giovedì 12 giugno 2025

Sandro Angelucci : "LA Poetica di Angela Ambrosini"


 L’Autrice, che ci onora della sua presenza inaugurando il ciclo d’incontri Tra natura e letteratura, che terremo qui, nella biblioteca-casa museo Angelo Di Mario, è una delle voci più autorevoli e schiette della poesia italiana contemporanea.

Angela Ambrosini - questo il suo nome - ci raggiunge da Città di Castello, borgo medioevale disteso lungo l’alta valle del Tevere e non distante dai confini umbri con la Toscana.

Le sue opere sono molto spesso ispirate dal cuore verde della sua regione (tanto prossima - sia geograficamente che spiritualmente - ai paesaggi del reatino e della sabina).

Sarebbe, tuttavia, limitativo soffermarsi esclusivamente sulle descrizioni naturali, in quanto questa poetica è, sì, incentrata sui luoghi e le suggestioni dagli stessi esercitate, ma questi stimoli producono, nell’animo della poetessa, un’accoglienza ed una dilatazione tali da farli espandere in tutte le direzioni.

Si passa perciò - con una disinvoltura disarmante - dai paesaggi fisici a quelli dello spirito, dagli spazi dell’infanzia a quelli del dolore. E dirò di più: tanto profondi sono, da divenire un’unica dimensione interiore, che ingloba anche il tempo, anche le emozioni, anche la vita.

Facciamoci rapire dall’armoniosa musicalità della sua poesia. Da Infanzia (una delle ultime liriche che contribuisce alla costruzione della più recente silloge, Il tempo rappreso, data alle stampe per i tipi di “LuoghInteriori Editore” in Città di Castello, nel giugno dello scorso anno) stralciamo alcuni dei versi più modulati e significativi: “Sentivo il tepore degli orti / farsi germoglio a sera /. . . . / Non l’ansia del poi / m’era compagna: / solo il tonfo della pioggia / ostinato alle ringhiere /. . . . / Poi, di nuovo / a piedi nudi il giorno / aspettavo inarcarsi / d’attese avido, / d’addii avaro. / Non più sentivo / nel giro dei cieli / il cappio del tempo / stringersi piano.”.

Ho scelto questi passi perché li ritengo esemplificativi sia dal punto di vista dei significati che dei significanti. Occorre ricordare che la scrittura poetica è l’unica in grado di comunicare il proprio messaggio contenutistico attraverso la forma, l’unica a renderla non solo maniera ma sostanza. Riflettiamo su questo, se davvero vogliamo entrare nel vivo, nella carne, nel sangue dell’autentico poetare.

E mi piace ritrovare tutto ciò sul finire della mia citazione, dove è evidente la ricerca di un periodare inusuale per l’utilizzo normale e canonico che se ne fa, ma che, per la Ambrosini, costituisce la cifra stilistica attraverso la quale ogni vero poeta si distingue da qualsiasi altra voce. Canta così la poetessa: “…Poi, di nuovo / a piedi nudi il giorno / aspettavo inarcarsi / d’attese avido, / d’addii avaro. / Non più sentivo / nel giro dei cieli / il cappio del tempo / stringersi piano.”.

Proviamo a rendere tangibile il succitato assunto proponendo una versione - diciamo così - prosastica dello stralcio in questione. Il risultato sarà il seguente: “…Poi, di nuovo a piedi nudi aspettavo inarcarsi il giorno, avido d’attese, avaro d’addii. Non sentivo più il cappio del tempo stringersi piano nel giro dei cieli.”.

La differenza è manifesta e irrefutabile, nel senso che chiunque avrebbe potuto esprimere un pensiero (comunque profondo) come quello appena riportato, ma nessuno sarebbe stato in grado di rivelarlo nel modo in cui ce lo ha esposto l’autrice della lirica. Questo per dire che lo stile è indissolubilmente legato all’artista in ogni manifestazione dell’arte stessa ed in particolare nella parola, per ciò che concerne lo strumento usato da chi comunica in versi.

Ma torniamo ad occuparci dei vari stadi di un poiein tanto proprio quanto suggestivo. Ho, finora, preso in considerazione l’ultima raccolta della poetessa; si rende, tuttavia, necessario ripercorrerne l’iter creativo a partire dalle prime prove, dai primi vagiti, onde risalire, con lei, la vena ispiratrice fino alle polle sorgive.

