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sabato 20 novembre 2021

MARCO DEI FERRARI: "UMANIZZAZIONE" DEL COMUNICARE, 2° PARTE

               "UMANIZZAZIONE" DEL COMUNICARE

2° parte

La "comunicazione" peraltro non è unidimensionale omogenea, ma attiene a singolarità percettive di uno o più sensi (cinestesica).

Non è infatti l'oggettività del reale a creare le sensazioni emozionali, sono bensì le modalità di ricezione e di filtro delle informazioni rappresentate che si assestano su pluralità individuali ben codificate e disomogenee.

R. Sommer si esprime così: "quando le persone partono dal presupposto che gli altri pensino al loro stesso modo, possono nascere incomprensioni".

E' acclarato che ogni rappresentazione soggettiva interna produce sensazioni ed emozioni diverse.

Come evidenziare allora il sistema rappresentativo preferito da ciascuno?

Si può ipotizzare necessaria una specifica "analitica" che individui tre tipologie di persona: visiva, auditiva, cinestesica (vive di emozioni con maggiore intensità).

In effetti non è facile rapportarsi al mondo armoniosamente con persona che si "umanizza" in un diversificato sistema rappresentazionale.

In questo rapporto è necessario attivare un processo (calibrazione) che include il riconoscere tutti gli aspetti che aiutano a comprendere lo stato emotivo della persona (di fronte) creando un rapporto particolare di circondanza per avviare un sistema comunicante umanisticamente semplificato.

P. Drucker sintetizza così: "Nella comunicazione la cosa più importante è sentire ciò che non viene detto".

E' da sottolinearsi che la comunicazione è un'arte, soprattutto l'arte di ascoltare più che di parlare.

"La gente non ascolta aspetta solo il suo turno per parlare" (C. Palahntuk).

Perché non ascoltare?

Perché l'ascolto, quando reale, porta una visione del mondo diversa e talvolta impone il dubbio su convenzioni consolidate.

Epitteto argutamente osserva: "Abbiamo due orecchie e una bocca sola per poter ascoltare il doppio di quanto diciamo".

Lao Tzu interpreta: "Parlare è il modo di esprimere se stesso agli altri. Ascoltare il modo di accogliere gli altri in se stesso".

Con l'ascolto si soddisfa altresì il bisogno di importanza, essenziale fonte di umanizzazione spirituale per l'essere umano ed il suo manifestarsi individuale.

Ancora, l'ascolto sincero consente di abbattere il muro della diffidenza e di ampliare la dimensione relazionale alle persone più diverse e distanti (apparentemente) nonchè alla dinamica dell'oggetto scaturito dalla dialettica razionale del fare e non fare.

Goethe sottolinea: "Parlare è un bisogno ascoltare è un'arte".

Vi sono vari modi di ascolto: dal finto al selettivo, dal superficiale all'attivo (empatico) dove si attenziona non solo il contenuto ma anche la forma.

Qui l'umanizzazione/comunicazione eleva la sua protezione totale in quanto compendia ogni aspetto della funzione classica (parole) astretto dal linguaggio del corpo (che approva, disapprova ecc).

Il linguaggio "totale" si compone anche nel sintonizzarsi (ricalco) con l'interlocutore tentando di indicarsi quale strumento di ricerca tematica familiare.

J. Richardson rileva: "Ricalcare significa quindi andare incontro all'altra persona nel punto in cui lui o lei si trova, riflettendo quello che lui o lei sa o presuppone sia vero, o accordarsi con alcune parti dell'esperienza che lui o lei sta vivendo".

Questa riflessione perde valore quando il "ricalco" attiene le convinzioni di una persona che difficilmente vengono cambiate in quanto originano delle profondità dell'essere incardinate nella spiritualità progressiva dei flussi esistenziali complessivi (esseri e cose).

Tenere presente che è necessaria saldezza di principio, ma fluidità di opinione, è sempre una buona "guida" nel sistema relazionale/sociale.

Per scoprire il prevalente canale di comunicazione dell'interlocutore occorre avvalersi poi della legge di varietà indispensabile a livello inconscio, considerando due fattori: consapevolezza, flessibilità.

