mercoledì 19 novembre 2025

Cinzia Baldazzi ci segnala.........

 

Premio Internazionale d’Eccellenza

“Sergio Camellini”

 

Modena, 22 novembre 2025

Salone d’Onore dell’Accademia Militare di Modena - Palazzo  Ducale

 

                                      

Il Premio Sergio Camellini, istituito per onorare la memoria del poeta, psicologo e umanista modenese, rappresenta un momento di alto riconoscimento nel panorama culturale nazionale e internazionale. Nato con l’intento di valorizzare personalità che si distinguono per meriti artistici, letterari, scientifici e sociali, il premio vuole sottolineare i valori che hanno guidato la vita e l’opera di Camellini: sensibilità, ricerca interiore, impegno civile e amore per la bellezza.

Durante la cerimonia ufficiale, la commissione giudicatrice conferirà il prestigioso riconoscimento a figure di rilievo che, attraverso il loro talento e la loro dedizione, hanno saputo lasciare un’impronta significativa nella società contemporanea.

Gli insigniti del Premio Sergio Camellini di quest’anno sono:

INSIGNITI ALLA CARRIERA e ALLA CULTURA

Sen. Vincenza Rando: Avvocato; Senatrice della Repubblica (XIX legislatura).

Anna Maria Lombardi, Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, Filosofa, Psicologa, Psicoterapeuta, Autrice e poetessa

Angela Kosta: Scrittrice/poetessa, traduttrice, giornalista e critica letteraria.

Anna Giada Altomare: Imprenditrice editoriale / Founder & CEO di Another Coffee Stories.

Cinzia Baldazzi: Critica letteraria, scrittrice e giornalista culturale.

Davide Foschi: pittore contemporaneo, artista visivo e poeta.

Domenico Pisana: Scrittore, poeta e studioso (teologo/ricercatore).

Donatella Rampado: Direttore Risorse Umane, formatrice e consulente in marketing/comunicazione.

Francesco Lenoci: Dottore commercialista, consulente e docente universitario.

Gianni Casale: avvocato, scrittore

Giuseppe Aletti: Poeta, editore e docente di scrittura.

Lorenzo Spurio: Poeta, scrittore e critico letterario.

Luciano Manfredi: Poeta, scrittore

Luigi Bulla: Presidente centro culturale e attività poetiche/editoriali.

Marina Pratici: critico letterario, saggista e poeta. Fondatrice e Presidente di prestigiosi Premi Letterari Internazionali

Michele Miano: Editor e co-editore (Guido Miano Editore).

Nicola Paone: studioso, Presidente e ideatore dei Premi.

Nina Miselli: Scrittrice e promotrice culturale, organizzatrice di premi letterari.

Walter Zuliani, Primario Responsabile Chirurgia Generale Humanitas Mater Domini

Rita Coruzzi: Giornalista e scrittrice di romanzi storici.

Rodolfo Vettorello: Architetto, poeta e narratore.

Simona Castiglioni: Primario radioterapia

Sonia Demurtas: Curatrice/editor d’arte e promotrice culturale.

 

La cerimonia si svolgerà nel Salone d’Onore dell’Accademia Militare di Modena il 22 novembre 2025, alle ore 15.00 in un clima di grande partecipazione, con la presenza di autorità, esponenti del mondo della cultura e un pubblico numeroso che ha condiviso l’emozione del riconoscimento.

Il Premio Sergio Camellini si conferma così come un faro di eccellenza, capace di coniugare arte e umanità, memoria e futuro, diventando un punto di riferimento per chi crede nel potere trasformativo della cultura.

Chi era Sergio Camellini
Poeta, psicologo e umanista modenese, Sergio Camellini ha dedicato la propria vita alla ricerca dell’interiorità umana e alla valorizzazione della parola come strumento di crescita personale e collettiva. Autore di numerose raccolte poetiche e testi di riflessione, la sua opera si distingue per la profondità etica e l’attenzione ai valori universali della solidarietà, della pace e della dignità della persona. Con il Premio a lui intitolato si intende tramandare il suo messaggio e mantenere viva una testimonianza che continua a ispirare nuove generazioni.

