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giovedì 31 dicembre 2015

NADIA CHAVERINI: "IL FUNAMBOLO"



Nadia Chiaverini, scrittrice, poetessa

Con l’augurio di un 2016 pieno di speranza in un futuro migliore, invio questi versi che fanno parte di una silloge a cui sto lavorando, che ha come filo conduttore il limite, l’equilibrio …

IL FUNAMBOLO

Brindo a mezzanotte sul mio filo teso
Porgo la coppa al cielo /  non temo il vuoto
Li porto dentro                                               
Il precipizio  e il punto d’appoggio
Il pianto del mondo
La sfida all’universo

Nadia Chiaverini


martedì 29 dicembre 2015

M. GRAZIA FERRARIS SU: "L'OSSITOCINA" DI N. DI STEFANO BUSA'

Maria Grazia Ferraris collaboratrice di Lèucade



Gli interventi saggistici di Ninnj Busà, che seguo con costanza nel tempo, sono carichi di problematiche etiche, di potenziali afflati spirituali e di qualche contenuto morale involontariamente e garbatamente provocatorio, che il padron di casa di questo blog con fiuto eccezionale coglie destinandone la pubblicazione in prima pagina.
Ninnj vede la nostra irrequietezza, una specie di tristezza e spesso di angoscia che ci caratterizza anche nelle cosiddette festività di pace e d’amore e …di misericordia, coglie la nostra fragilità, la nostra debolezza ed infelicità umana, vorrebbe aiutarci: chiama in causa la storia, la morale, la scienza ( la poesia) e tutto quello che può, in qualche modo, sostenere la sua tesi: l’uomo è vittima del male e non riesce a redimersi,( “ più l'uomo progredisce più diventa insubordinato ai valori evangelici”), l’amore si impara,(” L'amore s'impara, come a scuola la lezione di latino….”), (“Se non c'è solidarietà e amore per il prossimo, degenera la speranza, cresce e si fa forte il fondamentalismo, l'egocentrismo, la frammentazione che fanno la differenza …tra il mondo civile e quello dei primordi...); (“il processo di recupero delle coscienze richiede una sorta di allontanamento dalle forze del male, una riossigenazione dei processi che rilancino i motivi della cristianità, (laica, non necessariamente ecumenica e bacchettona) della purezza della Verità senza ipocrisie e infingimenti, un rilancio che ci liberi dal nichilismo responsabile della caduta dei valori e della crisi”). E ragionando su questi temi via via sogna: un mondo d’amore -monogamico e non litigioso-(…” Non siamo giunti alla vaccinazione contro l'infedeltà, ma vi si potrebbe arrivare scoprendo che è un gene malformato a produrla. Attendiamo le grandi scoperte per il futuro allora della monogamia e non solo...”)
Questa volta chiama in causa “l’elisir d’amore che esiste”: L'OSSITOCINA, ( “Secondo una messe di ricerche scientifiche in continua crescita, l’ossitocina ha anche un effetto a livello di alcune zone specifiche del cervello coinvolte nei sentimenti positivi. E alcune tra queste ricerche sembrano indicare che l’ossitocina sia responsabile di quella sensazione di appagamento sentimentale che è molto più frequente dopo un rapporto sessuale che nella vita normale…”).
U.De Robertis, forte della sua cultura scientifica si complimenta : “Qualcuno aveva estratto il gene della fedeltà da briciole di DNA di una particolare specie di muridi per impiantarlo in topi dalla conclamata sessualità, fedifraghi per eccellenza. Bene. Il risultato è che il topo libertino, una volta vaccinato, è diventato per il resto della propria vita il migliore dei cavalieri serventi nei riguardi di un unico esclusivo topo femmina."
Quanto apprezzo l’intervento di M. Rizzi che afferma, ridimensionando l’apporto scientifico:
” L'ormone della tranquillità, quindi... quello atto a evitare le crisi di panico, così diffuse in una società che produce livelli altissimi di stress. Quante interpretazioni per un solo termine? E quanto dobbiamo affidarci alla medicina, alla genetica e quanto al buon senso? Io rispetto alla scienza sono sempre sulla difensiva. Forse perché credo innanzitutto nella capacità della vita di stupire, emozionare, stordire.. E ho il sospetto che tutto sia incredibilmente relativo. Perché l'uomo può divenire l'elemento vincente.”! Altra fiducia. Altre speranze.
Così come mi pare fondamentale il problema- filosofico- posto da F. Campegiani: “ Perché, allora mi chiedo, costringere le persone, con metodi artificiali, ad essere quello che non sono e che non vorrebbero essere? E' etico, in nome di un presunto comportamento etico, omologarle, obbligarle a seguire una linea unica?... Non è forse meglio accettare i rischi della libertà?”
Abbiamo tutti bisogno di “volare alto”, di alzare lo sguardo verso il cielo; c’è bisogno di sognare, ha ragione Ninnj. Io vorrei farlo senza l’ OSSITOCINA e senza sentimentalismi. Buon 2016 a Ninnj e a tutti. Grazie.

