SOLITUDINE, SILENZIO
possono essere poesia?
Ognuno sta solo sul cuor
della terra
trafitto da un raggio di sole
ed è subito sera.
Salvatore Quasimodo
La solitudine è figlia del tempo,
compagna dell’uomo. Ci avvolge, la temiamo, talvolta l’amiamo. Può essere fonte
di creatività e rendere positiva l’immagine del dolore, come essere negativa e
sconfinare nell’isolamento.
Solitudine,
solidão, solitude, einsamkeit, monaxia, soledad, loneliness e solitude – termine dell’inglese intellettuale.
Si può nascere con un senso di
solitudine che, per assurdo, ci è compagna. Può costituire il desiderio di
assaporare la grandezza del silenzio di fronte alla natura generosa di colori,
di spazi, di aromi. Può condurre a ricordi che hanno inciso sulla tua vita.
“Se vivi lunghi momenti di solitudine i
tuoi occhi sono testimoni più fedeli delle orecchie.”[1]
Non sempre la solitudine può
identificarsi con la tristezza: O beata solitudo, O sola magnitudo[2].
La nostra vita si svolge nel tempo, di
per sé indefinibile.
Il
tempo non ha una corposità, può però assorbirti. Possiamo avvicinarci al
mistero del tempo seguendo S. Agostino: “Un fatto è ora limpido e chiaro; né
futuro né passato esistono. È inesatto dire che i tempi sono tre: passato,
presente, futuro. Forse sarebbe esatto dire che i tempi sono tre: presente del
passato, presente del presente, presente del futuro. Queste tre specie di tempo
esistono in qualche modo nell’animo e non vedo altrove: il presente del passato
è la memoria, il presente del presente è la visione, il presente del futuro
l’attesa.
Mi si permettano queste espressioni , e
allora vedo ed ammetto tre tempi e tre tempi ci sono.”[3]
La solitudine ha un suo fascino in
persone dalla sensibilità accentuata: percepire l’effluvio di un colore,
avvertire la carnalità del vento in una spiaggia deserta, l’ebbrezza di un
bacio nell’essere sfiorati da una farfalla. Si dice anche che i poeti sono
tristi, vittime di passioni incontrollate. Può essere vero, però il loro dolore
lascia una traccia sul foglio. Parole che sfidano il tempo e ci accompagnano.
La sera, sempre amata dai poeti, è compagna della solitudine, ma ci affascina e
trasporta oltre il concreto. Mi affido Alla sera di U. Foscolo.
“Forse
perché della fatal quiete/ Tu sei l’imago, a me si cara vieni/ O sera? E quando
ti corteggian liete/ le nubi estive e i zefiri sereni…”. La sera è la morte, si
identifica con essa e scende fatale. Alla sera come alla morte non possiamo
sottrarci. Poesia stilisticamente perfetta, soffusa di meditazioni filosofiche;
può ricordare L’Infinito di Leopardi nel contenuto. “Odo stormir tra queste
piante, io quello/ Infinito silenzio a questa voce vo comparando; e mi sovvien
l’eterno,/ E le morte stagioni, …così tra questa/ Immensità s’annega il pensier
mio;/ E il naufragar m’è dolce in questo mare”. Per il poeta è dolce naufragare
nell’immensità, nell’infinito silenzio. Qui affiora la speranza nell’animo del
poeta.
Nel Foscolo il forte pessimismo acuito
dalle angosciose vicissitudini che lo accompagnano, si riflette sui concetti esposti:
“la morte è bella, è cara, è dolce”.
Si potrebbe pensare a una divagazione
sul tema iniziale della solitudine ma, se ben riflettiamo, in ogni uomo prima o
poi gli eventi lo privano di qualcosa che per lui è essenziale. La conseguenza
dell’assenza è solitudine o anche saudade, componente della poesia di Pessoa.
Si potrebbe anche pensare che la
solitudine è uno degli aspetti della vita. Ci è compagna, dà valore anche agli
attimi. La sensazione di estasi di un bacio può accompagnarti nel ricordo per
l’intera vita. È come un soffio di vento che ti avvolge e punge come una lama.
Dove la fascinazione della solitudine? Nella poesia. La parola può esserti
compagna o matrigna, ma resta impressa in immagini che assumono valore di
eterno. Il poeta focalizza l’attenzione sul mondo delle esperienze umane.
Superarle e cercare di stabilire un rapporto con Dio. Come instaurare questo
legame? Attraverso l’introspezione; comprendere l’essenza delle cose e
l’immanenza di Dio sulla realtà del mondo. Il dubbio ci spinge alla ricerca
dell’Eterno.
Con umiltà cerco di avvicinarmi alla
poesia di R. Maria Rilke. Illuminante può essere il saggio R. M. Rilke Un
percorso mistico[4]
che si propone di indagare in maniera olistica l’opera dell’autore. Il Rilke
mistico perde se stesso nella sua magnifica constatazione “sono infinitamente
oltre me stesso”. “sensibilità acuta e fine cerebralità”. Questa
definizione secondo la Morandini è molto acuta in quanto se non si unificano le
parti del proprio essere, quella emotiva e quella pensante, non è possibile il
susseguente congiungimento con il cosmo. Attraverso questa connessione il poeta
abbandona la paura della morte.