Il Comitato promotore ringrazia tutti i partecipanti e rinnova il proprio impegno a custodire e diffondere, attraverso il Premio, l’eredità culturale e umana di Sergio Camellini.

COMITATO D’ONORE

Andrea Bortolamasi, Assessore alla cultura del Comune di Modena

Maria Savigni, Assessore alla cultura del Comune di Sassuolo

Giuliano Albarani, Assessore alla cultura del Comune di Carpi

Cav. Maria Carafoli, Presidente del Panathlon International Club Modena

Silvia Stefani, Responsabile servizi di Staff del Sindaco di Sassuolo e Relazioni esterne

Mirella Cristina, avvocato, già parlamentare, già commissione giustizia.

Angela Govi, Artista

Francesco Lenoci, docente Università Cattolica Sacro Cuore Milano.

Francesco Nigri, Digital Marketing Specialist, Founder & CEO iBusiness Srls, Poeta

Franco Guerzoni, Artista

Goffredo Palmerini, giornalista, scrittore

Hafez Haidar, Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, arabista, scrittore e traduttore libanese naturalizzato italiano, candidato al Premio Nobel per la pace e la letteratura.

Hebe Muñoz, poetessa, scrittrice, traduttrice.

Marcella Camellini, Medico Dirigente di Cardiologia, Docente e Divulgatrice Medico Scientifica

Maria Pia Turiello, criminologa forense.

Regina Resta, Presidente Ass. VerbumlandiArtAps

Rodolfo Vettorello, poeta, critico letterario

Rosella Murano, docente, scrittrice, poetessa.

COMITATO DI GIURIA:

PRESIDENTE ONORARIO DEL PREMIO
Dott.ssa Marcella Camellini, Medico Dirigente di Cardiologia, Docente e Divulgatrice Medico Scientifica

PRESIDENTE RESPONSABILE PER LA COMUNICAZIONE
Goffredo Palmerini, giornalista, scrittore

PRESIDENTE DI GIURIA
Hafez Haidar, Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, arabista, scrittore e traduttore libanese naturalizzato italiano, candidato al Premio Nobel per la pace e la letteratura.

MEMBRI DI GIURIA AUTORI ITALIANI

Anna Maria Lombardi, Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, Filosofa, Psicologa, Psicoterapeuta, Autrice e poetessa
Francesco Nigri, Digital Marketing Specialist, Founder & CEO iBusiness Srls, Poeta
Hebe Munoz, poetessa, scrittrice, traduttrice.

Rosella Murano, docente, scrittrice, poetessa.

Marcella Camellini, Medico Dirigente di Cardiologia, Docente e Divulgatrice Medico Scientifica
Marilisa Palazzone, docente, avvocato, autrice.
Michele Miano, editore, critico letterario e poeta.
Stefania Romito, giornalista, scrittrice, poetessa.

MEMBRI DI GIURIA AUTORI STRANIERI

Angela Kosta, poetessa, scrittrice, giornalista, editore, traduttrice.
Hebe Munoz, poetessa, scrittrice, traduttrice.
Irene Doura Kavadia, scrittrice, poetessa, docente, traduttrice multilingue, manager e promotrice culturale greca.
Marta Tarantino, Ph.D., Ricercatrice Post-doc – ERC MEGAMAPS Project,
Università di Napoli L’Orientale, scrittrice, traduttrice,
Miriam Haidar, docente, autrice, traduttrice.
Mirjana Dobrila, autrice, traduttrice.
Taghrid Bou Merhi, poetessa, scrittrice, giornalista, editrice, saggista e traduttrice.