Ziglar sostiene: "I risultati che otteniamo dalle persone dipendono dal modo in cui le trattiamo".

Comunque sia, la legge della varietà indispensabile ritiene che in qualsiasi sistema (umano o tecne) nell'uguaglianza di tutti gli altri fattori, sarà l'essere con il maggior livello di reazioni a controllare il sistema stesso (maggiore sintonia possibile con sempre più persone).

Consideranto più specificatamente l'interlocutore umanizzabile, si può sostenere come N. Mahfuz: "Potete giudicare quanto intelligente è un uomo dalle sue risposte. Potete giudicare quanto è saggio dalle sue domande".

E lo stesso De Saint-Exupery considera importante l'arricchimento della "diversità" globale, in quanto unità spirituale costituita da qualcosa di superiore che trova nel pluralismo il fondamento dell'Essere.

Nella praticità del marketing, al di là della spiritualità, si evidenziano con chiarezza alcuni aspetti essenziali alla dialettica permanente del comunicare e cioè l'attenzione, l'interesse, il desiderio, l'azione.

Tali aspetti si focalizzano su alcuni importanti stili del comunicare stesso: passivo, aggressivo, assertivo.

Gli stili passivo e aggressivo hanno alcune comunicatività da non sottovalutare: evitano il confronto (con l'altro).

Marco Aurelio sintetizza: "Un no pronunciato con convinzione è meglio di un pronunciato unicamente per compiacere o ancora peggio per evitare problemi".

A differenza del passivo e dell'aggressivo, l'assertivo non si fa guidare dalle emozioni ma riesce a canalizzare anche quelle negative.

Gestire le emozioni (cioè imparare a rispondere e non a reagire) è la "summa" dell'umanizzarsi nel circuito relazionale e si compendia nella fisiologia, nel focus e nel linguaggio.

Gli stati d'animo si riflettono nella fisiologia della persona e si trasformano in precise posture e movimenti; ed è anche vero l'inverso: l'uso che facciamo del nostro corpo condiziona gli stati d'animo.

Poi le nostre emozioni dipendono da ciò su cui concentriamo la nostra attenzione (focus).

Le parole che usiamo per esprimerci con gli altri, infine influenzano completamente il nostro circondo (emozioni, reazioni, ecc.).

P. Krause si esprime così: "Sembra così banale, ma nelle relazioni si deve comunicare".

Fine 2° parte

                                                                   Marco dei Ferrari

2 commenti:

  1. Se comunicare significa "aprirsi all'altro", allora ascoltare è molto più importante di parlare. Ci si avvicina all'altro non urlandogli in faccia i propri pensieri, ma ascoltandolo umilmente nel tentativo di comprendere i suoi. Accade infatti - è esperienza comune - che tra esseri umani ci si intenda meglio stando in silenzio che non dando fiato alle trombe e alle fanfare. Parlare può divenire paradossalmente il modo più certo per alimentare l'incomprensione e litigare. A meno che non ci si abitui a dialogare prima di tutto con se stessi (nel silenzio, appunto, interiore), cercando di porsi in discussione di fronte a se stessi al fine di superare i propri pregiudizi e le proprie sovrastrutture mentali. A quel punto, debellando il proprio soggettivismo, si può divenire autentici, vuoi con se stessi che con altre persone. E' lo psicologismo, in ultima analisi, vuole dirci Marco dei Ferrari, lo scoglio che si deve superare affinché affiori la spiritualità e l'universalità del comunicare.
    Franco Campegiani

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  2. Franco Campegiani con il suo sempre brillante e profondo pensiero analitico coglie gli aspetti più fondamentali della comunicazione.
    Ringrazio Franco per aver voluto altresì significare questa tematica troppo spesso occultata, se non ignorata dal "caos" della velocità esistenziale contemporanea che nulla concede alla buona riflessione e meditazione.
    Il "comunicare" infatti è meditare nella necessaria calma interiorizzata da eventi e oggetti quotidiani; è riflettersi sull'interlocutore percependone affinità di compresenza; è sostituirsi all'anonimato dilagante con presenzialità costante e costruttiva.
    Grazie Franco, nuovamente

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