mercoledì 27 novembre 2024

Maria Rizzi legge :"Assolo" di Loredana D’Alfonso - puntoacapo edizioni

 

L’ultimo libro di Loredana D’alfonso, “Assolo”, edito dai tipi di puntoacapo, è una Raccolta di racconti, che esaminano il tema della solitudine. Il termine nell’origine latina significa esattamente ‘solo’, tratto dal greco, òlos equivale invece a ‘tutto’, e ha che fare con la solidità del tutto come epifania del cosmo. In effetti non si può stare soli se non si è stabili. Molto originale l’idea di abbinare a ogni protagonista uno strumento musicale. Apre la Silloge Claudia, che viene accostata al pianoforte e la scelta della donna non mi è sembrata casuale, in quanto tocca direttamente il cuore dell’autrice. Il pianoforte mi ha indotta a pensare al testo “Novecento” di Alessandro Baricco. Cito un estratto: “I tasti dello strumento sono ottantotto, su questo nessuno può fregarti. Loro sono finiti. Infinita, invece, è la musica che puoi creare dentro di essi.” Loredana abbina i tasti neri alla tristezza e i bianchi alla gioia. Resta il dato di fatto che anche i neri sono indispensabili per fare musica. Il bene e il male nell’esistenza si alternano inevitabilmente, in quella che Eraclito chiamava “l’armonia degli opposti”. Jango, il secondo protagonista, senegalese, è legato ai tamburi della sua terra in un racconto dolce, di solitudine e solidarietà, scritto senza scivolare sull’olio della pietà, con colori e profumi tesi a creare un ponte tra l’Africa e l’Abruzzo, regione particolarmente cara alla Nostra. Il flauto del bimbo Daniele, protagonista del terzo brano, non sembra quello magico dell’opera di Mozart, ma forse lo è proprio perché non viene inserito in una vicenda lieta, ma in un testo didattico, che vuole insegnare a non fidarsi delle apparenze, visto che la verità è spesso nascosta. Vorrei evitare di citare gli altri personaggi dei racconti per lasciare ai lettori il gusto di scoprirli. Mi soffermo sull’aspetto ossimorico del titolo. L’assolo è una composizione eseguita da un solo musicista (vocale o strumentale), la nostra scrittrice adotta la metonimia, una figura retorica che ha varie funzioni, tra le quali sostituire il contenente con il contenuto. Per usare un esempio si può dire oro per alludere alla ricchezza… Nel nostro caso assolo sta per orchestra, come precisa perfettamente Valeria Bellobono  nell’ottima prefazione. Le otto storie rappresentano un’orchestra da camera, in quanto formata da un numero limitato di strumenti musicali, dedicata alle solitudini nelle loro varie accezioni, e d’altronde siamo sempre più connessi, più informati, più stimolati, ma esistenzialmente sempre più soli.  Loredana D’alfonso non è alla sua prima esperienza creativa. Come abbiamo avuto modo di apprendere dalla sua biografia, ha all’attivo vari romanzi gialli, un’altra raccolta di racconti e sillogi poetiche. Sin da giovanissima ha quindi considerato la scrittura la porta d’ingresso alla sua interiorità. Ricopre il ruolo di giornalista - pubblicista e, in passato, la sua prosa era veloce, scattante, dinamica, aderente alla modalità di scrittura giornalistica. Con il tempo ha cominciato a distendersi, a divenire introspettiva, pur mantenendo le caratteristiche di brevità.  La vita cambia e muta il nostro paesaggio interiore. Uno dei doni dello stile della nostra autrice è la fuga dalla retorica e vanno poi messe in luce la chiarezza, la  fluidità e la scorrevolezza. La scelta dei racconti è senz’altro la più idonea al tipo di libro, in quanto si tratta di componimenti letterari brevi, dedicati a un’unica vicenda, o tematica, nella quale la storia viene esposta secondo  uno schema di causa - effetto, che si risolve arrivando a un finale che non prevede un seguito. Loredana D’alfonso nel concepire le sue otto creature si attiene alle regole tipiche di questo genere, ricorrendo a contenuti verosimili e non storici, senza conclusioni moraleggianti. Il narratore, nel suo caso, è sempre esterno al racconto e viene definito etero diegetico.  Riguardo al ritmo narrativo l’autrice predilige l’accelerazione, tramite sintesi o ellissi, costituite talvolta da salti cronologici, evitando l’adozione di descrizioni, riflessioni o digressioni di vario genere. La nostra moderna attrazione per i racconti è il segno di un senso di fugacità e fragilità. Non abbiamo l’istinto di qualcosa di definitivo. Si sceglie il racconto perché si è posseduti dal sentimento che la vita stessa è un testo insolitamente breve e forse non vero…

 

Maria Rizzi

 

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