SCOZIA NEL VIAGGIO E NEL SOGNO
L’arrivo a Glasgow in piena notte e l’impazienza per il dopo
che mi attendeva. Un veloce giro. La storia di San Mingo che fondò la sua
chiesa di legno sulle rive del Molendinar. Il pesce e l’anello che compaiono
nello stemma di Glasgow si riferiscono alla leggenda nella quale San Mingo
salvò una donna infedele dall’ira del marito. Nel proseguire giungiamo a
Inveraray sulla riva del loch Fyne. Case imbiancate a calce; a poca distanza il
castello del clan Campbell. Imponente massa neogotica poi modificata nel XIX
secolo. Raffinatissimo l’interno con tappezzerie di Beuvais XVIII sec. e arazzi
del medesimo artista. Impressionante la sala d’armi: lance, asce, spadoni.
Dopo; una corsa veloce tra prati inguainati di verde e di ciuffi d’erica e
siamo nelle Highlands. A ovest l’Atlantico, ad est il mare del Nord. Sono
finalmente nella Caledonia, così chiamata all’epoca di Roma fino al IV secolo
dopo Cristo. Poi, Alba dalla stirpe reale che accede al trono con Kenneth Mac
Albine, re di Alba, nome gaelico. Dall’VIII al IX secolo arrivano dal mare i
Vichinghi che occupano le isole occidentali. La meta agognata: isole in cui
l’azzurro intenso del mare e del cielo contrasta con distese di tenero verde e
di erica. Non uomini in vista ma vento sussurrante in un silenzio che sa di
antico. Il tempo cambia e banchi densi di nebbia avvolgono d’irreale barriere
di roccia compatta e ammantate di mistero…poi ancora una pioggia battente.
Rivoli d’acqua tra i quali compare Iona. Ha inizio il cammino dall’approdo di
Baile Mor. Affiorano gradualmente le rovine del convento e del monastero
fondato da San Columba, esule dell’Irlanda nel 563 con alcuni suoi discepoli.
L’isola spoglia e poco ospitale, rispondeva alle loro tradizioni monastiche.
Con le incursioni dei Vichinghi dell’VIII e IX secolo, persero la vita 68
monaci e i superstiti tornarono in Irlanda con le reliquie di San Columba e
forse anche con il libro di Kells (libro sacro miniato), conservato al Trinity
College di Dublino. Le rovine sono suggestive e ancora intrise di sacralità che
dal luogo promana. Mi sono soffermata in muta preghiera davanti alla Maclean’s
Cross del XV secolo, miniata e con intagli complessi nella pura tradizione
celtica. Tra le schiarite e le ombre delle nebbie, il cimitero paleocristiano.
Si dice sia stato il luogo di sepoltura del re di Scozia. Si nota anche un
poggio – Tor Abb – dove pare fosse la cella di San Columba. Non possono
sfuggire allo sguardo tre grandi croci: quella di San Martino, completa e
originale; quella di San Matteo col fusto mozzato; la terza riproduce la croce
di San Giovanni. Si possono inoltre ammirare l’Abbazia attuale e l’Infirmary
Museum ricca di pietre paleocristiane e medioevali tra cui spicca la croce
celtica di San Giovanni. C’è anche una piccola cappella, Michael Chapel, luogo
di culto nei mesi invernali.
Il cielo si schiara e nella nebbia vedo pian piano dissolversi
Iona. Lasciato il mare riprendo il cammino. Piccoli paesi con case bianche e
colorate. Mi soffermo al limpido scorrere dell’acqua di un fiume – Sliga Chan
(fiume dell’eterna giovinezza). La leggenda racconta che un principe malvagio
ripudiò la sua donna che un incidente aveva reso deforme. Lei, disperata, si
buttò nel loch (fiume) e riacquistò la sua bellezza e giovinezza e sposò
l’arciere del principe.
L’atmosfera che mi circonda, il volo incrociato di uccelli
variopinti che sfrecciano in un sincronico battito d’ali, mi riportano alla
mente alcuni versi di Robert Burns. La Scozia è terra di artisti e scrittori
come il filosofo David Hume, Walter Scott, R.L. Stevenson, economisti…
Mi avvicinai alla romantica
opera di Burns negli anni ‘90, traducendo diverse poesie in INVENTARIO[1].
