giovedì 12 giugno 2025

"LA BROCCA DI HEIDEGGER SI È ROTTA PER SEMPRE" Recensione dell'artista Davide Morelli alla silloge Kolektivne NSEAE (Edizioni Divinafollia, 2024) dell'artista Ivan Pozzon

 Ivan Pozzoni in un'epoca di specialismo è uno dei pochi letterati e poeti ad avere non solo una vastissima cultura ma una visione globale. Il suo manifesto o antimanifesto è costituito da un solidissimo corpo teoretico e da una dichiarazione di intenti, che, a differenza di molti altri, realizza compiutamente con esiti felici nella sua poesia. È innanzitutto un poeta che va oltre ogni cosalità, ben cosciente che la brocca di Heidegger si è rotta per sempre. Il poeta, per essere chiari, non segue la strada di alcuni della presunta oggettività, che poi di fatto diventa mera oggettualità fine a sé stessa. La sua poesia è ontologia estetica, coniugata all'etica. La chiarezza espositiva coesiste con l'espressione artistica; la comunicatività coesiste con la letterarietà ed è tutto ciò la caratteristica peculiare, che denota una grande originalità in una comunità poetica fatta di banali o illeggibili, come scrive in questo caso giustamente Berardinelli. Stilisticamente il poeta rivela grande maestria e padronanza del verso lungo, che spicca per la musicalità, in anni in cui molti sono fabbricanti di versicoli. La poesia di Pozzoni è completa e versatile: c'è l'infrastruttura psichica senza cadere nell'atomismo joyciano del flusso di coscienza o nella psicanalisi, c'è la struttura economica senza cadere nel determinismo economico marxista, c'è la sovrastruttura filosofica e culturale senza scadere nei culturemi, c'è la fenomenologia amorosa senza cadere nello sdilinquimento e nel sentimentalismo ma descrivendo a ciglio asciutto le contraddizioni insanabili insiti nella natura e nella cultura del nostro tempo. La questione dell'io lirico, che spazia dai poetini egorifetiti all'io residuale della poesia di ricerca è complessa ed è filosofica, letteraria, psicologica. Dirò solo che nella poesia di Pozzoni non c'è nessun ego smisurato ma un equilibrio ponderato tra io e mondo: non c'è il presunto egotismo stendhaliano, professato da alcuni per guardarsi l'ombelico, né la tanto decantata rimozione dell'io lirico perché Pozzoni è perfettamente conscio dell'impraticabilità odierna di queste due vie, dopo i libri di Guido Mazzoni e le diatribe conseguenti tra poeti neolirici e poeti di ricerca. Ma il pregio maggiore non è quello di creare una poesia, basata sull'accumulo, che cerca di restituire la complessità del mondo, ma quello di raccogliere i cocci della brocca heideggeriana con sapiente ironia e con un'autoironia, che giunge all'autogogna implacabile ma senza autocommiserazione. Pozzoni sa che ci vuole una nuova brocca (forse non heideggeriana), sa che la metafisica è in crisi o ritenuta un problema così secondario (come intuì Guénon) dalla maggioranza al punto che i più avveduti ne decretano la morte, sa che un intreccio indissolubile di nichilismo, consumismo, capitalismo selvaggio creano una crisi irreversibile sia nel mondo che nell'io, sa che esiste un individualismo omologante, una parvenza di soggettività senza più il soggetto e ci restituisce non una descrizione utopicamente onnipervasiva del mondo ma la sua irrapresentabilità. A differenza di molti altri il poeta ha indagato a fondo il rapporto tra ontologia, estetica, metafisica con ottimi risultati poetici e letterari. In ultima analisi il poeta è nel mondo ma lo attraversa, lo oltrepassa e la sua poesia non è semplice testimonianza, ma anche poesia civile per la sua critica sociale e politica: è una poesia fisica e metafisica allo stesso tempo. Non solo ma questa ironia sferzante, che non risparmia nessuno, neanche il poeta, non solo ci fa riflettere ma ci porta a sorridere per la nostra pochezza in un mondo assurdo (ancora una volta Heidegger con la sua deiezione). 


Davide Morelli

Perchè andare oltre al détournement semantico?

La trasformazione del riot in canzonetta, in jingle, ricalca, con una ironia dissacrante e scanzonata, la seduttività dei linguaggi tecnici dell’estetica consumistica dei lirici/elegiaci, degna di una canzone dei Jalisse (r(i)tta dal rigor mortis), estremizzando la loro seduttività orientata alla vendita (business o marketing art) fino all’implosione del linguaggio lirico in linguaggio ordinario. Siamo come Li(e)chtenstein: sostituire il pop con la pop art e sostituire la Svizzera, nella tutela del segreto bancario, a favore dell’evasore fiscale dell’arte italiana. E, allora, con la rivolta (riot) il lettore (fake) comprenderà che i lirici/elegiaci Mondadori, i lirici/elegiaci degli inserti dei giornali (esempio massimo di scrittura anti/culturale spregevole) come Repubblica, Stampa, Avvenire, Messaggero, democristiani e cooptativi, non stanno dicendo niente di significativo, trasbordando, in massa, nel tardo-moderno. Lì sarà costretto a costruirsi una nuova cartografia socio/etno/antropologica, senza la gabbia protettiva di «canone» e «tradizione». Lo hijacking è stato definito da Douglas B. Holt - in maniera maggiormente modernista- come «[...]turning expressions of the capitalist system and its media culture against itself[...]» (Douglas B. Holt, Cultural Strategy Using Innovative Ideologies to Build Breakthrough Brands, Oxford University Press, 2010, 252). Il nostro dovere è estremizzare e indirizzare, come una bomba a mano, la seduttività del modernismo, causandone l'implosione/esplosione. La praxeologia dello hijacking, nata dal blague situationniste e, attraverso le azioni punk, arrivata alla culture jamming (accompagnata dalla guerrilla communication) di fine XX, trovano la loro eredità nelle neo-avanguardie millenials, e nel loro hijacking anti-consumistico. Il tardomodernismo slitta la strategia: agisce sulla contro-strategia della struttura consumistica della recuperation (attraverso il labelling approach del disforme) e slitta, con un contrattacco behavioral change, attraverso il "dedoublement de Man" dell'artista e l'остранение šklovskijana del lettore (fake), dal mero attacco al brand all'intero linguaggio tecnico del marketing estetico, favorendo «shock, shame, fear, and anger» (Erika Summers-Effler, The Micro Potential for Social Change: Emotion, Consciousness, and Social Movement Formation, in Sociological Theory, 20/1, 2002, 41–60). Il boicottaggio/sabotaggio artistico è accompagnato dalle retaliatory actions (legal consequences), su modello dell'anacronistico movimentismo Monochrom o CrimethInc. Mark Dery fa risalire le origini del culture jamming al carnevale medievale, che Michail Bachtin interpretò, in Rabelais, come una sovversione ufficialmente sancita della strutturazione sociale. Quindi il tardomodernismo considera centrali nella sua praxiahijackingdedoublementостранение, carnevalizzazione, huomorismo/ironie luciniane. Il rischio sarebbe la creazione di una nuova ontologia estetica tardomoderna "sperimentale", lontanissima dalla politologia e dalla sociologia dell'arte e dal movimentismo militante del KNSEAE.

Kolektivne NSEAE

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