SIMONETTA LONGO: "AUGURI DAL SALENTO"







Un augurio per il nuovo anno che viene dal Salento e dall' "Ulivo della disobbedienza", contro lo sradicamento indiscriminato degli ulivi secolari per la xylella. Per abbracciare e difendere le radici della Bellezza.
Un caro saluto,
Simonetta Longo

lunedì 28 dicembre 2015

GIUSY FRISINA: L'OMAGGIO A GARCIA LORCA "IL VALZER DELLA TRISTEZZA..."








http://giusyfrisina.weebly.com/lomaggio-a-garcia-lorca.html


Giusy Frisina collaboratrice di Lèucade


L’OMAGGIO A GARCIA LORCA : IL VALZER DELLA TRISTEZZA E DELLA VOGLIA DI VIVERE
COMMENTO E TRADUZIONE DI GIUSY FRISINA​


Leonard Cohen ha sempre amato profondamente Garcia Lorca, da quando a quindici anni scoprì per la prima volta una sua raccolta di poesie  in una vecchia e polverosa libreria. Da allora, come lui stesso racconta, non se ne è più separato. Così un giorno ha finalmente deciso di tradurre e trasformare in canzone una delle più misteriose poesie del grande Federico, il “Pequeno vals vienés”, uno dei due valzer riuniti sotto il titolo FUGA DA NEW YORK (due valzer verso la civiltà), la città dove scrisse lunghi versi febbrili che segnano  l’incontro difficile con la modernità  e con un mondo che aveva perso ormai  irrimediabilmente la sua innocenza, un luogo dove lui, che veniva da Granada, si riconosceva soprattutto nei neri e negli ebrei. 

 Leonard, di origini europee, pure se  nato in America, essendo i suoi genitori ebrei polacchi sfuggiti con saggia previdenza al pericolo hitleriano, porta con sé da sempre una strana nostalgia d’Europa ed un’ancor più strana nostalgia mediterranea. Nasce così tra i due un prezioso gemellaggio , nella  comune condizione ideale di chi vive sempre un po’ da straniero dovunque vada ed è  dovunque cittadino del mondo,  entrambi innamorati perdutamente  dei gitani che non hanno mai patria e guardano sempre oltre i confini. E il luogo d’incontro è patria di nessuno e  di entrambi : la romantica Vienna, impero sommerso, capitale  della mitteleuropa, crocevia di culture diverse un tempo mirabilmente intrecciatesi.  Un lungo valzer viennese è dunque la grande occasione di un meraviglioso rispecchiamento. Leonard rimane fedelissimo, nella traduzione inglese, al testo spagnolo, non ha bisogno di toccare quasi nulla, si immerge profondamente nel magico mondo fantastico di Federico, cogliendone la profonda tristezza e la pazzesca voglia di vivere. Nel tragico e delicato mondo surreale dove si intrecciano anime inquiete e immagini decadenti, tra fiori leggermente appassiti, alcool  e violini, avviene il miracolo di una sintonia: la musica aderisce dolcemente alle parole musicali che scendono come grappoli di luce e ombra sul vortice della danza. Ed è una canzone d’amore intensissima e struggente, un quarto d’ora oscillante e tormentato, che vorrebbe essere interminabile. Ed è una danza d’amore e morte, una vertigine di nostalgia per un mondo ormai tramontato e da cui pure non ci si può più staccare, un incantesimo che si vorrebbe potesse durare in eterno. Un modo per due nomadi di ritrovarsi a casa, in un gioco di immagini sovrapposte e fuori dal tempo, affacciati su un salone delle feste dove ondeggiano sogni e rimpianti, ma dove ancora è possibile donare un valzer e sperare ancora nell’amore e nella bellezza,  proprio quando si è persa ogni speranza. 