La Ambrosini rende pubblico il suo sentire nel 2006, con la pubblicazione di Silentes anni, per conto di “Tracce Edizioni”. Sfogliandone le pagine, ci si avvede subito che i temi prediletti sono già presenti: l’attenzione agli anni infantili, ad esempio: “Tutto quello che ho imparato / tutto quello che so ora, / prima vorrei fosse stato, / negli arpeggi / della gioventù, / nel tempo che il tempo ignora”, dov’è palpabile l’anelito ad una condizione che possa fare tesoro della maturità in un tempo - oramai trascorso - in cui l’innocenza non aveva ancora lasciato il posto al disincanto. E poi la natura - come potevano mancare i versi dedicati alla stessa - il colloquio tra l’animo suo e le presenze del creato. Da Quest’ottobre chiaro: “S’innalzeranno taciturni i fiumi / all’abbraccio dell’imbrunire, / s’udrà solo l’indecifrato merlo / effondersi alto nel tempo / e il canto suo m’accoglierà ricolma / all’incalzare dei boschi….”.

Intervallato, nel 2007, dallo sconfinamento in Semi di senape (L’Autore Libri Firenze), breve raccolta di racconti in prosa poetica, esce, nel 2008, Fragori di note, sempre per “Tracce Edizioni”. A distanza di soli due anni dall’esordio in poesia, è già possibile riscontrare dei progressi nella nuova silloge: il dettato si fa più articolato e la ricerca linguistica diventa più esigente.

Da Sinfonia: “Indimenticati suoni d’estate, / quando il cane latrava nell’ora / della notte più alta / . . . . / Poi la cicala a inondare / schegge di cielo fra mare / di bossi e puntuti abeti, / . . . . / Mai taceva il pomeriggio / sulle folte note del grillo / . . . . / A tratti, greve il ronzio / d’un aereo rapiva la mente / …proprio come ora / qui, che dal centro del tempo / tutto questo mi rivive, / fra brandelli di suoni / trapunti d’eterno.”: versi che si distendono tanto nel passato come nel presente.

È di marzo del 2012 Controcanto, una nuova raccolta che la Nostra dà alle stampe per i tipi di “Edimond” Editore in Città di Castello. Prosegue, anche qui, il suo lavoro intorno alle figure retoriche ed ai registri poetici che più le si confanno: l’enjambement, che contribuisce a creare un senso di continuità dilatando il ritmo ed enfatizzando parole-chiave legate al concetto basilare del testo; la sinestesia, ossia l’associazione espressiva di parole pertinenti a due diverse sfere sensoriali. In Acquerello - ad esempio - si ritrovano insieme sia l’una che l’altra figura “E azzurro era / il silenzio”, nel poco spazio di due brevissimi versi. La reiterazione, in Qualche volta d’estate, del titolo nel corpo della lirica e finanche, in fondo, alcuni Haiku (rispettandone la metrica originaria delle sillabe, ossia 5-7-5): “Soffio di luce / l’autunno oggi mi parla: / pace che trema”.

Cinque anni dopo è la volta di Ora che è tempo di sosta (CTL Editore in Livorno). Dedicata al padre, con un’opera pittorica di Liliana Agostini Ambrosini in copertina, la nuova silloge è preceduta da una introduzione dell’autrice: “Credo sia d’obbligo una premessa - scrive - a una raccolta poetica nata, in buona parte, dall’accostamento a immagini (foto, dipinti e, persino, creazioni in ceramica) nell’intento di sbriciolare l’apparente asimmetria tra i due codici espressivi, semantico e asemantico. Un sodalizio, quello tra immagine e parola, al quale sono stata educata fin dall’infanzia […] A sostanziare tale ricerca non solo di stile, ma, prioritariamente, di contenuti, è la metafora, la cui amplificata capienza semantica consente di annullare tutte le dissonanze, tutte le distanze […] La poesia, diceva Ezra Pound […] è ‘semplicemente linguaggio caricato di senso al più alto grado possibile’ (e) ‘la bellezza in realtà non è che la vita fisica in una sua condizione ideale’, asseriva William Butler Yeats […]”.

Ho voluto riportare questo estratto, dalla presentazione, in quanto ci dà l’esatta misura del libro, un libro che riesce davvero nell’intento euritmico d’interazione tra le arti.