Robert Burns nasce a Ayr, nelle Lowlands nel 1759. Muore il 21 luglio 1796 nel
suo delirare tra le nebbie della poesia e i vapori dell’alcool. Il suo canto
diviene leggenda popolare, suono nel fruscio violetto dell’erica di Drumossie,
nelle note di un fiddle (violino) e in ogni frammento di cuore scozzese
assetato di sogni al di fuori del tempo e di ogni rimpianto. Riporto un
frammento: “Ho sognato di giacere dove i fiori spuntavano/ allegri nel raggio
del sole./ Io ascoltavo il canto degli uccelli selvatici,/ vicino alle cascate
di un ruscello cristallino.// Nel bosco turbini di vento soffiavano minacciosi/
lottavano gli alberi dalle vecchie braccia,/ sulla scura crescente onda”[2].
Il cammino attraverso la Scozia procede verso l’isola di
Skye. Il suo fascino indiscusso è legato ad una turbolenta storia geologica che
ha evidenziato scenari tra i più vari e sconvolgenti. Si raggiunge attraverso
il ponte che collega Kyllaken con il Kyle of Lochalsh. Una massiccia coltre di nebbia
lascia appena intravedere le alte rocce. Al suo diradarsi, si delinea acuto il
faro che ispirò fortemente Virginia Woolf nel suo romanzo – Gita al faro.
Va anche rilevato che il
mondo dello spettacolo ha scelto l’isola per girare il nuovo video di James
Blunt “Cold”[3].
Questo video fa riferimento al precedente You are beautiful del 2005 in cui il
cantante si spogliava totalmente buttandosi da un precipizio, stremato ma
salvo.
La Scozia riconosciuta come terra magica, intessuta di
leggende, streghe, elfi, ci appare con panorami impressionanti. Promontori
vulcanici nell’area settentrionale con picchi erosi dai ghiacci. L’isola è
attraversata da loch di mare che si insinuano in scenari con altipiani
rivestiti di verde, tenera erba. Romantiche piccole baie, spiagge bianche dal
fascino desolato. Bestiame vagante tra prati e colline; barriere di rocce con
pinnacoli. Kilt Rock con la sua spettacolare cascata; roccia basaltica. Il suo
nome deriva dal popolare indumento scozzese. In questo scenario grandioso e arcano,
signore è il vento che umanizza gli inimmaginabili silenzi trascinandoci in una
solitudine ebbra. Ci addentriamo in zone sempre più selvagge fra terreni
torbati, fiordi, rade bianche casette di sperduti villaggi.
Calano le ombre e sostiamo a Thurso. La notte si anima di
ombre alternate a fioche misteriche luci; è forse il fruscio di qualche elfo
che muove il mio piumone?
Al mattino di nuovo in mare verso le Orcadi (Patrimonio
Unesco). Un’erba di un verde brillante accoglie i nostri passi fino a Skara
Brae, villaggio neolitico riemerso nel 1850 dopo una tempesta. Perfettamente
conservato, ci rivela quella vita lontana. Immensi spazi d’erba lambiti dal
mare e, davanti ai nostri occhi increduli, il Cerchio di Brodgar; gigantesche
pietre neolitiche che sfidano un cielo plumbeo e immoto. La loro sacralità
impedisce di sfiorarli. Giganti svettanti e ansiosi di guadagnare il cielo
lontano che li sovrasta. Ci allontaniamo un poco; il paesaggio diviene più
reale e ci appare la cattedrale di San Magnus. In una baia vicina – Scapa Flow
– c’è una piccola cappella costruita dagli italiani prigionieri in Scozia
durante la seconda guerra mondiale. Una muta preghiera recitata in silenzio si
diffonde nel mistico luogo. Torniamo sulla terra ferma. A tratti, su alture coperte
di erica, si ergono castelli dal sapore di un passato di lotte, di intrighi, di
magia. A Kyle of Lochalsh, il castello Eilean Donan legato alla terraferma da
un ponte. Si erge come una torre compatta. Dietro, acqua intramezzata da fasce
di terra erbosa e, in lontananza, le montagne. Mitico scenario del film
Highlander. Il paesaggio si slarga in ampie distese con sfumature che variano
al mutare del cielo. All’improvviso, laghetti con ninfee, terreni intrisi di
torba e poi fiordi dal fascino primitivo. Andrebbero percorsi sfiorandone le
acque. Le ombre affioranti nel verde sembrano invitarti verso…Forse in qualche
anfratto si cela Niamh, fata gaelica che cavalca un bianco cavallo e porta i
mortali verso l’eterna giovinezza. Il fascino delle Highlands è accresciuto dalle rocce a precipizio di
Buachaille Etive Mor e il crinale a lama di coltello di Aconach.
