lampada,
solo
ombre striscianti di un fruscio senza passi,
onde
sottili che confondevano la notte,
nel rumore senza foglie, c’era un vento
tagliente
che parlava ad alta voce, prepotente
sfidava il mistero delle ombre, la gioia,
mansueta
della mezzanotte; la profezia
delle
mura bellissime che circondano
la medina e le porte alte che non avevano
permesso l’entrata ai molti
dubbi.
Non
tremeranno al freddo della notte
le
gocce di cuore che si innalzavano alle stelle,
avvolte
nel mantello della sua anima.
Le
piazze piccole si aprivano e si chiudevano,
quasi a stringerla tra le braccia. Il sole
era
da molto tramontato e la visitatrice era estranea,
diversa,
bella, aveva un velo con garbate
sfumature
di verde, ricamato di perle e zaffiri,
l’avvolgeva
tutta; sporgeva solo
il suo piede nudo e delicato. Durante
il giorno, quegli occhi nascosti sotto
tende informi glieli guardavano vogliosi.
Iniziò
ad avere paura, sembrava
che gli spazi tra le mura della città,
fossero
penetrabili e facili da esplorare,
tutt’altro, la città era un labirinto
di viuzze sempre uguali che si arroventavano
su
se stesse. I suoi vestiti leggeri, quasi
trasparenti,
erano attraversati dai raggi
di luce che da secoli si fissavano
sulle
mura antiche, che avevano
respirato
passioni e guerre. Si trovò finalmente
davanti all’Università di Fez, forse
la più antica del mondo arabo, tirò
dritto
e, finalmente, a un giovane
che
le veniva incontro gli chiese
in francese come arrivare al Rida
de La Cheminé Bleue Fas, in prossimità
della Porta di Bab, luogo dove
si
trovava il suo albergo. La medina
fortificata,
ormai avvolta da ombre
dense, non lasciava leggersi in nessuna
sua
parte, il grigio giallo delle costruzioni
era diventato nero, brillavano ogni
tanto delle piastrelle verdi e blu. Alzò
alfine
gli occhi verso il cielo
e
le stelle le apparvero così vicine
e
lucenti, come mai le aveva viste,
era
per lei un capogiro, un sogno di levità
di
non appartenenza, se non a quel cielo
d’anfiteatro, verso i monti dell’Ahaggar,
albeggiò nell’arcolaio dell’ ampio mantello
del
Tahat, mentre le pietre la invitavano
a percorrere i sentieri sconosciuti.
L’
anima ha strane meteore che veloci
attraversano i cieli, brulicano nelle pieghe
più scure dei molti soli della vita,
…...
(Versi tratti dall’opera “Le
antiche rotte dell’ Ahaggar ” di Carmen Moscariello, opera in
pubblicazione).
Nessun commento:
Posta un commento