Potrebbero
a lui adattarsi alcuni versi di Mimnermo (poeta arcaico del VII secolo A.C).
-Siamo
come le foglie nate nella stagione florida-
crescono
così rapide nel sole-
godiamo
per un gramo tempo i fiori dell'età,
dagli
dei non sapendo il bene, il male...
E
il frutto di giovinezza è un attimo
quanto
dilaga sulla terra il sole[1]
Se
qualcuno dovesse passare per Rugby nello Woarwickshire, troverebbe la sua
statua. La tomba è sull'isola greca di Sciro. Sognava la guerra; si era
arruolato nella Royal Naval Volunter Reserve come sottotenente. Nel febbraio
1915 faceva parte della Forza di Spedizione Britannica nel mediterraneo e
presso Gallipoli, sviluppò la setticemia per la puntura di una zanzara infetta.
Morì il aprile 1915 a soli ventisette anni e fu sepolto presso l'isola di Sciro
in Grecia in un uliveto dal suo caro amico William Denis Browne. Fu solo un
sogno vagheggiato, morire da eroe combattendo con la baionetta corpo a corpo in
terra straniera nel pieno della sua giovane bellezza. La sua tomba è situata su
una terra tranquilla sotto il greco sole, ma la sua croce, la madre l'ha fatta
rimuovere e portare nel Clifton Road Cemetery a Rugby. L'ansia di combattere,
propria della giovinezza, e il culto della bellezza racchiuso nella età breve,
sono alla base del mito. Alcuni poeti arcaici greci del
VII secolo A.C, l'anno celebrata contrapponendo il corpo di un vecchio morto in
battaglia con quello di un giovane. Desidero qui riportare la nota poesia di
Tirteo [2]
Giacere
morto è bello, quando un prode lotta Per la sua patria e cade in prima fila... Combattiamo animosi per la
patria e per i figli
moriamo. E non si lesini la vita.
I vecchi e i giovani
Via,
combattete gli uni accanto agli altri, giovani,
non
date abbrivo a fughe turpi, al panico,
fatevi grande e vigoroso l'animo nel petto,
bandite
il gretto amore della vita,
ché
la lotta è con uomini; non lasciate,
fuggendo,
chi
non ha più l'agilità: gli anziani.
È
uno sconcio che un vecchio cada in prima fila
e
resti sul terreno innanzi ai giovani,
con
quel suo capo bianco e il mento grigio, e spiri
l'animo
suo gagliardo nella polvere,
con
le mani coprendo le pudende insanguinate
(spettacolo
indecente, abominevole),
nude
le carni: nulla c'è che non s'addica a un giovine
finché
la cara età brilla nel fiore.
Da
vivo, tutti gli uomini l'ammirano, le donne
l'amano;
cade
in prima fila: è bello.
Resista
ognuno ben piantato sulle gambe al suolo,
mordendosi
le labbra con i denti.
I secoli non hanno indebolito la forza
di questi versi immortali che rimbombavano nelle orecchie dei giovani
combattenti. Sicuramente nella mente di Brooke come anche la gloriosa figura di
George Byron e la sua morte in grecia a Missolungi. Per poter comprendere la personalità di
Brooke occorre inserirsi nella sua breve vita. Amante della poesia sin da NOVE
ANNI NEL 1905 vinse il suo primo premio di poesia. Era interessato alla
recitazione; frequentò infatti il King's College a Cambridge. Fu tra i
fondatori del circolo teatrale" The Marlower Society, recitando alcune
commedie. Dotato di talento e di una bellezza straordinaria, frequentava anche se non assiduamente i circoli letterari.
Divenne amico di Wiston Churchil, Henry James, Maynard Keynes... e molti
appartenenti al gruppo di Bloomsbury tra cui, Virginia Woolf che si innamorò di
lui. La sua complessa personalità lo portava a
intessere storie d'amore per lo più fittizie. Combattuto anche dalla sua
latente bisessualità che lo portò a un grave esaurimento nervoso. Amava
viaggiare come mezzo di conoscenza egli eventi legati alla prima guerra
mondiale, lo portarono a scrivere sonetti di guerra. Tra i più famosi: The
death e the soldier con grande notorietà. La domenica di Pasqua del 1915 il suo
sonetto -The soldier- fu letto sul pulpito della cattedrale di Saint Paul.
Brooke è tra i sedici poeti della prima guerra mondiale, commemorati su un
monumento di ardesia posto 1'11 novembre 1985 nel corner dei poeti dell'Abbazia
di Westminster. Viene da molti definito l'incarnazione del puer virgiliano.
