giovedì 17 aprile 2025

Gian Piero Stefanoni legge :" Risme private" di Andrea Giampietro, Di Felice Edizioni, Martinsicuro (Te), 2024.


 


Quarantenne abruzzese, Andrea Giampietro è autore poliedrico oltre che poeta, qui alla sua sesta pubblicazione in versi, anche come traduttore e saggista. Diverse soprattutto sono le attenzioni da lui rivolte agli autori della sua regione, in parte poi confluite nell'assai interessante Studi di letteratura abruzzese, edito lo scorso anno per le Edizioni Menabò ("un tentativo di sintesi di storia letteraria dell'Abruzzo" come ha avuto modo lui stesso di definire). È una figura singolare la sua, se per singolare invece che autentica si può ancora definire in tempi come i nostri l'attitudine e l'esercizio della scrittura nei limiti e nella misura di una dialettica ora rigorosa e colta ora giocosa, sempre però sotto la lente di uno sferzare a tratti impietoso e scettico a fronte delle umane bassezze, dei piccoli e grandi tradimenti cui il mondo da sempre è soggetto. Uno sguardo fisso verrebbe da dire al grottesco di un procedere del quale Giampietro sa bene riportare la pomposità, l'inevitabile sfacelo da cui però ha l'abilità  di prenderne le distanze nell'acutezza di un'osservazione che mancando di retorica sa dove trarre allora il bene di una grazia che la vita vivaddio non respinge ma sa accendere, e soprattutto ricordare. Non è poco, forse è tutto di contro a tanta recente produzione poetica persa tra monologhi da corridoio dell'io, e furie iconoclaste, la parola rimasta indietro a non dire più nulla infatti di ciò che nella verità dei desideri e dei legami ci fa umani. Curioso poeta il nostro, finissimo indagatore di un verso, che sa padroneggiare con ardente maestria (di cui la passione per Mallarmé appare evidente pur non soggiacendone) e solitario flâneur di provincia (risiedendo infatti a Sulmona) cui da subito per l'elegante incedere tra le rovine e il comunque buffo spirare degli inviti, a parteciparne nella consapevolezza dei residui vien da pensare a Montale. Quel Montale cui infatti a metà raccolta dedicherà due movimenti a chiusura della prima sezione, "Risme private" da cui poi il titolo del libro stesso. Una sezione questa probabilmente la più interessante nello scivolare tra ciarpame d'ogni dove e "classicità in rovina di tragedie/che svestono le maschere per gioco". Tempi di civilizzazione dove ognuno può abboccare alle facili esche, "all'amo aguzzo" che toglie la parola seguendo la cadenza del suo incedere ("Inciviliti/ci disperdiamo dentro una savana/di specchi ben posizionati").

 

L'amore allora, lo sguardo e il no del ragazzo che ha nel momento l'ontologia dell'apprendere e del procedere, gli epifanici rimandi di una terra che se sostenuta sostiene, ecco la chiave dolce e amara per rischio connaturato di perdita di una poetica che sa bastare a se stessa, come il ragazzo appunto ormai fidandosi appena. Amore cui nel gioco sensuale dei richiami e delle tenerezze, ma anche delle sue sottese aggressioni, diversi sono i testi cui con allegro (ma a volte non tanto..) divertire di cronaca il nostro si prova. Vale su tutto quello della sezione "Zero in condotta" come ben sottolineato da Silvio Ramat nella prefazione che per l'esattezza del dire vogliamo interamente riportare: <Esiste una linea illustre, europea e italiana (..) che canta e magari sublima esempi di omofilia. Giampietro integra in questa linea il proprio fanciullo, ricciuta "grazia di Dio" e quasi "angelo"ma anche egoista secondo il copione della sua età acerba>.  A questo si aggiunga il perché della terra e della sua poesia cui (oltre i disfacimenti degli autori laureati, a proposito di Montale, nella sezione "Svaghi e licenze") rileva e leva le memorie ancora vive, perché antiche nel respiro dei riti di sempre, agreste e vera, che solo chiede di non pretendere di più nella appartenenza della stirpe. Cui nella chiusa fa il suo omaggio nelle dediche care agli amati vecchi della poesia d'Abruzzo, i maestri Pietro Civitareale e Giuseppe Rosato. Avremmo voluto dire di più infine di queste pagine, citare di più ma come le piccole cose che trovi d'improvviso sul Corso è bene provare ad entrare nell'indicazione dalla vetrina, e accompagnarsene via. Buona lettura.

 

 

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