mercoledì 1 agosto 2012

Intervista a Carmelo Consoli, di Nazario Pardini


INtervista
A
CARMELO CONSOLI
A CURA DI
 NAZARIO PARDINI



                                                        
N. P.: Mi dica un po’: quali sono le occasioni della vita che più hanno inciso sulla sua produzione letteraria? quanto di autobiografico c’è nelle sue opere? lei pensa che ci sia differenza fra poesia lirica e poesia di impegno; o pensa che la poesia, essendo un’espressione diretta dell’anima, sia sempre lirica qualsiasi argomento tratti?


C. C.  Sono stato molto influenzato dalla prima giovinezza, dalle esaltazioni e dalle incertezze che quel periodo mi ha dato incidendo profondamente sulla mia produzione poetica ; ricordo che io sono nato a Catania ed in quella città ho vissuto fino all'età di 16 anni trasferendomi poi a Firenze dove quasi interamente ho trascorso il resto della mia vita di studi e di lavoro.  E' stato per me, il tempo della prima giovinezza una stagione di estrema importanza nel crearmi sensibilità e humus poetico ed ancora oggi lo ritengo uno status edenico ed irripetibile, quasi una sorta di vita parallela vissuta, sorta e svanita ma che ha lasciato tracce significative. Esiste dunque un solco profondo tra la mia giovinezza e la mia età matura ancora oggi e viene testimoniato costantemente dalla mia poesia, dove l'amata terra irrompe sovente con i suoi colori e le sue fragranze. Io ritengo che qualsiasi cosa componga il poeta, qualsiasi argomento tratti debba essere attraversato e filtrato dalla sua anima e questo vale anche quando egli affronta testimonianze di impegno civile e sociale. Da ciò scaturisce un partecipato e innato lirismo che deve accompagnare sempre una parola mai disgiunta dalla musicalità, dalle cromie, dalle fragranze anche quando si tratta di affrontare scottanti problematiche sociali della nostra contemporaneità. Ritengo, più che mai, che oggi il poeta, che si ritenga tale per una sua esigenza vitale, abbia una missione da portare avanti e cioè quella di trasmettere al lettore una scrittura che sia specchio della propria vita costellata di sogni e intrisa di palpitanti realtà nella loro intensità emotiva creando così in lui i presupposti di una necessaria analisi riflessiva sull'esistenza .









N. P.: La sua poetica, essendo un interprete della poesia contemporanea, è in gran parte nota attraverso le recensioni, prefazioni, e note critiche che la riguardano. Ce la vuole illustrare lei?


C. C. La maggior parte delle note critiche che si ricevono attraverso recensioni, prefazioni, motivazioni ai vari premi conseguiti hanno spesso  valore relativo e contingente. E questo io ritengo che valga nella maggioranza dei casi.  Talora, per quello che mi riguarda, tanti critici non hanno colto la profondità del messaggio trasmesso o la trasmutazione poetica avvenuta a dimostrazione di valutazioni cosiddette di” routine” o a causa di frettolose conclusioni. Ma ho avuto anche gratificanti testimonianze di autorevolissimi critici che hanno scritto sulla mia poesia donandomi felicità, tuttavia aleatorie, ma io dico sempre a tutti la stessa cosa e cioè che quello che più ripaga la mia parola poetica,  sempre frutto di un  duro lavoro,  è quando questa va incontro alle persone sconosciute ed anonime di una sala che alla fine della presentazione di un libro o di un reading poetico si alzano e mi vengono  timidamente  incontro confidandomi che i miei versi hanno creato in loro profonde emozioni. Ed è questo,credo, che veramente gratifichi il poeta dandogli la certezza di aver prodotto la sua parola nella giusta direzione.


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N. P.: Quali sono le letture a cui di solito si dedica e quale il libro che più le ha suscitato interesse? e quindi predilige? perché?