Riporto alcuni versi dai sonetti a
Orfeo: “cantare è per te esistere. Un impegno/ facile al Dio. Ma noi, noi
quando siamo? …O giovane, non basta, se la bocca/ anche ti trema di parole,
ardire/ nell’impeto d’amore. Ecco si è spento. In verità cantare è altro
respiro/ È un soffio un nulla un calmo alito. Un vento”[5].
Da Giorno d’autunno… “Chi non ha
casa adesso, non l’avrà/ Chi è solo a lungo solo dovrà stare, leggere nelle
veglie, e lunghi fogli/ scrivere, e incerto sulle vie tornare/ dove nell’aria
fluttuano e foglie”[6].
Si notano il desiderio, l’intensità
dell’amore ma anche la caducità del tutto. “E noi che pensiamo la felicità/
come un’ascesa, ne avremmo l’emozione quasi sconcertante/ di quando cosa ch’è
felice, cade”[7].
Rainer Maria Rilke (Praga 1875 –
Valmont vallese 1926) fu un grande viaggiatore. L’esperienza bellica del 1916
lo influenzò grandemente. In lui si fondono la visione della poesia come
esperienza e la missione del poeta di profetizzare eventi attraverso la sua
visione malinconica dolente; la fusione necessaria tra silenzio-solitudine,
anelito d’infinito attraverso l’unificazione delle due parti del suo essere:
quella emotiva e quella pensante. Librarsi verso il cosmo. “…L’amore degli
angeli è spazio./ Lo spazio cosmico è come percezione di angeli innamorati che
abbonda/ del dono stellato…”[8].
La sua poesia è complessa ma, come
tutte le cose grandi, non ci appartiene, ma ci permette solo di assaporarla.
Non è importante comprendere a fondo una poesia, ma è vitale sentir vibrare
nell’ascolto o nella lettura emozioni, le più varie e accogliere nell’animo il
mistero che avvolge i versi del poeta. È importante, per un animo sensibile,
entrare nell’infinito orizzonte dei versi. Provare emozioni come guardare il
soffice continuo mutarsi di una nuvola nel baratro celeste. Sentirsi pervasi
dalle stesse sensazioni provate dal poeta nel comporre.
Riporto alcuni versi da Ninna nanna[9].
“Se un giorno ti perdessi/ riusciresti a dormire senza/ che il mio sussurro
vasto ti accarezzi/ come chioma di tiglio nella fronte?/ Senza che io resti a
vegliarti/ deponendo quasi palpebre,/ parole sui tuoi seni,/ le tue membra, la
tua bocca…”. Ancora Gli amanti[10]
“Guarda come crescono avvinti l’uno all’altra,/ nelle loro vene tutto si fa
spirito…/ Nella sete ricevono bevande e nel buio/ guarda, i loro occhi si
rischiarano di luce…”.
Nel silenzio di una solitudine
creativa, l’animo del poeta avverte il bisogno di fermare sul foglio le sue
emozioni[11].
“…Ascolta
mia amata, chiudo le palpebre,/ e anche questo è un mormorare fino a te./ …
Sulle mie labbra giungono i profumi a dissetarci/ e riconosco i polsi/ di
angeli lontani./ E penso a te soltanto: la sola che non vedo”. Riporto una
poesia di Alda Merini (1931 – 2009), SILENZIO, a conclusione delle mie
divagazioni.
Il
poeta prende il silenzio
e
lo beve.
Il
silenzio del poeta
è
una parola che non
ascolta
nessuno
ma
nel silenzio del mondo
il
poeta questa parola
la
ode ed entra
nel
dialogo divino
Nessuno
sa cosa Dio
dice
al poeta
ma
gli parla di terre
e
di mondi liberi
e
forse anche di morte.
Il
poeta sa che la morte
è
l’inizio della parola
e
comincia a scrivere.
Anna Vincitorio
Firenze – 19 giugno 2023
[1] Eraclito fr. 6 Marcovich.
[2] Espressione da San Bernardo. Desiderio di pace e quiete nella solitudine.
[3] Eugenio Borgna – La solitudine dell’animo. Pag. 33 – Campi del sapere – Feltrinelli.
[4] Ist. Giuliano di Storia Cultura Documentazione, 2020, pag. 89 di Rosarita Morandini.
[5] R.M. Rilke – Poesie – Giulio Einaudi Ed. pag. 41.
[6] Pag. 19 – ibidem.
[7] Pag. 69 – ibidem.
[8] Poesie d’amore – Passigli pag. 75.
[9] Passigli poesia pag. 53.
[10] Pag. 55 – ibidem.
[11] Il silenzio – Poesie d’amore – Passigli pag. 33.
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