RESPONSABILI CONDUZIONE: Francesco Nigri ed Hebe Muñoz

COMITATO ORGANIZZATIVO

Goffredo Palmerini, giornalista, scrittore

Marcella Camellini, Dirigente Medico dell’Unità Operativa di Cardiologia dell’Ospedale di Sassuolo.

Maria Pia Turiello, criminologa forense.

Mirella Cristina, avvocato, già parlamentare, già commissione giustizia.

Regina Resta, Presidente Ass. VerbumlandiArtAps.

 

 

 

 

 


70 ANNI DI LIBRI E UN APPUNTAMENTO SPECIALE

 

GUIDO MIANO EDITORE

Comunicato stampa

 



 

So che ti prenderai cura di me, edito Guido Miano Editore, è il nuovo volume di poesie di Michele Miano

 

Milano,18 novembre 2025 Guido Miano Editore celebra 70 anni di attività con un evento speciale dedicato alla poesia e alla memoria, con autori e collaboratori che hanno accompagnato la casa editrice in questo lungo percorso.

Nell’ambito dell’evento, sarà presentato il nuovo volume di poesie di Michele Miano, dal titolo “So che ti prenderai cura di me”. L’opera, intensa e personale, è un commosso omaggio al padre Guido Miano scomparso nel 2022. Attraverso lettere inedite, versi poetici e foto d’archivio, il libro ripercorre momenti significativi della vita dell’autore e della sua famiglia, strettamente legata alla storia dell’editrice.

Fondata nel 1955, Guido Miano Editore è da sempre punto di riferimento nel panorama culturale italiano, con una produzione continua di titoli dedicati alla poesia, letteratura, saggistica e arte, anche in ambito universitario.

Durante l’evento, ricco di ospiti, autori e collaboratori storici condivideranno testimonianze e ricordi, tracciando le tappe più significative di questa realtà editoriale indipendente. La presentazione del volume sarà accompagnata da letture e riflessioni insieme all’autore.

 

 

·        Mercoledì 10 dicembre 2025, alle ore 18,30 nella suggestiva Sala degli Arazzi del Museo d’Arte e Scienza, Via Q. Sella 4, Milano nei pressi del Castello Sforzesco.

 

 

 

Come afferma l’autore: “il presente volumetto è una sorta di preghiera – soliloquio che ho voluto rivolgere a mio padre in quanto sento di dirgli: “So che ti prenderai cura di me”.

 

 

Programma dettagliato dell’evento nella locandina allegata.

 

 L’autore

 

Michele Miano, editor e co-editore di Guido Miano Editore. Studi classici e laurea in Giurisprudenza. Consulente legale, insieme alla professione coltiva la passione per la storia del libro e della stampa. Umanista bibliofilo, da sempre nel mondo dei libri e dell’editoria indipendente, è operatore culturale, poeta, critico letterario e d’arte. Ha pubblicato le raccolte di poesie: Quaderno senza titolo (2013), Deltaplano (2014) e So che ti prenderai cura di me (2025). Membro di varie Giurie in Premi Nazionali di poesia e arte, si occupa prevalentemente di critica letteraria con profili, articoli e monografie di autori e artisti contemporanei; relatore in convegni letterari, ha curato eventi letterari ed artistici. Ha in corso vari progetti editoriali.

 

 

 

 

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Guido Miano Editore

Ufficio stampa: Via Emanuele Filiberto 12 -  20149 MilanO

michelemianoposta@gmail.com / mianoposta@gmail.com

02.3451804 - 02.3451806 – cell 3475552140

 

 

 

 

 

 

 


Franco Donatini ci segnala.......