Take this waltz  

Now in Vienna there’s ten pretty woman
There ’s a shoulder where death comes to cry
There’s a lobby with nine hundred windows
There’s a tree where the dove go to die
There’s a piece that was torn from the morning
And it hangs in the gallery of frost
Ay, ay, ay, ay
Take this waltz, take this waltz
Take this waltz with the clamp of on its jaws


Oh I want you, I want you, I want you
On a chair with a dead magazine
In the cave at the tip of the lily
In  some hallways where love’s never been

On a bed where the moon has been sweating
In a cry filled with footstep and sand
Ay, ay, ay, ay

Take this waltz, take this waltz
Take  its broken waist in your hand

This  waltz, this waltz, this waltz, this waltz
with its very own breath of brandy and death
dragging its tail in the sea


There’s a concert hall in Vienna
Where your mouth had a thousand reviews
There’s a bar where the boys have stopped talking
They’ve been sentenced to death by the blues
Ah but who is it climbs to your picture
With a garland of freshly cut tears?
Ay, ay, ay, ay
Take this waltz, take this waltz
Take this waltz it’s been dying for years


There’s a bar where the boys have stopped talking
They’ve been sentenced to death by the blues
Ah but who is it climbs to your picture
With a garland of freshly cut tears?
Ay, ay, ay, ay



Take this waltz, take this waltz
Take this waltz it’s been dying for years


There’s an attic where children are playing

I where I’ve got to lie down with you soon
in a dream of Hungarian lanterns
In  the must of some sweet afternoon

And I’ll  see what you’ve chained to your sorrow
All your sheep and your lilies of snow

Ay, ay, ay, ay
Take  this waltz, take this waltz
With its “I’ll never forget you, you know!”

This waltz, this waltz, this waltz, this waltz
With its very own breath of brandy and death
Dragging  its tail in the sea

And I’ll dance with you in Vienna
I’ll be wearing a river’s disguise
The hyacinth wild on my shoulder
My mouth on the dew of your thighs
And I’ll bury my soul in a scrapbook
With the photographs there, and the moss
And I’ll yield to the flood of your beauty
My cheap violin and my cross
And you’ll carry me down on your dancing
To the pools that you lift on your whist
Oh my love, oh my love
Take this waltz, take this waltz
It’s yours now.
It’s all  that  there is.




Prendi questo valzer

 A Vienna ci sono dieci ragazze
 Una spalla dove va a piangere la morte
Un atrio con novecento finestre
Un bosco dove  morivano  i colombi
E c’è  un frammento che si è  staccato dal mattino
Ora  appeso  nel museo della brina
Ahi, ahi, ahi, ahi
Prendi questo walzer, prendi questo walzer
Predi questo valzer con le mascelle serrate

Oh io ti voglio, ti voglio ti voglio
Su una poltrona con una rivista morta
Nella caverna sulla punta del giglio
nei corridoi dove l’amore non è mai stato 
Sul letto dove la luna ha  sudato 
In un grido pieno di passi e  sabbia
Ahi, ahi, ahi, ahi

Prendi questo walzer, prendi questo walzer
Prendi nelle tue mani la sua cintura spezzata. 
Questo walzer, questo walzer, questo walzer, questo walzer
Con tutto l’ alito di brandy e morte
Trascinando  la coda nel mare.

