Questa mostra d’arte, nata da una lunga ricerca sull’universo e sulle sue più affascinanti teorie, si muove entro l’orbita di un auspicabile incontro tra Scienza e Coscienza, tra pensiero scientifico e pensiero umanistico, tra rigore analitico e vivacità creativa. Nessuna separazione. E’ questa la spinta, il motore ideale del presente evento artistico. Non è vero che le scienze e le tecniche siano responsabili di quella deviazione che potrebbe condurre verso l’ingloriosa uscita di scena dell’uomo. Certo, il rischio si corre, ma se questo dovesse accadere, la responsabilità non ricadrebbe sulla scienza e sulla tecnica, bensì sulla pigrizia dell’uomo che preferisce abdicare nei confronti della macchina anziché dominarla creativamente e portarsi all’altezza morale del progresso raggiunto. Umanesimo e Scienza, un unico destino.
I movimenti artistici di inizio Novecento non
avrebbero avuto la potenza che hanno mostrato di avere, se non avessero trovato
alimento nelle contemporanee scoperte scientifiche che rivoluzionavano il mondo
promuovendo da un’altra angolazione lo stesso superamento delle apparenze
sensibili promosso dalle arti figurative. E non era Platonismo, come potrebbe
sembrare, bensì Cosmocentrismo: tornerò sul concetto tra breve. Affascinata dai
misteri del cosmo, Stefania Camilleri dà vita, in questi suoi nuovi elaborati
artistici, a vere e proprie feste cromatiche con zumate brillanti su angoli
segreti della vita universale. Un tripudio di luci e colori, di effervescenze
materiche dove balenano stelle e galassie, nebulose e pianeti.
Una scoperta di tesori nascosti, di frammenti
solitari nello spazio, ma non isolati o dispersi, alla deriva, bensì in profonda
relazione e inesplicabile osmosi tra di loro. L’Universo è anche un Multiverso,
e viceversa, l‘uno nell’altro fusi. Sta qui l’olismo estetico di questa
fervorosa pittrice, il suo amore per la realtà profonda da cui il mondo
fenomenico risulta animato, il suo entusiasmo per la Quantistica come scienza
dell’Informazione. Qui la sua ammirazione per Margherita Hack cui la sua
mostra è dedicata. Potrebbe sembrare fuori dal tempo una poetica ispirata alle
armonie del cosmo, fuori dal contesto di inquietudini e angosce in cui oggi
viviamo. A uno sguardo disattento, questi elaborati potrebbero sembrare platonicamente
evasivi, ma non è così.
Il titolo della mostra è emblematico. Siamo
fatti di stelle sta a significare che le stelle non stanno fuori, ma dentro
di noi. Un invito pertanto rivolto a noi stessi, esseri smarriti, per
ricollegarci alle nostre sorgenti autentiche, alle radici cosmiche da cui
veniamo. Siamo fatti di stelle, locuzione mutuata da Margherita Hack,
richiama i principi etici di cui la celebre astrofisica era nutrita. Atea
dichiarata, lei spingeva ad innalzare gli occhi al cielo, non certo per evadere
dal mondo in senso ascetico, ma per andare a cogliere lassù e trasferire
quaggiù le vere fonti battesimali della vita, ossia ciò che noi stessi
siamo, ma che noi stessi nascondiamo in nome di un umanesimo abnorme, tronfio,
dispotico, irriguardoso: quell’Antropocentrismo oramai da abbandonare per porre
il Cosmo al centro, giacché il Cosmo è quello che realmente siamo.
Tutto ciò era chiaro nelle arcaiche
cosmogonie, nei miti fondativi delle culture native che narrano di un’età
dell’oro dimenticata, ma torna oggi ad essere chiaro negli indirizzi più lucidi
della cultura contemporanea, che dietro la tenda dell’Antropocentrismo non intravvedono
il Nulla, bensì il Cosmo e le Stelle che sono la nostra vera casa. In questa
mostra tutto ciò è presente a lettere cubitali. Così come in nuce era
presente nei movimenti artistici d’avanguardia influenzati dal Primitivismo
(Picasso docet), con visioni prelogiche, essenziali, elementari; o anche
in quelle tendenze che cercavano nell’esperienza interiore profonda al di là
delle apparenze (Kandinsky docet) le forme universali. Percorso analogo
a quello della ricerca scientifica che veniva puntando i fari sul retroscena
cosmico delle superfici sensibili, mondane.
