mercoledì 12 dicembre 2012

A. Mosca Mondadori su N. Di Stefano Busà


LA POETICA di Ninnj Di Stefano Busà


Una testimonianza straordinaria dello scrittore e critico Arnoldo M. Mondadori


Nota critica di Arnoldo Mosca Mondadori

Leggendo i versi di Ninnj Di Stefano rimango continuamente stupito. La sua poesia è come parola che torna a dare vita al mondo. Come se la poetessa avesse uno specchio profondo, dove il mondo si sia immerso nel tempo e nelle parole potesse di nuovo prorompere, appena nato. La parola spesso diventa altissima, per dare la possibilità a ciò che ha perso senso di ritrovarsi. Ed è forse solo per questa ragione che può nascere ancora la poesia: dall’anima dell’uomo, da luoghi profondi e inaccessibili, risale il significato della creazione.
Così la natura si rivela nelle sue minime manifestazioni e si sente vibrare la sua grazia.
Forse nella parola di Ninnj Di Stefano vi è qualcosa di miracoloso, una specie di patto segreto con la natura e il suo respiro. Alcuni versi sembrano volerci scolpire, come strumenti di rivelazione e di pace:

“Si spengono i violini dentro la carne”
“Ti aspetto in punta al cuore, come un richiamo di luce”
“Ti parlo a un passo dalla carne”

I brani di alcune poesie sembrano poi scaturire come gemiti dello spirito, come enunciati di grazia:

“Scorrerò l’enigma dei deserti
per riscoprire cattedrali bianche,
o la voce dell’infinito, nel dono
di un pensiero che si levi a Dio.”



“S’impiglia l’anima, come una cometa
che filtra il grido della luce e si fa
spora d’altri cieli,
o appena oblìo in calici di brina.”


La sua scrittura non cede mai a nulla di retorico. L’autrice sembra rispondere sempre a un’esigenza di volumi bilanciati. Anche quando le immagini si ammassano riescono a snodarsi sempre, come fossero un groviglio di fiori che sanno poi naturalmente separarsi.
In questo senso la scrittura sembra molto vicina agli stessi processi che danno vita alla natura e ai suoi misteriosi andamenti. “Tu parlami di soffi appena in boccio, di conche di basilico e di menta. La parola che sciogliemmo al vento della sera, ha steli di magnolia e filigrane, farfalle
che inazzurrano gli orli della terra.”
La solitudine della poetessa la aiuta a osservare i minimi mutamenti di un mondo di grazia e di dolore, ma non è mai una solitudine che si ripiega su se stessa, è piuttosto qualcosa che trema, che si innalza come una specie di preghiera.


“Abbruna ora l’infanzia che progettava
pagine di cielo e latte appena munto
all’albeggiare lieto delle labbra.
Resiste solo il frullo d’ali,
qui, dove il dolore è più mite.”



Le poesie di Ninnj Di Stefano potrebbero essere poesie scritte migliaia di anni fa, perché in esse sono nascoste le verità che ci appartengono. Proprio oggi, mentre siamo invasi e tempestati da messaggi web, e-mail e social-network di ogni tipo, avere tra le mani questo libro è un immenso dono. Leggendo avverto il volo di un insetto, l’umore dei fiori e della terra, il senso del sole.
Ecco ancora il mondo, con la sua anima lenta, capace di attendere infinite stagioni ma anche con i suoi istanti improvvisi - di una velocità e immediatezza che nessuno può cogliere se non lo sguardo del poeta. Ma non è tecnologia, è altra velocità, è pensiero di creazione.

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