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martedì 7 ottobre 2014

MARIA RIZZI SU "IN MORTE DEL FRATELLO GIOVANNI" DI UGO FOSCOLO


Maria rizzi collaboratrice di Lèucade




Ringrazio il Professor Nazario per questi riferimenti ai grandi della nostra letteratura. E' importante ricordare che sono i pilastri sui quali poggiano gli odierni tentativi di creare poesia e narrativa.Il sonetto in questione, famosissimo, ripropone alcuni dei temi tipici della poesia di Foscolo, come si può osservare anche sottolineando le immagini, i termini e le espressioni che possiamo definire ricorrenti: la madre, i Numi avversi, la dialettica tempesta-quiete, la speranza ormai delusa e non più recuperabile, solo per fare alcuni esempi. 
In particolare, è forte il parallelo tra l'esilio e la tomba; la visita del luogo di sepoltura del fratello genera nel poeta una riflessione sul suo esilio, che vive appunto quasi come una sorta di morte per l'impossibilità di vivere ciò che più desidera, e i pensieri più nefasti, come la percezione appunto dell'avversità dei Numi, si scatenano a partire dal parallelo con la quiete e il riposo che il fratello, al contrario, vive. Foscolo è, nuovamente, un eroe sradicato, un esule (come Dante Alighieri) che dalla percezione della lontananza dal nucleo famigliare (il fratello, la madre) arriva a includere la lontananza dalla patria; la tomba diventa quindi un luogo ricongiungimento simbolico con entrambe, famiglia e patria, e l'occasione per proiettare un'unica pace possibile solo nella morte. Qualcosa però è diverso rispetto all'omologa riflessione condotta in "Alla sera": la morte porta la pace di una morte "lacrimata" che, essendo compresa e vissuta dai propri cari, diventa il momento del ricongiungimento, riflessione che poi l'autore svilupperà in modo del tutto particolare nei Sepolcri. Un caro saluto a tutti.

Maria Rizzi


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