C’è a Vienna una sala di concerti
Dove la tua bocca ha migliaia di echi
C’è un bar dove i ragazzi hanno smesso di parlare
Condannati  a morire  di  tristezza
Ah ma chi si sta  arrampicando ora sulla tua immagine
Con una  fresca ghirlanda di ritagli di  lacrime?
Ahi, ahi, ahi, ahi
Prendi questo walzer, prendi questo walzer
Prendi questo walzer che moriva per l’età 

C’è  una soffitta dove i bimbi stanno giocando
Lì  mi  sono appena disteso con te
In un sogno di lanterne ungheresi
In un  indimenticabile dolce pomeriggio
E  ti vedrò incatenata al  tuo dolore
con le tue pecore e i tuoi  gigli di neve
Ahi, ahi, ahi, ahi
Prendi questo walzer, prendi questo walzer
Con tutti  i  suoi “sai che non ti dimenticherò mai”

Questo walzer, questo walzer, questo walzer, questo walzer …

Ed io danzerò con te a Vienna
Indossando la maschera del fiume
I selvaggi giacinti sulle spalle
La bocca nella rugiada delle tue cosce
E seppellirò la mia anima nei  pezzi di un libro
Laggiù  tra il  muschio e alle fotografie
E  cederò alla marea della tua bellezza
Il mio violino  a buon mercato e la mia croce
E tu mi trascinerai nella danza
Fino alle vasche sollevate sui tuoi polsi
O amore mio,  amore mio
Prendi questo walzer, prendi questo walzer ….
Adesso è tuo . E’  tutto quel che c’è.
 
Leonard Cohen, in “I’m your man” Copyright  1988,


Sony Music Entertainment  (trad.it. di  Giusy Frisina)

giovedì 24 dicembre 2015

M. LUISA DANIELE TOFFANIN: "IL FERVORE DEL PUNGITOPO"

IL FERVORE DEL PUNGITOPO
da una terza rilettura del mio giardino d’Avvento


Ascolta il mio giardino d’Avvento
non respiri di viva linfa
non profumo-voce di fiori.
L’elleboro l’azalea alla Nascita
allora splendenti di candide corolle
straniti ora spenti di sogni-boccioli
da mortale cosmica disarmonia.

Eppure nel segreto d’antico verde
– intrico di felci paterne vigne ed altro –
da dodici lune inesausto mio pungitopo brilli
di lucenti bacche, miriadi, fra foglie-sillabe sgraziate.
Prodigio al cuore, stupore a mente stagioni.

Quel tuo fervore impercepito percorre
il Creato intero, il nostro fragile vivere
fra gli aghi del soffrire 
alito-ispiratore di vita nuova  
fuoco-vestale di magica Attesa

e in te è già dono di rosse bacche
presenza divina praesentita
dalla tua anima vegetale
all’uomo annunciata quale canto colore
fiducia in un’eterna rinascita.

E tu Bambino in povertà di grotta rinasci
nell’incanto infinito di millenni
offerta di Luce-speranza        Sempre
di tenerezza infante con celestiale aureola
d’umile innocenza a Creato e creature.

Al miracolo dell’armonia da Te rinata
s’aprono albe di petali immacolati
fra stellate di bacche rosse
palpitano s’inverano sogni
d’azalee ed elleboro
di pastori piccini e universe genti
tuttinsieme stretti nelle aiuole del tuo Amore.