Fortemente ammirato da poeti come Ezra Pound e Vladimir Nabokov. In ogni pieve
inglese risuona il sonetto The soldier.:
"In caso di mia morte, considerate di
me soltanto questo: sempre si troverà un angolo di campo
straniero che
sarà Inghilterra per sempre...
Sul Times del 26 aprile 1915 apparve
un articolo siglato W.S.C.( scritto in realtà da Edward Marsh:" Rupert
Brooke è morto. Abbiamo sentito una voce... la più alta a rendere giustizia
alla nobiltà della nostra gioventù in armi... Quella voce è stata messa a
tacere. Ne rimangono solo gli echi e i ricordi, ma questi dureranno...". Anche se la grande notorietà di Brooke è
legata ai sonetti di guerra, sarebbe un errore limitare la sua. poetica a quei
contenuti. Rimarrà sempre un eroe definito da Yeats come “l'uomo più bello
d'Inghilterra” ma era anche un Hippy stravagante e amante della libertà. I suoi
maestri: Oscar Wilde, Housman, Dowson della precedente generazione. Ma, in lui,
una visionarietà che non ha confini, un vibrare di sensazioni che, al di là di
incontri, riunioni, eventi di diversa natura, non spengono, anzi lo sospingono
verso la solitudine, l'isolamento esclusivo; guardare al cielo in cui
immergersi. Il suo proiettarsi in una poesia che ci appare fuori da ogni tempo,
ammantata di fantasia creativa. Incendi anche eccessivi nella sua anima in
attesa di un fluire di stelle in caduta. Vive fuori da Cambridge nel Villaggio
di Grantchester. I troppi amici lo distolgono dalla sua necessità di
creare, immerso in una vita campestre. E' un romantico. In
lui, genio, bellezza, fascino; ma nella sua poesia c'è la precarietà del
vivere, di ogni cosa bella che spesso svanisce. Per lui anche il dolore è
precario. Questa fugacità, in tutti gli aspetti del vivere, la chiama transience.
La bellezza deve morire e, la gioia, un attimo cui segue l'addio. Cosa resta
allora? Dolore, indifferenza. Questi concetti sono presenti in
Second Best- L'alternativa: Cuore, sei qui nell'oscurità; Solitudine accanto a te la terra
eterna e la Notte e il Silenzio e il singolare odore
leggermente caldo del trifoglio... E la notte pone fine a tutto; non più
lumi nel cielo, le voci saranno mute... Queste letizie e queste lacrime si
dissolveranno... Non c'è luogo di riposo dove poter restare. Noi due uniti in
un folle abbraccio.
La strada è lunga e lontana... il
ricordo del tuo viso attenuerà il dolore. (Questi concetti sono tratti dalla
poesia -I viandanti-)
Rimane però un'esile speranza dopo
una lunga attesa di ritrovare insieme la luce che appartiene ai due amanti che
andranno verso l'ignoto con la mano nella mano. Ma dove? nel vuoto? Nella
notte? Il concetto di morte è sempre presente nel poeta. Arriverà all'improvviso
e lui piomberà nell'ombra, nella solitudine, nel fango della terra ultima e
soffierà un gelido vento. Probabilmente Rupert
presagiva la sua morte precoce, improvvisa. La sognava in battaglia... Così non è
stato.
Cosa poter
dire ancora?
Nella sua poesia: visioni, colori, “come
se fossimo immersi in un immenso acquario metafisico” dove vivere dark ekstasies-
cupe estasi[3]
.
Sempre presenti nella poesia di Rupert il suo
rapporto col cielo, il mare, l'universo e il suo mistero. Dissolversi per poi
rigenerarsi.
Anna Vincitorio- Firenze 16 aprile 2025
RUPERT
CHAWNER BROOKE
1914 And
other poems- pubblicato nel 1915
IL SOLDATO
In caso di
mia morte, considerate di me soltanto questo:
sempre si
troverà un angelo di un campo straniero
che sarà
Inghilterra per sempre. Sarà lì
in quella
ricca terra, una polvere occultata più ricca
Una polvere
che l'Inghilterra ha partorito,
plasmandola,
ora consapevole del dono
di fiori da
amare, sentieri in cui vagolare;
Un corpo
Inglese che alita aria Inglese,
che i fiumi
imbevono benedetto dal sole della casa
pensate
questo cuore snudato di ogni malvagità-
un palpitare
nella mente eterna,
restituirà i
pensieri che l'Inghilterra trasfuse;
viste e
suoni; sogni felici come il suo trascorrere il giorno
nei cuori
ora in pace sotto un cielo Inglese-
I morti
Questi cuori erano infiammati di gioie e cure
meravigliosamente irrorati di dolore
in corsa verso la gioia.