Non esistono separazioni tra arte e scienza,
anche se la scienza è scienza e la poesia è poesia. Non è lecito confondere i
due campi, ma se lo scibile nasce per intero dall’uomo, è impensabile che fra le
due discipline non esista e non possa esistere un punto di contatto o di
unione. Professoressa di matematica, Stefania Camilleri è da sempre affascinata
dalle scienze, ma ha trovato nel percorso artistico la sua più autentica
realizzazione. Non è una novità, la
storia è piena di illustri esempi di personalità scientifiche che hanno
dedicato grandi attenzioni all’arte e alla poesia. E viceversa. Leonardo docet,
uomo d’ingegno universale, in pari grado scienziato ed artista, matematico e
filosofo, inventore e musicista.
E che dire di Galileo che nel Sidereus
Nuncius parla del moto delle stelle con indiscutibile rigore scientifico,
ma nondimeno con una profonda ammirazione per la bellezza e l’armonia del
cosmo, palesando una visione ed una sensibilità squisitamente poetiche? Quel Galileo
che, guarda caso, tornava alle teorie eliocentriche proposte da Aristarco di
Samo più di mille anni prima, contraddicendo le tesi tolemaiche sviluppate in
età storica e recuperando conoscenze arcaiche avanzate in ambiti pitagorici (ma
in qualche misura anche egizi), in età mitico-sapienziale? Non sempre il mito è privo di fondamento. A
volte contiene anticipazioni che la scienza successivamente convalida o può
convalidare.
Intuizione, stupore ed incanto sono alla base
di ogni scoperta ed ogni avveduto ricercatore sa che il mistero è il migliore
alleato della conoscenza. Lo sapeva benissimo Galileo, ma nel manifesto del
Circolo di Vienna redatto nel 1929, sgomenti leggiamo: <Precisione e
chiarezza vengono perseguite, le oscure lontananze e profondità impenetrabili
respinte. Nella scienza non si dà profondità alcuna; ovunque è superficie>. Dogma
inaccettabile. La Quantistica, al contrario, spinge a indagare
nell’impalpabile, nell’invisibile, echeggiando ciò che i mistici orientali avevano
intuito quattro/cinquemila anni or sono: l’interdipendenza di tutte le cose, la
loro complementarità in un progetto di cooperazione cosmica.
Le opere qui esposte (trentotto in tutto, tra
cui sei installazioni), raccontano un viaggio interstellare intuitivamente
condotto dall’artista fra pianeti, galassie, meteoriti e teorie cosmiche tra le
più suggestive. I linguaggi visivi, fortemente materici, sorprendono per la capacità
di scendere nei meandri nascosti della materia, utilizzando tecniche e supporti
tra i più svariati: dibond, legno, resina, fibre ottiche, LED, diorite,
polistirolo e terre preziose, prestando particolare attenzione alla relazione
tra materia e luce. C’è anche da dire che questa è una mostra d’arte narrata:
esperimento forse unico, che permette di ascoltare in cuffia, per ogni opera,
una illuminante didascalia poetico-scientifico-filosofica che arricchisce il
tutto con suggestioni uditive.
La storia artistica di Stefania è ricca di
molteplici esperienze, a partire dai vaporosi acquerelli maturati alla scuola del
Maestro Vladimir Khasiev, dalle cui atmosfere nordiche, mentali, lei tuttavia
si discostava per una mediterranea, sanguigna e sognante vivacità incline al
materismo informale. Acquerelli, i suoi, acquatici e celestiali, dove la Natura, senza
perdersi come realtà sensibile, veniva colta nel mistero evanescente e cosmico
di una luminosa energia. Da allora, molta acqua è passata sotto i ponti, fino a
questa odierna, stupefacente avventura nel cosmo, dove l’astrattismo
materico, che nelle formulazioni di insigni esponenti esalta la funzione
entropica e disgregatrice del caos, subisce una poderosa virata, giacché l’Universo
non è mai a senso unico, ma è armonia di contrari, dove Cosmos e Caos
interagiscono perennemente tra di loro.
Franco Campegiani
Nessun commento:
Posta un commento