venerdì 21 ottobre 2022

MARCO DEI FERRARI: "NOVEMBRE" NELLA MAGIA SOLITARIA DI NAZARIO PARDINI

 DI MARCO DEI FERRARI

“NOVEMBRE” nella magìa solitaria di Nazario Pardini

Staticità e dinamismo nello scenario del Poeta si coinvolgono e reciprocamente manifestano moduli di sensibilità esistenziale pluridimensionali.

Cielo e Terra soccorrono l’animo di Pardini e il suo doloroso solitario osservatorio novembrino.

Solo il padre nel campo opera o sembra essere vivente nel regno di “ombre” che tutto avvolgono dalle nuvole al vento (lontano), dall'erba falciata agli uccelli (neri) che “volano alti”.

Anche la luce è isolata e si accompagna ai marmi di immagini sepolte nel freddo brinoso e nei lamenti dei figli e delle madri.

L'atmosfera novembrina del Poeta si declina sul ricordo che è vivissimo, quasi corporeo, degli assenti incardinati in perimetri regimentati da ritualità e tentacoli oggettuali/coscienziali (panni, frullane… che lisciano i marmi…) che dalla Terra si avvicinano al cielo ripulito dal vento.

Ecco come la forza vincente della Natura si ricompensa affiancandosi al percorso più logico di tutti i tempi tra vita e morte; ecco come il Poeta intrecci ogni componente in un sudario di memorie, simbologie (marmi), oggettistiche che vivono l'esistenza di un micro/tempo concesso a ciascuna individualità di essere ora per allora.

È la creatività ricorrente di un pensiero ciclico in Nazario relativo alla fluidità del “breve” per completarsi nel “lungo” periodo della vicenda umana.

La testimonianza più evidente si può ricercare nella realtà/verità poetica che si manifesta con la percezione totale del dinamismo ontologico applicato a tutti i messaggi di questo pardiniano “Novembre”.

Ogni parola ha un proprio ambito di corrispondenze.

Il cielo sembra immobile, ma nel suo essere tutt'altro che fermo: le sue presenze principali, tra nubi e vento, si polarizzano personalizzandosi oltre ogni limite che solo un cimitero può indicare ai mortali nei viventi.

E’ l'”essere” di ogni cimitero; è il sospiro filamentoso di figli e madri: ma nulla in questo scenario sembra attualizzabile nel vivente; tutto è ontologicamente ascendente solo nel cuore e nelle profondità spirituali insondabili del Poeta.

Così come si affianca nell'elenco di cose, esseri mortali, eventi, stati d'animo che appaiono estensivamente ad occupare le ombre sceniche delle verità di Pardini.

Le verità delle parole interpretabili come necessaria premessa al tema principale di un cimitero e di una sequenza di tombe solitarie.

Così sembra interpretare il Poeta nel suo interiore desiderio prospettico di articolare una indefinita spazialità in frammenti di corrispondenze vive come le frullane che specchiano i raggi o i sagginali viventi per il calore che sfida la brina o i panni che salvano il freddo.

Ecco come si auto decodifica Pardini che esce da ogni vincolo di scuola per approdare alla libertà dell'intuizione artistica più assoluta che si dilata mirabilmente sino all’incredibile di caratterizzare il gelo e identificarne le “guance”.

La duttilità dei significati si connette quindi nella metamorfosi di ogni contrario (l’indefinito ampliato nel definito).

Magìa di un vero artista.

 

  Marco dei Ferrari

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