Maria Luisa Toffanin

mercoledì 23 dicembre 2015

N. DI STEFANO BUSA': "SCOPERTA L'OSSITOCINA..."


Ninnj Di Stefano Busà collaboratrice di Lèucade


SCOPERTA L'OSSITOCINA, ormone benefico sull-AMORE

di Ninnj Di Stefano

L’elisir d’amore esiste. Non si prepara mescolando code di rospo e ali di lucertola. Ma si produce spontaneamente nel laboratorio chimico del nostro cervello. È una molecola piccola piccola e molto potente che negli ultimi anni si è guadagnata la fama di “ormone dell’amore” o della fedeltà. Si chiama ossitocina: ha molto a che fare con i comportamenti di attaccamento, soprattutto quelli tra genitore e figlio, ma viene sempre più spesso indicata anche come uno dei segreti di un amore che dura tutta la vita.
L’ossitocina è conosciuta da tempo per la principale delle sue azioni fisiologiche: lo stimolo delle contrazioni uterine alla fine della gravidanza. È per questo che si usa nei reparti maternità per indurre il parto quando necessario, o nei post-partum complicati e a volte nel puerperio fisiologico. Però viene anche prodotta durante il coito ed è responsabile delle contrazioni uterine durante l’orgasmo. Così come viene sollecitata dalla stimolazione del capezzolo, sia quella del neonato in cerca di latte sia, come accade più di frequente, di un partner sessuale. In più, l’ossitocina è prodotta anche nel maschio e in quantità simili a quelle che si osservano nella femmina, e probabilmente è associata alle contrazioni muscolari associate all’eiaculazione.
Bene, ma l’amore che cosa c’entra? Secondo una messe di ricerche scientifiche in continua crescita, l’ossitocina ha anche un effetto a livello di alcune zone specifiche del cervello coinvolte nei sentimenti positivi. E alcune tra queste ricerche sembrano indicare che l’ossitocina sia responsabile di quella sensazione di appagamento sentimentale che è molto più frequente dopo un rapporto sessuale che nella vita normale. Insomma: sarebbe la colla che tiene insieme una coppia felice, una colla che si rinforza a ogni tenero incontro. Ed è così che è diventata “l’ormone delle coccole” e (si presume, a seguire) “della fedeltà”.
Per esempio, uno studio tedesco pubblicato sulla rivista Pnas ha mostrato che, dopo una bella sniffata di ossitocina, gli uomini sono meno interessati a donne diverse dalla propria partner. Cioè il loro cervello sembra molto più appagato dalla vista di quest’ultima che da chiunque altra. Ed è importante, per la natura, promuovere la monogamia, ha spiegato l’autore principale René Hurlemann, perché questa dà un importante beneficio biologico: “Aumenta la stabilità della persona e la presta a un maggiore accudimento della prole, che a sua volta vede crescere le sue possibilità di sopravvivenza”. Lo si era visto anche nei topi: senza ossitocina diventano più promiscui, con l’ossitocina creano coppie stabili e feconde. Una specie di doping d’amore, più che un elisir.
Ma tornando a noi umani, una ricerca israeliana ha misurato i livelli di ossitocina nel sangue di 163 persone, tra cui 60 coppie appena formate e 43 single. Il risultato è stato che nei “piccioncini” i valori ematici erano sensibilmente più alti. Ma soprattutto rimanevano tali anche a distanza di sei mesi. Secondo i ricercatori, questo conferma che l’ormone ha un ruolo importante all’inizio di una storia romantica ma serve anche a cementarla nel tempo.
Perde di poesia, un amore che si giustifica con la biologia? Non sembra affatto. Anzi, diventa ancora più pervasivo nella nostra vita. Uno studio americano pubblicato sempre su Pnas ha indicato come l’ossitocina potrebbe migliorare le interazioni sociali dei bambini autistici. Mentre su Psychoneuroendocrinology si è suggerito l’impiego dell’ossitocina per la cura dei sintomi ossessivi nei disturbi della condotta alimentare, e su Pharmacology, Biochemistry and Behavior c’è chi ha ipotizzato un ruolo dell’ossitocina nel proteggere da tossicodipendenza e alcolismo.
La tentazione di gridare all’ormone dei miracoli sarebbe forte. Ma prima di pensare che una molecola possa risolvere i nostri problemi, quelli di cuore su tutti, ci vuole cautela. “In realtà”, precisa Giorgia Silani, responsabile del laboratorio di Social Neuroscience della Sissa (Scuola internazionale superiore di studi avanzati) di Trieste, “dell’ossitocina ci sono ancora tante cose che non sappiamo, e ancora vengono pubblicati studi con risultati molto diversi tra loro”. Per esempio, c’è da capire come mai in tutti questi esperimenti l’ormone venga somministrato per via nasale “quando non siamo affatto sicuri che in questo modo la molecola possa raggiungere il cervello”. Attenzione, quindi, avverte Silani: “È vero che l’ossitocina probabilmente ha un ruolo nelle nostre attività sociali e nella genitorialità, ma non dobbiamo credere che sia tutto chiaro. Soprattutto in fatto di amore”. Purtroppo l’amore tra due esseri umani è difficile da codificare scientificamente anche per chi si occupa di biologia. E un elisir da solo forse non basta ancora a spiegare perché ci innamoriamo, per qualche mese o per tutta la vita.