 

Rita Fulvia Fazio: Per Amorem ad lucem

PREFAZIONE

Scrivere poesie d’amore è come tuffarsi in un lago pieno di fascino e di mistero, così com’è questo sentimento, da sempre presente e protagonista dell’esistenza umana. Un viaggio dai risvolti e dai contorni indefiniti, con il risultato di perdersi, o lasciarsi trasportare da un inevitabile coinvolgimento emotivo. In questa raccolta il viaggio si snoda in un percorso intenso e vissuto, che tuttavia supera la condizione personale per divenire paradigma universale dello stato d’animo connesso alla dimensione amorosa. L’amore ha prodotto nel corso della storia fiumi di parole, di testi poetici per trovare definizioni, chiavi di lettura, capaci di interpretarne il senso profondo nelle sue vaste e multiformi estrinsecazioni. Questo sentimento rappresenta il più alto momento esistenziale, associato al perseguimento del piacere e dell’elevazione spirituale. Il tema amoroso ha dominato le pagine e i versi di molti autori, dall’antichità, come il Cantico dei Cantici, al periodo classico, come Saffo e Catullo, al medioevo, con la letteratura provenzale e il Dolce Stil Novo, ai poemi cavallereschi, fino ai grandi poeti dell’Ottocento e Novecento, da Leopardi, D’Annunzio, a Emily Dickinson ad Alda Merini. Talvolta l’amore si correla con la ricerca del divino, come una forza soprannaturale alla quale è impossibile resistere, o con l’elaborazione filosofica, di derivazione platonica e aristotelica, come nella Commedia Dantesca in cui l’amore rappresenta la forza motrice dell’universo, o infine nell’esaltazione dell’Eros, che già presente nei poeti elegiaci, diviene l’elemento portante nelle liriche dannunziane. Per Fulvia Fazio l’amore è inteso come totalità, un sentimento che parte dal coinvolgimento del corpo e della mente, fino a divenire momento spirituale, collegandosi per questo allo stilnovismo, ma assumendo i connotati profondi della poesia elegiaca. Sono indubbiamente presenti in questa opera le tre valenze dell’amore, riconducibile a Eros, Agape e Philia, cioè l’amore, passionale, quello spirituale, puro, infinito e quello sentimentale che stabilisce un rapporto di complicità, amicizia e condivisione con la persona amata. L’originalità di questa raccolta è anche rappresentata dal fatto che le liriche si articolano nel doppio registro della poesia e della canzone, creando allo stesso tempo suggestioni intense e sognanti. Il rapporto tra poesia e musica è antico e fortemente dibattuto. È indubbio che i poemi antichi abbiano avuto un esito musicale, in quanto cantati e accompagnati dalla cetra, così come in tempi più recenti, ad esempio nei I fiori del Male, di Baudelaire, alcune poesie assumono i connotati della canzone. È così per esempio per la poesia di Baudelaire Invito al viaggio che ha ispirato l’omonima canzone di Franco Battiato, tra cui esiste una sorprendente corrispondenza di contenuto e versificazione. Piccola mia, sorella, / quale favola bella / vivere insieme laggiù dolcemente! / Amare a non finire, / amare e morire, / in un paese che a te è somigliante! (Charles Baudelaire) Ti invito al viaggio / In quel paese che ti somiglia tanto / I soli languidi dei suoi cieli annebbiati / Hanno per il mio spirito l’incanto dei tuoi occhi / Quando brillano offuscati (Franco Battiato) Tuttavia, qui Fulvia Fazio tenta un ulteriore passo, indubbiamente riuscito di un’intima connessione tra i due registri. Poesie e canzoni si alternano senza soluzione di continuità, quasi a voler dimostrare un’armoniosa corrispondenza, in cui le poesie sembrano canzoni e viceversa. È evidente già nella poesia incipitaria, Note del tempo in ascolto, in cui si spiega poeticamente questa correlazione: In primis sopraggiunge la musica / e le parole prendono forma: / mente e cuore intrecciano idee ed emozioni / licenziando la meditazione e la riflessione La canzone diviene così essenza poetica, perché così come la poesia, è l’emozione e non la narrazione che trasferisce il messaggio musicale. Questa contaminazione tra musica e poesia presuppone un intervento sulla versificazione e allora la struttura ritmica assume toni cantilenanti, come nella canzone Nel e fuori dal tempo: Una volta ti Amavo. / Una volta di te. / Una volta che il tempo / resta al senso di sé. / Una volta il tuo bacio / era il bacio di me. / Una volta il mio bacio / era il bacio di te. e come nella poesia L’acrobata, in cui è presente un ritmo musicale dello stesso tipo: Fammi sognar, / fammi parlare / del nostro Amore / e presterò / al mio dolore / quel seme ancor / che parla al cuore. Concludendo si può senz’altro dire che il tentativo di sperimentare questo connubio tra poesia e canzone sia essenzialmente riuscito, grazie all’uso sapiente, ma non convenzionale, degli strumenti base della composizione poetica, quali il ritmo, la metrica, l’immagine, il linguaggio e soprattutto attraverso una versificazione particolare che avvicina la poesia a una partitura musicale.