C.  C.  Sono stato quasi subito catturato da Quasimodo e poi da Montale e Ungaretti trovando nelle loro opere una inattesa fonte di nutrimento poetico e di introduzione all'arte dello scrivere poesia.  Naturalmente, come tutti, mi sono immerso nella lettura dei grandi da Omero a Dante a Manzoni  e da allora in poi ho letto tutto ciò che riguardasse la poesia e la narrativa trovando grande interesse anche per gli autori francesi e russi in particolare.  In parallelo ho coltivato la passione per la filosofia e per tutto quello che è inerente alla spiritualità, al mistero dell'esistenza, al miracolo della creazione. Queste sono le letture alle quali ancora oggi mi dedico non tralasciando la realtà letteraria dei nostri giorni che apparentemente ci appare una frammentazione precaria, soprattutto per quanto riguarda la produzione poetica, così come è espressa in mille rivoli, ma che in effetti contiene i fermenti  di una nuova espressione esistenziale di alto spessore e ne sono i testimoni tanti scrittori e poeti contemporanei che a pieno titolo si possono considerare degli ottimi autori.  Ma se devo parlare  del libro che più ha suscitato il mio interesse, riferendomi alle mie più recenti letture, devo citare l'amico e raffinato critico Emerico Giachery e segnalare il suo volume” Abitare poeticamente la terra” nel quale ho trovato racchiuse, come in un prezioso scrigno, tutte le strade maestre per vivere al meglio l'esistenza. Un volume, il suo, testimonianza di profonda saggezza che raggiunge con immediatezza l'anima e certifica la nostra appartenenza ad una armonia superiore che va ben oltre i confini temporali della vita terrena. Ed è questa la parola miracolosa da diffondere.






N. P.: Fino a che punto le letture di altri autori possono contaminare uno stile di uno scrittore? e se sì, in che modo?


C. C. La strada che porta alla creazione di un proprio e riconoscibile timbro poetico, narrativo è in genere lunga e tortuosa e passa attraverso la lettura di tanti altri autori . Ritengo che sia impossibile astenersi dal leggere gli altri ed essere un buon scrittore nello stesso tempo. Ogni individualità, diversa dalla propria, crea positiva contaminazione sia per stili che per contenuti. Spesso si ritrovano affinità entusiastiche nelle letture di altri scrittori,  altre queste sono fonti di interessanti confronti o scoperte innovatrici ed ancora si possono trovare nuove strade da percorrere, idee riformatrici.  Però come in ogni arte occorre saper attingere con umiltà e intelligenza a tutte le fonti della creatività per poi diventare detentori di una esclusiva ed autentica parola poetica, di uno stile personale, attuando nel tempo una sorta di saggia filtrazione delle fonti, estratto e magico contenuto finale della propria sensibilità .








N. P.: Che cosa pensa della poesia innovatrice, quella che tenta sperimentalismi linguistici? quella che si contrappone e rifiuta  ogni ritorno al passato? o, per meglio intenderci, quella che si contrappone ad un uso costante dell’endecasillabo, o a misure dettate da una rigida metrica?



C. C. La parola poetica è sempre stata  nei tempi espressione di uno spaccato esistenziale, figlia del proprio tempo, di scuole letterarie, movimenti culturali, sociali, tendenze e voli riformistici ed è naturale il procedere della sua mutevolezza. Ma una cosa è fare poesia attingendo, attraverso la propria anima, il proprio stupore creativo alle fonti diverse ed innovatrici dei momenti contingenti dell'esistenza, un'altra è invece  quella di tentare sterili sperimentalismi linguistici solo per il gusto di una provocazione letteraria o di una fuga improponibile verso inesistenti orizzonti. Quindi ben vengano autori capaci di innovare positivamente la poesia e di adeguarla  ai tempi tortuosi e difficili che viviamo sempre ché questi siano sorretti da quella sensibilità superiore in cui ci si possa specchiare e riflettere. Personalmente prediligo il verso libero in quanto lo ritengo una necessità per esprimere la mia poesia ma questa è solo una scelta personale che si alterna comunque all'uso dell'endecasillabo o ad altre forme di metrica e tutto avviene spontaneamente, senza forzature. Rifiutare a priori l'uso dell'endecasillabo è operazione insensata e avventurosa se non si è poi in grado di giungere a quella armonia superiore che crea tale forma poetica. Ma la vera poesia sempre e comunque è quella capace di creare magie di cadenze musicali, di cromie e fragranze, è quella in grado di commuovere, far riflettere, rispecchiare l'uomo nella sua meraviglia creativa e nella sua miseria corporale e la si può creare attingendo a varie forme della scrittura, seguendo il proprio autentico timbro poetico.












N. P.: Cosa pensa dell’editoria italiana? di questa tendenza a partorire antologie frutto di selezioni di case editrici? di questi innumerevoli Premi Letterari disseminati per tutto il territorio nazionale?