lunedì 21 dicembre 2015

N. PARDINI: PREFAZIONE A "SOTTOVOCE A TE MADRE" DI M. L. DANIELE TOFFANIN


PREFAZIONE A “SOTTOVOCE A TE MADRE”
Edizioni ETS. Pisa. 2015
di Maria Luisa Daniele Toffanin



Ora che si rifà Natale e l’attesa
facile svapora profumo d’infanzia
nostalgia per la casa-cuna tuttinsieme
come in presepe, sento madre cara
urgenza di succhiare con te miele
di quel momento quasi energia vitale
e in sussurri-intimi bisbigli ridirti
- che tutto in Lui già vedi
in un eterno celeste presente –
la mia storia qui sulla terra ed altro
 svelando verità ove le nostre anime
nude, si specchiano
simili gocce d’uguale sorgente. (Lettera di Natale).

Questo l’inizio della plaquette che già tiene in sé un climax ascensionale, un abbraccio alla terra e alle sue storie, per trasferirle là dove Lui tutto contiene “in un eterno celeste presente”. Come a contraddire il potere della morte, come a sconfiggere la tracotanza del tempo che tutto travolge e tutto fagocita in un inarrestabile ritmo disumano:

Il giorno spegne per sempre una vita.
Abi resta torrente d’inverno alla prima gelata
che cruda improvvisa lo stringe e chiude.
Ma grida con giovane cuore
dei mille segreti rimasti
accanto a parole-carezze lasciate cadere.

Fermati un solo momento ancora
anima scarlatta
nelle ombre cupe della sera…

Un Lui salvatore e riparatore delle sottrazioni a cui il terreno ci sottopone; quelle sottrazioni che ci procurano dolori indicibili dacché tali mancanze vorremmo che  non arrivassero mai, fino al punto di pensarle e di vederle eterne le persone che amiamo:

hai tali e tante età
da non avere età.

Mater mea
senza tempo
ami la vita

 Ma qui il dolore stesso si fa quietudine sotto lo sguardo di una eternità che ferma il presente abitato da anime “simili gocce d’uguale sorgente”. Sta qui la grandezza di questa silloge, in una simbiotica fusione di cielo e terra, di Thanatos e Eros, di vita e morte; di quiete e dolore in questa dualità fra luce ed ombra, in questa scalata verso la luminosità del Cielo che, come preghiera, annulla ogni spigolo dell’umano vivere; del terreno esserci; una fusione di contrapposizioni, di polemos tra gli opposti, che, in questi versi, genera, con euritmica musicalità, il focus della vita, il cuore del vivere, sbocciando tra i fiori del reale per decollare verso porti di smisurati orizzonti; per convertire in gioia le lacrime:

E il tuo albicocco in umana forma
vive rivive anche in una favola
in volo verso il divino schermo
ché tu la legga nei cenacoli del cielo
come meraviglia rifiorita sulla terra…

 E il tutto ex abundantia cordis; sì, da una straripante generosità emotiva, dato che anche il dolore, una volta riposato in animo, e illuminato da una urgente spiritualità, si trasforma in dolce immagine da trasferire in poesia; poesia di catarsi, di rugiadosi petali, di armonie:

Così allora che tu ti spegnesti
catarsi e armonia mi infuse il verso
e mi colmò il vuoto dell’assenza
di rugiadosi petali.
Con la parola ti rievocavo
e mi apparivi viva accanto
in queste pagine che Sottovoce ti allego
da leggere in comunione con altri
che abitano con te il cielo…

Una poesia che dice di momenti di grande resa lirica, di effettiva efficacia poematica, in cui la parola si scorcia o si allunga, si smorza o si rattiene, per seguire l’impeto di un fiume che romperebbe gli argini se non fosse sorretto da un robusto stilema; da una cifra lessico-fonica che va, anche, oltre la sintassi, oltre la tradizionale grammatica con accorgimenti figurativi, allusivi, iperbolici, e unità sintagmatiche che si fanno particolarità linguistica di notevole valenza visiva nel campo semantico e significante della Nostra. E anche se la Toffanin riesce ad allungare sguardi verso eteree ed edeniche soglie di fede, lo fa sempre partendo dalla coscienza della ristrettezza del vivere; dalla visionaria verità di una vita bruciata:

Ormai il vero scopre se stesso    
Lo sento, mi urla impietoso che
La vita intera è infine bruciata.
Resta solo un fascio minuto
                           D’esili raggi di sole.

E si leva un vento mesto
Un lieve piangere di foglie
Un’ala grigia di presagio.

Ed è la natura a farsi interprete prima nelle vicende della Nostra. Una natura che prende per mano l’Autrice e l’accompagna in un autunno che tanto sa di redde rationem, di ultimazione,  dove “Struggente è il vano nutrirti/ d’amare illusioni, vuoto/ scavato dentro da non saziare più”. Una natura che con i suoi sprazzi cromatici concretizza gli slanci emotivi della Toffanin.    
 Il memoriale diviene, così, alcova rigenerante, luogo di rinascita; terriccio fertile per canti che travalicano il contingente per azzardare sguardi oltre la caducità dell’ora. Ed è in questa isola felice che la Nostra riposa; è qui che riabbraccia volti fattisi diafani, puri, nudi e innocenti; ridarli a nuova vita, serena ed immortale, è la prima esigenza in questo afflato di rigenerazione plurale e totale:

Aria di passato spira
nella casa ritrovata
e agita un pulviscolo d’emozioni.
Fra pareti di sole
sfumati dal tempo
si muovono volti.

Quasi cascate irruenti
esplodono voci risate pianti
fra colori buoni di vita.
Intorno aleggiano trepidi
Madre i nostri giovani sogni…

Un poema alla madre i cui versi si intersecano in agili e apodittici costrutti, per agguantare gli abbrivi emotivi che ne fanno una voce di ontologica plurivocità. Iniziare dalla citazione testuale significa andare a fondo da subito nello stile e nei contenuti della Toffanin. Un poièin estremamente suggestivo e carico di motivazioni umane, di affondi naturistici contaminanti per cromie e simbologia esistenziale. Un poema il cui titolo – Sottovoce a te madre - fa da prodromico ingresso ad una storia verticale e orizzontale per la sua polivalenza. La poetessa fa della realtà fenomenica un trampolino di lancio verso un cielo carico d’azzurro. Ogni cosa dà il suo contributo a questo viaggio epigrammatico dove tempo, memoria, affetti, saudade, e nostos si miscelano fra loro cercando nelle oscillazioni metriche le varie stazioni degli stati emozionali.    
Uno spartito di polisemica significanza dove ogni elemento fa  parte di un tutto organico e circolare: vita morte vita. Sì, proprio la vita! La sua irripetibile casualità, la sua unicità e bellezza dominano in questa vicenda umana illuminata da squarci di cielo, voci di mare, gridi d’amore:

(…)
Passero triste
nelle ore lunghe di grigi tramonti.
Aquila audace
felice a confinare nuovi orizzonti.