Prof. Franco Donatini, Università di Pisa

 


 

Quest'opera é essenzialmente un percorso, non subito evidente e lineare anche per l'uso di linguaggi diversi come l'accostamento di poesie e testi di canzoni, tutti dell'autrice (evidenziati, i testi delle canzoni, apponendo una nota accanto al titolo) nata da un ricordo in cui rivede i trucioli di legno  fatti dal padre artigiano falegname ebanista e da cui veniva affascinata. Il truciolo si origina dalla pialla ed é tanto più bello quanto più é armonioso e competente il gesto di chi agisce. Acquista la sua forma a ricciolo in quanto la lama, nel tagliarlo, dilata un poco il legno sul lato interno obbligando la materia ad arrotolarsi su se stessa ma il gesto che lo origina, é dritto come una spada. Da questo nasce l'ispirazione di questa raccolta di testi ove si é lasciata la libertà alla mente, senza opporsi alle spinte dei sentimenti e delle sensazioni, di arrotolarsi  esprimendosi con vari linguaggi ma, ed é quello che si vuole evidenziare, seguendo un percorso logico e lineare. Il risultato é un po come in un altro ricciolo famoso e cioé la Grande Boucle, il tour de France, fatta di tappe attraverso i posti più belli della Francia senza un'apparente logica unitaria, con percorsi i più disparati, uniti però dallo scopo di far emergere il concorrente migliore. Parimenti, se il lettore si farà accompagnare nel viaggio scoprirà anche lui il migliore che, nell'intenzione di chi scrive, é il nostro lato migliore, quello dei pensieri più profondi e sinceri.


Rita Fulvia Fazio

 

        

venerdì 14 novembre 2025

TOMMASO SPAZZINI VILLA Autoritratti Quodlibet novembre 2024


 

Nelle carceri il fragore del silenzio

 

- tramonta o sole così che possa io trovare la morte - (dal testo pag. 357)


                         Posso dire che le carceri mi hanno da tempo interessato e, per la loro struttura, e, perché in esse c’erano più vite, i loro drammi, il loro annientamento, il distacco dal quotidiano e quasi mai la speranza.                                                           
Un anno imprecisato, con una barca, sono approdata all’Asinara. Due gli approdi: Piana dei Fornelli e Cala Reale. Quiete azzurra, natura brulla, rocce segmentate in blocchi irregolari. Sono luoghi che trasudano storia recente. Case come spettri e il mare assolato, testimone di passate tempeste, di bestemmie, rauchi singhiozzi. Ancora qualche segno di vita negli asini bianchi e grigi che vagano. Nudo squallore negli edifici con nere inferriate e vetri spaccati e sporchi. Negli anni ’70/’80 era un carcere di massima sicurezza. Dal 1998 l’isola dell’Asinara è Parco Nazionale. Mi torna alla memoria un altro carcere, quello di Ventotene, costruito da un architetto austriaco; di forma circolare e con impossibile ogni tentativo di fuga. Vi furono detenuti, Altiero Spinelli e Sandro Pertini. Nell’isola vive in solitudine Enrico Mereu, scultore, che ha disseminato nell’isola molte sue opere.                                              

