lunedì 3 dicembre 2018

MARZIA SERPI PRESENTA: "LO SPECCHIO E L'ANIMA"


Marzia Serpi: Lo specchio e l’anima. BastogiLibri. Roma. 2017

Vita, illusioni, delusioni, saudade, rievocazioni, amore:
“Ho un attimo di cielo/ da dividere con te,/ voglio essere regina/ donna, amante e molto più./ …/ Ed io, aquila reale/ che ha paura del suo volo/  e tu compagno mio/ in ogni cielo da solcare/ nell’azzurro, tra le nubi/ o nella notte cupa…”. (Da un attimo…) Un amore totale, pieno, che l’anima nel focus della sua ispirazione dona alla liricità della parola.
Tutto questo nella silloge di Marzia Serpi che, con grande efficacia visiva, è volta, in una ricerca verbale, a concretizzare la sua ontologica vicenda. I versi scorrono fluenti, puri, con euritmica inclusione,  ora ampi, ora brevi, per seguire il ritmo di un’anima tutta presa dal dire di sé, del suo amore per i figli, il padre, la madre, l’uomo della sua vita. Non meno hanno una incisività poetica i canti rivolti agli animali, visti con antropomorfico afflato, e verso i quali la Serpi rivolge un affetto  di estrema forza trascinante. Ma quel che più risalta è la rappresentazione di una realtà che a volte si fa immediata e conclusiva, a volte traslata, piede d’appoggio per un volo verso l’alto, al di là delle micragne della vita. In oniriche vertigini, anche, che tanto sanno di respiri autunnali o di abbracci primaverili. D’altronde il sogno fa parte di questa nostra storia caduca e fragile, e la poetessa è cosciente della sua fragilità. Per questo si attacca a sentimenti forti e generosi, quasi con l’intento di portarli sempre con sé fino al guado della corrente, rivelando tutta la sua fierezza di donna che prosegue il cammino nelle primavere illusorie del mai finire. In aiuto al suo verseggiare si propone una natura fresca e generosa, policroma e oggettivante, che con tutti i suoi polivalenti messaggi, si fa involucro degli abbrivi emotivi della Nostra: “Fresca la foglia al color di lattuga/ che al mattino sorprendi il mio sguardo. / Primavera è arrivata,/ solo ora mi accorgo di lei/ e con lei, mi sento più vera./…./ Il papavero agli argini spicca allo sguardo/ c’ovunque si posa s’allieta di tanta bellezza/ scordando ogni sua vanità”. (In viaggio) Uno spirito che chiede libertà, e che tale libertà trova in una primavera di scoperte e meraviglie in una  navigazione fatta di scogli e di bonacce; di marosi e di orizzonti luminosi, verso mete di umana consistenza, dove le ampiezze dei limiti portano anche a sperdimenti o a naufragi meditativi di memoria leopardiana. Sì, tuffi in voragini d’infinito dove è facile perdere la nostra identità. Ma Marzia, col suo stile semplicemente complesso, col suo linguismo in progress, in cerca di  una consistenza che convalidi il suo pathos, non si arrende di fronte all’ignoto, e vola, con iperboli o con agganci  retorici  di significante valenza, verso riposi familiari, verso memorie di intime stagioni: “Noi, per un mondo migliore/ noi, popolo in movimento/ noi, figli del vento/   noi sabbia/ allo scorrer del tempo./ Noi, amati da Dio”. C’è questa inquietudine del tempo che vola, del momento inafferrabile, ma c’è anche la fede verso un Dio che ci ama. Una silloge completa, direi, che tocca tutti gli angoli dell’umano vivere; una narrazione che pretende qualcosa di più, che ambisce ad una poesia ancora più aderente, più consona alla pluralità di un mondo interiore, polivalente e plurale, perché la Serpi ama il canto, e vorrebbe che si perpetrasse foscolianamente ai posteri; al tempo a venire per trasferire all’eterno uno sprazzo caduco di vita, una solitudine, una notte di mezza estate:

(…)
Notte di mezza estate,
io e questo bianco foglio
stasera è tutto ciò che ho
ma non è ciò che voglio. (In sol-itaria)

Nazario Pardini   17/05/2017





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