Così rimarrai negli occhi del cuore.    

Nazario Pardini 


LORENA TURRI: "ORO, MIRRA, INCENSO"

Lorena Turri collaboratrice di Lèucade



ORO, MIRRA, INCENSO

E' oro la gioia
che ho riposto tra le mani
fattesi conchiglia

è mirra la preghiera
che recito nel silenzio
opalino della sera

è incenso la speranza
che spando nella stanza.

Lorena Turri

BONIFACIO VINCENZI: "TRE POESIE"



Bonifacio Vincenzi


NOTA BIOGRAFICA


Bonifacio Vincenzi è nato a Cerchiara di Calabria e attualmente vive a Francavilla Marittima (CS). In più di trent'anni di attività letteraria ha curato diverse antologie poetiche e ha collaborato a quotidiani, settimanali e riviste specializzate.
Nel suo vasto repertorio di pubblicazioni, ricordiamo:
- cinque raccolte di liriche (ultime delle quali La tempesta perfetta, Aljon Editrice, 2009) e  Le bambine di Carrol (LietoColle, 2015)
- il romanzo Arrivederci, Letizia! (Editrice Il Coscile, 2000);
- Per sole donne, Un amore di carta (Aljon Editrice, 2011);
- il romanzo per ragazzi Kremena e la sfida del fuoco magico (Giovane Holden Editrice);
Con Panesi Edizioni ha pubblicato nel 2014  l'e-book Shakira - Uno sguardo dal cuore e la favola L’apprendista Babbo Natale. E nel 2015 Testimone un cane e altri racconti.
Con la Casa editrice Ag  Book Publishing  di Roma  nel 2015ha pubblicato i primi due episodi del libro per l’infanzia Zoira & Max (La gatta rapita – Il mistero del vecchio mulino).
Ha diretto la rivista La colpa di scrivere e il quadrimestrale di letteratura Il Fiacre N. 9. Nel 1985 ha fondato Il Musagete–Istituto culturale della Calabria nell’ambito del quale ha ideato diverse rassegne letterarie e di arte contemporanea.
Ha fondato, inoltre, il Premio Letterario Nazionale di Calabria e Basilicata, il Premio Donna dell'anno e il Premio di lettura Hansel e Gretel e, recentemente il Campionato di lettura “Zoira & Max” per bambini.



domenica 20 dicembre 2015

SANDRO ANGELUCCI: "I CAPELLI DEGLI ANGELI"

Sandro Angelucci collaboratore di Lèucade


Vorrei augurare BUONE FESTE con una speranza: che si riesca tutti (me compreso) ad innamorarci della vita vera, che non è tale se non si scopre la luce nelle lacrime e viceversa. Con il forte auspicio che la Poesia torni ad essere messaggera del vero, BUON NATALE E BUON ANNO A TUTTI



I CAPELLI DEGLI ANGELI


Li chiamano capelli d’angelo
quei fili argentati che a Natale
coprono le spalle degli abeti.
Ma i volti, gli occhi
dell’innocenza soffocata dal dolore
dove si nascondono,
perché non hanno quella luce
perché non entrano
nei cuori e nelle case?
Forse non vogliono,
forse ci aspettano nei boschi
tra le nebbie dicembrine
nelle trine ricamate
lungo i rami.
Forse, gli angeli sono malinconici
piangono, a Natale.
E sciolgono i capelli sulle spalle
per farci innamorare
della vita
che scorre luminosa
sotto le lacrime.
  

Sandro Angelucci