C. C. Siamo in effetti in una miscellanea di premi e case editrici, piccole, medie, grandi, serie, semiserie, truffaldine ed inoltre si è costretti e castigati da leggi di mercato che fanno di tutto per impoverire la cultura e la creatività.  Alla sincera ed entusiastica partecipazione che anima lo spirito di tante piccole case editrici, che vivono di sacrifici, si contrappone la baldanza spadroneggiante di quelle grandi ( non faccio nomi ma tutti sappiamo chi sono) che vendono di tutto e che vivono nell'alone luminoso delle grandi firme, nella lucida patina di pseudo creatori di letteratura-spazzatura e che ahimè! si aggiudicano i grandi premi letterari ( pratica questa quasi fosse una perenne condanna per tanti ottimi e sorprendenti autori , emarginati, che non riescono a pubblicare con loro). Quanto poi attiene alle antologie poetiche queste sono spesso frutto di una costante pratica maliziosa e subdola  di case editrici e di premi letterari è cioè quella di fare cassa sulle spalle di chi con tanta buona volontà e mezzi creativi spesso limitati si dedica alla poesia. Ma d'altronde non si può negare un attimo di popolarità a nessuno e ognuno è felice nella propria consapevolezza.  Resta comunque la realtà negativa ed eccessiva del ricorso a queste antologie che spesso hanno costi veramente alti rispetto alla qualità che esprimono.  Anche i premi letterari (esclusi i grandissimi noti a tutti che sono solo ad esclusivo appannaggio dei soliti  eletti o prescelti da un ignoto destino) in Italia sono un miscuglio di realtà positive e negative C'è del buono, anzi dell'ottimo in tanti laddove le giurie sono espressione di vere competenze e serietà, c'è del miserevole o ingannevole in tanti altri in cui si mescola la cultura letteraria con altre competenze di stampo politico, amministrativo  e  dove si incontrano personaggi che niente hanno a che fare con l'arte dello scrivere.









N. P.: Certamente sarà legato ad una sua opera in particolare. Ne parli, riferendosi più ai momenti d’ispirazione, ai tempi di scrittura, alla scelta lessicale, alla revisione, più che ai contenuti. Che pensa della funzione del memoriale in un’opera di un poeta? e della funzione della realtà nei confronti di un’analisi interiore?

C. C. Generalmente ogni composizione è un momento esaltante nell'idea introduttiva,  nell'intenzione, nelle prime parole, per poi diventare in seguito una sorta di manufatto da plasmare, correggere, tagliare, o buttare via e rifare.  Questo, nel mio caso,  per dire che sono legato ad ogni mia opera fatta di piccoli passi e di grandi sforzi nel rendere l'armonia giusta da immettere nella composizione. Difficilmente compongo poesie cosiddette “ di getto”  nella loro stesura definitiva; questa è pratica riservata, quando riesce veramente bene, credo ai poeti veramente illuminati  e ne posso citare qualcuno :ad esempio Mario Luzi o Alda Merini la quale addirittura negli ultimi tempi dettava le liriche in una sorta di delirio poetico. Ma qua siamo nel campo degli altissimi o cosiddetti  mostri sacri della poesia.  Il mio invece è un lavoro umile e continuo di cesellatura delle parole, dei contenuti e soprattutto dei sensi e della musicalità. Molte volte ho rinunciato a proseguire in un progetto, molte altre ho rivisitato vecchie composizioni scritte con una frettolosa sensibilità. Fondamentale è,  soprattutto nella poesia, ed in ogni poeta che si rispetti, l'attimo di trasmutazione nel quale egli penetra in una sorta di trance poetica tale da permettergli una immaginifica proiezione della realtà, capace di creare emozioni e stupore in chi legge, ma che sempre si accompagni a quelli che sono i valori e i contenuti positivi su cui si basa l'esistenza. Questo è il vero legante del poeta alla poesia. La funzione della memoria è di primaria importanza , nel mio caso poi è fondamentale. Il vissuto si mescola costantemente con la realtà  e con il sogno . I l memoriale è quindi terra di ricordi, insegnamenti, confronti , isola felice o meno ma sempre ricorrente presenza.  Più che mai penso che oggi la realtà in cui viviamo sia oggetto, anzi necessità, di una profonda analisi interiore in chi scrive e nella mia creazione letteraria essa è campo quotidiano di verifica, canto, esaltazione , sbigottimento, innamoramento.









N. P.: Cosa pensa della nostra Letteratura Contemporanea? raffrontata magari con quelle straniere? e dei grandi Premi Letterari tipo il Campiello, il Rèpaci…? e del rapporto fra poesia e società? fino a che punto l’interesse per la poesia può incidere su questo disorientamento morale (ammesso che lei veda questo disorientamento)? o pensa che ci voglia ben altro di fronte ad una carente cultura politica per questi problemi?