                      Mi incammino nel silenzio e avverto intorno a me una violenza repressa ma non domata; quella dei detenuti degli anni di piombo.                                             

Sono oppressa dai fantasmi di uomini che un tempo furono, anch’essi, bambini innocenti. Qui, negli anni ’80, Falcone e Borsellino si riunivano per costruire le loro tesi di accusa per i mafiosi. Visito le carceri; un lungo corridoio con anguste celle contrassegnate da numeri progressivi; piccole finestre in alto; un lavabo, un pitale. Sul letto ancora un vestito. Poi, oggetti di lavoro, utensili per cucinare.                                   

                Quello che colpisce di più è un’ampia stanza; dall’alto penzolano vestiti che ondeggiano nel vento; sembrano impiccati. Hanno un’anima prigioniera che grida nel silenzio degli anni. Non ci sarà libertà. Vicino, ma irraggiungibile, il mare.


                    Io, fin’ora sulle figure dei detenuti conoscevo solo quanto letto sui giornali. Sapevo però delle condizioni terribili delle carceri; il sovraffollamento, la scarsa o inesistente possibilità di lavorare e quando quella non vita diventava intollerabile, innumerevoli suicidi. Il caso mi ha portato una sera alla Biblioteca Luzi. Si presentava Tommaso Spazzini Villa con i suoi Autoritratti – ediz. Quodlibet –.                               


                            Non posso che esprimere la mia gratitudine e ammirazione per la sua attività. È un artista ma non scrittore. Si può definire un “artista raccoglitore”: non crea ex novo ma privilegia l’incontro, il contatto umano con le persone e le cose. In lui una umanità e la necessità di penetrare l’animo altrui facendone scaturire i segreti, i rimpianti, le aspirazioni di un’anima prigioniera. È un artista che per anni ha osservato, raccolto immagini. Direi che punta all’essenza spesso nascosta delle cose. Tra le sue numerose opere che hanno avuto prestigiosi riconoscimenti, cito: - La fortuna della fragilità, ospitata alla galleria Mattia De Luca nel 2022. Questa sua raccolta crea fascino e poesia. Nel 2018, Tommaso, dopo aver visitato diverse carceri italiane, coinvolge 361 detenuti. Dal libro da lui fortemente amato e ritenuto idoneo: - L’Odissea di Omero – ha staccato 361 pagine dandone una ad ogni detenuto. Quel foglio, pieno di parole, poteva per loro divenire un mezzo di liberazione; espressione della loro anima oppressa con la voluta scelta di parole sottolineate, oppure niente.


                           Quelle sottolineature e i silenzi penetrano nell’anima del lettore che non è più spettatore ma interlocutore muto e consapevole di angosce, speranze, sprazzi di luce che sgorgano da un imposto stato di costrizione. Ho letto e riletto moltissime di queste frasi e desidero riportarne un certo numero. Per questi detenuti, vivere nel dolore è come essere avvolti da una nebbia che offusca la luce dell’anima.                               

- Non trattenermi più mi preme andare a casa -

- Un uccello cantava straziante pensante la mala sorte degli uomini -

- Stavano in fila davanti al muro dopo aver sofferto e notte e giorno sfuggendo alla morte -

- Mare bellissimo mare chioma azzurra, mare chiuso nel petto come salutarlo? Sono un  vecchio -        

- Stranieri siamo tutti sulla madre terra -

- Un dolcissimo bisogno di abbracci -

- Che Dio al più presto venga qui. Ho molto sofferto e piango sempre -

- Sole, mare, luce, parole, lacrime -

- Compagni sfiniti i giorni lunghi: ricordati il sole e la mia voce a casa -

- Il tuo ritorno mi colse con dolcezza di miele -

– con gli occhi chiusi la mente aspetta di scendere nella notte a
   errar senza meta come un vento –
– il mare fascia le palpebre e il mio cuore –
– sogno di correre ancora all’alba. Non qui a casa lontano –
– vuole partire per la terra infinita, viaggiare ma dal letto non scese –
– grido l’intera verità: dure pene mi diedero –
– una lacrima soltanto gli sfuggiva, sfinito, schiavo, infelice –
– mi stenderò nel mio pianto vi giacerò sola –
– questo straniero bambino ancora è più triste perché la vita qui
 è intollerabile –