Montagne che sfidano l’uomo e, in basso, l’inquieto fiume
Coe. Il luogo è tristemente noto per il massacro che prende nome dal luogo:
Glencoe. Dickens lo paragonò al “cimitero di una razza di giganti”. “Nel 1692
il capo Clan dei Mac Donald di Glencoe tardò cinque giorni a prestare
giuramento di sottomissione a Guglielmo III… Per dieci giorni 130 soldati
capeggiati da Robert Campbell, vennero ospitati dai Mac Donald che non
sospettavano nulla. Il 13 febbraio all’alba, i soldati uccisero circa 38 Mac
Donald. Molti ancora morirono nei gelidi nascondigli di montagna…”[4].
Nel Regno Unito e in particolare Scozia e Irlanda si sono verificati terribili
massacri. Mi torna alla mente Seamus Heaney (Nobel 1995), dove parla del
massacro di Vinegar in Irlanda… “Migliaia morirono sulle falde della collina/
agitando le falci al cannone./ Il fianco della collina si tinse di rosso,
penetrando nella nostra onda infranta./ Ci seppellirono senza sudario o cassa./
E in agosto l’orzo germogliò sulla tomba”[5].
Pensando alla morte di questi giovani eroi mi viene alla
mente Banshee, fata e donna delle fate dal gaelico bean. Entità misteriosa
dagli occhi di tenebra. I poeti e gli eroi erano accompagnati negli ultimi
istanti di vita da questa figura. Percorrere la Scozia è un lungo affascinante
cammino tra il soffiare del vento e i giochi delle nuvole. I grandi vuoti verdi
all’improvviso, nell’aprirsi di una nuvola, delineano un castello. Una sagoma
massiccia è davanti ai miei occhi: Dunrobin attuale dimora dei duchi di
Sutherland. Torri circolari, cuspidi ardite, un interno palpitante di vita. Tra
le curiosità, in una bacheca, la scarpa di Garibaldi.
Un immenso giardino francese
con macchie variopinte di fiori che confinano con un mare irrorato di luce. La
bellezza incontestabile del luogo non può tuttavia contestare le crudeltà e gli
intrighi che si sono consumati nei secoli. Il cammino prosegue e ci troviamo a
Inverness sul Lochness. Qui, le rovine di Urquhart castle con le sue storie
intriganti e i suoi segreti. Torre isolata che si erge su un verde altipiano
che domina il lago. La fantasia galoppa; cerca tra le increspature dell’acqua
torba e profonda tracce di Nessie; nulla appare; è tutto calmo. Il battello
scivola sull’acqua. Cerca tracce umane di magia ma è solo un grande lago, al
momento tranquillo. Una sosta nel cammino verso Edimburgo non può mancare e
siamo a Perth un tempo capitale della Scozia Medioevale. Notevole la church of
Saint John del 1126 e poi la parte di edifici vittoriani. La FairMaid’s House a
North Ort, viene indicata come abitazione dell’eroina di – La bella fanciulla
di Perth (1828) – di Sir Walter Scott.
Il viaggio volge al suo termine. Mi trovo a Edimburgo (patrimonio
dell’Unesco). Città distribuita su due grandi aree. Il centro storico è
medioevale; la New town a nord si sviluppò intorno al 1767. La zona raggruppa
la più elegante architettura georgiana. La città è in festa. Musica, canti,
artisti di strada. Forte vitalità, voglia di vivere pienamente che si riflette
nei visi degli scozzesi. Su una rupe basaltica di origine vulcanica si erge il
castello di Edimburgo costituito da una serie di edifici che vanno dal VII al
XX secolo. Torri svettanti sfidano il cielo contrapposte alle antiche gabine
telefoniche rosse. Edifici severi come la splendida chiesa di Saint James e
sotto, folla festante. Storia e vita si intrecciano. Vado indietro negli anni e
mi rivedo, giovane, con un’amica che non c’è più, alla scoperta di una chiesa
isolata fuori città. Colme di ammirazione per la prentiss pillar, la
colonna dell’apprendista in essa contenuta. Per strada, allora, fluttuavano le
note di Green leaves. È tutto lontano e allo stesso tempo l’attualità intorno a
me mi dà malinconia.
Visito il Panfilo Britannia con le sue bandiere al vento.
Poi una visita all’ultimo castello: Blair Castle – bianco,
magnifico, luminoso. Al suo interno corridoi ornati con corna di cervo che si
susseguono lungo spazi bianchi. Belle a vedersi ma ricordano cacce crudeli
risuonanti del cupo lamento dei cervi morenti.
Ho in me immagini, sensazioni, ansie, magie sperate che la
realtà non concede. Stringo tra le mani un piccolo elfo dalla lunga barba
bianca e una pecora paffuta e rotonda. Li inserirò nel mio presepe a Natale.
Daranno vita ai ricordi.
Firenze,
8 settembre 2023
Anna
Vincitorio
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