Gli anni li hanno trasformati in aurora
e il tramonto, i colori della terra-
sembianti di movimento, ascoltato musica
conosciuto il sonno e il risveglio;
Amati e fieri di avere amici; provata
eccitazione all'improvviso per lo stupore
di giacere in solitudine.
Sfiorato fiori, peluria, guance
tutto questo è finito.
Ci sono acque nere con venti sospesi verso la gioia,
cieli che illuminano col loro splendore
l'intero cielo.
Il gelo con un unico gesto tiene ferme le onde
nella loro danza belle
nel loro inanellarsi
Lasciano una bianca indomata gloria
nella pace che rifulge sotto la notte-
Traversata della Manica
La nave funesta barcollava scivolando. Piano, pronta,
la mia gola era in subbuglio in un dissolto silenzio
Il mare con onde lunghe roteava; lo sapevo
E avere una qualche certezza o star male
,Tu sola per una volta -Tu!
Interessare la tua fantasia
E con te si ravviva il ricordo, pena che strazia, duolo
Un corpo con il mal di mare o un'anima malata di te!
Potrei dimenticarti? Torcendomi più volte nel vomitare
vecchio cibo o pasti buoni, carne stantia,
bocconi scuri, espello.
Devo ricordare? Ritorna in gola acido e viscido
Singulti, bava di quegli ultimi anni di angoscia
E ancora la nave, instabile ondeggia
Così duro, io chiedo scegliere
tra amici, nausea, anima, e ventre?
Un solo giorno
Ho assaporato la felicità per tutto il giorno
Ho serrato in me la tua memoria e intrecciato
il tuo stesso sorriso con la luce danzante sui ramoscelli
e cosparso il cielo con minuscole nuvole d'amore
E coronato la tua testa con rare fantasie
germi sparsi da questa polvere antica di miserie
in un vagare lieto con quieta insensata gaiezza.
Così spensieratamente giocavo con fosche memorie
come un bimbo sotto un cielo d'estate
gioca di ora in ora con uno strano sasso luccicante
a causa del quale, (lui lo ignora),
fu dato fuoco ad antiche città;
E l'amore tradito e il
delitto compiuto
E grandi re trasformati in
mucchietti di cenere amara
SCONFITTA
Dio ha voluto porre il duro fato
tra il mio ombroso onore e la sua brama.
Ho giurato che avrei
voluto che la Porta
di ferro s'infrangesse
ribellandomi e maledicendo Lui
sul trono maledetto
La terra fremeva d'orrore
alla mia corona di blasfema
Ma l’amore era parvenza di fiamma
intorno ai miei piedi.
Io camminavo a grandi passi, fiero
sulla scala d'oro e ho picchiato tre volte
al cancello. Sono entrato con un grido...
Tutte le grandi corti sono tranquille nel sole
e colme di vuoti echi:
Il muschio era alto sul pavimento
come scheggiato di vetri
e con la polvere iniziava ad insinuarsi
sulle sale conciliari
e un indolente vento soffiava
su un trono vuoto
facendo ondeggiare pesanti tende sulle pareti.
La collina
Ansimanti, abbiamo corso verso la collina ventosa
abbiamo riso nel sole e baciato l'erba
dall'attraente profumo
Hai visto Noi attraversiamo gloria ed estasi,
vento e sole, e la terra resiste, gli uccelli
cantano ancora
Quando noi invecchiamo, siamo vecchi...
E quando moriamo,
Tutto quanto ci sovrasta ci appartiene
e la vita si consuma
attraverso altri amori, altre labbra: lo so
Cuore del mio cuore, il nostro paradiso è ora, ci appartiene
Noi siamo la parte migliore della terra
ci ha reso edotti qui-
La vita è il nostro grido.
Noi abbiamo acquisito la fede! Lo sapete!
Vorremmo scendere con passo non riluttante
Incoronati in piedi nell'oscurità
Orgogliosi eravamo e sorridenti
C′è voluto molto coraggio
per rendere vive le cose da dire-
E poi hai improvvisamente gridato e ritornata indietro-
Pini e cielo: Sera
Avevo
avvertito che il cielo si ammantava
di
tristezza al calare del buio.