     Davanti ai miei occhi questa pioggia di parole come stelle spente che improvvisamente si accendono. La parola si è fatta luce, denuncia, desiderio, rimpianto. È poesia che sgorga da una fonte di lacrime e dolore. Forte il ricordo di ciò che non hai più. La
realtà è un muro alto, un finestrino con inferriate, una cella stretta con tante persone. Bisognerebbe riflettere e poter agire per mutare queste situazioni che affondano l’io di un uomo. Intervenire sulle prigioni; renderle luoghi in cui si può lavorare, respirare ogni tanto
aria pura. A Bollate, carcere di Milano, le celle sono aperte e I detenuti possono girare. Ci sono laboratori, dialogo. Ma non basta e la strada è lunga.                                       

      Questa lettura, Tommaso, ha aperto il mio animo all’ascolto e “alla magia delle cose nascoste” come hai scritto nella dedica del libro.                             
Grazie!





Anna Vincitorio                                               
28 ottobre 2025 – Firenze                                                  

Franco Donatini ci segnala......


 

ANGELA AMBROSINI HAIKU: L’ ATTIMO IN POESIA


 

*

inizio d’autunno:

un solo verde nel mare

e nelle risaie

 

*

ad ogni parola

le labbra si fanno fredde:

vento d’autunno

 

MATSUO BASHO

 

*

fiori di colza:

anche l’autunno si piega

sotto la luna

 

YASUKO ANAMI

 

*

lontano e vicino si ode
scrosciar di cascate
tra foglie cadute

 

MASAOKA SHIKI

 

*

nebbia d’autunno

sembra uscire dai solchi

della campagna

 

LUCA CENISI

 