C. C. A queste domande ho già risposto in parte per quanto concerne i grandissimi premi letterari terra di conquista di autori a volte sconosciuti e di selezioni abbastanza discutibili e oscure da interpretare. La nostra letteratura contemporanea, specialmente quella dell'ultimo ventennio, è una fucina di tanti pregevoli autori tuttavia distratta e indebolita da un generale disorientamento sociale e morale. C'è molta frammentazione, come già accennato, nella poesia di oggi, con tante ottime individualità ma anche forti rivalità e nessun legante che possa accomunarla in un grande progetto.  Penso che esista una maggiore serietà e serenità consapevole nella letteratura straniera in particolare in quella dei paesi emergenti del mondo orientale dove ancora tengono sensibilità che si sono perse altrove. Del rapporto tra poesia e società ho anche già parlato ma preferisco continuare  a parlarne in quanto è un argomento a cui si lega molto la mia poetica, soprattutto la più recente. Ritengo e l'ho già detto pubblicamente varie volte che il poeta debba oggi essere un cantore della sua e altrui realtà sociale. La poesia altrimenti rischia, con i tempi che corrono, di essere uno sterile esercizio di persone che si isolano in nicchie dorate ed il fatto che parlino di valori e sentimenti fondamentali,  ma fini a se stessi, al punto in cui siamo interessa a pochi ( agli addetti ai lavori) e lo dimostra lo scarso interesse per l'arte poetica che ha il grande pubblico che non compra più libri di poesia. La poesia oggi deve avere il coraggio di essere presa di coscienza e denuncia di malesseri e disagi ma al tempo stesso illustrare le bellezze ed i sogni della vita. Deve parlare al cuore entrando nel vivo di ritualità e fenomeni del nostro tempo così come accade per tanta narrativa che viene maggiormente letta e compresa. La poesia deve insomma incidere sul forte disorientamento morale, sullo sbandamento dei valori che subiamo ed il suo messaggio deve commuovere, denunciare, ristabilire dignità e valori.  Così potrà fare la sua piccola ma preziosa parte correttiva ed educativa come del resto è stato sempre nella cultura dei popoli e nell'esistenza umana.








N. P.: Se potesse cambiare qualcosa nel mondo della poesia o dell’arte in generale, che cosa farebbe? se avesse questi poteri che cosa lascerebbe invariato e che, invece, muterebbe sostanzialmente?


C. C. Farei una politica maggiormente rivolta alla diffusione della cultura letteraria e artistica, ad iniziare dalla scuola. Una maggiore pressione  sui media per la diffusione della poesia, in particolare, anche se ho notato con piacere che negli ultimi anni  spontaneamente sono sorti movimenti poetici nelle piazze, nelle strade segno questo della necessità di una ricerca d'armonia e di analisi introspettiva. Sono nati anche interessanti centri contemporanei di poesia come quello di Rondoni a Bologna o quello di Roma contanti bei nomi della letteratura. Ma la poesia e l'arte hanno purtroppo anche loro bisogno di fondi e pertanto bisognerebbe spingere sponsor e benefattori a sostenerle. Quanto alla poesia per farla apprezzare occorrerebbe spettacolarizzarla unendola ad altre forme artistiche come la musica ad esempio, la danza, il disegno. Renderla insomma strumento sempre più alla portata di grandi masse, anche nel contesto di spettacoli di intrattenimento di larga diffusione. La scuola, ed è inutile ripeterlo, dovrebbe essere il bacino di partenza, la grande madre che introduce all'arte dello scrivere o del rappresentare la vita in forma armoniosa ed è qui che punterei il dito ed il cuore per cambiare, rettificare, incrementare tutto quanto in funzione della diffusione della cultura artistica, pur nel rispetto delle forme espressive sempre più veloci e informatizzate del nostro tempo.







N. P. Potesse tornare addietro negli anni, cambierebbe qualcosa nelle opere che ha scritto? a livello formale, lessicale o contenutistico? o è dell’idea che ogni opera partorita è figlia del suo tempo e degli stati d’animo di quel momento?


C.      C. Non cambierei molto di ciò che ho prodotto né a livello di contenuti né a livello formale o lessicale. Penso proprio che ogni opera sia frutto di una contingente situazione del tempo e di una sensibilità o stato dell'anima in atto.  Se potessi tornare indietro, in una sorta di  magica rielaborazione della vita, chiedere al destino di darmi più tempo e possibilità di dedicarmi alla scrittura, quella poetica sopratutto, perché in effetti, per varie contingenze esistenziali, sono arrivato tardivamente ed in età matura ad essa, nella sua completa elaborazione e diffusione, nonostante avessi cominciato a scrivere già all'età di 15 anni . Come un fiume di parole, sentimenti, contenuti  la mia poesia si è inabissata nelle profondità dell'anima e dell'inconscio per poi riemerge con la coscienza della maturità e del tempo trascorso e giungere agli altri con i pregi ed i limiti della propria consistenza.




La ringrazio per la sua disponibilità.

La sua intervista verrà pubblicata sul blog “Alla volta di Leucade”



Nazario Pardini                                                                                                        20/07/2012

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