Ho
aspirato l'afrore del mare,
della
terra e del caldo trifoglio
Prestare
ascolto alle onde e al grido
giocoso
del gabbiano
In
loro soltanto l’effondersi di un antico pianto,
canto
eternamente da loro cantato
il
meglio è altrove!
Ora
puoi ricordare, credere e sospirare
O
sciocco amante
Ero
ammantato di stanchezza e sofferente
perché
tutto si era dissolto
E
perché, io
nonostante
lo desiderassi, mai niente
avrei
potuto avere indietro.
Colmo
di triste amarezza, avrei voluto morire.
Poi,
allontanandomi dal malinconico occidente
Ho
visto i pini contro il bianco cielo del nord
splendidi nella sera.
Sono
immobili e curvano altrove le loro
teste
nere acuminate
contro
l'immobile quiete del cielo.
In loro, solo pace e io ho provato gioia
Avevo
obliato il gioco dell'amore
E
sorridevo, senza più il desiderio
della
morte
Felice
per la vostra presenza,
Oh
flessuosi pini, cielo!
I viandanti
E’ giunta l'ora? Lasciamo questo luogo di riposo
Per un breve tempo, bello per entrambi
Mai più insieme, in un ultimo, folle abbraccio
Dopo la lunga strada senza la luce
del tuo pallido sorriso
Ah la lunga strada! e tu così lontANA!
Non potrò non ricordare
Ma... ogni giorno nel suo lento scorrere
renderà pallide le tue labbra di porpora
Ogni miglio allevierà il dolore per me dolce
nel ricordo del tuo volto
Pensi, possa esserci chissà dove
un'antica città di frontiera
ai confini del deserto
l'ultima delle terre da noi conosciute
Qualche sparuto limite estremo
della nostra luce
Là troverò te che mi aspetti
e andremo uniti mano nella mano
unitamente là fuori
verso immensità a noi sconosciute
nella notte?
Sera azzurra
Il mio sangue senza riposo è scosso da fremiti
sapendo che sempre, mirabilmente
questa luce crepuscolare di aprile
sul fiume agita e tormenta il mio cuore
Per il mondo in corsa in quel rarefatto baluginare
cingi il tuo corpo della magia di un sogno
Grigi edifici eretti nella oscurità crescente
Finestre con bagliori
d'incendio e il ruscello
con i salici che s'inclinano in un quieto silenzio
In immobili estasi i cieli si scolorano
e tutto questo come un amante in attesa,
sussurra, fa baluginare, solleva echi radianti luce.
Ma io
con le orribili mani protese senza alcuna ragione
vibrante d'amore rido e piango
La mia angoscia ha reso i salici frementi,
Ha udito i battiti del mio cuore
spegnersi a voce alta in un fiume
senza vento dalle immobili acque
E la pungente e stridula risata delle stelle,
E la mia voce con gli alberi che emettono suoni,
che piange.
E dopo è seguito
l'odio che urla
fortemente sotto la brezza.
In pace, lontano dal clamore
di quel cuore selvaggio colmo di amarezza,
un fiore al chiaro di luna lei era laggiù
che increspava bianchi sentieri d'incanto
che giacevano in quiete su onda e aria.
Al suo passaggio non ha lasciato
che una foglia tremasse
Pallidi fiori intrecciavano
il suo biancore e la sua candida fronte
I suoi piedi erano silenzio sul fiume
E “Silenzio” ha mormorato tra l'intreccio dei rami.
Nuvole
Nel blu della notte, schiere senza fine fremono
in silente scompiglio, soste, onde e flutti
Ora attraversando l'estremo sud
ora sollevando sfere di neve
fino al misterioso incanto
della bianca luna.
Alcune immobili nella loro tomba
in errante solitudine
si girano con movimento profondo,
indefinito, lento
E chi vorrebbe pregare per il bene del mondo
ma è a conoscenza della vacuità
della loro benedizione
nel momento in cui la trasmettono?
I morti non muoiono, loro dicono ma
restano presso i ricchi eredi del loro cordoglio
e della loro gaiezza
Penso cavalchino la parte serena
del mezzo cielo come loro
in un malinconico, maestoso corteo
guardando la luna e i mari
che ancora infuriano
e gli uomini nel loro andare e venire
sulla terra.
Salvezza
Cara, di tutti gli esseri felici nell'ora più benedetta
chi ha trovato la nostra celata certezza
rassicurato negli oscuru flussi di un mondo inquieto
E ha sentito le nostre parole:
"Chi è al sicuro come noi?"