Una breve carrellata di haiku sull’autunno, in omaggio alla stagione che stiamo attraversando. Ma potremmo proseguire all’infinito, sia nelle stagioni che nei vari momenti del giorno, per celebrare attraverso i sensi la bellezza dell’universo percepito nei minimi dettagli del quotidiano, anche i più umili e anti celebrativi. Tale è infatti il focus di questo modello lirico giapponese risalente al XVII secolo, l’haiku, dilagato poi via via nella produzione di letterature in altre lingue nello schema prevalente di 17 sillabe (5-7-5) su ispirazione immediata del paesaggio e delle cose. Detta anche poesia delle cose, degli oggetti, deve difatti contenere nel testo un elemento lessicale (kigo) che faccia immediato riferimento o a una stagione o a un momento del giorno. In pratica è una specie di istantanea del mondo circostante, un macrocosmo nel microcosmo, una lente d’ingrandimento sulla natura. Il grande poeta Matsuo Basho (sec. XVII), ideatore dell’haiku, lo definì come “ciò che accade qui, in questo momento”. Se volessimo tradurlo in latino, avremmo hic et nunc, una specie di trasposizione in poesia dell’assioma en plen air della corrente pittorica dell’impressionismo, fatte salve tutte le differenze del caso (e del genere). Lo scrittore inglese Chamberlaine definì l’haiku “un lucernario aperto per un istante sul mondo”. Genere minimalista per eccellenza, alla sua brevità sillabica si saldano uno stile preferibilmente nominale, l’assenza di un titolo (se c’è, coincide con il primo verso), la mancanza di maiuscole (l’incipit è sempre in minuscola, salvo ovviamente nei casi di toponomastica o di nomi propri di persona), un esiguo ricorso alla punteggiatura, a meno che, ad esempio con i due punti, non si introduca il lettore a un passaggio fondamentale di sovrapposizione di due immagini in apparenza contraddittorie. Non compare mai il punto finale perché è poesia del non-concluso, di un’immagine del mondo che nasce e svanisce per poi perpetuarsi nel ciclo inesauribile della natura evocato costantemente dal poeta nel kikan, ossia quel “sentimento della stagione” che per mezzo del giusto kigo mostra il legame indistruttibile tra uomo e natura stessa: questo è infatti lo scopo del kigo, non un accessorio estetico o banalmente sentimentale. L’haijin, cioè lo scrittore di haiku, per essere un buon poeta è tenuto a espungere ogni manifestazione d’individualità soggettiva, ogni impronta di ego “laddove la differenza tra soggetto e oggetto è trascesa” penetrando “l’essenza profonda dell’oggetto (…) in una serena contemplazione del silenzio universale”, come spiega il presidente dell’AIH (Associazione Italiana Haiku) Luca Cenisi nel suo ineludibile saggio sull’haiku, La luna e il cancello, Castelvecchi, 2018, al quale facciamo riferimento. Minimalista è anche l’impiego dei tempi verbali, prevalendo il tempo presente a voler evidenziare questo hic et nunc di stampo orientale, questo “presente che non cela né il futuro né il passato, ma solo se stesso” in una visione statica ed estatica del cosmo e che necessariamente si sbarazza di ogni divagazione retorica legata al ricordo del passato o al desiderio del futuro. Impossibile disgiungere una tale visione poetica dalla spiritualità Zen imperniata sull’omissione dell’io, sull’esperienza di quel Grande Vuoto che a livello di creazione letteraria approda a una destrutturazione dell’io poetante, senza risvolti metaforici, simbolici o ridondanti. “Il tempo dell’haiku è senza soggetto”, afferma Ronald Barthes, poiché “articolato su una metafisica che non ha né soggetto né Dio” (L’impero dei segni, Einaudi,1984) e che riconosce nella neutra “quiddità” del quotidiano, della realtà delle cose, la verità assoluta, una verità che contiene in sé il vuoto e l’annientamento di categorie e opposizioni per noi irrinunciabili, come il giusto e l’ingiusto, il bene e il male, il bello e il brutto, l’astratto e il concreto. Ma non è nostro intento addentrarci nella complessità e nell’alterità delle dottrine Zen, quanto piuttosto semplicemente assaporare quel senso trasognato di vaghezza sensoriale che trapela dai versi dei grandi maestri e che sconfina nell’estasi nonostante l’immersione totale nei sensi. Illuminante è al riguardo la riflessione del Barthes nel suo succitato saggio: “l’haiku non descrive mai: la sua arte è antidescrittiva nella misura in cui ogni stadio delle cose è immediatamente, caparbiamente, vittoriosamente trasformato in una fragile essenza d’apparizione”. Sono infatti l’elusività, la fugacità e la soppressione del superfluo i cardini di quella che potremmo chiamare filosofia dell’haiku, assimilabile in certa misura all’arte figurativa nipponica del sumi-e, gli scarni dipinti a inchiostro nero e grigio, nei quali i colpi di pennello dialogano con il supporto bianco della pagina, delegando a questo non colore le implicazioni dilatate del messaggio visivo.

Tornando al genere poetico, vogliamo concludere con le parole di Luca Cenisi: “Dote principale di un buon haijin è, dunque, quella di saper cogliere adeguatamente l’istante in cui la propria mente si stacca dal sé ed entra nell’oggetto, ricevendo gli stimoli esterni pur senza trattenerli, respingerli o interpretarli e lasciando che siano questi a parlare per lui”.

La vastità e il mistero del mondo nell’attimo fuggente di diciassette sillabe.

 

Angela Ambrosini

 

Rubrica “Il sofà delle muse”, pp. 46-47

Bollettino Lunigiana Dantesca n. 219