L’ultimo
libro di Loredana D’alfonso, “Assolo”, edito dai tipi di puntoacapo, è una
Raccolta di racconti, che esaminano il tema della solitudine. Il termine
nell’origine latina significa esattamente ‘solo’, tratto dal greco, òlos
equivale invece a ‘tutto’, e ha che fare con la solidità del tutto come
epifania del cosmo. In effetti non si può stare soli se non si è stabili. Molto
originale l’idea di abbinare a ogni protagonista uno strumento musicale. Apre la Silloge Claudia, che viene accostata
al pianoforte e la scelta della donna non mi è sembrata casuale, in quanto
tocca direttamente il cuore dell’autrice. Il pianoforte mi ha indotta a pensare
al testo “Novecento” di Alessandro Baricco. Cito un estratto: “I tasti dello
strumento sono ottantotto, su questo nessuno può fregarti. Loro sono finiti.
Infinita, invece, è la musica che puoi creare dentro di essi.” Loredana abbina
i tasti neri alla tristezza e i bianchi alla gioia. Resta il dato di fatto che
anche i neri sono indispensabili per fare musica. Il bene e il male
nell’esistenza si alternano inevitabilmente, in quella che Eraclito chiamava “l’armonia
degli opposti”. Jango, il secondo protagonista, senegalese, è legato ai tamburi
della sua terra in un racconto dolce, di solitudine e solidarietà, scritto
senza scivolare sull’olio della pietà, con colori e profumi tesi a creare un
ponte tra l’Africa e l’Abruzzo, regione particolarmente cara alla Nostra. Il
flauto del bimbo Daniele, protagonista del terzo brano, non sembra quello
magico dell’opera di Mozart, ma forse lo è proprio perché non viene inserito in
una vicenda lieta, ma in un testo didattico, che vuole insegnare a non fidarsi
delle apparenze, visto che la verità è spesso nascosta. Vorrei evitare di citare
gli altri personaggi dei racconti per lasciare ai lettori il gusto di scoprirli.
Mi soffermo sull’aspetto ossimorico del titolo. L’assolo è una composizione
eseguita da un solo musicista (vocale o strumentale), la nostra scrittrice
adotta la metonimia, una figura retorica che ha varie funzioni, tra le quali
sostituire il contenente con il contenuto. Per usare un esempio si può dire oro
per alludere alla ricchezza… Nel nostro caso assolo sta per orchestra, come
precisa perfettamente Valeria Bellobono nell’ottima prefazione. Le otto storie
rappresentano un’orchestra da camera, in quanto formata da un numero limitato
di strumenti musicali, dedicata alle solitudini nelle loro varie accezioni, e
d’altronde siamo sempre più connessi, più informati, più stimolati, ma
esistenzialmente sempre più soli. Loredana
D’alfonso non è alla sua prima esperienza creativa. Come abbiamo avuto modo di apprendere
dalla sua biografia, ha all’attivo vari romanzi gialli, un’altra raccolta di
racconti e sillogi poetiche. Sin da giovanissima ha quindi considerato la
scrittura la porta d’ingresso alla sua interiorità. Ricopre il ruolo di
giornalista - pubblicista e, in passato, la sua prosa era veloce, scattante,
dinamica, aderente alla modalità di scrittura giornalistica. Con il tempo ha
cominciato a distendersi, a divenire introspettiva, pur mantenendo le
caratteristiche di brevità. La vita
cambia e muta il nostro paesaggio interiore. Uno dei doni dello stile della
nostra autrice è la fuga dalla retorica e vanno poi messe in luce la chiarezza,
la fluidità e la scorrevolezza. La
scelta dei racconti è senz’altro la più idonea al tipo di libro, in quanto si
tratta di componimenti letterari brevi, dedicati a un’unica vicenda, o
tematica, nella quale la storia viene esposta secondo uno schema di causa - effetto, che si risolve
arrivando a un finale che non prevede un seguito. Loredana D’alfonso nel
concepire le sue otto creature si attiene alle regole tipiche di questo genere,
ricorrendo a contenuti verosimili e non storici, senza conclusioni
moraleggianti. Il narratore, nel suo caso, è sempre esterno al racconto e viene
definito etero diegetico. Riguardo al
ritmo narrativo l’autrice predilige l’accelerazione, tramite sintesi o ellissi,
costituite talvolta da salti cronologici, evitando l’adozione di descrizioni,
riflessioni o digressioni di vario genere. La nostra moderna attrazione per i
racconti è il segno di un senso di fugacità e fragilità. Non abbiamo l’istinto
di qualcosa di definitivo. Si sceglie il racconto perché si è posseduti dal
sentimento che la vita stessa è un testo insolitamente breve e forse non vero…
Maria
Rizzi
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