Noi abbiamo raggiunto la salvezza
in tutte le cose che non avranno fine.
I vecchi, il mattino, le lacrime,
la notte profonda, gli uccelli che cantano,
le nuvole in volo
E dormire, essere liberi, e la terra nell'autunno
Abbiamo costruito una casa che va oltre il tempo
Abbiamo raggiunto una pace salda
che il dolore non potrà mai scalfire-
Io sarò sicuro nel mio andare
Armato in segreto contro ogni
violenza di morte
solo dove ogni salvezza è perduta
salvo dove l'uomo cade;
E se queste povere membra si spengono,
saranno più al sicuro di tutti.
Pace
Ora, rendiamo grazie a Dio che ci ha fatto
marciare con la sua ora
afferrato la nostra gioventù,
risvegliato dal sonno
con la mano resa sicura, occhio senza velo
e un potere accresciuto
per sviarci come i nuotatori che balzano
in limpide acque,
lieti da un mondo invecchiato, freddo, esausto
di lasciare i cuori nella sofferenza
che l'onore non è riuscito a pungolare
E i mezzi uomini, le loro canzoni, laide e tetre
E la scarna vacuità dell'amore –
Oh noi che eravamo coscienti della vergogna
ce ne siamo liberati
Là dove non c’è male, dolore
ma dormire allevia
Niente di violato se non questo corpo
Nulla è perduto, solo il respiro
Niente può sconvolgere la lunga pace
del cuore gioioso
ma solo dolore- Anche lui si esaurirà.
E il peggior amico e nemico è soltanto
MORTE
Frammento
pubblicato postumo
Ho vagato intorno al ponte per un'ora nella sera
sotto un cielo nuvoloso, nudo di luce
e ho sbirciato nelle finestre osservando i miei amici a
tavola
che giocavano a carte o erano in piedi presso la porta
e s'incamminavano nell'oscurità
Ma nessuno avrebbe potuto vedermi
Avrei voluto rivolgere il mio pensiero
a loro incuranti nella settimana della battaglia- con pietà,
fieri della loro forza, responsabilità,
fermezza e la bellezza dei corpi
nella loro pienezza, pietà
per questa lieta macchina di splendore che presto
dovrà essere rotta, non considerata
priva di passione, dispersa...
Solo, sempre,
Io potrei tuttavia vederli,
nella luce riflessa di una candela
passare simili ad ombre colorate
con una trasparenza più limpida del cristallo.
Bolle lievi, più pallide delle onde
radianti pallida luce frantumate.
in fosforo fuori nella
notte.
Cose che si deteriorano e bizzarri fantasmi-
prossimi alla morte in
altri fantasmi- questo o quello o Io
(dalla nave da guerra- aprile 1915).
BIBLIOGRAFIA
Poems 1911, Sidgwick & Jackson, Londra, 1911. 1914
and Other Poems, Sidgwick & Jackson, Londra, 1915.
The Collected Poems of Rupert
Brooke: With a Memoir a cura di Edward Marsh, Sidgwick & Jackson, Londra,
1918.
The Complete Poems of Rupert Brooke, Sidgwick &
Jackson, Londra, 1932.
John Webster and Elizabethan Drama, Russell-Atheneum,
New York, 1967.
The Irregular Verses of Rupert Brooke, a cura di Peter
Miller, Green Branch Press, Lechlade, 1997.
Letters from America, con prefazione di Henry James,
Beaufort Books, New York, 1988.
The Poetical Works of Rupert Brooke, a cura di
Geoffrey Keynes, Faber & Faber, Londra, 1988. Rupert Brooke. Collected Poems, The
Oleander Press, Cambridge, 2010.
[1] N.1-traduzione di Filippo Maria
Pontani da - Elegia greca arcaica- Giulio Einaudi ed. Le traduzioni delle
poesie di Rupert Brooke sono a cura di Anna Vincitorio-
[2]
Nota 2-Tirteo visse a Sparta
nella seconda metà del VII sec.A.C. a La leggenda lo dice ateniese, zoppo,
maestro di scuola. Mandato come duce Sparta dagli Ateniesi per obbedire
all'oracolo di Delfi degli Spartani. Con i suoi canti avrebbe infiammato
totalmente i Combattenti da contribuire potentemente alla vittoria. Anche in
età Successive, gli Spartani facevano cantare i carmi di Trteo ai soldati. La
poesia citata è nel testo di cui alla nota 1
[3] Nota 3-da Postfazione di Silvio Raffo in Poesie a cura di Paola Tonussi Interno Poesia
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