Ma questo processo non è destinato a concludersi, tanto è vero che, nel 2021, Angela - in collaborazione con l’artista Edi Magi e la scrittrice Daniela Calzoni - dà vita ad un elegante e multidisciplinare catalogo d’arte e poesia dal titolo Di forma e di parole, nel quale convergono le esperienze di ciascuna sia in ambito letterario (ivi compresa la traduzione dallo spagnolo all’italiano delle sue liriche) sia in quello della pittura e della ceramica. Un’opera, che appaga tanto l’occhio quanto la mente, pubblicata anch’essa da LuoghInteriori Editore in Città di Castello. Un’opera dove i colori delle splendide tavole vanno ad intrecciarsi con i versi dalle stesse ispirate alle poetesse. Mi sento di compendiare con l’haiku della Ambrosini, che così si esprime in proposito: “con altra lingua / a specchio si cercano / forma e parole”.

E siamo arrivati alla silloge più attuale: l’ultima fatica letteraria della poetessa: Il tempo rappreso, di cui ho parlato in apertura. Ci torniamo, tuttavia, molto più preparati, molto più edotti su quelle che sono le caratteristiche, le peculiarità di questa scrittura. Possiamo farlo poiché l’abbiamo vista nascere e l’abbiamo seguita lungo il percorso della sua crescita graduale e costante negli anni. In virtù di ciò, mi urge, in questa sede, disquisire delle conquiste raggiunte attraverso un labor limae certosino, messo in atto con risoluta umiltà. Un lavoro di cesello tanto sulla parola quanto sulla sua collocazione all’interno del verso.

Scorrendo le pagine dei libri precedenti, mi sono reso conto che diverse liriche erano già presenti in quelle raccolte, ma più d’una non venivano semplicemente riprese, bensì recuperate alla luce di una rilettura successiva che tenesse conto delle nuove esigenze dell’autrice, necessità non solo formali ma esplorative dei significanti fonici e logici dei versi. Come già fatto, darò conferma concreta di tutto questo.

Le poesie Per te e 2 Novembre sono presenti sia ne Il tempo rappreso che in Ora che è tempo di sosta. Desidero comparare dei passi che sono stati modificati nell’ultima versione. Mi riferisco alla cernita che segue: dalla silloge del 2017, “…onda d’acque e di cieli, / a lavare tradimento e martirio / in silenzi d’amore…” e ancora: “…Non più ti sia dubbio / e affiliata lamiera l’attesa / del figlio…”, mutati ne Il tempo rappreso con l’elisione della parola tradimento dalla prima citazione e trasformando il secondo stralcio in “…Non più ti sia dubbio / e affilata lamiera quest’attesa, / padre,…” (da Per te). Analogamente in 2 Novembre 2015, dove, dalla raccolta del 2017, viene anzitutto rimosso l’anno dal titolo e, successivamente, cambiata la disposizione dei seguenti versi: “…Mi rimane l’espiazione / per la proda inesplorata / d’un infanzia, la mia, che fu serena…” in “…Mi rimane la proda / d’un’infanzia, la mia, che fu serena… (da 2 Novembre).

Com’è evidente, siamo di fronte a rifiniture delicatissime e molto attente. In particolare, a me hanno colpito le elisioni, cioè a dire la grande vigilanza, posta dalla Ambrosini, all’essenzialità del dettato. Non si tratta di aggiungere ma di togliere (come qualcuno, più importante di me, osservava).

È tempo di chiudere: lo faccio con l’auspicio, per Angela, di persistere nella ricerca meticolosa di una parola sempre più densa ed essenziale; ispirata dal canto, dai colori e dalle atmosfere di una natura che ci parla ancora, che resiste e ci offre momenti di bellezza assoluta, pari a quelli che stiamo vivendo oggi, qui, a Vallecupola.

 

 

 

     

 

Sandro Angelucci                                                                                    

        

2 commenti:

  1. Mi sento onorata oltre che commossa per questa attenta, profonda recensione del critico e poeta Sandro Angelucci sull'intera mia produzione poetica. Grazie infinite per l'acribia e la sensibilità!
    Angela Ambrosini

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    1. Grazie a te, Angela, che mi hai permesso di scrivere in virtù della tua autentica e validissima poesia!

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